sabato 21 luglio 2012

Una domanda a Silvia Costa, eurodeputata omofoba

Leggo sul sito dell'asca questa dichiarazione dell'eurodeputata Silvia Costa a proposito dei matrimoni anche tra persone dello stesso sesso.
''Si tratta  di una posizione laica e coerente con la Costituzione, confermata da una recente sentenza della Corte, e con il principio di non discriminazione delle persone omosessuali che pero' non significa la omologazione delle loro convivenze al matrimonio."

Come si può conciliare  il principio di non discriminazione delle persone omosessuali senza riconsocere loro la stessa dignità delle loro convivenze a quella che si riconosce alle coppie che si uniscono in matrimonio?

Eppure la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea
nel suo articolo 21 recita: 
È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.

Adesso dire che  il principio di non discriminazione delle persone omosessuali che pero' non significa la omologazione delle loro convivenze al matrimonio è una forma di discriminazione visto che discriminare significa
distinguere una o più cose o persone da altre, fare differenza

(dizionario della Lingua Italiana Zingarelli, 2004 il corsivo è mio).


Insomma con che faccia Silvia costa afferma di non discriminare proprio mentre lo sta facendo?

Perchè non chiediamo tutti a Silvia Costa di rispendere su questo (o simili) quesito?


Lo possiamo fare tutti andando sul suo sito personale, come ho appena fatto io.




Shape Shitf quando a mutare è l'etichetta ma non la sostanza...

Studio cinema. Lo insegno anche. Sono il curatore di un festival di cinema omosessuale. Appena ho occasione di vedere dei film a tematica lgbtqi mi fiondo.

Così quando mi è capitato tra le mani il flyer del Glamda che pubblicizzava anche Shape Shift sono andato molto volentieri a vedere di che si trattava.

Sul sito del Glamda si legge
dalle h. 21 per tutti i venerdì di luglio " Shape Shift " , Rassegna di cortometraggi a tematica LGBTQI a cura delle associazioni QueerInAction e QueerLab, in collaborazione con Glamda Summer 2012 , protagonista assoluto dei filmati è il corpo nelle sue mutevoli possibilità di rappresentazione e auto-rappresentazione attraverso la precarietà e l'evanescenza delle diverse forme culturali e sessuali delle identità."
Di QueerInAction  questo blog si è occupato già un paio d'estati fa, quando il rettore della Sapienza aveva cancellato una rassegna di film a  tematica.


Sul sito di Queer in Action non si legge molto di più

Dal 6 al 27 luglio, tutti i venerdì alle h 21.00, le associazioni QueerInAction e QueerLab, in collaborazione con Glamda Summer (Roma Vintage - Via di Porta San Sebastiano 2- Terme di Caracalla - Roma) presentano:
" Shape Shift "
Rassegna di cortometraggi a tematica LGBTQI
Protagonista assoluto dei filmati è il corpo nelle sue mutevoli possibilità di rappresentazione e auto-rappresentazione attraverso la precarietà e l'evanescenza delle diverse forme culturali e sessuali delle identità
Venerdì 6 Luglio:    'Shape One'
Uno sguardo su come il corpo si veste e traveste attraverso i canoni eterei e fugaci della moda, regina imperturbabile di vanità e costume.
Un susseguirsi di cortometraggi, prodotti da stilisti di fama internazionale,che rispecchiano appieno la forma della videoarte queer più raffinata nella rappresentazione dei corpi.

Delle altre date non si dice nulla. Solo quando giungerò sul luogo, leggerò in un mini-flyer delle dimensioni di un bigliettino da visita che le altre tre sere sono rispettivamente dedicate a Gender (il 13 luglio) Body (il 20) e Bear (il 27).

Le proiezioni inziano alle 10 nonostante ci sia scritto alle 21.

Però nemmeno alle 22 c'è tanta gente arrivano tutti attorno alle 22 e 30, mezzora prima che all'area si acceda pagando un biglietto di 5 euro, prima, dalle 21, l'ingresso  è libero.

Nell'area della proiezione non gira nessun foglio con l'elenco dei filmati della serata e nessuno li introduce o accoglie il pubblico (ripeto, davvero scarso) spiegando il senso delle serate, o il significato particolare della serata dedicata al corpo (Body).

Il primo corto proiettato è di Alessandro Amaducci,
un affermato video artista che realizza video sperimentali, video di danza, videoinstallazioni e documentari, dal 1989, oltre a videoclip musicali, acquisendo esperienza di operatore e montatore video specializzato in postproduzione digitale. La sua produzione attualmente si è spostata anche sul fronte live, realizzando spettacoli video dal vivo e videoscenografie per spettacoli di teatro e di danza.
come si legge sul suo sito. Il video proiettato è Flesh Parts che fa parte dell'antologia provvisoria Electric self.
Spiega Amaducci che
Electric Self Anthology è una serie di video, tutti commentati da brani musicali realizzati da me, che stanno formando un’antologia dall’omonimo titolo. Il titolo indica la volontà di entrare in maniera diretta dentro una sorta di inconscio elettronico, di caverna di ombre contaminate dalle nuove tecnologie, dove vivono o riemergono fantasmi di immagini, forme archetipiche, ma anche “insospettabili” clichè del mondo di Internet, personaggi stereotipati, modelli, figure che galleggiano nel mare della Rete e che noi cerchiamo e scarichiamo sul nostro computer senza sapere il più delle volte il perché. L’ingresso nel mondo dell’inconscio elettronico è un viaggio oscuro, denso di ferite, dove si incontrano personaggi femminili, corpi che incarnano in qualche modo alcuni temi che ossessivamente si rincorrono, come la vita , la morte, il desiderio, il voyeurismo, la trasformazione del mondo in spettacolo, e l’inossidabile potenza fascinatoria della forma umana, del corpo inteso come luogo esoterico, come spazio simbolico . Entrare nell’inconscio elettronico significa anche ri-scoprire la propria ombra infantile, quel momento in cui la dimensione della morte e della vita sono confuse, e con le quali si può giocare anche in maniera crudele, in cui la bellezza e la mostruosità possono convivere, dove la paura è necessaria perché foriera di emozioni. Nell’inconscio tecnologico si danza sempre volentieri con la Morte.
In particolare, su Flash Paths  il videoartista dice
A journey througout the paths of the flesh, througout revealed female bodies, and newborn childs already dead. The long flashback of a suicidal brings the viewer in a world of ancestral memories and foetal recalls. The dark side of the creativity: to build a throne of ourselves can be a very dangerous game. But even in the most desperate moments a world can be created, even if it seems a cruel videogame*.
Un video suggestivo ma... cosa c'entra con la tematica lgbtqi?

Del secondo video non rimane traccia perchè non c'è titolo alcuno né prima né dopo dunque o lo riconosci oppure lo dimentichi.

Appunto.

Il terzo il più interessante della serata è The Mirror\Dorian Gray di Francesca Fini. Un'altra video artista che introduce così questo video del 2010.

A woman discovers and plays with a mirrorball, and so she dies, mesmerized by her own image reflected by hundreds of little pieces of mirror. "Narcissus" myth, reinterpreted by a video that “reflects” the magmatic disintegration of individual identity in contemporary society and the savage search for artificial beauty.



E, alla fine della visione, mentre si rimane colpiti dal racconto per immagini è chiara l'operazione che è stata fatta.
Si sono presi alcuni video (non cortometraggi di alcuni importati video artisti italiani che lavorano sul corpo e li si è inseriti a forza in un contesto lgbtqi.

Infatti cosa si legge nella presentazione della rassegna Shape Shift?

Protagonista assoluto dei filmati è il corpo nelle sue mutevoli possibilità di rappresentazione e auto-rappresentazione attraverso la precarietà e l'evanescenza delle diverse forme culturali e sessuali delle identità.
Dunque la forma del corpo che in questi video  è il fulcro di una performatività di contaminazione con l'inconscio digitale (Amaducci), o segno della disintegrazione dell'individualità verso una bellezza artificiale (Fini) vine costretta nell'angusto spazio della tematica lgbtqi.

Angusto perchè la precipuità della tematica sembra essere l'identià sessuale che, come si sa, è costituita da quella di genere e dall'orientamento sessuale.
Due temi non presenti in questi video nemmeno lontanamente, facendo dell'istanza lgbtqi una zavorra sull'identità come se le persone omosessuali e trans stiano tutto il tempo a chiedere chi sono ...

Tralasciando altre possibili sinergie tra questi video e il punto di vista  lgbtqi cioè l'eros, uno sguardo alteramente eccitato che interroga questi video da un punto di vista eccentrico (nel senso di fuori dal centro eteronormato) e che può rileggerli in chiave lgbtqi.

Invece l'unico specifico lgbtqi dei compilatori di queste quattro serate nelle è l'aspetto queer, cioè il diffrome, il liminare, e, spingendo il concetto solamente un poco oltre, il fenomeno da baraccone, il freak cui la queer art così fraintesa sembra rimanere prigioniera, nell'angusto orizzonte del diverso e non del differente.


Inutile dire, ma forse no, che questa selezione, questa proposta, questo slittamento semantico dalla video arte alla temtica lgbtqi avrebbe necessitato di qualche spiegazione in più, di un ragionamento comune, anche con gli astanti, su quanto visto, prodotto, proposto.

Invece niente.

Chi ha gli strumenti (e il tempo e la pazienza) per approfondire per conto suo lo fa, gli altri restano a guardare dei video, in attesa che si aprano le danze (ricordate? Si è qui per non pagare 5 euro...) dove il messaggio che arriva sono i corpi semidnudi di uomini e donne (come quello maschile con tanto di pene in bela vista della sigla che intercorre tra un video e l'altro) come a dire che quando ce stanno i froci i cazzi sono sempre al vento...

Certo smepre meglio di una retrospettiva su Alvaro Vitali, ma anche quella, nel caso, avrebbe necessitato di strumenti critici.

Shape Shifter almeno così come si  presentata ieri sera (non ho visto le prime due serate) ha le sembianze di un esproprio (intellettuale) delle competenze di qualcuno che studia videoarte forzatamente coniugata con il punto di vista lgbtqi tanto per far vedere che.

