martedì 1 dicembre 2015

Hiv e dati ISS. Gli allarmismi della stampa italiana

Come ogni anno il Centro Operativo AIDS (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità pubblica un fascicolo del Notiziario dell’ISS dedicato all’aggiornamento dei due flussi di sorveglianza sulle nuove diagnosi di HIV e sui casi di AIDS.
Nei dati in breve si riporta che
• È stabile il numero delle nuove diagnosi di infezione da HIV.
• Continua a diminuire l’incidenza delle nuove diagnosi di HIV nelle donne.
• La maggior parte delle infezioni avviene attraverso contatti eterosessuali.
• Aumentano le diagnosi in MSM (maschi che fanno sesso con maschi) tra gli italiani.
• Rispetto al 2013 diminuisce la quota dei soggetti che si presenta in fase avanzata (bassi CD4 o presenza di sintomi).
• È stabile il numero dei casi di AIDS.
• Diminuiscono i decessi in persone con AIDS.
• La maggior parte delle nuove diagnosi di AIDS ha eseguito il test HIV pochi mesi prima della diagnosi di AIDS.
• Il 92,6% delle persone HIV positive seguite presso i centri clinici di malattie infettive è in terapia antiretrovirale.
A leggere i titoli dei maggiori quotidiani però, complice un dispaccio Ansa allarmista, è tutta un'altra storia...
Ora va bene non abbassare la guardia (tanto più che aumentano le diagnosi tardive di sieropositività) ma la situazione è meno catastrofica di quanto non ci lasci intendere la carta stampata, ci chiediamo il perchè.

venerdì 27 novembre 2015

Il welfare individuale contro la famiglia tradizionale

Da quando la questione del matrimonio egualitario si è imposta anche in Italia, portata da istanze estere e straniere, le posizioni del movimento e della politica antagonista sull'argomento hanno subito un cambiamento di alcune compagini e la cristallizzazione di altre.

Anche questo blog 5 anni fa era su posizioni diverse.
Si temeva che il voler accedere al matrimonio costituisse un attestamento all'eterosistema e che i diritti cui si chiedeva di accedere in quanto coppia discriminassero altre categorie di persone e, in generale, gli individui (e le individue).


Ridurre il matrimonio a una serie di diritti e di doveri è però alquanto semplificatorio.

Rimanendo momentaneamente all'interno  di questo orizzonte semplificato sono ancora convinto che tutta una serie di diritti non debbano essere di esclusivo appannaggio dalla coppia sentimental-sessuale.
Perché il mio ragazzo o la mia ragazza deve avere diritto di subentrare al contratto di casa a me intestato in caso di mia morte e un mio amico col quale convivo da diverso tempo no?

Da questo punto di vista hanno ragione  le compagini antagoniste nel voler scardinare quella retorica familista che vede nella parentela di sangue, nella famiglia sessuale l'unico ius sanguinis e a contrapporre a questo welfare familistico un wlefare individuale che, secondo loro, riconoscerebbe gli stessi diritti a tutte le compagini familiari anche a quelle non basate sull sesso (monogamico e procreativo).

Se io ho tante fidanzate o tanti fidanzati allora non chiedo diritti in quanto coppia (o harem...) ma in quanto singolo individuo.

Non so voi ma ci vedo sempre una derivazione patriarcale e non mi meraviglia che coinvolga sia le argomentazioni della destra, contraria al riconoscimento delle relazioni omosessuali come famiglia, sia le argomentazioni della sinistra contrarie al riconoscimento di qualunque relazione stabile spinta da un individualismo liberista e capitalista imbarazzante.

Il problema sta nel ridurre l'idea di coppia e di matrimonio al set di diritti e doveri che secondo molte persone  sono alla base delle rivendicazioni per il matrimonio egualitario.
Come dicevo questa è una semplificazione ideologica.

Ci si dimentica di un aspetto importante dell'orientamento sessuale che la visione sinistra della sinistra (sempre omofoba nel suo spirito più profondo che riduce le istanze omo bisessuali alla stregua del scopo con chi mi pare) cancella belluinamente.

“(...)  l’orientamento sessuale non è semplicemente una caratteristica personale all’interno di un individuo. Piuttosto, l’orientamento sessuale definisce il gruppo di persone in cui è probabile trovare le relazioni romantiche soddisfacenti e appaganti che sono per molte persone una componente essenziale dell’identità personale”

(American Psychological Association, 2008).
L'orientamento sessuale implica costruire una relazione sentimentale o sessuale con un'altra persona. La tipologia e le modalità di questa relazione variano (monogamica, poligamica, monoamorosa poliamorosa) ma non si può prescindere dal fatto che il diritto a essere se stessi e se stesse in campo affettivo e sessuale va al di là della propria individualità e si raggiunge solamente quando entriamo in correlazione con le altre persone.
 E questo dovrebbe valere sempre contro quel welfare individuale proposto dai movimenti antagonisti che a me fa un po' orrore e ricorda quell'atteggiamento maschista (che hanno purtroppo anche molte ragazze) del faccio un po' quel che cazzo mi pare, perché si confonde la libertà con l'individualismo, mentre, ce lo ricorda Gaber, libertà è partecipazione.

E qui veniamo al vero oggetto del contendere.

Quel che si vuol fare quando ci si sposa non è tanto accedere ai diritti e doveri.
E' porsi dinanzi al consorzio civile e dire pubblicamente perché il matrimonio è un atto pubblico, io e questa persona siamo una coppia e come coppia contribuiamo al bene della società del Paese della città. E' questa la dignità cui si accede col matrimonio un concetto un po' sottile per i maschi del movimento antagonista, dal rutto facile, con un occhio sempre al pacco e alle tette altrui in nome di un individualismo che, ripeto, mi fa orrore e che sento di poter rispedire al mittente.

Per cui quando si minimizza sulla richiesta sacrosanta del matrimonio egualitario pensate e chiedetevi il perché spesso la destra e la sinistra si trovano da versanti opposti sulla stessa posizione.

L'omofobia è transpolitica.

Pasolini lo sapeva bene. 

 


lunedì 2 novembre 2015

2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini viene ucciso, ancora non sappiamo da chi, di certo non da Pino Pelosi

Quando Pasolini è stato ucciso avevo 10 anni. 

Ricordo benissimo l'aria di imbarazzo che la sua morte e il suo nome si portavano dietro. 

A 10 anni sei ingenuo e non capisci. 

Non capii che l'omosessualità di Pasolini era stata usata per giustificarne la morte, per mettere tra parentesi il portato politico del suo omicidio e di minimizzarlo.

Capii però che in Italia se sei frocio non c'è giustizia. Che ti possono ammazzare e che nessuno se ne scandalizzerà anzi ne proveranno un intimo sollievo, un'ostentata indifferenza, quando non soddisfazione.

Ancora adesso, mentre scrivo,  mi riaffiora il senso soffocante di paura che provavo per la morte di Pasolini, paura perché quella morte non era evitabile, ma anzi, necessaria. E già a 10 anni mi fu chiaro che se volevo essere frocio come Pasolini avrei rischiato di potere fare anche io la stessa sua fine.

Un ragazzino di 10 anni aveva chiaro la materialità di una violenza dei maschi adulti contro chi violava le loro regole. La violenza di vivere in una società che ti condanna al silenzio dicendoti Se non taci se non ti nascondi la tua fine è nota.

Un memento agito e introiettato, che rimane come impronta indelebile a uso e consumo dei froci perché non importa la grandezza di quel che dicono o di quel che fanno, non importa l'ingiustizia che viene loro fatta perché se sei omosessuale te la sei cercata

Un memento  che funziona proprio perché non detto, non ricordato, non ribadito. Si sa ma non si dice. 

La morte di Pasolini è stata anche un po' la mia morte, la morte di tutte quelle persone omosessuali che in un paese omonegativo  come l'italia sono costrette alla clandestinità e quando si vivono alla luce del sole si sentono accusare, come è successo a me  da parte di mia sorella e non solo, che ostentiamo e parliamo solo di quello.




martedì 4 agosto 2015

La follia discorsiva del giornalismo italiano: una aggressione omofoba nelle parole de La stampa

I fatti sono accaduti la notte tra il 13 e il 14 luglio, c. a., anche se la notizia è di oggi.

