sabato 16 giugno 2012

Educare a un pesiero altro: riflessioni sparse sull'omofobia e sul sessimo.

Premesso che la parola omofobia ha almeno tre significati diversi e cioè: omofobia psicopatologica (il vero etimo della parola= paura irrazionale delle persone omosessuali);
Omofobia pregiudiziale (le convinzioni personali contro le persone omosessuali apprese dalla società)
Omofobia discriminatoria (quella che indica gli atti volontari volti a discriminare, ledere, e, ahimè, colpite psicologicamente e fisicamente le persone omosessuali,

mi capita quotidianamente di leggere articoli e scritti amici di militanti o omosolidali (gaysolidali, lesbosolidali) intrisi di luoghi comuni, pregiudizi e omonegatività.

Così leggo sul fatto quotidiano un articolo di Matteo Winkler giurista, docente alla bocconi, autore del libro L’ abominevole diritto. Gay e lesbiche, giudici e legislatori scritto a quattro mani con Gabriele Strazio pubblicato nel, 2011 per Il Saggiatore,  a proposito della campagna del Gay Village 2012  dove Winkler fa delle considerazioni che trovo sottilmente maschiliste:

Mi ha molto colpito, facendomi pure sorridere, il logo della campagna di comunicazione per il lancio del Gay Village 2012, raffigurante un calciatore in posa davanti a un pallone e con addosso un paio di scarpe rosse coi tacchi.
E’ il ritratto di ciò che non ci aspettiamo: lo sport “etero” per eccellenza, con i campioni – dopo ieri, forse non più tali, ma chi lo sa – di machismo, velinismo, e chi più ne ha più ne metta, con un abbigliamento di genere femminile. Un incrocio di sessi che passa un messaggio preciso: ci sono gay anche tra i calciatori e, inoltre, non occorre essere un calciatore per essere, come dire, figo: bastano dei tacchi.
Quanti pregiudizi da capovolgere, quanti luoghi comuni da sfatare, quanti valori da denunciare come fascisti, patriarcali e machisti in queste frasi

La virilità, qualunque cosa sia, afferisce all'uomo, qualsiasi uomo, biologico o trans, etero o gay (ricordate Busi alla malcapitata Alba Parietti? Gay è virile).
Chi pensa di usare ancora l'idea del gay poco virile è fermo agli anni 50 quando si confondeva identità di genere con orientamento sessuale.

Il calcio come sport etero: uno stereotipo di genere e di orientamento sessuale. Ci sono moltissimi etero cui il calcio non interessa proprio così come moltissimi gay cui il calcio piace tantissimo (e non per via dei giocatori...). Così come il calcio piace alle donne (altro stereotipo di genere...).

Capisco che Winckler sta elencando quelli che secondo lui sono  elementi di uno stereotipo condiviso che il poster del Village capovolgerebbe, ma costruendo su questo stereotipo il suo discorso interpretativo sul poster stesso non si rende conto di confermare quegli stereotipi.

Winckler infatti legge quel tacco a spillo indossato dal calciatore (il corsivo sarà chiaro tra poche righe) come segno dell'omosessualità parlando di incrocio di sessi riconfermando, appunto, quel vecchio luogo comune degli anni 50 che parlava di inversione sessuale.
Un incrocio di sessi che passa un messaggio preciso: ci sono gay anche tra i calciatori.
Che maniera infelice di esprimersi!
Il tacco a spillo non può essere preso certo come segno dell'identità femminile, né l'omosessualità può essere definita come incrocio tra i sessi.

Nè credo che il messaggio del poster sia quello di dire che ci sono gay anche tra i calciatori.
Sai che scoperta!
Ci sono gay dappertutto!!!  A meno che non si pensi allo stereotipo del gay artistico e sensibile. Per carità!

Il poster ha ben altre e più profonde simbologie.



Il poster mostra un paio di gambe tornite e muscolose in un campo di calcio. Due gambe che calzano un padio di scarpe con tacco a spillo.

Winckler ci legge solo il rovesciamento dello stereotipo uomo "virile"\ donna.
Un uomo che gioca a calcio è virile se indossa i tacchi non lo è più...

Chi ci dice che quelle due gambe non siano però di una calciatrice?
Di una donna biologica, o trans?
O di un uomo trans?

L'aspetto dissonante delle scarpe a tacco con le gambe di un calciatore\una calciatrice prima ancora che richiamare al travestitismo gioca con lo specifico di una calzatura: dagli scarponcini da calcio alle scarpe col tacco a spillo.

Nessuna donna va normalmente in giro con quel tipo di scarpa. Solo in una serata di gala, proprio come nessun uomo calza scarponcini fuori dal campo di calcio. E li si indossa non perchè siano belli da vedere (Winkler dice non occorre essere un calciatore per essere, come dire, figo: bastano dei tacchi) ma perchè hanno una funzione ben precisa, fisico dinamica per lo scarponcino sociale er la scarpa col tacco.

Pensare che la scarpa a col tacco faccia fighi o fighe è usare lo stereotipo di genere che vuole la bellezza e l'eleganza (un certo tipo di bellezza e di eleganza) di esclusivo appannaggio femminile o parafemminile (l'omosessualità maschile).

Se c'è una cosa che le persone transgeder hanno dimostrato invece è proprio l'inutilità di tutte queste sottodivisioni.

Se io voglio essere percepita come donna (come uomo) posso volerlo pretendere senza che mi vesta da donna (uomo) che appaia come una donna (uomo) che mi si riassegni chirurgicamente quel sesso!



Come si dice di Ginger Rogers che faceva gli stessi passi di Fred Astaire ma con i tacchi e all'indietro, la simbologia della scarpa col tacco calzata è di rendere naturale /nel senso di facile da fare) anche una cosa impossibile come giocare una partita di calcio coi tacchi.

Qualche giorno fa Andrea Tornese su faccialibro si chiedeva il significato del claim del poster naturalmente attaccanti.

A me sembra abbastanza chiaro.
Abituati a difenderci tutti i gironi dal ludibrio e dallo stigma noi popolazione lgbtqi siamo naturalmente (ci viene spontaneo attaccanti) Cioè non stiamo in difesa ma attacchiamo col nostro aspetto, col nsotro esserci col nostro non nasconderci ma dirci fieri di essere quello che siamo!

Ecco io credo che la radice dell'omofobia quel patriarcato sessista e maschilista è in ognuna e ognuno di noi, popolazione lgbtqi compresa (come potrebbe essere altrimenti? Siamo esseri umani e donnani anche noi...).
Allora forse la rieducazione che le persone come Cassano, come i giornalisti che gli hanno fatto delle domande omofobiche, dovrebbe riguardare tutte e tutti noi, educarci al disinnesco dei luoghi comuni le cui insidie fanno tremare tutti i polsi.

L'equivoco che in quanto omosessuali noi siamo immuni da certi stereotipi è naif quanto pericoloso perchè ipostatizza una quidditas dell'omosessualità (come quella di essere tutti e tutte a sinistra) che non solo non esiste ma è anche piuttosto ridicola.

L'omosessualità non identifica una Weltanschauung identifica solo una terribile dolorosa e ingiusta discriminazione.

Mentre lo spieghiamo alle persone omofobe ricordiamolo anche a quelle omosolidali e a noi stesse.

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