Correggetemi se sbaglio.



* Un viaggio attraverso i percorsi della carne, attraverso i rivelati corpi femminili e un bambino appena nato e già morto. Il lungo flashback di un suicida porta lo spettatore in un mondo di memorie ancestrali e ricordi fetali. Il lato oscuro della creatività: costruire un trono di noi stessi può essere un gioco molto pericoloso. Ma anche nei momenti più disperati un mondo può essere creato, anche se sembra un videogioco crudele. [traduzione mia].
 

Matrimonio fra gay: Dal manifesto a Casini il linguaggio è lo stesso.

Così mentre Casini si distingue per la vocazione alla discriminazione totale delle persone omosessuali arrivando a dire che Il matrimonio tra gay e' un'idea profondamente incivile, una violenza della natura sulla natura lasciando a chi, prima di me, ha già scritto e detto tutto quello che è il caso di dire su questa affermazione, da Elfobruno a Patanè, io vorrei soffermarmi su un modo di riferirsi al matrimonio (e basta) che sta prendendo piede trasversalmente e che mi inquieta moltissimo non per la forma ma per la sostanza.

Non mi riferisco solamente all'aggettivo gay posposto al sostantivo matrimonio che nello specificare la natura della coppia sposata (=il suo orientamento sessuale) invece del suo assortimento sessuale (l'unico elemento che davvero dirime la questione visto che in Italia sono le persone dello stesso sesso a non potersi sposare non, strettamente, le persone omosessuali che, se di sesso diverso, anche se dichiaratamente omosessuali, possono farlo) distingue il matrimonio tra persone dello stesso sesso evidentemente perchè ne sente la differenza con l'altro matrimonio, quello che non ha bisogno di aggettivi laddove invece da tutte le parti (lì almeno dove è stato riconosciuto) si chiede (si è chiesto) semplicemente l'apertura dell'unico matrimonio esistente anche alle coppie dello stesso sesso.

Mi riferisco soprattutto all'espressione matrimonio tra gay che mi dà i brividi, come se, effettivamente, i gay esistessero in quanto gruppo caratterizzato da una serie di elementi che ne permette l'identificazione esclusiva.

Ovviamente nessun* omosessuale, proprio nessun* eterosessuale, ha qualcosa in comune oltre all'orientamento sessuale.
E nemmeno quello è esclusivo perchè l'orientamento sessuale non è così netto e oppositorio come si crede (come pretende l'ideologia patriarcal-maschilista nella quale siamo immers* tutt*) ma, come ha ben dimostrato Kinsey e tanti dopo di lui, sfumato, continuativo, senza stacchi netti.

Ci si dimentica che le categorie lgbt(qi) hanno una loro ragione di esistere politica in quanto identificano un campione umano vasto e variegato che è discriminato per lo stesso motivo: l'orientamento sessuale o l'identità di genere, discriminazione causata dallo stigma sociale alimentato da loschi figuri come Casini e Bindi.

Quando un aggettivo nato per denunciare una discriminazione diventa il sostantivo con cui le persone vittime di quella discriminazione vengono indicate e sussunte lo stigma non solo è massimo ma la discriminazione ha vinto perché serve a identifica ancora le sue vittime.

Anche da un punto di vista logico matrimonio tra gay non funziona perchè esclude dall'equazione le persone bisessuali usando le categorie in maniera netta laddove la natura, almeno quella umana, aborre i salti discreti.

Matrimonio tra persone dello stesso sesso non è solo un modo più rispettoso e non discriminatorio di esprimersi ma anche logicamente e politicamente più corretto.

Dire matrimonio tra gay distingue non solo le persone in base all'orientamento ma crea automaticamente un matrimonio altro che, nel migliore dei casi, è parallelo a quello regolare, che non ha bisogno di specificazione.

Per cui mentre si continua a distinguere e discriminare in base all'orientamento sessuale si distingue anche sulla natura e sulla qualità del matrimonio.

C'è un matrimonio vero senza aggettivi e un matrimonio tra gay.

Purtroppo a parlare così non è solo Casini ma sono anche molti giornalisti del manifesto.
Questo perchè sia che le si ami sia che le si odi le persone omosessuali vengono viste come razza a sé, non come uomini e donne esattamente come quell* etero, ma come una sotto-categoria umana. Questo punto di vista inficia tutta la politica di rivendicazione.

Un conto è dire come stanno in realtà le cose, cioè che ci sono delle persone che per un pregiudizio legato al loro orientamento sessuale sono escluse dai diritti riconosciuti a tutti gli uomini e tutte le donne, fra cui quello di sposarsi e che questa discriminazione dovrebbe essere eliminata aprendo loro al matrimonio, e basta, né etero né gay, matrimonio, l'unico che esiste.
Il diritto al matrimonio deriva da quei diritti umani, donnani, riconosciuti a tutt* in quanto persone.

Un conto invece e riconsocere, come fa chi usa entrambi i modi di dire, matrimonio gay o, ancora peggio, matrimonio fra gay, che esiste una categoria a sé di persone le quali hanno diritto non alla stessa istituzione esistente ma a una istituzione loro, mutuata da quella comune e generale e confezionata per il loro esclusivo uso e consumo come fa la pessima proposta di legge propalata dalla campagna Una volta per tutti voluta, fra gli altri, da Cathy La Torre, area SEL, che vuole una partnership esclusivamente per le persone omosessuali - e quelle bisessuali? si attaccano!

Chiara la differenza no?

Un conto e se io guardando a due coppie una di due donne e una di un uomo e una donna non vedo differenza alcuna al di là di quella evidente del loro assortimento sessuale e quindi uso le stesse leggi, gli stessi istituti giuridici, le stesse parole per entrambe.

Un conto invece se vedo queste due coppie differentemente e per la coppia omosessuale non riconosco gli stessi diritti di quella etero ma dei diritti speciali, specifici, ad hoc, solo per loro.

Secondo questo modo di vedere dunque il diritto delle persone omosessuali a sposarsi non deriva dall'appartenere al comune consesso di esseri umani e donnani (=sono persone come tutte le altre) deriva invece dal loro appartenere alla categoria di omosessuali.

Così ...pensando non si elimina la discriminazione. La si riconosce come differenza vera iscritta nel corpo delle persone omosessuali continuando a discriminarle cercando poi di tutelarle in qualche modo dalla discriminazione che hanno inferto le istituzioni stesse.

Insomma un conto è eliminare le barriere architettoniche per chi, non potendo camminare, è costretto a vivere su una sedia a rotelle.

Un conto è costringere qualcuno che può camminare benissimo alla sedia a rotelle e pensare poi a eliminare le barrire architettoniche per favorirli nell'handicap cui sono costretti a vivere...

E' ora che tutto il movimento si confronti su questa profonda contraddizione.

Io sono un uomo. Un uomo al quale piacciono i ragazzi.
Non sono un gay così come mio cugino Andrea al quale piace la gnugna non è un etero.
Siamo entrambi appartenenti al genere donnano.

E basta.

Diritto all'indifferenza, ricordate?




mercoledì 18 luglio 2012

Il nuovo spot della gay help line, una rèclame non certo uno spot contro l'omofobia.

Non me ne vogliano Fabrizio Marrazzo e la Gay Help Line, per quanto possa sembrare il mio non è un accanimento critico contro i loro spot e la loro comunicazione d'impresa. Non è colpa mia se con i soldi pubblici continuano a fare delle campagne inutili. Come il nuovo spot che pubblicizza la gay help line.

Eccolo.


 

Le immagini mostrano un giovane calciatore fare bene il suo mestiere mentre un altro uomo, più grande, probabilmente il compagno, ma potrebbe anche essere un fratello maggiore, lo supporta, da lontano.

Niente abbracci, niente baci, nulla che faccia capire che i due sono una coppia o stanno insieme.
A un occhio non abituato a certi segnali nascosti, non abituato a una vita di invisibilità, potrebbe anche sfuggire.

Lo spot non mostra nessun esempio di vita quotidiana di una persona omosessuale né, tanto meno esempio alcuno di omofobia.

Anzi non si capisce proprio cosa venda questo spot.

Una voce tra il giovanile e il gay (secondo la vulgata omofobica del nostro sistema di doppiaggio) parla di sfide quotidiane nelle quali c'è sempre chi ti giudica. Chi ti ascolta, chi ti sta accanto. Chi ti sostiene.

Ma di che stanno parlando?

Non si sa.

Poi si dice che la gay help line fa il tifo per te ed è pronta ad ascoltarti... ...mentre il numero verde compare con le scritte dei numeri delle maglie della squadra.

Capita l'antifona?

La gay help line tifa per i gay così per simpatia, ed è disposta ad ascoltarti.

Per cosa?

Non si sa.

Probabilmente per il dramma di essere frocio, perchè non sai dirlo a mammà, come recitava lo spot di due anni fa, perchè hai bisogno di parlarne con qualcuno non perché le persone omosessuali sono discriminate colpite dall'omonegatività.

Nello spot nessun gesto di omoaffettività, nessuna rivendicazione dei diritti negati nessun segno di una visibilità che è quello che dà fastidio a tutti.

E se due gay rimangono così nascosti non danno adito a nessuna reazione omofoba.

Ma allora la gay help line che ci sta a fare? 

30 secondi di gioco del calcio che non dicono nulla e che potevano essere usati per mostrare qualcosa di diverso, magari anche l'omonegatività che c'è nel mondo del calcio stesso.

Invece qui il calcio si fa metafora dell'agone della vita quotidiana ma tutto resta sospeso e non vengono tratte le conseguenze di una metafora potenzialmente quotidiana.

E' evidente che quel che interessa allo spot è pubblicizzare la gay help line la sua sola esistenza senza spiegare nemmeno bene che cosa è e a che cosa serve.

Resta tutto non detto, implicito, sotterraneo.

Intendiamoci è più che legittimo fare una pubblicità a un servizio che si offre senza parlare dei motivi che quel servizio rendono necessario...

...dispiace però che 30 secondi di comunicazione, visto che lo spot da settembre andrà su Sky (coi soldi nostri...) non siano usati per mostrare che i froci non sono persone che si nascondono e che devono essere ascoltati per una loro intrinseca fragilità, o perchè qualcuno li giudica, ma perché lo Stato, la Chiesa, le Istituzioni li discriminano.

