Leggo sul blog di Elfobruno un aggiornamento sulle dichiarazioni del Vescovo Urso di cui mi sono già occupato. Elfo e io la pensiamo esattamente nella stessa maniera. Ho quindi pensato di riproporvi il suo post paro paro come si dice a Roma. Mi fa piacere sapere di non essere l'unico a pensarla come lui. Vorrei anche fare una conta di quanti la vediamo ugual. Quindi mie* car* lurker fatevi sentire!!!
martedì 17 gennaio 2012
Ma l'omosessualità non è una malattia come la sla. A proposito dell'articolo della Gazzetta di Parma sulla sla da me quotato ieri
Ieri leggo un articolo ignobile sulla Gazzetta di Parma.
Vi si parla dell'ultima campagna di sensibilizzazione di Arcigay nazionale sulle persone omosessuali.
Una campagna della cui efficacia avevo già dubitato e che questo articolo comprova al di là di ogni dubbio.
L'articolo è ignobile per il tono con cui viene intervistata una delle ragazze testimonial della campagna, che, ahilei e ahinoi, si presta al gioco del giornalista.
Per tutto l'articolo l'omosessualità viene descritta come un problema personale che si può superare, parlandone solo del punto di vista della persona omosessuale e delle sue difficoltà soggettive a gestire la propria condizione manco fossimo nell'800, nella propria vita, nel proprio lavoro, nelle proprie amicizie, con la la propria famiglia.
Come se l'omosessualità fosse una malattia invalidante, con la quale si può imparare a convivere e vivere lo stesso sereni.
Così penso bene di sostituire la parola omosessualità con la sigla Sla, sclerosi laterale amiotrofica. Una grave malattia del sistema nervoso invalidante.
La retorica usata nelle domande del giornalista, ma anche, e soprattutto, nelle risposte della testimonial della campagna, è talmente trita che non cambio nient'altro nell'articolo sostituisco solo oltre a omosessualità con Sla, Arcigay con una associazione per i malati di sclerosi.
Quando si parla di gay e lesbiche sostituisco con due forme diverse di Sla.
Il gioco funziona.
Pubblico l'articolo così riscritto ma sostanzialmente identico su paesaniniland e non qui su elementidicritica per non dare troppo nell'occhio. Lo posto anche su su facebook nella bacheca di tutti i gruppi gay cui sono iscritto ma nessuno si accorge del trucco, qualcuno clicca persino mi piace.
Siamo tutti talmente intrisi di retorica che non ci accorgiamo ormai di nulla.
Non dico del mio giochino-provocazione (chiedo anzi scusa all'associazione Aisla e a chi soffre di Sla, ma avevo bisogno proprio di una malattia invalidante per evidenziare il presupposto di fondo, il punto di vista sociale, l'approccio psicologico con cui giornalista e testimonial si riferiscono e pensano l'omosessualità) ma dell'articolo originale o della campagna stessa di Arcigay.
Entrambi mostrano come le nostre strategie di comunicazione siano completamente inadeguate.
IL MOVIMENTO E' MORTO.
Non ha più nessuna ragione di esistere.
Non solo Arcigay che fa una campagna ridicola, omofobica e rivoltante, ma la stessa testimonial le cui competenze politiche sono inesistenti (ma la colpa non è sua ma di chi l'ha scelta) e che non doveva parlare in quanto lesbica visto che si presta a un gioco umiliante nel quale l'omosessuale esce fuori come una persona afflitta da questioni personali e soggettive e il cui problema principale resta ancora quello di dirlo agli amici o alla famiglia.
Dire non che si è discriminati ma che si è omosessuali.
Sembra un articolo scritto negli anni 50 e invece è del 2012.
L'accondiscendenza della testimonial alle domande del giornalista dimostra come siamo proni e prone allo stigma che coltiviamo ancora in noi. Quindi anche se indirettamente la campagna e questo articolo sono una devastante cartina al tornasole sullo stato di salute politica delle persone omosessuali e la condizione è: DECEDUTE. Siamo tutte politicamente morte, immerse completamente in un giochino autoreferenziale su internet dove tutt* pensiamo basti pubblicare due cazzate sulla rete (le mie per prime beninteso) per esserci e fare politica. Purtroppo non è così.
E pensare che illustri personaggi, per fortuna oggi morti, (Gaber e Biagi) hanno avuto l'ottusità di chiedersi e chiederci che cosa abbiamo mai di essere orgogliosi.
Io al posto di Valeria avrei spiegato come ogni volta che vedo un ragazzo per strada che mi piace mi commuovo, mi riempio di gioia, perchè a me non piacciono solo i ragazzi ma mi piace mi piacciano i ragazzi e di questo sono felice! IO SONO CONTENTO DI ESSERE GAY e non vorrei essere altro.
Trovo l'articolo della Gazzetta di Parma, e la campagna di Arcigay il livello più basso che il movimento abbia raggiunto.
E trovo veramente insostenibile che solo io ne parli.
Possibile che nessun* altr* se ne sia accort*?
Se questo è il massimo che il movimento, che noi semplici cittadini gay lesbiche e trans, possiamo fare tanto vale smettere e dedicarsi a qualcosa di più proficuo.