Un uomo di 40 anni è stato aggredito e con lui un amico che lo accompagnava, sull'autobus notturno numero 1 a Genova intorno alle 4 del mattino.

Sei giovani quattro ragazzi e due ragazze picchiano i due  uomini (non si conosce l'età dell'amico del quarantenne) anche con oggetti contundenti (catene?).

Nessuno sull'autobus (non si sa quante persone ci fossero oltre quelle coinvolte) interviene, nemmeno l'autista che non chiama nemmeno la polizia.

Adesso l'autista è indagato per favoreggiamento e i quattro aggressori e le due aggreditrici sono indagate per tentato omicidio.

Il quarantenne pare sia tornato a casa senza denunciare l'aggressione (perché?) e senza andare in ospedale. Male. Infatti, qualche giorno dopo, si sente male e, ricoverato d'urgenza, viene operato per un ematoma cerebrale.

Questi i fatti che desumo dall'articolo di Tommaso Fregatti e Matteo Indice pubblicato su La stampa.

Molte le mancanze dell'articolo.

1) non si raccomanda di denunciare sempre le aggressioni subite.

2) non si raccomanda di farsi sottoporre a visita medica sempre dopo aver subito un'aggressione.

Le due cose si possono fare in concomitanza visto che a ogni pronto soccorso c'è sempre una stazione dei carabinieri pronta a registrare denunce ed esposti.

Si rischia la vita come è successo a questo 40 enne.

L'articolo, pur registrando l'aggressione come omofoba, non sottolinea a sufficienza che l'omofobia può colpire chiunque, anche un uomo etero (il quarantenne ha una ragazza... con la quale forse convive, non si capisce...) che viene semplicemente ritenuto gay.

Tanto per ribadire che di omofobia si può morire tutti e tutte...

Quel che però mi fa basire di questo articolo è il linguaggio descrittivo usato per riferirsi alle persone e ai fatti.

Luca, il nome fittizio dato al quarantenne, viene così descritto:

un giovane che tornava dalla fidanzata.

mercoledì 29 luglio 2015

Un pessimo titolo per un bellissimo articolo: Yuri Guaiana sull'Huffington post

Magari non lo sapete ma i titoli degli articoli, tanto sulla carta stampata quanto sulla rete, raramente vengono decisi da chi scrive i pezzi, anzi diciamo proprio mai.

Ci sono delle persone incaricate di pensare i titoli.

Un titolo ha molteplici funzioni: deve invogliare alla lettura, deve dare qualche informazione di quel che vi si dice, deve soprattutto usare delle parole che poi nei motori di ricerca producono quell'articolo tra i risultati.

Spesso i titoli rasentano il ridicolo perché vanno contro il buonsenso e ogni principio logico.

Così due uomini vengono arrestati per aver fatto sesso gay (vorrei proprio vedere due uomini fare sesso etero...).

Però non sempre questi titoli sono giustificati da esigenze redazionali.
Anzi quasi mai.
Perché questi titoli, oltre ad essere ridicoli e scritti in un italiano pessimo, sono sempre discriminatori e lasciano trapelare una visione dell'omosessualità e dell'identità sessuale, pessima, discriminatoria e ignorante.

E' il caso, tra i tantissimi, del titolo, pessimo, dell'articolo, di altissima levatura, di Yuri Guaiana pubblicato sull'Huffington Post (del gruppo Espresso).

L'articolo, che vi consiglio di leggere, è un resoconto preciso e puntuale  sulla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che ha condannato per la violazione del diritto umano fondamentale al rispetto della vita privata e familiare delle coppie dello stesso sesso.

Guaiana dice coppie dello stesso sesso perché è quella la questione dirimente e non già l'orientamento sessuale.
Una persona gay e una persona lesbica possono tranquillamente sposarsi in Italia.

Il titolo però dice ben altro:

Il Parlamento estenda il matrimonio civile ai gay e riconosca questa "nuova forma di famiglia"
Perché è un titolo pessimo?

Perché riporta male il contenuto dell'articolo.

Nessuno (né la corte EDU nè Guaiana) infatti dice di estendere il matrimonio ai gay ma alle coppie dello stesso sesso.
Non è una questione di terminologia, di forma, ma di sostanza.
Intanto non esistono solamente i gay, ma ci sono anche le lesbiche e le persone bisessuali.

Si usa la parola gay come sostantivo e non come aggettivo.

Non esistono "i gay" ma PERSONE con l'orientamento sessuale gay, lesbico o bisex.

In ogni caso la questione non riguarda l'orientamento sessuale ma l'assortimento sessuale della coppia.
Come ho già scritto una persona gay e una persona lesbica, in quanto uomo e donna, possono sposarsi, non possono sposarsi invece due uomini e due donne.

Desumere l'orientamento sessuale dall'assortimento sessuale della coppia è qualcosa di morboso e di non probatorio.

A nessuno interessa l'orientametno sessuale di due uomini o di due donne che vogliono sposarsi.

Interessa o dovrebbe interessare solo che in Italia è loro vietato.

Dedurre che siccome due uomini o due donne vogliono sposarsi siano necessariamente gay e lesbiche è una illazione maschilista patriarcale e omofoba perché esclude la possibilità che una o entrambe le persone in questione sia bisessuale e magari abbia già contratto matrimonio con persona dell'altro sesso.

Questa mentalità è perniciosa perché invece di includere, di sottolineare come siamo tutte e tutti uguali (almeno davanti la legge) divide e riconosce diritti speciali.

Estendere il matrimonio ai gay vuol dire riconoscere a queste persone una caratteristica diversa che le rende distinte dal resto della popolazione e che poi maganimanete le include.

Invece le persone omo-bisessessuali sono cittadini e cittadine come tutte gli altri e tutte le altre e sono discriminati e disciminate in base al loro orientamento sessuale.

Chiamarle, indicarle, col nome in base al quale le si discrimina è un modo per continuare a discriminarle...

Cioè si riconosce loro un accesso ai diritti che già avrebbero in quanto esseri umani (e donnani) ma che vengono loro negati in base alla presunta anormalità del loro orientamento sessuale.
Dire ai gay significa legalizzare la discriminazione e farne una forma di diritto speciale invece di togliere la discriminazione e riconoscer loro di essere come tutte le altre persone...

Guaiana questo lo sa e nel suo articolo lo si legge tra le righe.

Chi ha scritto il titolo invece essendo un o una deficiente (nel senso stretto etimologico di persona che deficita di un pezzo di informazione) pensa invece di dover riconoscere un diritto speciale a una sorta di Panda in via d'estinzione.

Finché non cambiamo la mentalità di queste persone deficienti che fanno i titoli non potremo mai cambiare l'atteggiamento generale che l'informazione ha nei confronti delle persone non etero che sono tutt'altro che una minoranza (Kinsey docet) e che hanno diritti in quanto persone non in quanto gay.

A quando dei corsi di formazione per chi scrive i titoli?

A quando la sostituzione di queste figure chiave con perosne meno deficienti?


Domanda impietosa ma d'obbligo: possibile che gli autori e le autrici non abbiano voce in capitolo?



domenica 19 luglio 2015

Chi dice che una persona omofoba è in realtà una persona omosessuale repressa dice qualcosa di disgustosamente omofobo e non lo sa... (oppure lo sa ma fa finta di non saperlo).

Nella costruzione dell'identità maschile nel patriarcato, quella eterosessista ed eteronormata nella quale viviamo tutti e tutte, propalata da tutti  mass media, dai film alle pubblicità, il maschio, cioè l'essere umano di sesso maschile che presenta tutte le caratteristiche e i comportamenti "da maschio" (lo so che l'idea è ridicola ma anche nella teoria queer c'è una idea del genere tant'è che le persone che rientrano in questa categoria vengono definite cissgender) deve professare estraneità da ogni forma di omoerotismo.

Il cameratismo, quella solidarietà tra maschi su cui si basa tanto lo sfruttamento e la sperequazione della donna quanto l'organizzazione gerarchica nella società (tutte quelle sciocchezze sui maschi alfa per intenderci) per poter funzionare deve ipostatizzare una purezza nelle intenzioni cristallina e assoluta.