E se proprio non vuoi parlare della discriminazione almeno mostra i gay in maniera più esplicita, meno sotterranea.

Fanne almeno una occasione di visibilità.

Invece lo spot non serve nemmeno a quello.

Serve solo a far parlare della Gay Help Line.

La cosa importante non sono gli utenti, ma il servizio di per sé.

Infatti nell'articolo apparso su Repubblica che titola Arriva lo spot contro l'omofobia (ne avranno visto un altro?!) Marrazzo dice che
 "c'è una squadra, come avviene nello sport. Abbiamo creato un gruppo di persone che non sono solo operatori telefonici, ma che poi fisicamente si recano sul posto, cercano di entrare nel suo contesto sociale per affrontare le discriminazioni in famiglia, a scuola o sul posto di lavoro".
Quel che conta sono il gruppo di persone qualificate non le vittime della discriminazione.

Anzi!

Sei discriminato?

Nessuna paura c'è la gay help line e tutto è risolto!!!

Uno spot così non dà fastidio a nessuno visto che non si vede nulla ma si sente solo la parola gay help line e la si legge a fine spot...

Molti gli esempi concreti di come, usando gli stessi argomenti si può parlare di omosessualità e non di sublimarla come in questo spot davvero pavido e poco a favore della causa.

Come lo spot Mi smo dio ekipe! (We are part of the team!) prodotto dal Centar za građansko obrazovanje (CGO) il centro civico per l'educazione, del Montenegro dal Forum GLBT Progres in collaborazione con la Coala Production e il sostegno dell'Ambasciata Canadese.

O come lo spot vincitore della campagna Voice Out cui, pure, il Gay Center di Marrazzo ha fatto da tutoraggio...



Insomma non si tratta di incapacità ma di volontà politica di fare uno spot che non dia fastidio al centro destra (dal quale la gay help line è co-finanziata) tanto da far dire a Marrazzo (nello stesso articolo di Repubblica)
Marrazzo ha voluto poi ringraziare Polverini perché "anche senza farlo sapere ci ha aiutati in percorsi di riabilitazione anche psicologica dopo le aggressioni. Inoltre, con la collaborazione dell'assessorato alla Scuola, abbiamo attivato il progetto Giga, formando 56 operatori che faranno a loro volta formazione nelle scuole e nelle università
Do ut des.

Ed ecco lo spot che non pesta i piedi a nessuno e che non serve, anche, a nessuno.

martedì 17 luglio 2012

Il matrimonio, l'orientamento sessuale e la parola omosessuale.

Questo non è un post.
Sono note sparse.

Ragionamenti vari introno a un unico nucleo.

Alla stregua di Wittgenstein (nello stile naturalmente non nell'altezza, o profondità dei pensieri).


1) L'orientamento sessuale.
Essere gay, lesbiche o bisex oppure etero non accomuna in nessun modo. Ognuno è fatto a modo suo e non troverai mai due gay che sono uguali perchè gay così come non troverai due etero uguali perchè etero. Altrimenti Hitler e Ghandi sono uguali...

Quello che accomuna gli etero e i gay è casomai il maschilismo, la comune posizione contro la donna, ma questo è già un altro discorso.

Quello che accomuna le persone omosessuali e trans è invece la comune discriminazione a causa dell'orientamento sessuale e/o identità di genere.
Se non venissimo notat* in quanto lesbiche, in quanto gay o bisex ovvero in quanto persone trans vivremmo in quell'indifferenza cui inneggia giustamente lo spot dell'Ilga portoghese.

2) Qualunque rivendicazione, qualunque parità di diritti non la chiediamo in quanto persone omosessuali o trans se non nella misura in cui la società ci rende diversi per il nsotro orientamento sessuale o la nostra identità di genere.
Non esistono persone etero o persone omosessuali o trans. Esistono solo persone. Se ci presentiamo in quanto gay lesbiche bisex o trans è solo perchè la società ancora mal tollera (per usare un eufemismo) la nostra visibilità.

Cosa ci sentiamo dire dagli amici e dalle amiche etero? Che ostentiamo, che parliamo solo di quello. Senza rendersi conto che anche loro ostentano ma essendo il loro un ostentare maggioritario non viene percepito come tale,  solo il nostro, minoritario, viene percepito come diverso e dunque ostentato. 
Solo quando la visibilità non sarà più percepita come ostentazione arriveremo a quell'indifferenza di cui sopra. 

3) Dunque i diritti che chiediamo non sono diritti speciali in quanto persone omosessuali. Sono diritti mancanti in quanto persone discriminate per l'orientamento sessuale. Non si tratta di un deficit nostro, o di una nostra peculiarità che la legge non ha riconosciuto e che deve finalmente riconoscere.
Si tratta, al contrario, di riconoscere la totale uguaglianza  tra tutti gli orientamenti sessuali e le identità di genere e, visto che invece le si discrimina, riconoscere che bisogna rimuovere la discriminazione.

La tutela è una tutela dalla discriminazione non una tutela della condizione di omosessuali in quanto diversi.

4) Dello stesso sesso.
La parola omosessuale significa dello stesso sesso. Questo dovrebbe essere l'unico uso consentito della parola. Non dovrebbe indicare l'orientamento sessuale che è un concetto dai confini non proprio netti (Kinsey docet) ma mobile e variabile nel tempo.
Io non sono omosessuale (cioè gay o lesbica tacendo delle persone bisex... ) ma ho un orientamento omosessuale bisessuale o eterosessuale (cioè sono attratto fisicamente spiritualmente e affettivamente da persone dello stesso sesso, di entrambi i sessi, dell'altro sesso).
Nessuno dovrebbe essere definito dal proprio orientamento sessuale. Non dovrebbe proprio fare la differenza.
Lo fa solo per i suddetti motivi di discriminazione.

Eppure anche molt* militant* lgbt continuano a usare l'aggettivo omosessuale non nel suo significato letterale ma come sinonimi di gay e lesbica (e via le persone bisessuali una volta per tutte!).

Così invece di parlare di coppie dello stesso sesso (coppie omosessuali quello significa) si parla di coppie gay  coppie lesbiche con un sottile ma significativo slittamento semantico.

Anche Dario Accolla in un condivisibilissimo post che commenta la presa di posizione del pd nei confronti del matrimonio (l'unico) che si vuole aprire ANCHE alle coppie dello stesso sesso dice
Eppure l’italiano è una lingua bellissima… basterebbe dire: “faremo in modo che tutte le famiglie, anche quelle formate da gay e lesbiche, siano riconosciute allo stesso modo davanti alla legge”.
Si tratta di un errore logico prima ancora che politico.

Le famiglie sono formate da coppie dello stesso sesso non da gay e lesbiche. Se vogliamo davvero che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale finisca non possiamo continuare a usare queste categorie per fare la differenza.

Perchè se esistono le famiglie etero quelle gay e quelle lesbiche (per tacere di quelle bisessuali) l'orientamento sessuale continua a fare la differenza.

Se invece esistono famiglie (coppie) di persone  dello stesso sesso o dei due sessi l'unica differenza che conta è quella tra uomini e donne.

5) I ragionamenti impliciti sono la tana del maschilismo patriarcale e discriminante.

Già mi immagino molt* di voi suggerirmi questo percorso deduttivo:
se due persone dello stesso sesso vogliono sposarsi questo ci dà un indizio sicuro sul loro orientamento che è omosessuale.

Un modo di pensare angusto. E non solo perchè ci sono anche le persone bisessuali che restano fuori dall'equazione ma perchè così si continua a discriminare in base al (presunto) orientamento sessuale.

Non ci sono cioè persone, uomini e donne ma etero gay lesbiche etero e bisex...

Le persone bisex le escludiamo dall'equazione e rimaniamo con due opzioni rigide inconciliabili e, soprattutto, impermeabili. O sei omosessuale o sei eterosessuale tertium non datur.
Questo contro il buon senso della storia di ognun* di noi che, per fortuna, è ben più complessa e meno normalizzante (e normalizzata) di così.

Ci sono donne che si sono sposate con un uomo hanno fatto figl* con quest'uomo e poi si sono innamorate di una donna, con la quale magari hanno fatto altr* figl* o magari no.
Chi non discrimina non vede in questo percorso alcuna contraddizione, alcuna evoluzione ma il percorso variegato e consapevole di diverse opzioni percorse con pari dignità e pari consapevolezza.
Siamo uomini e donne e possiamo amare uomini o donne.

Chi discrimina vi vede degli\elle omosessuali repressi\e che si scoprono tardivamente gay  o lesbiche e che devono rinnegare una parte significativa della propria vita (quella etero) e rinascere solo dopo aver abbracciato la vera vita che è quella omosessuale.
Guai poi a tornare indietro e a mettere su famiglia di nuovo con una persona dell'altro sesso.

Mi chiedo quale di questi due modi di vedere le cose sia più discriminante.

L'ideologia che guida questo modo di vedere omosessualizzante è, senza rendersene conto, costruito sui valori (sic!) del patriarcato.

L'essere maschio vuol dire desiderare le femmine.
Essere femmine vuol dire desiderare i maschi.
Nessuna deroga è consentita.
Chi lo fa manca di rispetto ai maschi, e diventa frocio o lesbica che poco hanno a che fare con le persone di quell'orientamento sessuale e molto invece con un comportamento sessuale invertito.
Ci si comporta da femmine pur essendo uomini e da maschi per essendo donne offendendo così i due sessi il cui scopo è uno solo e incontrovertibile.


Quello che il movimento è riuscito ottenere è riconoscere tramite la via terzosessista dignità sessuale all'omosessualità.
Ci sono uomini che scopano con uomini e donne che scopano con donne. 
Le donne che scopano con donne sono maschie o femmine e gli uomini che scopano con uomini sono maschie o femmine.
Così i ruoli sessisti di maschio e femmina non solo non vengono minimamente messi in discussione ma sono addirittura confermati. D'altronde anche i gay  e le lesbiche, in quanto uomini e donne sono maschilist*.


