lunedì 8 ottobre 2012

Identità di genere fluida: la prepotenza degli stereotipi sull'articolo Che male c’è se un bambino si veste da femmina? di Ruth Padawer

Basta il titolo dell'articolo-fiume di Ruth Padawer per rimanere perplessi.

Cosa vuol dire infatti che un bambino si veste da femmina?

Se non bastasse è sufficiente leggere quello che i genitori di Alex, un bambino che va ancora all'asilo, dicono di lui:
Alex ha sempre avuto un’identità di genere fluida, e al momento si identifica con passione sia con i calciatori e i supereroi, sia con le principesse e le ballerine (per non parlare degli unicorni, dei dinosauri e dei lustrini colorati)

Vediamo di capirci qualcosa.  Quando si parla di identificazione non si intende una identificazione letterale (Alex non vuole essere un dinosauro). Si parla di ruoli. Ruolo del calciatore e ruolo della principessa. Ruoli codificati secondo rigidi stereotipi di genere che non permettono di coniugare il ruolo della principessa al maschile senza scalfire l'immagine di una maschilità virile (mascolinità).


Non nego che ci siano uomini e donne che vogliono essere percepiti, qualunque ne sia il motivo, come appartenenti all'altro sesso, a discapito di quello biologico che non sentono proprio.
Però ogni volta che un uomo o una donna, anche in età infantile deroga dai rigidi stereotipi di genere viene subito ascritto nella sfera se non già del transgenderismo in quella della fluidità di genere.
Siamo così rigidi con le parole e con gli stereotipi di genere che le parole veicolano da modificare le persone e la loro identità di genere pur di mantenere gli stereotipi di genere che vengono percepiti come dati una volta per tutti e non determinati storicamente.


Sebbene i genitori di Alex siano consapevoli che
Quando aveva quattro anni, Alex diceva di essere “un bambino e una bambina”, ma nei due anni successivi si è reso conto di essere semplicemente un bambino al quale ogni tanto piace indossare abiti femminili e fare giochi da bambina.
Invece di riconoscere che non ci sono giochi da bambini e  giochi da bambina per mantenere questa distinzione arrivano a teorizzare una fluidità di genere, i cui assunti epistemologici sono gli stessi che 40 anni fa pensavano portavano a vedere le persone omosessuali come invertite per via dell'attrazione erotico sentimentale per le persone del sesso sbagliato. Adesso si ripete lo stesso pregiudizio nei comportamenti.

Alex avrebbe una identità di genere fluida perchè 
Certi giorni, quando è a casa, mette un vestito, si dipinge le unghie e gioca con le bambole. Altri giorni si scatena, lancia i giocattoli e finge di essere l’Uomo Ragno.
dunque quello che fa Alex un bambino dall'identità di genere fluida non è il suo desiderio di esser percepito come bambino o bambina che cambia di giorno in giorno o di momento in momento ma il fatto di adottare comportamenti che sono socialmente ascritti ai due sessi. Adottandoli entrambi  però non mette in discussione lo stereotipo di genere ma deve essere normalizzato per non toccare quelli e diventa lui fluido.