Quello che stiamo facendo non solo non serve a niente ma è controproducente perchè va smantellando quel poco che le generazioni precedenti (penso al Fuori di Pezzana e Mario mieli, la persona non il circolo) hanno conquistato a fatica.
Al di là dei diversi schieramenti politici di ognuno di noi, cari compagni e campagne di discriminazione vi urlo, e urlo anche a me stesso, con tutto il fiato che ho in gola una parola sola:
SVEGLIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
Vi si parla dell'ultima campagna di sensibilizzazione di Arcigay nazionale sulle persone omosessuali.
Una campagna della cui efficacia avevo già dubitato e che questo articolo comprova al di là di ogni dubbio.
L'articolo è ignobile per il tono con cui viene intervistata una delle ragazze testimonial della campagna, che, ahilei e ahinoi, si presta al gioco del giornalista.
Per tutto l'articolo l'omosessualità viene descritta come un problema personale che si può superare, parlandone solo del punto di vista della persona omosessuale e delle sue difficoltà soggettive a gestire la propria condizione manco fossimo nell'800, nella propria vita, nel proprio lavoro, nelle proprie amicizie, con la la propria famiglia.
Come se l'omosessualità fosse una malattia invalidante, con la quale si può imparare a convivere e vivere lo stesso sereni.
Così penso bene di sostituire la parola omosessualità con la sigla Sla, sclerosi laterale amiotrofica. Una grave malattia del sistema nervoso invalidante.
La retorica usata nelle domande del giornalista, ma anche, e soprattutto, nelle risposte della testimonial della campagna, è talmente trita che non cambio nient'altro nell'articolo sostituisco solo oltre a omosessualità con Sla, Arcigay con una associazione per i malati di sclerosi.
Quando si parla di gay e lesbiche sostituisco con due forme diverse di Sla.
Il gioco funziona.
Pubblico l'articolo così riscritto ma sostanzialmente identico su paesaniniland e non qui su elementidicritica per non dare troppo nell'occhio. Lo posto anche su su facebook nella bacheca di tutti i gruppi gay cui sono iscritto ma nessuno si accorge del trucco, qualcuno clicca persino mi piace.
Siamo tutti talmente intrisi di retorica che non ci accorgiamo ormai di nulla.
Non dico del mio giochino-provocazione (chiedo anzi scusa all'associazione Aisla e a chi soffre di Sla, ma avevo bisogno proprio di una malattia invalidante per evidenziare il presupposto di fondo, il punto di vista sociale, l'approccio psicologico con cui giornalista e testimonial si riferiscono e pensano l'omosessualità) ma dell'articolo originale o della campagna stessa di Arcigay.
Entrambi mostrano come le nostre strategie di comunicazione siano completamente inadeguate.
IL MOVIMENTO E' MORTO.
Non ha più nessuna ragione di esistere.
Non solo Arcigay che fa una campagna ridicola, omofobica e rivoltante, ma la stessa testimonial le cui competenze politiche sono inesistenti (ma la colpa non è sua ma di chi l'ha scelta) e che non doveva parlare in quanto lesbica visto che si presta a un gioco umiliante nel quale l'omosessuale esce fuori come una persona afflitta da questioni personali e soggettive e il cui problema principale resta ancora quello di dirlo agli amici o alla famiglia.
Dire non che si è discriminati ma che si è omosessuali.
Sembra un articolo scritto negli anni 50 e invece è del 2012.
L'accondiscendenza della testimonial alle domande del giornalista dimostra come siamo proni e prone allo stigma che coltiviamo ancora in noi. Quindi anche se indirettamente la campagna e questo articolo sono una devastante cartina al tornasole sullo stato di salute politica delle persone omosessuali e la condizione è: DECEDUTE. Siamo tutte politicamente morte, immerse completamente in un giochino autoreferenziale su internet dove tutt* pensiamo basti pubblicare due cazzate sulla rete (le mie per prime beninteso) per esserci e fare politica. Purtroppo non è così.
E pensare che illustri personaggi, per fortuna oggi morti, (Gaber e Biagi) hanno avuto l'ottusità di chiedersi e chiederci che cosa abbiamo mai di essere orgogliosi.
Io al posto di Valeria avrei spiegato come ogni volta che vedo un ragazzo per strada che mi piace mi commuovo, mi riempio di gioia, perchè a me non piacciono solo i ragazzi ma mi piace mi piacciano i ragazzi e di questo sono felice! IO SONO CONTENTO DI ESSERE GAY e non vorrei essere altro.
Trovo l'articolo della Gazzetta di Parma, e la campagna di Arcigay il livello più basso che il movimento abbia raggiunto.
E trovo veramente insostenibile che solo io ne parli.
Possibile che nessun* altr* se ne sia accort*?
Se questo è il massimo che il movimento, che noi semplici cittadini gay lesbiche e trans, possiamo fare tanto vale smettere e dedicarsi a qualcosa di più proficuo.
Quello che stiamo facendo non solo non serve a niente ma è controproducente perchè va smantellando quel poco che le generazioni precedenti (penso al Fuori di Pezzana e Mario mieli, la persona non il circolo) hanno conquistato a fatica.
Al di là dei diversi schieramenti politici di ognuno di noi, cari compagni e campagne di discriminazione vi urlo, e urlo anche a me stesso, con tutto il fiato che ho in gola una parola sola:
SVEGLIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
Iscriviti a:
Post (Atom)