In questo sistema la dualità maschio femmina deve essere preservata ed ecco che le prime persone a discriminare la bisessualità sono proprio gli uomini gay (più delle donne lesbiche)** , che vi vedono un comportamento vile, ambiguo, di chi non è disposto ad ammettere la propria frocezza e si nascondono dietro le gonne, non ne riconoscono la legittimità. Questo in barba a Kinsey e a tutti gli studi successivi che dimostrano che i gay (le lesbiche) puri (pure) e le etero (gli etero) pure (puri) siano una minoranza...


Tutto per preservare i concetti di maschio e femmina (che non è un concetto a sé ma il negativo del maschile, femminile=non maschile) (de)scritti una volta per sempre e immodificabili.






** uso appositamente gay e lesbica come aggettivo e non come sostantivo perchè per quanto io ami il fatto di avere un orientamento sessale gay e ogni volta che vedo un ragazzo che mi piace mi commuovo di questo mio sentimento ancora come fosse la prima volta, prima ancora che gay mi sento un uomo.






Se anche il manifesto usa frasi discriminatorie e omofobiche...

...io gli scrivo!

L'articolo in questione è apparso Domenica scorsa, firmato da Andrea Fabozzi e dal titolo Matrimoni omosex e primarie, l'assemblea del Pd finisce in lite.

Un articolo pieno di luoghi comuni sui matrimoni gay che mi ha indotto a scrivere una mail che qui riporto.

Scrivo a proposito dell'articolo "Matrimoni omosex e primarie, l'assemblea del Pd finisce in lite" di Andrea Fabozzi pubblicato sul manifesto di domenica 16 luglio u.s.

Trovo inqualificabile che un quotidiano come manifesto cada nelle stesse semplificazioni lessicali e negli stessi errori semantici, tradendo la stessa ideologia omofobica e discriminatoria degli altri quotidiani di informazione.

Il matrimonio non è, infatti, come riportato nel titolo, un matrimonio "omosessuale".

Il matrimonio è lo stesso, l'unico che esiste, aperto ANCHE alle coppie dello stesso sesso.

Dire "matrimonio omosessuale" ingenera confusione intanto perché introduce una distinzione non necessaria, come se quello tra persone dello stesso sesso fosse un altro matrimonio e non lo stesso fra persone di sesso diverso, e poi perché fa credere che l'aggettivo "omosessuale" si riferisca all'orientamento sessuale della coppia.

Invece omosessuale significa "dello stesso sesso" non già gay o lesbica.
"Coppie omosessuali" non significa dunque una coppia di gay o una coppia di lesbiche, significa "una coppia (formata da due persone) dello stesso sesso".

Purtroppo nell'articolo si arriva a parlare addirittura di matrimonio "tra" omosessuali.

Questo modo di parlare oltre a essere discriminatorio (e vagamente omofobico) è anche grammaticalmente e logicamente sbagliato.

Discriminatorio perché quel "tra" insinua che ci si sposi tra persone della stessa "razza", mentre le persone omosessuali sono molto diverse tra di loro (proprio come quelle etero) e l'orientamento sessuale le accomuna solo per la discriminazione che subiscono in base all'orientamento sessuale.

Logicamente sbagliato perché nessuno impedisce il matrimonio "tra" omosessuali.
Un gay e una lesbica, se vogliono, possono sposarsi.

Sono le persone dello stesso sesso a non potersi sposare e non tutte le persone dello stesso sesso che si vogliono sposare sono necessariamente di orientamento omosessuale, cioè gay o lesbiche, esistono infatti anche le persone bisessuali...

Una donna, un uomo, sposano chi amano, donna o uomo che sia, e questo non deve fare differenza alcuna.

Ecco perché l'espressione "tra omosessuali" è anche omofobica perché implica che se due persone dello stesso sesso si sposano sono per forza "due omosessuali" e non solo due persone che si amano non importa quale sia il loro orientamento sessuale.

Un frasario meno discriminatorio è il minimo che mi aspetto da un quotidiano come manifesto.

Alessandro Paesano

Se mi rispondono, come al solito, vi fo sapere!



venerdì 13 luglio 2012

Quando la rissa è tra omosex. Come le etichette distorcono la realtà. Sulla rissa tra clienti del gay village così come è stata riportata da quotidiani e siti internet.

Due comitive di ragazzi, si sono spintonati all'interno al Gay Village, verso le 4 di notte, per motivi che gli investigatori reputano banali e forse amplificati dall'alcol. Una volta fuori, su un tratto di via delle Tre Fontane, i ragazzi si sono nuovamente presi a calci e pugni, Un ragazzo romano di 20 anni è stato colpito alla schiena da una coltellata, una ferita profonda, non così grave da mettere in pericolo la vita del giovane.

Questa in soldoni la notizia così come la riassumo dal Messaggero escludendo i commenti sia quelli ridicoli che quelli offensivi.

Per Marco De Risi, che firma l'articolo, i ragazzi si sono insultati a vicenda. In questo caso non si traterebbe [sic!] di un caso di omofobia, ma di una rissa.

Mentre l'esercizio commerciale Gay village diventa una manifestazione (che in italiano significa cerimonia o spettacolo pubblico).

Nessuna informazione sulla manifestazione, né sulle reazioni degli organizzatori del Village (nessun comunicato stampa...), né un commento sulla ...coattagine degli avventori (e avventrici?) romani\e. Basta specificare che non si tratta di omofobia ma di una rissa e tutti possiamo dormire sonni tranquilli...

Non me ne voglia De Risi, il suo resta uno degli articoli più equilibrati.

Per Roma il primo quotidiano nazionale online la rissa tra ragazzi diventa una rissa fra omosex. Basta andare al Gay Village e si diventa subito omosex. Vai a spiegare che il Village è(ra) un luogo di integrazione tra diversi orientamenti sessuali dove accanto al gay griffato trovavi l'etero griffatissimo a caccia di pischelle vanesio abbastanza da apprezzare di far sbavare anche qualche pischello come lui. Valendo anche il reciproco ogni gay che va in un locale etero si dovrebbe normalizzare (altro che Niccolosi!). Queste trappole semantiche tendono le etichette certo che bisogna essere tendenziosi o sciocchi di proprio...



Gay.tv si lascia prendere la mano dalla sitesi e scrive
Notte di violenza al Gay Village di Roma, dove due gruppi di ragazzi si sono picchiati per futili motivi forse legati all'alcol. Ma stavolta non si tratterebbe di un caso di omofobia. 
Se la lingua italiana non fosse diventata una opinione (come la matematica...) da quel ma si dovrebbe desumere che normalmente i casi di omofobia avvengono  per futili motivi forse legati all'alcol...

Nell'articolo si dice anche di peggio. Dopo aver raccontato i fatti (avendo come fonte, si presume, il messaggero...) l'autore (l'autrice?) del pezzo conclude con una considerazione infelice.


Stavolta però l'omofobia non c'entra: dal momento che gli eterosessuali non sono più violenti dei gay o viceversa, auguriamoci che queste persone vengano isolate e punite.
L'omofobia non è menare, discriminare, tentare di uccidere o uccidere una perosna omosessuale per mano di chi (presumibilmente) omosessuale non si percepisce, è una questione di violenza tra maschi gay o etero per questo (questa?) genio del giornalismo pari sono...

Così mentre tutti si precipitano a specificare che non si tratta di omofobia ma di una semplice rissa nessuno si chiede lumi su un comportamento aggressivo e violento. Nessuno constata come l'aggressività, la mancanza di rispetto altrui siano un comportamento quotidiano e normale in tutti e tutte le persone, giovani e meno giovani, preferendo di gran lunga (perchè in effetti così facendo si dorme più tranquill*) di spiegare tutto con l'omofobia o con l'acool.



 

domenica 8 luglio 2012

elementidicritica... in Turchia!

Grazie a Francesco Boraldo un post di questo blog è stato tradotto in turco e postato sul sito dell'associazione di Ankara Kaos GL, che, mi informa Francesco, è un'equivalente dell'Arcigay italiana, se vogliamo fare un paragone, (...) attiva legalmente dal 1994, ed è la più grande del Paese.
Kaos GL continua Francesco, ha una sua sede riconosciuta, una sua rivista, organizza attività culturali, incontri, dibattiti, un po' di tutto.
Francesco si trova ad Ankara come studente di lingua turca, e contribuisce alla pagina web dell'associazione con traduzioni di scritti provenienti dall'Italia.
Il post che Francesco, bontà sua, ha ritenuto interessante e più che appropriato alla situazione è la lettera aperta a Cassano che, grazie a lui, adesso è disponibile anche in lingua turca!

Questo il link alla pagina del sito Kaos GL e , di seguito, un'anteprima della medesima.






Ho proposto di collaborare con questo blog, raccontandoci la situazione lgbt in Turchia. Non so se avrà modo o voglia di scrivere su queste pagine. Vedremo.
Intanto lo ringrazio per avermi scelto e per il lavoro che fa per la comunità, dunque per tutt*.

Grazie Francesco!

sabato 30 giugno 2012

Di cosa parliamo quando parliamo di "aggressione omofobica". Sul ragazzo aggredito a Ponte Lungo (Roma) perché gay

Ieri alle 5 del mattino in via Ivrea un giovane gay romano è stato aggredito da due uomini. Prima lo hanno insultato con frasi omofobe. Poi, mentre il primo lo teneva fermo bloccandogli le braccia, l'altro lo prendeva a pugni sul naso, provocandogli, con l'anello che indossava al dito, alcune escoriazioni sotto un occhio" denuncia l'associazione in difesa dei dititti degli omosesssuali Dì Gay Project.
Così leggo sul sito di Repubblica di ieri, 29 giugno.

Ora, quello che mi chiedo in questi casi, e mi preoccupa sia l'unico a farlo, è quale sia  il modo (il perchè) con cui (per cui) la vittima viene identificata come omosessuale. E' vestito da gay? E come vestono i gay? Scheccava? Cantava Born This Way?

Non è una domanda peregrina. Erano le 5 del mattino. Il giovane da dove veniva? Dove stava andando? Stava per i fatti suoi? Ha osato guardare i due aggressori? 

