La giornalista non è informata dei fatti. Non sa della smentita del gestore del CHIOSCO di CASTELFUSANO (e non di Ostia, nemmeno del lido, ma di Capocotta, verso Torvaianica...) pubblicata dal Corriere l'11, un giorno prima la data di questo articolo.
Contro l'omofobia, "è il momento di baciarsi di più"
di Cristina Bassi
Bacio sì, bacio no. E se il bacio è gay, le cose si complicano. Dall’Arcigay di Roma arriva la denuncia di un episodio di intolleranza sotto l’ombrellone. Due ragazzi della capitale, entrambi ventenni, sono stati allontanati dal dipendente di uno stabilimento balneare di Ostia, il “Settimo Cielo”, perché si baciavano in spiaggia. A sollecitare l’intervento sarebbero stati gli altri bagnanti, infastiditi dalle effusioni dei due giovani. L’Arcigay ha segnalato la discriminazione, l’ultima di una serie di episodi simili recenti, in cui gli omosessuali hanno subito aggressioni verbali per essersi baciati in pubblico. E annuncia una richiesta di risarcimento danni e diverse iniziative contro l’omofobia sul litorale romano e non solo.
E non riporta nemmeno la controreplica di Arcigay (che però è del 12, quindi forse non ha fatto in tempo) attribuendo le iniziative di baci sulla spiaggia all'arcigay (il link invece conduce a un evento organizzato da altri...).
Già, perchè l'omosessualità è una razza.
La spiaggia del “Settimo Cielo” è frequentata da anni dalla comunità lesbica e gay. Anche per questo i fatti di fine luglio hanno stupito gli habitué dello stabilimento. Alcune associazioni gay ora corrono ai ripari, pubblicando sui propri siti la mappa delle spiagge (oltre che dei bar, delle saune, delle discoteche e dei negozi) “gay friendly”, dove cioè le persone omosessuali possono divertirsi in tranquillità, senza temere aggressioni razziste.
La guida di Gay.it fornisce centinaia di indirizzi, suddivisi per regione e città, con descrizioni e commenti. C’è anche uno “Speciale estate 2010”, con le cento spiagge gay che vanno per la maggiore quest’anno.Posto giusto per l'occasione giusta? Questa è l'ambiguità di ogni posto per gay. Ogni posto cioè dove vai e se ti baci nessuno ti dice niente. E se ci sono altri gay lì rimorchi...
Ma l’elenco dei luoghi gay friendly rischia di diventare un boomerang. È solo un modo per aiutare chi cerca il posto giusto per l’occasione giusta oppure un passo indietro sulla strada dell’integrazione?
Un corollario ovvio e inevitabile che però nasconde la ragion d'essere dei posti per gay (e non gay friendly che sono posti misti dove possono andare anche etero tolleranti).
Da un lato l'esigenza di potersi baciare, accarezzare, abbracciare, senza tema di essere derisi o aggrediti (verbalmente e non) dall'altra l'effetto boomerang di ghetti gay: se non ci baciamo dappertutto non abitueremo mai gli etero ai nostri gesti d'affetto e se non siamo noi stessi ad educare la maggioranza chi deve farlo al posto nostro?
Ci si dimentica però che questi posti per gay sono sempre delle attività commerciali che (è un modo di vedere le cose) sfruttano un impasse della società e creano delle sacche di resistenza, delle bolle di civiltà, impedendo, più o meno involontariamente, che la tolleranza diventi un anticorpo di tutta la società: se tutti i locali accettano i gay e le loro effusioni come fanno per le coppie etero chi andrà più in quei locali? Che motivo avranno ancora di esserci? Conviene loro che la società si emancipi e butti al cesso la propria innata omofobia?
Anche perchè questi locali per gay non offrono alcun servizio alla comunità. Non fanno cultura (in senso lato) ma vendono solo bira.
Un discorso di sinistra che Patanè si guarda bene dal fare ricordando solo il pericolo di autoghettizzazione dei posti per gay.
Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay, mette in guardia. “Il bisogno di aggregazione all’interno della comunità gay è innegabile – ammette –, in un contesto ostile a volte è essenziale sapere dove andare. Purtroppo non siamo in Svezia o in Germania, dove l’inclusione è quasi totale e non c’è neppure più bisogno di locali specifici da frequentare. Da noi certi luoghi di ritrovo sono spesso la risposta alla solitudine e all’esclusione”.E che Patanè confonda, come molti, identità sessuale (maschio femmina) con orientamento sessuale (etero gay) la dice lunga sulla preparazione culturale di questi attivisti gay di professione...
Le guide di questo tipo, continua Patanè, sono però anche la spia di un problema: “Della voglia o dell’esigenza di una ritirata, di fuggire da luoghi da cui invece non bisognerebbe fuggire. Non si può rinunciare a darsi un bacio in un posto qualsiasi, è una rinuncia alla visibilità ma anche alla propria identità sessuale.
Ben vengano le mappe del divertimento, ma il nostro obiettivo deve essere un altro: baciarsi ed essere se stessi nei luoghi della quotidianità di tutti, perché non si è omosessuali solo in determinati posti e in determinati momenti”. Il locale o la spiaggia gay friendly insomma possono essere la soluzione utile a un problema pratico, per superare gli ostacoli di un contesto difficile. Non un modo per isolarsi. “Gli episodi riportati dalle cronache – conclude il numero uno di Arcigay – sono il segnale di un’ondata di neo moralismo. Rischiamo che il dibattito sui diritti arretri, dal parlare di coppie gay si è tornati a parlare di diritti all’identità. La battaglia per la visibilità degli orientamenti sessuali non va abbandonata e neppure il coraggio di essere se stessi ovunque. Questo è il momento di baciarsi di più”.Ci vuole proprio la faccia come il culo per dire quel che afferma Patanè, quando l'80% dei tesserati Arcigay sono reclutati tra gli avventori di saune, discoteche e bar (perchè affiliati ad una associazione pagano meno tasse...). Così Arcigay può vantare un numero spropositato di iscritti che dell'attivismo gay non ne vogliono sapere, visto che vanno in posti di ritrovo... Quindi Patanè accusa gli altri di fare quello che in realtà è proprio arcigay a fare sfruttare i ghetti, camparci economicamente, costruire la propria egemonia numerica di iscritti su una tessera che non ha alcuna rilevanza politica.
Non che Patanè abbia torto a denunciare l'effetto boomerang dei ghetti fa strano che lo faccia proprio lui quando la associazione che presiede campa proprio di quei ghetti... Solito italiano che predica bene e razzola male.
La giornalista ignora tutti questi dettagli e si limita a firmare un articolo che è solo uno spottone per Arcigay, confondendo pure Arcigay Roma con quello nazionale senza sapere che tra le due realtà non c'è, ...come dire?, comunità di intenti (Arcigay Nazionale non ha nemmeno aderito al Roma Pride 2010 trainato, tra le altre, da Arcigay Roma).
Ma lasciando stare la giornalista alla quale va riconosciuta comunque la buona intenzione di fondo, quel che mi disgusta del discorso di Patanè, oltre l'ipocrisia..., è la totale mancanza di analisi del perchè perchè di questo neomoralismo, dei mandanti dell'omofobia insomma i cui nomi sono Vaticano, Stato, Parlamento, Istituzioni (con le dovute eccezioni per queste due ultime voci, naturalmente). Per Patanè contano solo le vittime dell'omofobia non importa sapere chi sono i boia, chi li educa, chi li difende, chi li cresce a pane e omofobia.
Una politica miope e pavida quella di Arcigay, fatta da un'associazione inutile, che fa soci i frequentatori di saune discoteche e bar, e millanta una vocazione politica inesistente che si scioglie come neve al sole come i baci sulle spiagge che fra due mesi saranno solo un ricordo. Nessuna politica di medio o lungo respiro, nessun progetto di educazione della società, solo tanti baci-baci-baci-bà.
A quando la presa della Bastiglia (metaforica e non solo) di tutti gli spazi politici occupati da questi professionisti della militanza gay?