Se i maschi si abbracciano dopo un goal, se addirittura si baciano sulla bocca, se negli spogliatoi e sotto la doccia si scrutano, si misurano, si palpano, non è per esprimere un sotterraneo desiderio sessuale (o affettivo) ma per esercitare l'obbligatoria professione di idolatria per i presunti attributi di mascolinità.

Un grosso cazzo, beninteso duro e funzionante, tante fidanzate, una particolare prestanza fisica, hanno sempre una ambivalenza: attestano che quell'essere umano è un maschio particolarmente riuscito e confermano la possanza, la potenza della maschilità in sé rinnovata nel suo valore astratto proprio dalla perfezione concreta di quel singolo esemplare.

Un maschio che ha desiderio per un altro maschio invece tradisce prima di tutto la purezza della maschilità.

Prima ancora che perché in questa cornice valoriale il desiderio del maschio è una prerogativa esclusivamente femminile, la purezza viene svilita perché un maschio che fa sesso con un altro maschio svilisce se stesso, il proprio corpo e dunque la figura della maschilità che rappresenta male.

Nel fallocentrismo frenetico in cui viviamo tutte e tutti nel quale anche molti ragazzi omosessuali se sentono che non hai usato il coito anale non hai davvero scopato (il cazzo deve penetrare non basta che venga succhiato...) il cazzo prima ancora che strumento di piacere o di prolificazione è uno strumento di potere.

Lo stupro simbolico o concreto è uno degli strumenti di potere più evidenti e immediatamente riconoscibili da tutti e tutte.

Nel linguaggio comune l'inculata simbolicamente indica una fregatura, una sconfitta.

Spaccare il culo vuol dire vincere l'avversario, prendersi una rivincita, una vendetta, impartire una lezione.   Affermare la propria superiorità fisica di maschilità sull'avversario.

In Niente baci sulla bocca (Francia, 1991) di Techinè dove il giovane marchettaro che va coi maschi ma fa solo l'attivo viene umiliato e perde la propria mascolinità quando viene scopato nel culo davanti agli altri marchettari dal pappa che lo punisce perché il marchettaro ha osato scopare con una delle sue mignotte (che è anche la sua donna...).

Il coito anale tra maschi molto prima che la manifestazione del desiderio omoerotico è espressione di una mentalità, di un orizzonte valoriale fallocentrico e patriarcale.
Espressione di un uso strumentale del sesso come mezzo di coercizione, di punizione, come strumento sociale di gerarchizzazione (chi penetra rimane più maschio di chi viene penetrato).

Chi legge il coito anale come espressione precipua dell'omoerotismo commette almeno tre errori.

1) sussume l'omoerotismo a una sola pratica sessuale che non è di esclusivo appannaggio dell'omosessualità maschile visto che la stimolazione anale, con o senza penetrazione  da parte di un pene (ci sono le dita, la lingua e sex toys) piace potenzialmente (cioè può piacere, non deve piacere) a tutte e a tutti.

2) vede in questa pratica sessuale un segno, un indizio di omosessualità. Come se l'omosessualità fosse un gusto sessuale (non a caso molte persone la chiamano così) e non riguardi invece il coinvolgimento affettivo erotico ed emotivo per una persona dello stesso sesso.

3) Il desiderio di scopare l'ano non riguarda solamente l'ano degli uomini. Ci sono molti etero ai quali piace scopare le donne nell'ano.
Da Marziale sappiamo però che nel patriarcato il culo per eccellenza è quello maschile perché il culo femminile può essere sussunto a una fica (in te donna non vedo culo ma doppia fica).

Ci sono molti uomini etero ai quali piace essere stimolati nell'ano dalle donne...

Eppure l'idea che un uomo al quale piace essere toccato lì non sia gay ma rimanga etero, cioè maschio, è di poche persone...
 Nel patriarcato un culo rotto fa male non dà piacere.

Ecco un'altra stranezza dei froci ai quali - si sa - piace prenderlo in culo.
Piace loro qualcosa che dà dolore.... 

Scopare in culo può dare piacere a chi inserisce perché a molti maschi piace sentirsi il cazzo ben strizzato solo come un culetto di maschio magari vergine sa fare non certo quelle fiche rotte nelle quali il cazzo anche più grosso sciacqua.

Se il cazzo in culo è una umiliazione se faccio prevalere il mio piacere a farmi rompere il culo sul suo significato generale di umiliazione sto umiliando la maschilità.  Sto tradendo il mio genere.

Torniamo così all'inzio: la professione di odio per l'omosessualità è un tratto obbligatorio cui ogni maschio deve rendere conto alla comunità maschile.

L'idea balzana che dietro l'omofoibia c'è una voglia repressa di cazzo oltre a ribadire il fallocentrismo è priva di logica (allora un vegetariano ha un nascosto desiderio di carne?) e manca il punto principale. Io maschio che dico che l'omosessualità mi fa schifo non sto cercando di nascondere quel che è in me ma sto rispondendo a un obbligo cameratesco al quale vengo cresciuto sin dalla nascita: quando mio padre mi sgrida se piango, o mi sfotte se ho poca forza fisica dicendomi che non sono una femminuccia o una checca non mi sta forse allevando a considerare l'omosessualità come la più atavica minaccia alla mia superiorità maschista?

Se dico al mondo intero che mi piace prenderlo al culo sto tradendo la mia maschilità sto umiliando tutti i maschi.

Ecco perché nella costruzione dell'identità maschile patriarcale la professione d'odio nei confronti di ogni atto ritenuto omosessuale è una professione obbligatoria e dovuta.

Nel film Sleepers (Usa, 1996) di Barry Levinson quando il gruppo di amici protagonisti del film che in un carcere minorile hanno subito per anni violenze sessuali da parte di un secondino e che ora che l'uomo è stato finalmente condannato esultano e amicalmente si abbracciano vengono apostrofati dalla ragazza di uno di loro che dice con un agghiacciante sorriso sulle labbra Ehi cosa sono quei gesti da gay?

L'idea di una omosessualità repressa, cioè il fatto che ogni comportamento che devii dalla norma etero denunci, tradisca una omosessualità nascosta (cioè da nascondere perché negativa, essendo una cosa di cui vergognarsi di per sè) tradisce una idea molto poco lusinghiera di omosessualità.
Così quando stamane ho visto questa vignetta



non ho potuto non notare come questo modo di argomentare sia disgustosamente omofobo.

Ammesso e non concesso che l'omofobo in questione sia davvero un omosessuale nascosto il fatto stesso di criticarlo perché nasconde la propria omosessualità è un atto omofobo.

In una società allevata al pubblico ludibrio dell'omosessualità ogni persona ha il diritto di rimanere non dichiarata e il diritto di non doverne rendere conto a nessuno e nessuna.

Se tutti e tutte facessimo coming out la maggiore visibilità darebbe sicuramente una mano alla causa di autoemancipazione ma proprio perché si tratta di una liberazione che ogni persona fa da sé nessun altro o nessun'altra può costringerla a farlo.

Cosa ben diversa è l'outing che ha un preciso scopo politico.

Leggiamo la frase della vignetta in maniera più approfondita

Fingere di essere etero.

Nessun gay nascosto ha necessità di fingere di essere etero.

Proprio a causa della mancanza di legittimità dell'omosessualità che non è mai considerata una opzione possibile e di pari dignità esiste una presunzione di eterosessualità all'interno della quale siamo tutti e tutte etero a meno che noi non diciamo il contrario.

Non devo fingere di essere quel che non sono mi basta non dire cosa sono e tutti e tutte penseranno che sono etero.

L'idea che per fingere io mi debba sposare è una questione alquanto curiosa.
Se sono davvero gay e voglio nasconderlo perché mai mi devo sposare cioè vivere quotidianamente con una donna con al quale sono costretto a fare sesso (e con la quale ho anche prole) cosa che - nell'orizzone patriarcale - a me non piace visto che sono gay?

Non è meglio fingersi scapoli e millantare tante scopate etero senza impegno?

Rimaniamo ancora dentro l'orizzonte patriarcale del sospetto.

Al primo sospetto di omosessualità, sei un millantatore, fingi, altro che maschio rompifiche sei un culorotto ma io maschio vero ti ho scoperto.