Insomma o noi gay  abbiamo tutti l'alone che ci fa riconoscere incontrovertibile come tali, o in questi articoli manca un dettaglio.  Non è una questione di  pignoleria, è una questione  di visibilità. Che cosa classifica qualcuno come gay? E questo, o questi, elementi, sono necessari e sufficienti? O basta trovarsi al momento sbagliato nel posto sbagliato, col vestito sbagliato, la camminata sbagliata, per essere riconosciuti come gay e per questo stesso motivo essere aggrediti?

Nessuno mette in dubbio che nel nostro paese ci sia  una insofferenza nei confronti delle persone omosessuali, se basta passeggiare mano nella mano o darsi un casto bacio sulle labbra per essere scherniti, aggrediti, discriminati,.ma dare per scontato che se ci aggrediscono alle 5 del mattino mentre ce ne andiamo in giro per i fatti nostri,  lo fanno per lo stesso ordine di ragioni (se si possono chiamare tali...) si tratta di una indebita semplificazione.
L'avversione per ogni forma di diversità viene scippata alla popolazione e relegata alle sole persone omosessuali. Così se sei sovrappeso, se ha un taglio di capelli fuori standard, se porti una t shirt con una parola di troppo, se vieni insomma percepito come persona diversa e vieni aggredit* per questo, si ridimensiona un'avversione globale per l'individualità riducendola alla sola radice omofobica.

Dare questa spiegazione  giustifica le aggressioni (i soliti froci, io non lo sono non corro rischio, proprio come nei primi anni dell'aids...) ascrivendole solo a una categoria della quale invece gay e lesbiche sono solo la componente più esposta perché quella che lotta per non essere discriminata.

Quello che più mi preoccupa e mi trova contrario in questa semplificazione ideologica è la natura destrorsa e forcaiola che ne deriva.
Così nel comunicato stampa, almeno per come lo riporta repubblica, Imma Battaglia arriva ad affermare 
E' venuto il momento di dare priorità alla questione sicurezza in tutte le sedi competenti: a cominciare dall'amministrazione della città, rafforzare la vigilanza e i controlli, fino al Parlamento, affinché approvi finalmente una legge contro l'omofobia, che garantisca pene più severe quando le aggressioni riguardano pregiudizi omofobi.
Non si tratta di sicurezza, né, tanto meno, di avere pene più severe. L'annovero del reato di omofobia nella legge Mancino non serve per rafforzare la pena ma per riconoscere legalmente che l'omofobia è reato. E' la funzione simbolica quella più importante. Così come quello che dobbiamo chiedere non è maggiore sicurezza (non a questo sindaco poi che ne ha fatto un fascista cavallo di battaglia elettorale, si è visto con quali risultati) ma il rispetto e il riconoscimento dei diritti mancati a tutte le minoranze a partire da quella omosessuale. A che serve mettere pene più severe se un Giovanardi qualunque può permettersi di dire le sue porcate senza che nessuno intervenga per zittirlo? Sì, zittirlo perché la libertà di opinione non può mai discriminare chicchessia.

Non c'è bisogno di più polizia, c'è bisogno di più Stato, più cultura, più educazione, nelle scuole, nel posto di lavoro, dappertutto. Che la portavoce di una associazione in difesa dei dititti degli omosesssuali (solo gay, niente lesbiche...) chieda alle istituzioni più polizia e non educazione al rispetto mi preoccupa come poteva preoccupare un giovane (allora le donne contavano meno che mai...) ai primi vagiti del ventennio.

domenica 24 giugno 2012

Se questo è un sito gay. Sull'ultimo, insostenibile e irricevibile insulto omofobico del sito gay.it

No non mi riferisco all'insulto all'intelligenza. Anche se buona parte dei post pubblicati da gay.it sembrano scritti da quindicenni che si sono fermati alla licenza media.

Stavolta gay-it è uscito allo scoperto e ha pubblicato un articolo che presenta commenti omofobici, offensivi e anni 50.
Invito i miei amici che collaborano con questo sito, e che in passato lo hanno discretamente difeso per questo motivo, a ritirare la propria collaborazione, altrimenti devo considerare che concordano con il punto di vista del sito e sono dunque a loro volta discriminatori.

Il post in questione è una cretinata. Si dice per l'ennesima volta che il papa è gay, riprendendo un vecchio articolo dello stesso sito  dove una sedicente teologa dice che il papa è gay e lei lo sa perchè ci ha studiato insieme da ragazza. Bontà sua.
Non mi interessa qui nè il papa nè la sua (presunta) omosessualità.

Mi interessa il titolo del post e un paio di considerazioni al suo interno.

"Ratzinger è gay, una donna mancata"
Il papa sarebbe gay secondo il parere di un'autorevole intellettuale nonché figlia di un ex presidente della Repubblica. A riprova ci sarebbero le foto che lo ritraggono in posa da "donna mancata".
Senza entrare nel merito dell'autorevolezza della fonte o della prova trovo disgustosamente omofobico che si possa dire di un gay che è una donna mancata. Qui si confonde identità di genere con orientamento sessuale.

Questi sono gli errori che fanno quelli che di omosesualità non sanno nulla e vivono solo di pregiudizi.

Chi fa queste considerazioni diffonde la discriminazione. E va fermato.

Gay.it danneggia la comunità e, secondo me, dovrebbe chiudere.

Ma siamo proprio sicuri che sia un sito pro gay?

venerdì 22 giugno 2012

Stefania Rocco "aspirante" giornalista. Dati i pezzi che scrive (come quello sul coming out di Marina Marchione) non ha nulla da invidiare al giornalismo professionista: disinformato, conformista e stupido.


La notizia da riportare è che Marina Marchione, ex concorrente di Amici, nel suo libro DicoNoDiMe ha parlato di avere amato una donna dchiarando, come si legge nell'articolo di Stefania Rocco pubblicato su gossip.fanpage.it:

Detesto definirlo un coming out. Non si tratta di dare una collocazione precisa agli individui. Anche dire “Io sono così”, per come la vedo io, è un’etichetta. E io non ho bisogno di questo. Io ho bisogno che arrivi alla gente che una persona ama, può amare chiunque, sia un uomo o una donna non fa differenza. Questo libro parla di sentimenti, d’amore. E visto che sull’argomento sono piuttosto sfigata, ho sentito l’esigenza di scrivere. Si tratta di un libro lunghissimo, che all’inizio non era stato pensato per diventare un libro. I giorni prima della pubblicazione li ho vissuti serenamente. Mi sarei posta un problema nel caso in cui fossi stata una tossicodipendente o una pazza omicida. Non faccio niente di male. Poi si tratta di un romanzo, quindi ci sono cose anche non mie. Ma non scoprirete mai chi è F. Io tutelo sempre le persone che mi conoscono.

Dichiarazioni condivisbilissime. E' già scritto tutto lì.
Invece Stefania si sente in diritto di aggiungere di suo e stravolge tutto scrivendo amenità come
Lei, la tranquilla pupilla di Maria De Filippi, si decide a squarciare il velo di ipocrisia che da sempre regna intorno al mondo della sessualità.
Ma come?!? Marina ha detto  Questo libro parla di sentimenti, d’amore  e lei riduce tutto al sesso?!
Velo di ipocrisia? Cioè ci si fa scrupolo a dire del proprio orientamento sessuale per ipocrisia? Non per la pressione dello stigma sociale?


Il cinismo da giornalista che vuole vendere notizie non conosce limiti e nel sommario dell'articolo Stefania (o chi per lei, ma poteva imporre un cambiamento) scrive:

Marina Marchione, attrice ed ex protagonista del talent show Amici, confessa di aver amato una donna. La rivelazione, avanzata con sorprendente naturalezza, arriva a pochi giorni dall’uscita del suo primo libro e c’è già chi pensa si tratti solo di pubblicità.
Perchè mai non dovrebbe dirlo con naturalezza? E' Marina stessa a piegare il perchè I giorni prima della pubblicazione li ho vissuti serenamente. Mi sarei posta un problema nel caso in cui fossi stata una tossicodipendente o una pazza omicida.

E poi pensando che tutti vogliano vendere come lei vende i suoi pezzi insinua il volgare sospetto che si tratti solo di pubblicità. Ma nel pezzo questo sospetto non viene nemmeno sfiorato... 

Per quanto mi riguarda Stefania Rocco è laureata a pieni voti nella professione di giornalista. I suoi pezzi sono cinici, imprecisi, piena di pregiudizi, proprio come quelli delle sue colleghe e dei suoi colleghi!   

Non me ne voglia Stefania. Ci sono molti altri articoli dove si dicono cose ben peggiori ma vedere una giovane aspirante giornalista che, pur avendo una dichiarazione dell'autrice del libro su cui scrive il pezzo così ben scritta e dalle intenzioni così chiare, riesce lo stesso a  modificare il senso della dichiarazione con commenti inappropriati e discriminatori, mi fa temere per il futuro. Così giovane e già così conformata al peggio di una professione che sta perdendo quel po' di autorevolezza che le era rimasta.




A proposito, nessuno cita gli estremi del libro, casa editrice, etc perchè a nessuno evidentemente frega del libro ma solo di fare gossip sul coming out di una ex di Amici. Il libro è pubblicato dalla Galassia Arte,  di Roma. Il suo titolo completo è DicoNOdiME. A cuore aperto e questa a sinistra è la copertina.

E poi dicono che il giornalismo ha come scopo quello di informare...

giovedì 21 giugno 2012

Cassano, Morace, i froci e il maschilismo italiano (del calcio ma anche dell'informazione)



Prima c'è stata la conferenza stampa della nazionale nella quale un giornalista chiede a Cassano cosa ne pensa della dichiarazione di Cecchi Paone che in nazionale ci sarebbero due gay, e risponde Froci in nazionale? spero che non ce ne siano. Tutti i giornalisti e le giornaliste presenti ridono rumorosamente.


Le associazioni lgbt tuonano anatemi tanto che in  serata arriva un comunicato stampa nel quale Cassano chiede scusa dicendo che non voleva mettere in discussione la liberta' sessuale delle persone e che non si permette di esprimere giudizi sulle scelte di altri, che vanno tutte rispettate riducendo l'omosessualità a una questione di "libertà sessuale" (niente sentimenti) e di scelta (come se l'orientamento sessuale potessimo sceglierlo).

