Forse quando cerchiamo di parlare di discriminazione e omofobia lasciamo fuori un portato più segreto, più intimo, più taciuto e sottile, spesso nascosto dalla presunta omofobia interiorizzata quella che ancora oggi porta molti mezzi di stampa a parlare di accettazione della propria omosessualità come si trattasse di una malattia invalidante che ci costringe su una sedia a rotelle.
Dinanzi all'ennesimo suicidio di un ragazzo gay suicidio per il quale la stampa si precipita a spiegare che il giovane aveva problemi di alcool ed era depresso - come a dire frocio sì ma aveva anche altri problemi penso che dobbiamo fermarci un attimo azzerare i nostri racconti e cercare di spiegarci meglio perchè finora veniamo fraintesi e strumentalizzati.
Noi militanti noi piccoli e piccolissimi comunicatori come il sottoscritto che scrive su questo modestissimo blog.
Spiegare che prima ancora di qualunque accettazione personale familiare scolastica amicale e lavorativa che sia noi persone omosessuali siamo colpite da un clima omo-negativo, da un modo di considerare l'omosessualità sminuente, da un modo di impiegarla anche come insulto e come paragone negativo che ci tarpa le ali prima ancora che noi stessi scopriamo che ci piacciono i ragazzi invece delle ragazze. Perchè quando lo scopriamo il problema non è di accettare questa presunta diversità ma il fatto di essere privi degli strumenti per poterci esprimere per sentirci rappresentati e presenti al mondo come i nostri coetanei etero.
Finché le omosessualità non saranno viste come una opzione di default e chiedere a un ragazzo ma hai il ragazzo? con la stessa naturalità con la quale gli chiederemmo se ha la ragazza nessun omosessuale per quanto risolto e accettato in famiglia potrà davvero essere libero e dunque felice.
Non per un impedimento interno ma per una mancanza di spazi rappresentativi sociali, una mancanza che lo induce al silenzio, a tenersi le cose dentro a non sentirsi parte integrante della società ma una cosa diversa, a se stante.
Basta vedere come la notizia della morte di Alessandro R. un giovane ragazzo omosessuale di 21 anni viene data dalla stampa.
Ogni giornale usa una strategia narrativa diversa.
Qualcuno usa l'omosessualità come spiegazione di tutto Suicida perchè gay , mentre messaggero nel titolo non menziona proprio l'orientamento sessuale del ragazzo (Casilino, 21enne litiga con la madre e si lancia nel vuoto dal settimo piano), e il corriere usa una via di mezzo (Si lancia dal settimo piano a 21 anni«Perché offendere un gay non è reato?»).
Eppure ognuno di questi usa la stessa retorica narrativa, che si riferisce a un innuendo che fanno dell'omosessualità non un problema indotto dalla società ma un problema oggettivo della persona (un disagio legato alla sua omosessualità scrive l'Ansa).
Visto però che in famiglia e dagli amici era accettato (o ma che bravi!) allora si il motivo mica era tanto quello...
romaToday)Il motivo del gesto non sembra da attribuirsi all'omosessualità, che famiglia e amici conoscevano e accettavano (
corriere)I carabinieri ritengono che il giovane non avesse problemi perché gay nemmeno fuori di casa ma le indagini proseguono. (Rinaldo Frigani sul
Quanta incomprensione in queste frasi.
Quanto imbarazzo nel non sapere che nome dare alle iniziative delle associazioni omosessuali compreso il Gay Pride cui Alessandro partecipava, come scrive Frignani sempre sul Corriere.
Come se bastasse l'accettazione in casa per renderci la vita facile fuori di casa dove un immaginario collettivo gay non c'è e se c'è è mutuato dal pregiudizio etero-sessista patriarcale.
Finché Frignani e chi lo pubblica e chi lo legge troverà sensata la farse I carabinieri ritengono che il giovane non avesse problemi perché gay nemmeno fuori di casa non pensando (ma come si fa?) che lo stigma discrimina ogni secondo della esistenza delle persone non eteronormate i ragazzi gay continueranno ad uccidersi non per delusioni d'amore come Frignai ipotizza, ma perchè la società non riconosce loro un posto dignitoso tanto quanto quello che riconosce agli altri.
E se nessuno lo ha ancora capita la responsabilità è anche un po' nostra di militanti.
Fermiamoci e riflettiamo.
Un pensiero d'affetto alla famiglia di A.R e alle sue persone care che ha lasciato con un senso di colpa che non è solo loro ma di tutta la società nessuna e nessuno escluso.