Quante volte avete sentito i vostri amici ghei dire si atteggia tanto a maschio ma poi aletto si gira subito ?

Il maschio è attivo se lo prendi sei femmina...

Se insomma l'omofobia è solamente una questione di voglia di cazzo o di fica represse io l'omofobia invece di combatterla la dovrei curare.
Le persone omofobe invece di censurarle dovrei aiutarle.

A meno che chi fa questa considerazione non consideri l'omosessualità come cosa negativa.

Quello fa tanto l'omofobo ma in realtà è frocio pure lui... 

Solo chi considera l'omosessualità come una devianza che al massimo va tollerata può attestarsi a questo pensiero...

Questa è la contraddizione più dolorosa.
Se io scoprissi in te, anche se sei omofobo, l'omosessualità non dovrei forse cercare di renderti l'esistenza più serena e felice, non dovrei accoglierti  a braccia aperte?

Solo una persona omofoba insomma pensa che dietro l'omofobia si sta nascondendo la propria omosessualità...

Purtroppo noi maschietti di merda, tutti e sempre, possiamo anche essere froci ma sempre maschietti di merda rimaniamo...

In quanto poi alle donne che la pensano uguale purtroppo molte hanno abdicato a un pensiero contropatriarcale e si sono allineate e adeguate al neopratriaarcato del terzo millennio quello ben rappresentato da femmine come Costanza Miriano.

E ho detto tutto.

martedì 30 giugno 2015

L'unità e le parole per dirlo: quel "nozze gay" sconsigliato nel paginone centrale da Delia Vaccarello ricompare in prima pagina... La mano destra non sappia quel che fa la sinistra!

Oggi è tornato in edicola L'unità!

Da bravi picciotti lo abbiamo comperato (veramente abbiamo mandato il nostro fidanzatino...).

Dopo il mancamento (nostro e fidanzatinoque) per  l'immagine del papa che campeggia non solo in prima pagina ma addirittura accanto al logo della testata...
abbiamo apprezzato alcuni dei contenuti del giornale.
La pagina culturale dedicata al Don Chisciotte e il paginone centrale a cura di Delia Vaccarello sul matrinmonio egualitario con tanto di occhiello sulle parole per dirlo che sconsiglia il termine nozze gay a favore di matrimonio egualitario nel quale si spiega che non si tratta di nozze gay perchè lesbiche e gay non chiedono nozze speciali.

Parole sacrosante però nozze gay torna inopinatamente in prima pagina, nel sommario di un titolo di basso taglio che si riferisce al paginone in questione


Adesso non mi dite quel che già so e cioè che i titoli non li decide l'autrice dell'articolo.
Lo so io e lo sa anche Delia che ha scritto giusto.

Non ce l'ho neanche con chi fa i titoli che, evidenemtente, o ignora i consigli di Delia o li avversa.

Però che si mandi in stampa un giornale con una contraddizione così evidente tra titolo in prima e articolo... vien da chiedersi ma chi controlla 'sto giornale?

Tra il papa in prima con la sua enciclica (ma anche no...) e le parole sconsigliate che rientrano belluinamente dalla finestra c'è da pensar male e temere che questa nuova Unità non duri sei mesi.

Oppure siamo noi che non ci sta mai bene niente...

domenica 28 giugno 2015

La campagna di comunicazione del Gay village 2015: maschilista, fallocentrica e patriarcale.

Un ragazzo giovane, seminsvestito, solo, tonico e bello guarda diritto in camera, in un campo, di notte dal quale spuntano tanti microfoni diritti. E' la nuova campagna di comunicazione del Gay Viillage 2015.


Vediamo insieme di  leggerne la forma, il contenuto, il racconto e il discorso.





Da un punto di vista grafico e fotografico le due foto sono di qualità nettamente superiore alle campagne degli ultimi anni. Una qualità grafica che si rifà vagamente a quelle di Pierre et Gilles.


 



Paesaggio notturno che evidenzia il fatto che il ragazzo sia a torso nudo (non fa più caldo...), il corpo lucido (di olio piuttosto che di sudore) l'incavo dell'inguine bene in vista e che allude alla parte pubica coperta dalla pattina slacciata della tuta di lavoro.

Un lavoratore dei campi visto in un momento di riposo.

Anzi in una posa ideale visto che il ragazzo ha sulla spalla una zappa che non sta certo usando visto che nel campo i frutti (i microfoni) in realtà sono maturi e pronti da cogliere.

Una situazione apparentemente realistica ma in realtà simbolica.

Di notte non ci capiterebbe mai in un vero campo di incontrare un fattore a torso nudo e con la zappa sulle spalle in tempo di raccolta.

Questo bel ragazzo lo possiamo incontrare al Gay Village. 

Giovane, bianco e palestrato.
Prestante, maschile, che sa come usare la zappa. 

I frutti della terra sono dei microfoni, esplicitamente fallici, le corone evidenti glandi di altrettanti peni turgidi e pronti all'uso.

Dei frutti dal sapore diverso, una diversità sessuale, una diversità di orientamento sessuale.

Insomma questo ragazzo garantisce che quei simboli fallici, cioè che i cazzi che puoi trovare al gay village, sono cazzi di maschio e non d'altro genere...

Un ragazzo solitario circodanto da tanti cazzi.

Nessuna relazione sociale qui se non quella della parte per il tutto. Se sono gay mi piace il cazzo non i ragazzi come me.

Un sesso consumato in solitudine, tanti cazzi per uno solo uno solo per tanti cazzi.
Niente sentimenti, niente relazioni niente rapporti interpersonali nemmeno per una sana scopata.

Io e i cazzi. I cazzi e me.

Niente affettività.

Niente famiglia,
chè la famiglia è una cosa per etero mica per noi gay ai quali piace il cazzo  e poi torniamo nell'anonimato lì dove stiamo tanto bene senza dar fastidio a chicchessia con la nostra ingombrante e ostentata visibilità.

C'è anche una versione femminile di una cifra completamente diversa.



Sempre ambientazione notturna, la ragazza non è ripresa frontalmente ma di spalle, il torso girato per far vedere il viso comunque di tre quarti. Rispetta al ragazzo ripresa con un rango di importanza inferiore.

Più vestita della sua controparte maschile, con degli shortini a pelle che le fasciano il sedere la ragazza non posa ma lavora annaffia dei frutti della terra, cioè delle sfere da discoteca.

Tiene in mano un tubo dal quale esce un generoso getto d'acqua.

Altro evidente simbolo fallico, di fertilità, di potenza (il getto, lo schizzo di acqua, orina o sperma...).

L'headline diversa dal precedente cartellone si rifà a una delle tre funzioni femminili relegate dal patriarcato alla donna: nutrire, assieme ad accudire e procreare.

Sappiamo come nutrirvi.

Noi donne lo sappiamo.

Sappiamo come servirvi come farci  oggetto di desiderio, schiave per la vostra cura e il vostro piacere...

Mentre il ragazzo seiminudo piace ai ragazzi come alle ragazze a quali perosne si rivolge questa ragazza normovestita?

Non certo alle donne lesbiche (o bisex) che dovrebbero essere la precipua controparte dei ragazzi gay del precedente cartellone.

Questa immagine è rivolta ancora ai ragazzi, stavolta  quelli etero.

Tette e culo bene in vista, la fica no d'altronde la fica è interna non lascia segni esteriori della sua presenza.

Mentre nel primo cartellone il cazzo è la parte per il tutto in questo poster la ragazza è il tutto per la parte...

Anche lei in solitudine, senza relazione, senza sentimenti, senza affettività.

Due immagini fallocentriche, vetuste e anni 50 che inquadrano l'omosessualità nella sua ristretta pulsione sessuale, priva di affettività e sentimenti, priva di relazioni umane ignorando che anche quando si fa sesso si è in due e in due c'è sempre uno scambio, una interrelazione, altrimenti si tratta di autoerotismo...

Ecco cos'è questo doppio messaggio.

Un invito ai segaioli di tutti e tre gli orientamenti sessuali.

Venite e riempietvi la bocca qui vi sanno nutire di un sapore nuovo.