Il Mario Mieli dopo il comunicato stampa, ma ignorandone i contenuti chiede di escludere il calciatore omofobo dai prossimi incontri: chi manifesta odio verso gli altri non può rappresentarci degnamente in Nazionale. 
Per incontri il Mieli intende le partite ma, si sa, bisogna confermare il luogo comune che vede omosessualità e calcio due cose incompatibili.

Cassano passa così alla gogna mentre nessuno ha da ridire su Cecchi Paone, sul giornalista che gli ha fatto la domanda (pensa che ci siano gay in nazionale o sono solo metrosexual?), né su tutti quelli e quelle che alle risposte di Cassano (froci in nazionale? Spero non ce ne siano. se ce ne sono peggio per loro) ridono (cazzo vi ridete imbecilli!).

E' più comodo attaccare Cassano e continuare a legittimare il giornalismo degenerato italiano. Altrimenti la prossima volta che ti picchiano il frocio non ne parla nessuno... E questa la dice lunga sull'autonomia del movimento lgbt.


Oggi leggo una vera notizia tra le righe di una intervista a Carolina Morace,  un'ex calciatrice, allenatrice di calcio e commentatrice sportiva italiana, la quale, in una intervista sulla rivista A(nna) uscita ieri i cui contenuti sono stati anticipati da Adn Kronos la sera del 19, ha rilasciato queste dichiarazioni:
Io sto con Cassano. Quello che rimesta nel torbido e' Alessandro Cecchi Paone: strumentalizza questi argomenti.  Cassano ha detto che ci sono froci in Nazionale?  E chissenefrega. Io non l'ho trovato tanto offensivo. Cassano e' cosi', usa il linguaggio che conosce. E' piu' scandaloso Cecchi Paone che nel suo libro strumentalizza questi argomenti. Trovo piu' volgare lui, che spinge gli altri al coming out.

La Federazione dovrebbe prendere posizione una volta per tutte: basta un comunicato: l'omosessualita' e' presente nel calcio nella stessa percentuale in cui e' presente nella popolazione italiana. E chiudere il discorso.

Da noi il problema e' un altro: non si investe sul calcio femminile. A guidare le azzurre c'e' uno che si chiama Antonio Cabrini. C'erano tante altre che potevano prendere quel ruolo. E invece e' stato scelto un uomo. Questa e' la vera discriminazione.

Sono d'accordo con Morace che la parola frocio non sia il problema delle dichiarazioni di Cassano. Lo scandalo non ha per argomento il politicamente corretto ma la discriminazione. Nell'intervista le frasi da condannare sono infatti quel peggio per loro rivolto ai froci e, soprattutto, froci in nazionale? Spero non ce ne siano.

Ma la vera notizia in questa intervista è che la nazionale di calcio femminile sia allenata da Antonio Cabrini un uomo (fossimo un sito di gossip gay diremmo l'ex bello del calcio) un uomo,  come spiega bene Morace: 
C'erano tante altre che potevano prendere quel ruolo. E invece e' stato scelto un uomo. Questa e' la vera discriminazione. 


Mi dispiace solo che Morace, discriminata in quanto donna, non abbia colto l'occasione per dire io sto coi gay perchè da donna e da calciatrice conosco bene la discriminazione degli uomini.


E' interessante notare come l'intervista sia stata ripresa dai quotidiani o dai siti.

Il Mario Mieli riporta il dispaccio adn krons senza fare alcun commento  mancando l'occasione di fare un bel parallelo tra discriminazione sulle donne e sui gay fatta sempre dal maschio (ma come si fa, da maschi a palar male di se stessi soprattutto se, da gay, i maschi piacciono anche sessual-sentimentalmente?).

Gay.it scrive un pezzo riassuntivo dal quale espunge la discriminazione maschilista che le calciatrici subiscono lamentata da Morace.


Il Messaggero titola la notizia con un disgustoso La Morace: io sto con Cassano,
la vergogna è Cecchi Paone
così, povera Carolina, a discriminazione si aggiunge discriminazione.
Se vi sfuggisse il senso quell'articolo determinativo la preposto per distinguere il sesso di quel cognome e usato solamente per le donne conferma che l'unico sesso di default per cui non c'è bisogno di specifica alcuna è quello maschile mentre quello femminile ha bisogno di un bollino, di un marchio, di una distinzione discriminatoria.
Bastava titolare Morace, senza la come fa Libero.it il sito non il quotidiano, oppure, se proprio non si può fare a meno di specificare il sesso, usare il nome di battesimo.

Tra le righe, nell'articolo il messaggero arriva a fare questo commento Carolina Morace, (...) si schiera al fianco dell'attaccante barese, nonostante si dica da tempo che lei sia lesbica Basta un si dice per rendere il fatto vero. E si sminuisce la protesta contro le discriminazioni riducendolo a un interesse di parte. Se si fa campagna di sensibilizzazione per le persone omosessuali non è per combattere una discriminazione ma perchè si è omosessuali. In ogni caso chi ha scritto questo pezzo ragiona con l'accetta perchè non va affatto per il sottile e ne fa una questione di schieramenti se stai con Cassano sei contro i Gay in barba alle vere dichiarazioni di Morace. Questo anonimo (anonima) giornalista andrebbe radiato (radiata) dall'albo.

In tutte le battaglie di protesta, in tutti i movimenti di liberazione, in tutte le campagne di sensibilizzazione c'è bisogno di sinergia, individuare gli effetti comuni del maschilismo. Un associazionismo maturo, avrebbe sottolineato la matrice comune nella nomina di Cabrini alle domande del giornalista che hanno causato le dichiarazioni di Cassano.

Invece ognuno, e, purtroppo, ognuna, pensa al proprio particulare e la discriminazione sessista maschilista e omonegativa imperversa indisturbata anche tra chi dovrebbe combatterla.

D'altronde, si sa, dividi et impera...



mercoledì 20 giugno 2012

Una crepa nel dissenso: Il sostegno alla campagna Una volta per tutti di ArciLesbica nazionale

Dopo l'unanimità dei dissensi dei giorni scorsi, apprendo solo oggi del comunicato stampa di ArciLesbica nazionale che sostiene la pessima proposta di legge segregazionista che chiede per le persone omosessuali un non matrimonio di serie b.

Ecco il testo:

L’Associazione Nazionale ArciLesbica si batte perché l’Italia apra il matrimonio civile alle persone dello stesso sesso. E continuerà a farlo fino a che questo risultato non sarà raggiunto.

Sta partendo la Campagna "Una volta per tutti" che lancia una proposta di legge di iniziativa popolare per le unioni civili, che riconoscono gli stessi diritti dei coniugi alle coppie dello stesso sesso che si uniranno attraverso questo istituto.

Siamo pronte a sostenere questa campagna, anche se non coincide con l’apertura del matrimonio civile, perchè quello che ci interessa e ci preme è l’esercizio di uguali diritti, e questa legge li prevede. L'Unione Europea raccomanda dal 1994 agli Stati membri di aprire alle coppie omosessuali l'accesso al matrimonio o istituto equivalente, è tempo che l'Italia adempia a queste raccomandazioni.

Ci piace che una proposta di legge arrivi al Palazzo dalle firme dei cittadini e delle cittadine, che da anni sono in grande maggioranza favorevoli al riconoscimento delle nuove famiglie. Giacciono in Parlamento altre proposte di legge nell’indifferenza ottusa dei governi che si sono susseguiti, ma a pochi mesi dalle elezioni politiche vogliamo dare il nostro contributo perchè un’onda di migliaia di firme ricordi ai partiti che tantissimi elettori non vogliono più il primato dell’omofobia per l’Italia.

Serviranno 50 mila firme, facciamo che siano molte di più e vediamo chi oserà chiedere il voto senza rispondere a questa mobilitazione.

Per l'Associazione Nazionale ArciLesbica
Paola Brandolini - Presidente

A Paola Brandolini chiedo come  sia possibile che la richiesta di un istituto giuridico per le sole persone omosessuali costituisca una parità di diritti.

Trovo questo endorsement un gravissimo errore politico.
Come trovo dolorosamente naïf che si creda che basti la presentazione di una proposta di legge popolare (pessima) per obbligare il nostro parlamento a legiferare a favore della comunità lgbt.

Arcilesbica SVEGLIAAAAAA




martedì 19 giugno 2012

L'articolo sessista e, suo malgrado, omonegativo di Edoardo Sassi sul Corriere della sera a proposito dello spot per il Gay Village 2012 nel quale Dj Francesco bacia un uomo


Non si può negare che le buone intenzioni ci siano, ma si sa cosa dice il proverbio di queste intenzioni.

La notizia di Dj Francesco che si bacia con un altro uomo per lo spot del Gay village 2012 viene descritta dalla penna del giornalista del corsera Edoardo Sassi in maniera sessista e omonegativa a cominciare dal titolo:

Dj Francesco posa per un bacio gay
E' lo spot del village degli omossessuali
Il semplice bacio tra due uomini, diventa un bacio gay.
Cioè si omosessualizza il bacio, come se il bacio tra due uomini sia diverso, nella sua natura di bacio, da quello tra un uomo e una donna o da quello tra due donne.

Lo spot non è degli omosessuali ma è lo spot di una impresa commerciale chiamata Gay Village che si rivolge anche al pubblico omosessuale.

Per Sassi è invece un po' come il lavandino per i neri della legge segregazionista americana in vigore fino al 1964 che, pur mandando la stessa acqua, distingueva un lavandino ad uso e consumo delle persone di colore.
Un bacio omosex tra un idolo della tv, l’eterosessuale Federico Facchinetti, 
Rimane difficile fare capire che il bacio è lo stesso, anche quando cambia l'assortimento della coppia , se quel bacio lo si etichetta come omosex.

E' altresì curioso che si specifichi subito l'orientamento sessuale del testimonial come se l'orientamento sessuale del testimonial cambiasse qualcosa sul valore del sostegno di Dj Francesco alla campagna di sensibilizzazione contro l'omonegatività.