L'articolo parte da una assunto ottocentesco e non lo mette in discussione si limita a spezzare una lancia in favore di queste persone diverse facendo una enorme confusione tra ruoli di genere stereotipati, identità di genere e orientamento sessuale..
La letteratura medica della fine dell’ottocento descriveva le donne “invertite” come tremendamente schiette, “negate per il ricamo” e con “un’inclinazione e una predilezione per le scienze”. I maschi “invertiti”, invece, sdegnavano gli sport all’aperto. A metà del novecento i medici tentavano “terapie correttive” per eliminare i comportamenti di genere atipici. Il loro scopo era di impedire che i bambini diventassero omosessuali o transessuali, termine che si usa per definire le persone che sentono di essere nate nel corpo sbagliato.
Oggi molti genitori e medici rifiutano le terapie correttive, perciò questa è la prima generazione che consente ai bambini di giocare e di vestirsi in modi che prima erano riservati alle bambine, di vivere in quello che uno psicologo ha definito “uno spazio intermedio” tra i comportamenti tradizionali dei maschi e delle femmine.
Questi genitori si sono fatti coraggio appoggiandosi a una comunità online sempre più numerosa di persone che la pensano come loro e hanno figli maschi che amano i diademi e gli zainetti rosa. Perfino le persone transessuali mantengono la tradizionale distinzione tra i generi: sono nate di un sesso ma appartengono all’altro. I genitori dei bambini che si trovano in quello spazio intermedio sostengono invece che esiste uno spettro dei generi, e non due categorie contrapposte, nelle quali nella vita reale non rientra esattamente nessun uomo e nessuna donna.
(...)
Il fatto che ci sia ancora un forte disaccordo tra gli psicologi sull’opportunità di soffocare i comportamenti anomali o di incoraggiarli, rende ancora più difficile fare una scelta.
Quasi tutti i genitori che consentono ai figli di vivere nello “spazio intermedio” erano persone aperte anche prima di avere un bambino rosa, pronti a difendere i diritti dei gay e l’uguaglianza delle donne e a mettere in discussione il confine tradizionale tra virilità e femminilità. Ma quando i loro bambini violano le norme convenzionali, anche loro rimangono disorientati. Com’è possibile che il modo di giocare di mio figlio, una cosa di solito così piacevole da guardare, mi metta tanto a disagio? E perché mi preoccupa il fatto che voglia indossare un vestito da femmina?
Ora questi genitori e questi psicologi  quanti danni possono fare questi bambini? Per non parlare del termine sessista e maschilista bambini rosa.

L'articolo stesso infatti sembra considerare anormali non le donne che si mascolinizzano ma gli uomini che si femminilizzano.

Naturalmente, se Alex fosse stato una bambina che a volte si veste e gioca come un maschio non sarebbe stato necessario mandare un’email ai genitori dei compagni. Nessuno avrebbe battuto ciglio davanti a una bambina a cui piace giocare a palla o portare la maglietta dell’Uomo Ragno.
Naturlamente?

Ma qui di cosa si parla di pregiudizi nei genitori o di dati oggettivi L'anormalità sta nell'occhio di chi guarda o in questi bambini rosa?
L'autrice dell'articolo non sembra avere dubbi:


Le ricerche sui bambini che non si conformano al loro genere sono relativamente poche, quindi è impossibile sapere quanti sono quelli che escono da quei confini, o addirittura quali sono questi confini. Secondo alcuni studi, dal 2 al 7 per cento dei maschi al di sotto dei 12 anni mostra regolarmente comportamenti che travalicano l’identità di genere, anche se molto pochi vorrebbero veramente essere femmine. È difficile capire cosa significa questo per il loro futuro. A dieci anni la maggior parte dei “bambini rosa” smette di comportarsi in modo non convenzionale perché crescendo non prova più quel desiderio o lo ha sublimato. Gli studi su quello che succede in età adulta ai ragazzi che da piccoli violavano le norme di genere hanno tutti qualche limite metodologico, ma lasciano intendere che, sebbene molti omosessuali non siano mai stati bambini rosa, dal 60 all’80 per cento dei bambini rosa prima o poi diventa gay.
Capite il marasma concettuale di queste persone?
Gli altri diventano eterosessuali oppure donne, con l’aiuto degli ormoni e a volte della chirurgia. I comportamenti delle bambine non conformi al loro sesso, invece, non vengono quasi mai studiati, anche perché le deviazioni dalla femminilità tradizionale sono molto più diffuse e accettate.
A nessuno viene in mente che il movimento femminista e di auto-emancipazione delle donne ha distrutto molti stereotipi di genere mentre gli uomini non hanno saputo fare altrettanto (e il movimento omosessuale maschile  si è limitato a rivendicare il diritto di vestirsi o atteggiarsi da donna senza però intaccare gli stereotipi di genere maschili, anzi, rafforzandoli.


I commenti a questo articolo sono tutti positivi e pieni di ammirazione.
Vi prego ditemi che anche voi avete gli stessi dubbi miei, o anche altri dubbi.
Non lasciatemi da solo.

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