Abbiamo anche visto che il maggiore numero di suicidi nella popolazione lgbt è spiegata con l'omofobia che viene vista e descritta solamente nel senso stretto di stigma per le persone lgbt mentre, beninteso, l'omofobia miete vittime anche tra la popolazione straight.
Ci siamo lasciati chiedendoci quali sono i dati numeri sui suicidi della persone lgbt.
La letteratura sui suicidi della popolazione lgbt è un vero vaso di Pandora.
Decine e decine di survey, la maggior parte dei uqali non italiani. Quelli italiani pochi e difficilmente accessibili.
Da questi survey sono stati tratti studi e report.
Uno di questi, che esiste, fortunatamente per voi, anche in italiano, abbastanza significativo e che possiamo prendere come nostro primo punto di riferimento, è la Relazione di ILGA-Europe* per la Commissione degli Affari Sociali, Sanità e Famiglia dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa dal titolo
Il suicidio tra i giovani gay, lesbiche, bisessuali e transgender pubblicato nel 2007 e che potete leggere, e scaricare, qui.
Nella relazione si legge che
Quasi tre decenni di ricerca hanno ripetutamente dimostrato che i giovani gay, lesbiche, bisessuali e transgender (“LGBT”) sono significativamente più inclini a tentare il suicidio rispetto ai loro coetanei eterosessuali. (Relazione di ILGA-Europe pag. 3)
Ognuna di queste affermazioni è corredata da un riferimento bibliografico che per il momento tralasciamo.
Incline a tentare il suicidio non significa che i giovani (sessisticamente) lgbt commettano più suicidi ma che ne sono solamente più propensi.
Non si tratta di persone suicide ma persone con una alta suicidalità.
Rendo così, con un pessimo neologismo che non vuole esser tale, la parola suicidality
coniata dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti nel 2004, per includere tra gli effetti collaterali di alcuni antidepressivi la tendenza al suicidio.
Dunque gli studi sui suicidi tra la popolazione lgbt non attestano già i suicidi commessi e nemmeno quelli tentati.
Attestano una maggiore predisposizione al suicidio come attesta la Relazione:
Una ricerca condotta a partire dagli anni ’90 utilizzando un’ampia scala rappresentativa di adolescenti ha confermato i risultati di una precedente ricerca sul forte legame tra la condizione di “minoranza sessuale” e il suicidio.( Relazione di ILGA-Europe pag. 3 ).
In realtà nella versione in inglese del rapporto si parla di suicidality dunque, di nuovo, non già il suicidio ma la tendenza suicida.
Per minoranza sessuale si intende la
posizione sociale stigmatizzata, il quale è denominato “minority
stress” (t.l stress di minoranza).
Minoranza sessuale è una cattiva traduzione dell'inglese Minority stress.
Secondo Michael Dentato nel suo articolo The Minority Perspective
Una forte correlazione può essere tracciata tra (a) la teoria dello stress minoritario, che sottolinea i processi di stress (esperienza del pregiudizio, aspettativa di rifiuto, omofobia interiorizzata) e dei processi di miglioramento nell'affrontare questi processi di stress, e (b) una maggiore probabilità di disagio psicologico e problemi di salute fisica tra gli uomini gay e bisessuali e altre popolazioni delle minoranze sessuali. La teoria del minority stress fornisce un quadro utile per spiegare ed esaminare le disparità di salute e il ruolo dell'omofobia come paradigma sociologico che vede le condizioni sociali come causa di stress per i membri di gruppi sociali svantaggiati, che a sua volta può aumentare il rischio per l'HIV, tra gli altri fattori di rischio. (traduzione dall'inglese mia)Disparità di salute fisica e mentale.
Tra queste rientra anche il suicidio.
Dunque in chiave psichiatrica si nota come le persone omosessuali siano mediamente più malate, fisicamente e mentalmente.
Più malate in che senso? Con quale tipo di malattie? Quali comportamenti psicotici?
Ci torneremo.
Come si può capire anche da questa minima punta di un icerberg gigantesco, ma, in ultima analisi, facilmente eludibile, qualunque sia il motivo per cui si cerca di verificare perchè le persone omosessuali siano più o meno mentalmente malate delle persone etero, al di là dei dati che emergono da queste ricerche, che sono smepre inconcludenti perchè contraddittorie e contraddette da studi successivi, è chiaro che il punto di partenza è pregiudiziale: se ci si chiede e si va a indagare sei i froci sono più malati è segno inequivocabile di un pregiudizio discriminante.
Non dimentichiamoci che per la psichiatria il suicidio è una malattia mentale:
Numerosi studi hanno provato il collegamento tra il minority stress e, da una parte l’omofobia internalizzata***, dall’altra i problemi di salute mentale, inclusi pensieri suicidi e i tentativi di suicidio. Relazione di ILGA-Europe pag. 8
Dunque il gatto si morde la coda.
I gay si suicidano di più perchè sono malati e sono malati perchè si suicidano di più....