E' un po' come se si fosse specificato che Valerio Mastandrea è sieronegativo quando ha fatto l'ultimo spot di sensibilizzazione contro la campagna hiv.

Se si voleva specificare che Dj Francsco non è parte in causa in quanto etero si poteva spendere qualche parola in più per farlo capire perchè così si rischia di  svilire l'impegno delle persone omosessuali che lottano per una società con meno discriminazioni e quindi migliore per tutte e per tutti.

Sassi non si risparmia nemmeno il sessista la, l'articolo determinativo davanti il cognome di una donna, e così facendo conferma che il cognome per eccellenza, quello il cui sesso non va specificato, è sempre e ancora quello del maschio, pardon, dell'uomo.


DJ FRANCESCO E LA RUSIC
Così come il dettaglio fisico è sempre di pertinenza delle donne (la bionda produttrice). Vi immaginate le perplessità dei lettori e delle lettrici se Sassi avesse scritto il castano Dj Francesco?

Sul significato dello spot, sulle discriminazioni che le persone omosessuali subiscono nemmeno un accenno non ci si allontana dalla mera descrizione narrativa dello spot.

Il video con deejay Francesco, diretto da Gaia Gorrini e Rita Rusic (...) mostra Facchinetti nel ruolo di un «tato» gay che, insieme al suo giovane compagno, cerca di farsi assumere per fare da babysitter ai figli di una coppia etero. Il bacio tra i due suggella l’ottenimento del posto di lavoro.
Tutte distinzioni queste che fanno dell'orientamento sessuale una razza

Il "tato" è gay
bastava dire Facchinetti nel ruolo di un «tato» che, insieme al suo giovane compagno,

E' la coppia a essere omosessuale (cioè formata da due uomini) non ci importa l'orientamento sessuale dei due (potrebbero anche essere bisessuali...) quel che importa è che una coppia formata da due persone dello stesso sesso (omosessuale significa proprio questo "dello stesso sesso") sia percepita con la stessa legittimità e rispetto della coppia di persone di sesso diverso.

nel resto dell'articolo si parla di consumatori, di successo di una impresa commerciale, dei pettegolezzi sulle dichiarazioni di Cassano. Insomma di tutto quello che gira introno il vero scopo dello spot che è quello di ricordare all'Italia tutta che deve recuperare credito democratico e rispettare anche le persone omosessuali, in coppia o meno.

E le donne come Rusic che è la produttrice dello spot e non ci importa certo di che colore abbia i capelli.

domenica 17 giugno 2012

Un padre, coi suoi figli.

Mentre mi accingo ad andare al Pride PArk vedo su faccialibro questa foto di Ricky Martin coi su' figlioli come si legge in uno dei commenti e non posso non pensare che l'omogenitorialità e per fortuna inarrestabile e che presto travolgerà anche il sistema legislativo patriarcale italiano...

sabato 16 giugno 2012

I bambini e le bambine di oggi.

Qualche giorno prima che il teppista nazionale Cassano insultasse pubblicamente milioni di gay e lesbiche italiani, al di là delle Alpi, nella nostra monovolume si consumava questa scena: le mie figlie gemelle litigavano su chi avrebbe sposato Björn, il loro compagno di scuola che stavamo riportando a casa dopo una festa. “Lo sposo io”, “no io”, “no io”. Ma a un certo punto Björn, 4 anni e mezzo, ci ha informati che da grande lui avrebbe sposato Martin, “perché, sapete, anche due uomini si possono sposare”.

In Italia questa frase Björn non l’avrebbe potuta dire. Finché lo stato non si deciderà a dichiarare una volta per tutte che l’amore delle persone omosessuali ha la stessa dignità degli altri, come possiamo aspettarci che lo facciano i teppisti? Che lo faccia quel teppista nazionale di Cassano?

Con il suo silenzio e la sua inerzia, lo stato italiano è il vero teppista nazionale. Il più colpevole di tutti.

A parlare è Claudio Rossi Marcelli che chiude così un suo articolo sul sito di Internazionale (articolo nel quale parla anche di Guido Allegrezza).

A parte l'ingiusta accusa al solo Cassano (per tacere del giornalista che gli ha fatto la domanda o di tutti e tutte quelle che ridevano delle sue battute omofobe) la chiusa dell'articolo è naturalmente condivisibile. Se ve ne parlo è per poter citare i commenti all'articolo via facebook che ho trovato illuminanti e commoventi.





Quindi anche in Italia si può dire, anzi lo si dice, grazie a delle genitrici scevre da pregiudizi...

E scusate se è poco.

Educare a un pesiero altro: riflessioni sparse sull'omofobia e sul sessimo.

Premesso che la parola omofobia ha almeno tre significati diversi e cioè: omofobia psicopatologica (il vero etimo della parola= paura irrazionale delle persone omosessuali);
Omofobia pregiudiziale (le convinzioni personali contro le persone omosessuali apprese dalla società)
Omofobia discriminatoria (quella che indica gli atti volontari volti a discriminare, ledere, e, ahimè, colpite psicologicamente e fisicamente le persone omosessuali,

mi capita quotidianamente di leggere articoli e scritti amici di militanti o omosolidali (gaysolidali, lesbosolidali) intrisi di luoghi comuni, pregiudizi e omonegatività.

Così leggo sul fatto quotidiano un articolo di Matteo Winkler giurista, docente alla bocconi, autore del libro L’ abominevole diritto. Gay e lesbiche, giudici e legislatori scritto a quattro mani con Gabriele Strazio pubblicato nel, 2011 per Il Saggiatore,  a proposito della campagna del Gay Village 2012  dove Winkler fa delle considerazioni che trovo sottilmente maschiliste:

Mi ha molto colpito, facendomi pure sorridere, il logo della campagna di comunicazione per il lancio del Gay Village 2012, raffigurante un calciatore in posa davanti a un pallone e con addosso un paio di scarpe rosse coi tacchi.
E’ il ritratto di ciò che non ci aspettiamo: lo sport “etero” per eccellenza, con i campioni – dopo ieri, forse non più tali, ma chi lo sa – di machismo, velinismo, e chi più ne ha più ne metta, con un abbigliamento di genere femminile. Un incrocio di sessi che passa un messaggio preciso: ci sono gay anche tra i calciatori e, inoltre, non occorre essere un calciatore per essere, come dire, figo: bastano dei tacchi.
Quanti pregiudizi da capovolgere, quanti luoghi comuni da sfatare, quanti valori da denunciare come fascisti, patriarcali e machisti in queste frasi

La virilità, qualunque cosa sia, afferisce all'uomo, qualsiasi uomo, biologico o trans, etero o gay (ricordate Busi alla malcapitata Alba Parietti? Gay è virile).
Chi pensa di usare ancora l'idea del gay poco virile è fermo agli anni 50 quando si confondeva identità di genere con orientamento sessuale.

Il calcio come sport etero: uno stereotipo di genere e di orientamento sessuale. Ci sono moltissimi etero cui il calcio non interessa proprio così come moltissimi gay cui il calcio piace tantissimo (e non per via dei giocatori...). Così come il calcio piace alle donne (altro stereotipo di genere...).

Capisco che Winckler sta elencando quelli che secondo lui sono  elementi di uno stereotipo condiviso che il poster del Village capovolgerebbe, ma costruendo su questo stereotipo il suo discorso interpretativo sul poster stesso non si rende conto di confermare quegli stereotipi.

Winckler infatti legge quel tacco a spillo indossato dal calciatore (il corsivo sarà chiaro tra poche righe) come segno dell'omosessualità parlando di incrocio di sessi riconfermando, appunto, quel vecchio luogo comune degli anni 50 che parlava di inversione sessuale.
Un incrocio di sessi che passa un messaggio preciso: ci sono gay anche tra i calciatori.
Che maniera infelice di esprimersi!
Il tacco a spillo non può essere preso certo come segno dell'identità femminile, né l'omosessualità può essere definita come incrocio tra i sessi.

Nè credo che il messaggio del poster sia quello di dire che ci sono gay anche tra i calciatori.
Sai che scoperta!
Ci sono gay dappertutto!!!  A meno che non si pensi allo stereotipo del gay artistico e sensibile. Per carità!

Il poster ha ben altre e più profonde simbologie.



Il poster mostra un paio di gambe tornite e muscolose in un campo di calcio. Due gambe che calzano un padio di scarpe con tacco a spillo.

Winckler ci legge solo il rovesciamento dello stereotipo uomo "virile"\ donna.
Un uomo che gioca a calcio è virile se indossa i tacchi non lo è più...

Chi ci dice che quelle due gambe non siano però di una calciatrice?
Di una donna biologica, o trans?
O di un uomo trans?

L'aspetto dissonante delle scarpe a tacco con le gambe di un calciatore\una calciatrice prima ancora che richiamare al travestitismo gioca con lo specifico di una calzatura: dagli scarponcini da calcio alle scarpe col tacco a spillo.

Nessuna donna va normalmente in giro con quel tipo di scarpa. Solo in una serata di gala, proprio come nessun uomo calza scarponcini fuori dal campo di calcio. E li si indossa non perchè siano belli da vedere (Winkler dice non occorre essere un calciatore per essere, come dire, figo: bastano dei tacchi) ma perchè hanno una funzione ben precisa, fisico dinamica per lo scarponcino sociale er la scarpa col tacco.

Pensare che la scarpa a col tacco faccia fighi o fighe è usare lo stereotipo di genere che vuole la bellezza e l'eleganza (un certo tipo di bellezza e di eleganza) di esclusivo appannaggio femminile o parafemminile (l'omosessualità maschile).

Se c'è una cosa che le persone transgeder hanno dimostrato invece è proprio l'inutilità di tutte queste sottodivisioni.

Se io voglio essere percepita come donna (come uomo) posso volerlo pretendere senza che mi vesta da donna (uomo) che appaia come una donna (uomo) che mi si riassegni chirurgicamente quel sesso!



Come si dice di Ginger Rogers che faceva gli stessi passi di Fred Astaire ma con i tacchi e all'indietro, la simbologia della scarpa col tacco calzata è di rendere naturale /nel senso di facile da fare) anche una cosa impossibile come giocare una partita di calcio coi tacchi.

