Il primo dei due documentari in concorso per la terza e conclusiva serata della terza edizione del Docu GenderFilm Fest non l'ho proprio capito.
Sto parlando di Habana muda (Francia/Cuba, 2011) di Eric Brach.
La storia imbarazzante nella sua semplicità.
Chino è un giovane cubano muto, padre di due bambini che ha avuto da Anaylis, anche lei sorda.
Nella vita di Chino c'è anche il messicano Josè, che, innamorato di Chino, vuole portarlo con sé in Messico.
Per farlo rimanere in Messico, visto che in quella nazione il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è consentito, Josè chiede a una sua amica di sposare Chino, così da fargli ottenere la cittadinanza.
Chino, dal canto suo, vuole andare in Messico per lavorare e mantenere la sua compagna e i suoi figli. La donna lo incita a a non trascurare il suo fidanzato mentre un suo amico lo prende in giro dicendo che prenderlo al culo fa male.
Poi, quando Josè viene visitare Chino a Cuba e i due si presume facciano sesso (anche se il documentario non ci suggerisce nulla in questo senso) Anaylis improvvisamente chiede a Chino di fare sesso col preservativo perchè teme possa farlo senza protezione con Josè (si sa i gay sono tutti sieropositivi...). L'idea di fare un controllo non sfira l amente nè di Chino nè di Anaylis.
Chino non mostra alcun affetto per Josè se non la gratitudine del povero al quale vengono dati denari e regali (per i figli).
Poi improvvisamente le cose cambiano. In un lasso di tempo che non ci è dato sapere con certezza Josè torna a Cuba con la donna che Chino deve sposare se vuole andare in Messico e col suo nuovo compagno (anch'egli muto) spiegando a Chino che gli vuole ancora bene e che lo aiuterà ancora ma che il loro rapporto non sarà più come prima.
Il film si chiude con Anaylis che si augura che quando saranno partiti per il Messico Josè, la futura moglie di Chino e il compagno di Josè non si dimenticheranno di lei e della sua famiglia.
Adesso spiegatemi voi il senso di questo documentario perchè a me me sfugge completamente l'intima sua ragione di esistenza.
Se sono chiari i motivi per cui Chino va a letto con Josè (ma ci va?) per i soldi (il documentario mal celando una visione classista del povero cubano costretto a prenderlo nel culo o comunque a fare sesso con un altro uomo, ma che, da furbo, è comunque disposto a farlo, per la sua donna e i suoi figli non si capisce proprio perchè Josè debba fare tutto ciò per Chino.
Non ci sono ragazzi mercenari in Messico?
Durante il documentario Josè straparla di volersi comperare una famiglia perchè lui una propria non potrà mai averla, lo vediamo confrontarsi con Anaylis che lo accetta come un grande benefattore...
L'amore declamato di Josè non è mostrato o colto dal documentario che sembra snaturare ogni cosa: l'amore omosessuale mediato dai soldi, i soldi che mediano transizioni sessuali. Cuba che è dipinta come uno stato povero (mostrando anche una scena di combattimento tra galli motivo per il quale il documentario dovrebbe essere andato al rogo) una povertà esotica senza che ce ne vengano ricordate le cause che sono in primis l'embargo...
Un documentario che cammina sul pericoloso crinale del turismo sessuale con l'unica differenza che Chino non è un minore e Josè non è un pedofilo.
A che serve questo documentario ? Cosa vuole raccontare? Cosa ci vuole dimostrare? Qual è la causa per cui lotta, per quale argomento vuole disperatamente spezza una lancia?
Un film imbarazzante e morboso che speravo proprio di non vedere.
E' poi la volta di un vero documentario, sofferto e dall'argomento sensibile.
Das outing
(Austria 2012) di Sebastian Meise e Thomas Reider.
In questo documentario i due autori austriaci seguono per diversi anni Sven, che da quando ha 16 anni ha delle pulsioni pedofile, verso i bambini.
Un racconto nel quale tenendo fermo come unico paletto la non possibilità di mettere in atto queste pulsioni permette a Sven di dare loro corpo, sviscerando al contempo le perplessità e i timori di pulsioni che Sven per primo critica, e anche di dare corpo a un desiderio pensato e mai agito, ma detto e non censurato. Con un rigore altissimo sia dal punto di vista cinematografico (per cui non ci sono mai ambiguità nel registro narrativo) e in quello del discorso intrapreso Sven siconfronta con altripedofiliin un forum, aragona la proipa conpulsivitò nel fare foto conq uella di un altropedofilo esibizionista che si masturba davanti ai bambini(e che ha chiesto la cstrazione coe strema ratio), racocntandole prime cotte per i bambini, la sua eccitazione il rapporto ccoi figlid ella copmpagna di suo fratello, il rapporto con i genitori e anche il suo cercare di convolgiare le sue pulsioni pedoflie con dei ragazzi giovani ma maggiorenni.
Un documentario unico del quale siamo del tutto sprovvisti a restituirne la potenza l'onestà intellettuale e la forza che, e non meraviglia, ha ricevuto il premio della giuria, quello del pubblico è andato al documentario francese Les carpes remontent les fleuves avec courage et persévérance.
Infine è stato prestato un video fatto dagli studenti arcobaleno della Louis di Roma
da un'idea di Giovanni Pizza, per la regia di Anton Giulio Onofri, riprese di
Niccolò Pucci e con Giovanni Pizza, Corinna Ligorio, Carlo Basile ed
Erica Cristadoro.
Un'edizione equilibrata questa terza che ha visto una timida presenza delle persone lesbiche (un documentario su sette) che è già una novità rispetto la scorsa edizione dove nessuno dei documentari aveva per protagoniste le donne omosessuali, una forte presenza della tematica transgeder (inevitabile in un festival consacrato al gender) e che ha presentato quest'anno importanti novità come il seminario e la performance di danza.
Un piccolo ma importante festival che ha il pregio di presentare a Roma film a tematica altrimenti inediti, e che speriamo presto possa avere una collocazione tutta sua meno estiva e vacanziera.
Dopo tre edizioni se lo merita.