Nella relazione si legge:
(...) un sondaggio del 1999 realizzato con 3365 studenti della scuola secondaria superiore negli USA ha rilevato che giovani gay, lesbiche e bisessuali fossero 3.4 volte più inclini a testimoniare [sic] un tentativo di suicidio, mentre una rassegna Norvegese nel 2001 di numerosi studi, tra i meglio documentati secondo gli esperti, ha rilevato che il rischio di tentato suicidio tra i giovani gay, lesbiche e bisessuali fosse dalle due alle sei volte più elevato rispetto che tra i coetanei eterosessuali.
La ricerca sui giovani transgender ha mostrato inoltre una significativaIn inglese si legge gay, lesbian, and bisexual youth were 3.4 times more likely to report a suicide attempt. t.l maggiori probabilità (e non incidenza)
incidenza superiore alla media di tentativi di suicidio. Relazione di ILGA-Europe pag. 3
C'è insomma uno slittamento semantico dal suicidio come atto compiuto o tentato e fallito verso l'idea di probabilità propensione, desiderio, un'attrazione verso il tentativo di suicidio.
Più avanti nella stessa relazione si specifica infatti che:
La ricerca empirica smentisce in modo chiaro la correlazione tra la condizione di omo-bisessualità e i problemi di salute mentale, inclusi pensieri suicidi e tentativi di suicidio.Dunque
Dall’altro lato, la ricerca internazionale ha evidenziato l’impatto negativo che emarginazione, stigmatizzazione e discriminazione possono avere sulla salute mentale e il benessere dei giovani LGBT. Relazione di ILGA-Europe pag. 8
1) non c'è collegamento tra l'omosessualità in sé e la suicidalità
2) la pressione sociale dell'omofobia, compresa quella interiorizzata (nella relazione si usa il participio internalizzata), fanno aumentare, dicono gli studi, la suicidalità nella popolazione lgbtq.
E' interessante notare due fatti.
1) Il pregiudizio nei confronti del suicidio visto esclusivamente come malattia mentale e mai, in nessun caso, come strumento di autoaffermazione (cfr. il mio post Il suicidio non è una scelta debole); il suicidio visto comunque come indizio di vulnerabilità psicologica.
2) afferire la pressione sociale dello stigma omo\transnegativo*** e eterosessista**** esclusivamente alle persone non eterosessuali:
I problemi di salute mentale che possono comparire tra i giovani-adulti gay e lesbiche tendono ad essere spiegati in termini sociali o socio-politici piuttosto che psicologici, così come le situazioni psicologicamente difficili derivanti generalmente dal contesto sociale, incluse le rappresentazioni sociali negative della sessualità gay e lesbica si traducono in una maggiore vulnerabilità psicologica degli stessi in quanto minoranza sessuale. (i neretti sono miei) Relazione di ILGA-Europe pag. 4
Così da un lato il minority stress non tiene conto di tutte quelle persone che pur non omosessuali possono comunque essere colpite dall'omonegatività, come ho già avuto modo di dire nella prima parte di queste note sparse, dall'altro il minority stress giustifica, perchè spiega, e isola tutti i danni dell'omonegativià incorporandoli nel fatto che la popolazione lgbt, appartenendo a una minoranza sessuale (definizione di per sè omofoba visto che riassume l'orientamento alla sola sfera sessuale escludendo nella definizione quella affettiva) soffre per lo stress derivante da questo stato di minoranza. Una definizione ambigua e deresponsabilizzante per chi discrimina per chi diffonde lo stigma.
Se l'omosessualità è una minoranza non è certo responsabilità della maggioranza.
Mentre lo stigma è una responsabilità sociale collettiva.
Un conto è sentirsi frustrati perchè in quanto vegetariani si vive in un mondo di carnivori che non ti prende in considerazione e un po' ti sfotte, un conto è essere omosessuali e vivere in una società che non ti dà spazio alcuno senza fornirti strumenti di (auto)rappresentazione e di espressione sociale neutri ma sempre e solo negativi come, pure, la relazione, riporta più avanti:
Tre quarti degli intervistati sono convinti che i mass-media esprimano pregiudizi o elementi discriminatori. Le persone e le questioni LGBT sono ritenute da escludersi nella comunicazione dei media, nel senso che, quando se ne parla, vengono generalmente rappresentate in maniera negativa o stereotipica. Relazione di ILGA-Europe pag. 8
Un concetto infelice quello di minority stress che ha una vocazione quasi terzosessista e che si applica esclusivamente alle persosne lgbt mentre ci sono quattordicenni che magari vogliono indossare una maglietta rosa senza essere necessariamente visti come gay, non perchè essere gay sia qualcosa di negativo ma semplicemente perchè gay non lo sono.
Insomma lo stigma per l'omosessualità è trans-orientamento sessuale investendo le persone etero quanto quelle omosessuali e bisex.
Non così per i ricercatori che ne fanno una questione ad hoc.