Che poi il nuovo sa tanto di vecchio, della stessa merda maschilista fallocentrica e patriarcale poco importa, purchè veniate e paghiate...



sabato 20 giugno 2015

di cosa parliamo quando parliamo di Gender. Le menzogne della chiesa (e accoliti) sull'inesistente ideologia gender

La parola Gender  (genere sessuale, uomo o donna) è stata usata  per la prima volta in riferimento e contrapposizione al concetto di  sesso biologico dalla antropologa femminista Gayle Rubin1.

Rubin voleva distinguere alcune differenze attribuite agli uomini e alle donne, erroenamente ritenute derivanti dal sesso biologico.

Sicuramente il corpo maschile e il corpo femminile presentano delle differenze fisiche e biologiche2.

Ma da queste differenze biologiche non derivano necessariamente tutta una serie di differenze di carattere, temperamento, capacità fisiche e cognitive che di solito vengono attribuite alle persone in base della loro appartenenza a uno dei due sessi.

Ecco allora che può essere utile distinguere tra sesso biologico (le differenze morfologiche e biologiche degli esseri umani in maschile e femminile) e genere (gender) cioè le aspettative che a partire dal sesso biologico una determinata società ha su quella persona.

Quante volte ci siamo sentite dire che non dobbiamo comportarci in un determinato modo perchè quel comportamento non è adeguato al nostro sesso?

Da quando nasciamo siamo segregate nei ruoli di genere attribuiti al nostro sesso e veniamo educate a seguire quei ruoli di genere e non altri.

Lo facciamo già quando siamo ancora nella culla, rigorosamente rosa per le bambine e celeste per i bambini.

Lo facciamo all'asilo quando le bambine sono vestite con colori tenui così da costringerle a non fare giochi in cui ci si sporca mentre ai bambini è consentito sporcarsi, lo facciamo quando ci vengono dati giocattoli nei quali sono già iscritti i ruoli maschio e femmina.

Ma se io "sono femmina" e mi comporto da maschio non è più probabile che sia in errore chi ritiene che quel comportamento che io ho non sia in linea col mio essere femmina?

Se io sono femmina tutto quello che faccio non è forse da femmina?

Se i comportamenti sono iscritti cioè nel mio corpo biologicamente determinato com'è possibile che un comportamento che io ho non sia derivante dalla mio essere femmina?

Se mi correggono un comportamento che io ho spontaneo non vuol forse dire che il criterio di ammissibilità non deriva dal mio sesso biologico ma dalle aspettative che a partire da quel sesso la società ha su di me?

Ecco cos'è la tanto odiata dalla chiesa ideologia (sic!) del gender.

Le differenze nel comportamento, nel carattere, nel temperamento, nelle capacità intellettive non sono iscritte nel corpo ma dipendono dalla singola individualità di ognuna e ognuno di noi.

Così anche se sono donna posso seguire una professione ritenuta maschile (o viceversa) senza snaturare il mio sesso ma, casomai, modificando l'idea (ruolo) di genere che pretendiamo sia determinata biologicamente come le differenze morofologico biologiche dei nostri corpi.

Così quando gli studi di genere indicano come certe sperequazioni tra i sessi derivino dall'idea di genere che costruiamo a partire dai sessi e che queste differenze tra i generi non hanno ragione di essere, la chiesa, artatamente, confonde genere con sesso e pretende di accusare l'ideologia del gender (sic!) di affermare che non esistono differenze biologiche tra i sessi.

Così la pensa il diacono Girolamo Furio quando afferma che
La teoria del gender è una idea che sostiene la non-esistenza di una differenza biologica tra uomini e donne determinata da fattori scritti nel corpo, ma che gli uomini e le donne sono uguali da ogni punto di vista; c'è quella differenza morfologica, ma non conta niente. Invece la differenza maschile/ femminile è una differenza esclusivamente culturale, cioè gli uomini sono uomini perché sono educati da uomini, le donne sono donne perché sono educate da donne.
Se non ci fossero queste costruzioni culturali non ci sarebbero differenze tra donne e uomini e il genere umano sarebbe fatto di persone uguali. In tal modo la sessualità viene dissociata dalla personalità, non viene naturalmente connessa con la costruzione di una persona.
Se osserviamo la realtà vicina a noi, in effetti oggi i ragazzi e le ragazze tendenzialmente sono educati nello stesso identico modo e i genitori si vergognano un po' se dicono alla figlia cose diverse che al figlio, anche se in realtà i ragazzi e le ragazze hanno esigenze diverse, problemi diversi, incontrano ostacoli diversi. Si è imposta la tendenza a negare le differenze.
Ed ecco lo slittamento semantico, peggio, l'ostinazone a insistere su quanto la scienza ha dimostrato non essere vero3: le differenze di carrattere sono iscritte nel corpo biologicamente determinato.

La differenza morfologica conta di per sé  le persone omosessuali lo sanno bene visto che scardinano l'eterosessismo e determinano il diritto ad amare persone dello stesso sesso.

Dello stesso sesso cioè femmine come me o maschi come me.

Com'è possibile dunque che si pretenda che le differenze morfologiche non contano ?

Insomma il corpo sessuato rimane con tutto il suo portato di differenze morfologiche la cui importanza è fondamentale ma non è da quello che derivano le presunte differenze innate nel carattere dei maschi e delle femmine.


La chiesa discrimina le persone in base al sesso a cominciare dal fatto che solo i maschi posso dire messa o diventare papa e le femmine no.

La chiesa pretende che queste differenze tra uomini e donne siano scritte nel corpo come quelle sessuate.


Allora chi è che fa ideologia?




1) Gayle Rubin The Traffic in Women: Notes on the “Political Economy” of Sex

2) Ricordo in nota, per brevità, il fatto che anche le differenze morfologiche tra i sessi benché derivanti dalla biologia del corpo sono co-determinate dalla società: l'idea del corpo maschile tonico e muscloso e di quello femminile muliebre e generoso non derivano dalla biologia ma dalla costruzione sociale del corpo sessuato.


3) rimando su questo punto ad almeno due libri

Lesley Rogers Sesso e cervello Einaudi, Torino 2001

Cordelia Fine Maschi=Femmine Ponte alle Grazie Milano 2011

sabato 13 giugno 2015

C'è omofobia e omofobia. Le risposte di Massimiliano Fedriga, Lega Nord omofobo medio

Il celeste scolaroLa vicenda ha un'origine editoriale, la pubblicazione del libro Il celeste scolaro di Jona Emilio, cugino di Federico Almansi, lo studente tredicenne del quale Umberto Saba si innamorò facendone la musa della sua ultima produzione poetica.


L'innamoramento di Saba è cosa nota, ma è rimasta tra quelle pagine non dette della storia della nostra letteratura.

L'uscita del romanzo, del quale non so nulla e sul quale dunque non mi esprimo, ha scatenato le ire delle italiani genti che, stimolate dalla parola scolaro hanno bollato Saba di pedofilia.

Pedofilia è l'attrazione sessuale verso bambini e bambine, impuberi o prepuberi, cioè prima (impuberi) o subito prima (prepuberi) dello sviluppo sessuale(1).

Cioè con bambini e bambine fino intorno a circa 10 anni di età.

La parola pedofilia oggi  è attestata con una definzione calzante col reale comportamento delle persone pedofile come deviazione sessuale caratterizzata da attrazione erotica verso i bambini, talora accompagnata da forme di sadismo | (est.) attrazione erotica verso persone giovanissime come la definisce lo Zingarelli online (versione in abbonamento non verificabile da link, ergo dovete fidarmi della mia parola) che usa il maschile plurale come neutro sottintendendo anche bambine che poi, secondo i dati del telefono azzurro, sono le prime vittime ad essere colpite da abuso sessuale.

Lo Zingarelli del 1993 dà della parola pedofilia una definzione completamente diversa, imptando un collegamento con il desiderio omosessuale dei maschi verso bambini e giovani:
 attrazione erotica, spec. omosessuale, verso bambini e giovinetti

Una definizione simile la si trova ancora oggi sul dizionario online di Repubblica 
Attrazione erotica verso bambini e fanciulli, spec. del proprio sesso.