Qualche giorno fa Andrea Tornese su faccialibro si chiedeva il significato del claim del poster naturalmente attaccanti.

A me sembra abbastanza chiaro.
Abituati a difenderci tutti i gironi dal ludibrio e dallo stigma noi popolazione lgbtqi siamo naturalmente (ci viene spontaneo attaccanti) Cioè non stiamo in difesa ma attacchiamo col nostro aspetto, col nsotro esserci col nostro non nasconderci ma dirci fieri di essere quello che siamo!

Ecco io credo che la radice dell'omofobia quel patriarcato sessista e maschilista è in ognuna e ognuno di noi, popolazione lgbtqi compresa (come potrebbe essere altrimenti? Siamo esseri umani e donnani anche noi...).
Allora forse la rieducazione che le persone come Cassano, come i giornalisti che gli hanno fatto delle domande omofobiche, dovrebbe riguardare tutte e tutti noi, educarci al disinnesco dei luoghi comuni le cui insidie fanno tremare tutti i polsi.

L'equivoco che in quanto omosessuali noi siamo immuni da certi stereotipi è naif quanto pericoloso perchè ipostatizza una quidditas dell'omosessualità (come quella di essere tutti e tutte a sinistra) che non solo non esiste ma è anche piuttosto ridicola.

L'omosessualità non identifica una Weltanschauung identifica solo una terribile dolorosa e ingiusta discriminazione.

Mentre lo spieghiamo alle persone omofobe ricordiamolo anche a quelle omosolidali e a noi stesse.

Una volta per tutti: la rinunica volontaria al matrimonio per le coppie dello stesso sesso non piace e continua a non piacere.


Continuano le dichiarazioni e le prese di distanza legali, politiche, storiche, etiche, dalla sciagurata proposta di legge promossa dalla campagna Una volta per tutti. Uno spunto continuo e interessante per riflettere sui motivi della grave inopportunità di questa proposta di legge

Francesco Bilotta, della rete Lanford,  dal suo profilo Facebook scrive:


La bacheca di Billotta è ricca di spunti. C'è quello di Ivan Scalfarotto, che ha scritto una nota alla Commissione diritti del suo partito che ha appena licenziato un documento nel quale si apre alle unioni civili per le coppie omosessuali ma non al matrimonio
Nella lettera si legge
Io credo con profonda convinzione (...) che le persone omosessuali debbano poter accedere al matrimonio in Italia, così come accade già in un numero di paesi che cresce di giorno in giorno.
(...)  Ritengo altresì che l’adozione di una regola “uguali ma separati” che introdurrebbe una differenza, sin dalla definizione di principi generalissimi quali quelli del nostro documento, tra il matrimonio per le coppie eterosessuali e un altro istituto per le coppie omosessuali sia inaccettabile sul piano democratico come lo era quello stesso principio, quando vigeva tra bianchi e neri, negli anni della segregazione razziale negli Stati Uniti d’America.
Limitare i propri orizzonti quando non è richiesto in modo pressante dall’esigenza di un compromesso è per me del tutto incomprensibile. Per questo motivo ritengo che la nostra posizione, in questa fase, avrebbe dovuto essere in linea con le posizioni più avanzate a livello internazionale e non timorosa e conservatrice come appare dal nostro documento.
Del resto, è precisamente questo il motivo per cui non ho firmato la recente proposta di legge di iniziativa popolare sulle Unioni Civili, presentata a Milano nei giorni scorsi, che ai miei occhi limita i propri orizzonti in assenza di qualsiasi necessità di venire incontro a posizioni diverse come accadrebbe nel processo legislativo all’interno del Parlamento.
(...)  Il matrimonio gay è realtà in tutta Europa e nel mondo occidentale, io credo che per quanto la politica italiana possa provare a rallentare questo processo sia solo una questione di tempo anche da noi.
Ancora sulla bacheca di Bilotta c'è un commento di  Carmen Dell’Aversano, docente dell’Università di Pisa:




Quel che molt* sostenitor* della proposta di legge non colgono è che la proposta non si limita a sostenere l'istituzione delle unioni civili per tutte le coppie di ogni assortimento sessuale, Istituto sul quale non si può non essere che d'accordo ma richiede anche una Civil Partnership ad esclusivo diritto delle coppie dello stesso sesso sostitutivi e proditoriamente presentato come equivalente al matrimonio.

Ed è questo quello che si contesta in un documento firmato da Agedo, Famiglie Arcibaleno, Certi diritti e Arcigay Riflessione comune sulla recente proposta di iniziativa di legge popolare nel quale si chiede
ai promotori della legge di riformulare il testo e di indicare come primo traguardo l'estensione del matrimonio civile e non le "unioni civili" per le coppie omosessuali. Potremo in questo modo dedicare tempo e impegno al successo della proposta con tutti i mezzi di cui disponiamo.


Uno degli assunti della proposta di legge e cioè che l’articolo 29 della Costituzione escluda dal matrimonio le coppie dello stesso sesso non è affatto vero come si legge bello stesso documento

L’avvio della campagna di raccolta firme è stato accompagnato dall’insistente ripetizione dell’argomento che la sentenza n. 138/2010 della Corte costituzionale escluderebbe la possibilità di ottenere il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso in Italia.
Questo argomento è completamente inesatto, non solo alla luce della sentenza citata ma anche della più recente sentenza di Cassazione, ed è sostenuta da un numero molto ampio di giuristi e docenti universitari. Non esiste, quindi, un ostacolo costituzionale alla possibilità del Parlamento di legiferare sulla materia, estendendo il matrimoni civile alle coppie costituite da persone dello stesso sesso.


QUESTA LEGGE NON S'HA DA FARE!

venerdì 15 giugno 2012

E' stato aggredito Guido Allegrezza cittadino italiano

Chissà se Antonio Cassano intendeva questo quando ha detto che se ci sono gay nella nazionale di calcio peggio per loro.

Io credo che sia peggio per noi. Noi gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, transgender, persone intersessuate, etero e queer.
Sì anche etero, perchè qui senza nulla togliere allo specifico dell'omofobia, quel che fa scattare la violenza è la caccia alla persona diversa e per essere diversi e diverse basta poco, pochissimo.
E' l'intera Nazione che ne esce distrutta.
E' la società intera che si dimostra capace di una violenza feroce che non risparmia nessuna e nessuno.

Molte e molti di noi ieri, nell'accogliente spazio dell'India, tra un bicchiere di vino e un buffet che mi dicono buono (io non l'ho preso), non riuscivamo a dissimulare il senso di frustrazione, la rabbia  di sapere un nostro amico ridotto in queste condizioni.



La frustrazione e la lucida consapevolezza che al posto di Guido poteva esserci chiunque di noi.

Stamane si aggiunge il disgusto nel vedere come i mass media sfruttano la situazione per cavalcare l'onda omofobia senza collegare i pezzi del puzzle, senza fare alcun servizio alla società, senza informare davvero collegando l'aggressione a Guido ai 70 femminicidi che si sono compiuti in Italia dall'inizio dell'anno, alla bomba nella scuola di Bari, allo stupro della ragazza a L'Aquila....

Una violenza che non è solo fisica ma anche morale, politica, ideologica, e riguarda tutti i cittadini e le cittadine esodate (ogni neologismo serve per dividere e separare cittadine e cittadini cui vengono scippati quotidianamente diritti e garanzie costituzionali), e presto private e privati dell'articolo 18 e do ogni altra tutela conquistata con il sangue 40 anni fa.

I quotidiani si limitano a proporre il pettegolezzo, il fatto di cronaca che deve indurre a una generica pietà ma nessuna indignazione.

Così oltre al dolore fisico che per empatia stamane mi sembra di provare anche me (si fa per dire Guido so che il dolore ti starà attanagliando), oltre all'umiliazione per quest'ultima aggressione appena più vicina perchè Guido lo conosciamo tutti e lo amiamo in molti (e a me fa un po' schifo leggere proclami di solidarietà da chi spala continuamente merda sulla persona perchè non ne condivide l'operato politico), stamane ci tocca leggere un titolo del Messaggero che è un altro colpo inferto alla comunità lgbt: le donne trans sono ancora indicate al maschile!!!
Violenza è anche questa, non solo quella fisica ma anche quella ideologica, quella simbolica, quella che divide, distingue e giudica inesorabilmente.

E mentre la frustrazione dell'impotenza ieri ci faceva straparlare tutte di ronde, di armi per difenderci,  Guido, intervenuto nella serata della cultura arcobaleno, tramite il cellulare di Imma, al microfono, ci ha dato una bellissimo esempio di misura intelligenza e statura morale.

Con l'ironia che riesce a caratterizzarlo anche quando ha due costole rotte (per tacere del setto nasale rotto, di un versamento ematico sulla retina, devo continuare?) ci ha testimoniato della violenza che colpisce chiunque anche le persone etero: con lui, al pronto soccorso, c'era un ragazzo, che solo per aver risposto verbalmente ai pesanti apprezzamenti indirizzati alla sua ragazza, è stato accoltellato...

Così mentre quotidiani e siti di militanza lgbt usano un frasario a tratti ridicolo

Sdegno per gay aggredito: tutti al pride (Mario Mieli)

Tutta la nostra solidarietà e vicinanza al giovane gay - Guido ha 47 anni...- aggredito all’Eur. (Giorgio Ciardi, delegato alla sicurezza del sindaco Gianni Alemanno) fonte romacapitalenews Guido ci ricorda che qualunque sia il nostro orientamento sessuale,  siamo tutte potenziali vittime. Tutte.

La nostra Repubblica non è mai stata così fragile, così ferita nel suo genuino sentimento democratico.

E mentre 3 anni fa, quando Svastichella accoltellò Giuseppe, ci riversammo spontaneamente in piazza, senza pensare all'opportunità di farlo, se sarebbe servito, se era il momento adatto, adesso ci chiediamo se serve mobilitarci a una settimana dal pride, mentre ci sono in corso d'opera la settimana della cultura arcobaleno e il pride park che apre oggi.

La sconfitta politica sta anche nel cercare la spontaneità di un gesto di protesta nelle pagine libere della propria agenda.

Guido guarisci presto!