Lo stress sociale non è dato tanto dalla minoranza quanto dal fatto che quella minoranza non è annoverata nella sfera del lecito, del normale, del possibile, del disponibile, del paritario.
Non è l'unico concetto ambiguo creato dalla scuola di pensiero angloamericana, caratterizzata da una fortissima vocazione terzosessista e idealista che vede l'omosessualità come condizione a sé, determinata geneticamente, incompatibile con l'eterosessualità cui si dà la paternità ideologica del dualismo dei generi, che nega uno statuto a sè della bisessualità considerata come terra di mezzo ambigua e autonegatoria).
Il concetto di metrosexual, la preoccupazione delle ragazze che il ragazzo con cui escono possa essere gay perchè si cura le sopracciglia o magari non ci ha provato alla prima uscita, sono tutti segni di una società divisa e martoriata in mille sottocategorie che impoveriscono il genere umano e donnano che è uno solo, dove la differenza (e non la diversità) di uno, di una, è ricchezza di tutti e tutte.
Tutti arogementi che meriterebbero un post a parte e che, in qualche modo, ho già avuto modo ripetutamente di affrontare in molti dei mie post precedenti.
Per tornare al topic di questo post possiamo dunque dire che i dati statistici internazionali (lasciando quelli italiani a un post successivo) ci danno informazioni circa non già i suicidi avvenuti ma circa la propensione al suicidio che abbiamo chiamato suicidalità (dall'inglese suicidality).
E diversi studi attestano che la popolazione lgbt ha una suicidalità fino a tre volte superiore alle persone non lgbt.
Suicidalità legata non alla omosessualità in sè ma alla pressione sociale (omonegatività, eterosessismo) in qualche modo razionalizzate con il concetto di minority stress, stress da minoranza dove la pressione sociale e lo stigma si trasformano concretamente in malattia fisica e mentale a maggior carico delle persone omosessuali.
Quali sono i criteri cui sono stati raccolti i dati?
Quale attendibilità hanno i questionari così raccolti?
Quali sono le malattie che colpiscono di più la popolazione lgbt ?
Chi ci assicura che un gay incazzato per essere discriminato, più che depresso, magari dice di avere pensato al suicidio per sollecitare le istituzioni a intervenire contro lo stigma omofobico?
Per rispondere a queste domande dobbiamo entrare nel vivo di questi survey.
E' quel che faremo nel prossimo post.
(continua)
*La ILGA-Europe è la sezione europea della ILGA Associazione internazionale LGBTI che lavora per l'uguaglianza ei diritti umani per le persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali a livello europeo. Una organizzazione internazionale ombrello non governativa che riunisce 408 organizzazioni provenienti da 45 dei 49 paesi Europei.
Le associazioni italiane aderenti all'Ilga-Europe sono parecchie, e precisamente,
Arcigay
Arcigay Catania
Arcigay Frida Byron Ravenna
Arcigay Gioconda Reggio Emilia
Arcigay Il Cassero
Arcigay La Giraffa
Arcigay Piacenza
Arcigay Pisa
Arcigay Roma Gruppo Ora
ArciLesbica
ArciLesbica Bologna
Associazione Genitori di Omosessuali AGEDO
Associazione InformaGay
Associazione Omosessuale Articolo 3 di Palermo
Associazione Radicale Certi Diritti
Centro Risorse LGBT
CUBE - Centro Universitario Bolognese di Etnosemiotica
Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli
Circomassimo - Associazione gay e lesbica
Comitato Provinciale Arcigay di Rimini “Alan Mathison Turing”
Comitato Provinciale Arcigay Bergamo Cives
Comitato Provinciale Arcigay CIG - Milano
Comitato Provinciale Matthew Shepard - Arcigay Modena
Coordinamento Torino Pride GLBT
Di'Gay Project
Famiglie Arcobaleno
Fondazione FUORI
Ireos - Centro Servizi Autogestito Comunita Queer
Lambda
Omphalos Gay and Lesbian Life
Rete Genitori Rainbow
** Si intende per omofobia internalizzata la condizione per la quale una persona LGB ha imparato ad accettare l’eterosessualità come “l’unico modo corretto di essere”, causa di un livello basso di autostima e spesso nell’odio di se stessa. Sentir parlare e vedere rappresentazioni negative di omosessualità può portare le persone LGB ad internalizzare queste nozioni negative.
*** l’Omofobia, così come la bi-fobia e la trans-fobia: una paura irrazionale, o disprezzo verso l’omosessualità e la bisessualità e verso le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender.
**** l’Eterosessismo: la convinzione, dichiarata o implicita, che l’eterosessualità sia superiore (teologicamente, moralmente, socialmente, emotivamente) all’omosessualità; ciò trova spesso espressione nell’assunto (conscio o inconscio) che tutte le persone siano o dovrebbero essere eterosessuali, o nell’ignorare (consciamente o inconsciamente) l’esistenza e i bisogni delle persone che non sono eterosessuali.