La legge italiana è precisa sulla liceità o meno del sesso con minori ed è legata all'età del consenso
fissata a 14 anni. Per un o una minore di 13 anni
il consenso non viene considerato valido, indipendentemente dalla controparte nel rapporto sessuale. Se il minore ha meno di 10 anni, si applica la circostanza aggravante di cui all'articolo 609-ter, secondo comma del codice penale italiano;

  • tra i 13 e i 14 anni: il consenso non è ancora considerato pienamente valido, ma esiste una causa di non punibilità nel caso in cui gli atti sessuali vengano compiuti consenzientemente con un minore di 18 anni, purché la differenza di età tra i due soggetti non sia superiore a tre anni;
  • tra i 14 e i 16 anni: viene considerato validamente espresso il consenso, salvo che l'autore dei fatti sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero conviva con il minore, o che il minore gli sia stato affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia;
  • tra i 16 e i 18 anni: viene considerato validamente espresso il consenso, salvo che il fatto venga compiuto con abuso di potere relativo alla propria posizione da una delle figure citate nel punto precedente.
Ben diversamente da quanto ritiene il comune sentire che non fa differenza tra una persona di 17 anni e una di 13 usando indifferentemente la paorla minore.

Non  dimentichiamoci tra l'altro di come la sensibilità sociale alla minore età e al sesso sia cambiata negli ultimi 100 anni.

Mia nonna, per esempio si sposò a 15 anni e a 16 fece già il primo figlio...

Insomma se saba si è innamorato di un ragazzino di 13 anni basta per farne un pedofilo?

Secondo lo Zingarelli del 93 (e Repubblica di oggi) sì.

Secondo la legge italiana e lo Zingarelli di oggi un po' meno.

Questo non è bastato per i sessuofobi moralisti di ogni orientamento politico che hanno accusato Saba, che non si può difendere, di pedofilia e. come nostro solito comune, ha fatto fare dichiarazioni inopinate e non sempre qualificate perchè incompetenti e non informate.

Così Klaus Davi nel suo KlausCondicio ha intervistato diversi uomini politici (donne no) sulla questione.


Il viceministro Gabriele Toccafondi, AP, ha dichiarato, sbagliando, che:

"La legge parla chiaro: la relazione con un minorenne è un preciso reato e come tale è condannabile e si chiama pedofilia"


Falso.

La legge italiana parla di Atti sessuali con minorenne e distingue i casi in cui il o la minore abbia prestato il suo consenso da quelli in cui vi è stata vera e propria costrizione.


Il reato di pedofilia (che è un termine improprio) riguarda invece la legge 269/1998 Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù, chiamata informalmente, e con terminologia inesatta, "legge anti-pedofilia" e una ulteriore modifica con inasprimento delle pene e ampliament delle tipologie di reati con a legge n. 38 del 2 marzo 2006 (38/2006), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 2006, recante titolo: Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet (legge che modifica la precedente normativa in particolare adeguandola ai recenti accordi internazionali e alla decisione quadro europea).

Questa zona d'ombra che mette sullo stesso piano il sesso fatto con minori prima o dopo dell'età del conenss l dice lunga sull sessuofobia e sulla disinformazione dei nostri (e dele nostre beninteso) governanti.

Solo per questo Toccafondi da viceministro si dovrebbe dimettere per la sua ignoranza (o artata disinformazione che è ancora peggio...) in materia giuridica.


Sullo stesso piano le affermazioni di Massimiliano fedigra (Lega Nord) che considerano a differenza della legge italiana gli atti sessuali coi minori di 18 anni illegali.

E' interessante però la risposta che Fedigra dà ad alcune domande insinuanti di Davi.

1) Davi chiede: due genitori omosessuali posono crescere dei figli gay?

e Fedigra risponde che la considerazione è senza senso altrimenti dai genitori etero dovrebbero uscire solo figli e figlie etero

2) Davi chiede se lo scambio d'affetto tra due persone dello stesso sesso  potrebbero scioccare i bambini e fedigra risponde che non c'è differenza con lo scambio d'affetto tra un uomo e una donna.

Quel che crede Fedigra è che la prole abbia bisogno di una mamma e di un papà e che due uomini o due donne non possano garantire loro questo diritto per default.

Un passo avanati è stato fatto rispetto alle tante persone, anche omosessuali, che pensano che l'omosessualità sia di per sé uno choc per l'infanzia.

Non tutti gli omofobi sono uguali.






1) In psichiatria si definisce “pedofilo” un soggetto che abbia una età minima di 16 anni e che sia di almeno 5 anni maggiore del bambino oggetto di fantasie, impulsi, atti sessuali. Non si può invece parlare di pedofilia se il soggetto è un tardo-adolescente che intrattiene una relazione sessuale perdurante con un bambino di 12-13 anni (American Psychiatric Association (2007). DSM-IV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali - Text Revision. IV Edizione Edizione italiana a cura di V. Andreoli, G. B. Cassano e R. Rossi.)

Fonte Telefono azzurro



venerdì 5 giugno 2015

Announo dedica una puntata all'omogenitorialità: quando i diritti vengono affrontati come opinioni

Abbiamo visto tutte ieri sera  Announo il peggio della tv generalista, che ha affrontato l'argomento dell'omogenitorialità facendo esprimere una serie di opinioni a gente niente affatto qualificata: una ex soubrette come Alba Parietti (che dice che molti preti sono gay repressi e quindi diventano pedofili) un prete, che c'è in ogni programma della tv italiana, di stato e non (e dice che gay si diventa in seguito a una violenza) , uno scrittore omosessuale e omofobo (che viene invitato per le sue opinioni tranchant) come Aldo Busi che viene per parlare di sé non importa se questo parlare danneggi altre persone, e poi semplici persone, uomini e donne, etero e gay.
Tutte sono chiamate a esprimere la loro opinione sul modo in cui la redazione del programma, tramite servizi fatti andando anche lontano (la realtà americana), dà la sua versione dei fatti su argomenti completamente diversi: dalla procreazione assistita (la gestazione per altri) alle teorie riparative, più due interviste a genitori in coppie dello stesso sesso,e alcuni servizi su una clinica (guarda caso a pagamento) sulla gestazione per terzi, e le affermazioni di un figlio cresciuto da due mamme che dice di non essere felice.

Invece di fare informazione, sui diritti mancati, sul vuoto legislativo italiano, su cosa dice la psicologia oggi sulle funzioni genitoriali, si dà modo alla gente in studio di esprimere una opinione non qualificata,  senza alcuna competenza per esprimere una opinione su quell'argomento.

Dov'erano le psicologhe? Dove le avvocate? Dove le mediche? Dove le militanti omosessuali? Ma non i ragazzi e le ragazze mandate allo sbaraglio da sole convincendo il pubblico che gay e lesbiche sono sole ma la rete di solidarietà che esiste tra associazioni e semplici amicizie e gruppi di frequentazione.

Announo  ha messo sullo stesso piano di dignità le opinioni di singoli cittadini  e cittadine che parlano a titolo personale, con le opinioni discriminatorie e cariche di odio della chiesa e dei suoi seguaci, permettendo senza censura alcuna che un prete, anziano e privo di competenza alcuna sul campo specifico, dicesse che i figli nati dall'inseminazione artificiale o dalla gestazione per terzi sono ogm.


Questo è uno stupro culturale.

Si è consumato un reato   davanti gli occhi delle persone astanti e del pubblico in casa, perché quel che interessa al programma è fare audience per gli inserzionisti pubblicitari della rete non informare il pubblico.

Immaginatevi se invece dell'omogenitorialità si stesse parlando dei matrimoni misti, o della segregazione razziale, o della discriminazione religiosa.

Ieri sera ad Announo le garanzie costituzionali sono state sospese come nella scuola Diaz durante il g8.
La violenza di tutte le affermazioni per continuare a negare i diritti ad alcune cittadine e cittadini è stata feroce ed efferata allo stesso modo.

Ieri sera abbiamo assistito a uno stupro culturale in diretta. Dove come al solito i maschi mettono bocca sul corpo femminile dicendo, loro che non rimangono incinta, se le donne possono farlo o meno e perché.

Con un uso della lingua ignominioso (come l'ashtag figliodigay, così doppiamente e disgustosamente sessista, perchè no figliadilesbica?) e discriminatorio(ma chissà quanti di noi sono figli e figlie di perosne bisessuali...)

L'Italia è davvero ferma agli anni 50 del secolo scorso.

Questa tv rimasta ferma a quella degli anni 80 è criminale, fascista e violenta come le squadracce di mussoliniana memoria.

Una televisione che contrappone al buonsenso dei e delle giovani, l'arroganza omofoba di Nicolosi, Adinolfi e della Chiesa criminale.

L'arroganza stupratrice di un infotainment che legittima certa feccia cattofascista facendone uno dei due poli della discussione, mettendo sullo stesso piano i diritti mancati e le teorie del tutto prive di qualunque fondamento scientifico di un vescovo che non ha competenza alcuna.

E i militanti di alcune associazioni (solo uomini, le donne, più intelligentemente si sono rifiutate) partecipano a questo scempio e alla fine ringraziano anche di essere stati invitati.

Ierisera si è consumato un delitto in diretta e purtroppo ne siamo state tutte complici.

Per un resoconto dello stupro culturale che si è perpretato ierisera ai danni delle perosne omosessuali cliccate qui 

Le uniche frasi di buonsenso quelle di Di Pietro (sono e rimarrò orgoglioso di averlo votato alle politiche) e quelle di Galimberti.

Il resto uno stupro di massa feroce cattofascista e omofobo.

Oggi il movimento di liberazione omosessuale è tornato indietro di almeno 20 anni.





giovedì 4 giugno 2015

Announo: quando l'omofobia serve a fare audience

La seconda anticipazione dal reportage di Andrea Casadio, che giovedì sarà al centro della nuova puntata di Announo: un viaggio dentro al mondo gay, dai matrimoni alla procreazione per altri, fra pregiudizi e realtà. Siamo nella chiesa di San Giovanni in Lupatoto, Verona. Un uomo di nome Luca racconta come è “guarito” dall’omosessualità: la sua storia, cui è ispirata anche la contestata canzone “Luca era gay” di Povia, è diventata esemplare per chi crede che l’omosessualità non sia una condizione naturale, ma una sorta di malattia. “Non ce nessuna prova scientifica che dice che non si possa uscire dall’omosessualità” racconta, e i fedeli rincarano la dose: “Se avessi un figlio gay? Mi sparo”; “Se a uno dai una motivazione di vita sana non ha bisogno di essere gay. I gay non esistono”.
I gay non esistono... Le lesbiche tanto meno

Questo il frasario di Announo, il programma di raidue  la7 che propone per il suo pubblico un viaggio nel mondo gay dal titolo i gay non esistono.

Per chi ha scritto queste righe tutte le perosne omosessuali lo sono allo stesso modo e fanno tutte le stesse cose, un po' come dire che se Berlusca fa i festini li fanno tutti gli etero.

Si intervistano persone sconosciute alle quali si fanno epsrimere opinioni personali sull'omosessualità senza competenza alcuna, e si presneta l'omosessualità come intrinsecamente in oppsozione alla fede, cioè al matrimonio, come se un uomo non possa amare un uomo e poi una donna senza smettere di essere gay, perchè le parole non sono descrizioni ma attestazioni di esistenza.
Se sei gay puoi smettere di esserlo e diventare (o tornare ad essere etero). con buona pace delle perosne molto più vaste delle etichette entro le quali cerchiamo di costringerle; con buona pace della bisessualità che attesta pari dignità ai due orientamenti sessuali che tutt'altro che oppostiori e in competizione sono naturali varianti del comportamento umano.

Che si sfrutti l'ignoranza altrui per un pugno di audience propalando in maniera così disgustosa l'omofobia anche sulla tv di stato è qualcosa che 40 anni fa avrebbe fatto cadere governi.

Adesso ce ne stiamo tutti zitti e tutte zitte a osservare.

Beh magari non proprio tutte.


sabato 30 maggio 2015

L'ennesima, mediocre, inutile campagna della gay help line del Gay Center di Roma

I soldi sono anche i nostri visto che c'è il contributo della Regione Lazio e del Comune di Roma, le menti purtroppo sono quelle manageriali e non veramente pro popolazione lgbt del Gay Center che, con la scusa di sensibilizzare contro il bullismo omotransfobico, si limitano in realtà a fare pubblicità alla propria Gay Help Line.


Lo slogan della campagna di comunicazione 2015 della Gay Help Line ne è un triste ma evidente esempio:
"Sei gay ? La felicità è un tuo diritto. Chiama Gay Help Line, 800.713.713 . Siamo pronti ad ascoltarti".

L'immagine scelta per questo slogan è inutile e anonima


Due braccia maschili, senza i volti, nell'avanbraccio di quello superiore la scritta tatuata col numero della gay help line l'altro braccio che viene aiutato a emergere dall'acqua.

Capita l'antifona?

Sei gay,  dunque hai una difficoltà personale a emergere e la gay help line può aiutarti, come in caso di ogni altro handicap.

Lo slogan corrobora questa nostra lettura: Sei gay? Hai diritto alla tua felicità (sottinteso anche se non sembra). E' la tua condizione di gay di per sè a renderti infelice.

Ben diverso sarebbe stato un claim che ricorda la discriminazione subita in quanto gay:
sei discriminato perché gay? La gay help line ti aiuta.

Ma i pavidi e le pavide del Gay Center non vogliono certo riconoscere che la causa dell'infelicità delle persone omosessuali non stia già in loro e nella loro condizione come pretendono (nel senso inglese di fare finta) ma nel pubblico ludibrio e che quel pubblico ludibrio può essere tolto, perché, se viene tolto, la gay help line che ci sta a fare?

Si propone una immagine cattolica dell'omosessualità come condizione infelice di per sè che va aiutata ma certo non promossa né riconsociuita nei suoi diritti.

Una campagna come questa (come quelle passate) non serve a niente e a nessuno (e nessuna) se non a far pubblicità alla gay help line stessa.

Non individua nessuna delle agenzie sociali che sono causa o concausa dello stigma omofobico e relega l'infelicità, dalla quale si può uscire meglio se aiutati dalla gay help line, nella sfera del proprio privato vissuto.


La retorica argomentativa con cui è presentata sul sito della gay help line questa ennesima inutile e autoincensate campagna comunicativa ne è una riprova:

"Siamo partiti nove anni fa, e oggi siamo il contact center più sviluppato a livello nazionale per gestire casi di discriminazioni,di violenze, di bullismo, ma anche per rappresentare un centro di ascolto per chi è in difficoltà o ha bisogno di aiuto per vivere liberamente con sé stesso, con gli amici o con la propria famiglia la sua omosessualità. Sul territorio di Roma e del Lazio siamo attivi con il servizio di consulenza psicologica, legale e di counselling, ma anche con iniziative svolte negli anni in oltre 70 scuole o direttamente con le famiglie o i luoghi di lavoro delle persone discriminate, per cambiare dall´interno il clima ostile in cui lesbiche, gay e trans spesso vivono. Nella campagna di comunicazione di quest´anno abbiamo voluto puntare sul concetto di "felicità" - dice Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center, l´associazione a cui fa capo il servizio d´ascolto - perché è importante soprattutto verso i giovani capovolgere i messaggi di paura e violenza verso l´ambizione a essere felicemente sé stessi. Solo facendo passare il concetto che la felicità è un diritto, come lo è essere gay, possiamo riuscire a sconfiggere l´omofobia".
A parole la discriminazione c'è ma questa discriminazione, anonima, senza un volto, senza connotazione politica, senza mandanti, si traduce in una difficoltà oggettiva delle persone a vivere la loro condizione invalidante.


Un frasario rivoltate, perché omofobico, che tratta l'omosessualità come un accidente terribile da vivere come si può.


D'altronde se si è finanziati dalle istituzioni si ha paura di pestare qualche piede e non ci si può rivolgere con fermezza contro chi agisce l'omofobia Stato chiesa e Società.


Il capolavoro omofobico di una campagna che non serve a nessuno (e nessuna) se non alla gay help line pro domo sua è quel capolavoro della vacuità che è lo spot (che andrà su Sky!).




L'errore madornale di questo video è mostrare i gay (e le poche lesbiche, trans non ne vedo...)  avulsi da qualsiasi contesto sociale di vita quotidiana, là dove l'omofobia agisce, e posti in uno spazio ideale e metaforico dove i gay si nascondono rimanendo immersi nell'acqua della piscina e dove arrivano i supereroi della gay help line a tirarli fuori, I maschi acchiappano i maschi d'altronde se no che gay sono e dove poi la solitudine e l'isolamento si trasformano in un party in piscina dove il bacio tra i due ragazzi che si rimorchiano non ci viene mostrato.

Per il genio che ha fatto questo spot l'amore tra ragazzi ancora non osa dire il suo nome. Niente baci sulla bocca se no poi Sky lo spot mica te lo manda in onda!

Insomma questo spot serve a tutti gli omofobi e le omofobe d'Italia che  possono tranquillamente continuare a discriminare gay, lesbiche, trans e bisex (che per la gay help line non esistono...),  tanto poi dopo ci sta la gay help line...

Non vi viene da vomitare?

mercoledì 15 aprile 2015

Il solito spot omofobo di Amnesty International

Lo confesso. Amnesty International non mi è mai piaciuta.
Non mi piace la policy che ha con i ragazzi e le ragazze che sfrutta facendo andar loro in giro a vendere tessere tra la gente, all'addiaccio, l'insegna gialla commerciale che contraddice la mission sui diritti umani essendo la prima che sfrutta uomini e donne per un suo tornaconto economico.

Vedo su faccialibro uno spot in inglese di Amnesty che mette insieme argomenti diversi anche se omologhi e li riassume sotto l'etichetta di diritti sessuali per una campagna che si chiama My Body My Rights.




L'idea è che froci e lesbiche (per tacer delle persone bisex) sono discriminati e discriminate per la loro scelta sessuale.
Anche il o la partner vengono presentat* come una scelta 

dall'opuscolo informativo della campagna My body My Rights
(http://www.amnesty.it/flex/FixedPages/pdf/mybodymyrights.pdf)

 


Dal che si evince che l'orientamento sessuale sia una scelta, il che non è vero, e che riguardi solo il sesso.
Sentimento e affettività non contano.
Non solo si evince che l'oreintamento sessuale è diritto del singolo e non un diritto di relazione che coinvolge una o più persone sia in campo sessuale che affettivo.

Peccato che le lotte sui diritti mancati riguardino proprio la sfera dei sentimenti, della vita insieme, della famiglia e non il diritto di scopare che è l'unico diritto che viene riconosciuto non già alle persone omosessuali ma a tutte le persone che hanno un comportamento omosessuale.

Basta che poi si torni a casa dalla moglie o dal marito o in chiesa o...

Non so voi ma io sono stufo di essere sfruttato così da Amnesty, di essere insultato e discriminato. Di essere così misrappresentato (lo so non esiste questa parola in italiano...) in una maniera che mi offende, sempre.

Nel video si equiparano le infibulazioni alla sterilizzazione cui secondo il video verrebbero sottoposte le persone transgender perché venga riconosciuto loro il cambio di sesso nei documenti.
Un falso ideologico che mette cose ben diverse insieme in una categoria orribile, diritti sessuali, che giusto qualche maschio può aver pensato.

Non so se questo spot mi fa più orrore o disgusto...

martedì 13 gennaio 2015

Ma quella vignetta, caro dottor Coco, è squisitamente maschilista.

Della vignetta pubblicata nel 2012 da Charlie Hebdo avevo avuto modo di parlare già su faccialibro.



Nella vignetta si dice Monsignor Vingt-trois ha tre papà e si disegna gesù con il triangolo dello spirito santo ficcato su per il culo che incula dio mentre una fascetta con la scritta matrimonio omo la caratterizza ulteriormente. 

Monsignor Vingt-trois, arcivescovo di Parigi, strenuo oppositore del matrimonio egualitario, nel 2012 aveva fatto recapitare a tutte le diocesi una preghiera contro le mariage pour tous nella quale tra le altre cose, si diceva perché i bambini e i giovani cessino di essere oggetto dei desideri e dei conflitti degli adulti così da beneficiare pienamente dell’amore di un padre e di una madre.


Le figure chiave della religione cattolica venongo descritte come tre papà in un matrimonio omo che, guardacaso, fanno incularella... 

Per sfottere la santissima trinità, Luz, al secolo Renald Luzier, autore anche di una delle vignette su maometto che ha scatenato la follia omicida contro la redazione del settimanale, ha pensato bene di rappresentarla nell'atto di scopare in culo

Il sesso come sfottò.

Come scrivevo su faccialibro non ho niente da ridire sull'irriverenza irrispettosa con cui si descrive un rapporto sessuale - penetrativo - tra dio gesù e lo spirito santo (simboleggiato dal triangolo che in realtà è simbolo di perfezione divina...) viene da interrogarsi sui significati dell'impiego del sesso come strumento satirico di presa in giro


Rosario Coco su gaiaitalia.com ci dice, senza spiegarcelo però, come rappresentare in un rapporto a tre le figure più sacre del cristianesimo sia una sottile presa in giro del maschilismo che pochi sanno cogliere.

Affermazione interessante che però ci sembra priva di fondamento anche a una lettura superficiale della vignetta.

Dio si fa inculare da gesù che ha a sua volta nel culo il triangolo che simboleggia lo spirito santo.

Qual è qui la presa in giro?

Credo di non sbagliare se riassumo il meccanismo comico della vignetta così:

Quel che nel maschilismo è una cosa negativa (la penetrazione anale del maschio)  diventa qui qualcosa di "presuntamente positivo" perchè ai gay prenderlo in culo, anche se fa male, piace


Con questa argomentazione, si appronta la goliardata di mostarre la trinità in una incularella generale.

Dunque la presunta positività con cui viene presnetato il coito anale rimane strumento di punizione, si irisione, di umiliazione, strumento di controllo e di potere.
 

Si prende una pratica sessuale la si relega e attribuisce a un orientamento sessuale soltanto mostrandola come qualcosa di apparentemente giocoso mentre in realtà si sta usando quella pratica per prendere in giro per offendere per irriverire (lo so che non si dice).

Senza il maschilismo a fare da cornice di significato questa vignetta non farebbe ridere.

E se tiri in ballo una cornice di significato l'hai già agita nel suo significato originario prima ancora di credere di inziare a prenderla in giro...

Come si fa a essere critici del maschilismo se si resta maschilisti???  


Cerchiamo di verificare quanto andiamo affermando.
 
1) Il sesso penetrativo usato come strumento di potere. 


Il cazzo in culo è la quintessenza dell'equilibrio di potere tra maschi

Dal simbolo di sopraffazione e sconfitta allo stupro punitivo (nel film Niente baci sulla bocca, il pappa incula davanti a tutti gli altri maschi della banda il giovane marchettaro etero che coi maschi fa solo l'attivo perchè ha osato scopare con la sua puttana) il cazzo in culo del maschilismo è qualcosa di negativo, di offensivo, di ambiguo, di doloroso, di innaturale, segno di sottomissione, di sconfitta, di umiliazione, di controllo e assoggettamento.




Nella vignetta viene presentato come un gesto allegro rimandando però al suo vero portato maschilista di stupro che qui assume anche un che di macabro (notare i fori sui piedi e le mani di gesù).

Con la scusa dei froci disgno dio inculato da gesù... Dov'è la sottile critica al maschilismo?

Finchè diamo senso all'equazione froci=cazzo in culo poco importa se poi  pensiamo che schifo o che bello siamo tutti figli (e figlie) dello stesso maschilismo.

 
2) La riduzione dell'orientamento sessuale alle pratiche sessuali.

Il mariage omo cui fa riferimento la vignetta viene sussunto ...nel cazzo in culo, quello cui fanno riferimento tutti (e tutte) quando si pensa a due uomini che fanno sesso... 

Nel traslato (apparente) da negativo a positivo dell'inculata questo luogo comune (coito anale come pratica esclusivamente omo) viene belluinamente confermata.

Se la vignetta è omofoba non è perchè prende in giro il cazzo in culo, che non è pratica distintiva dell'omosessualità maschile, lo è semmai perchè riduce l'omosessualità al cazzo in culo... 

3 Il coito anale usato come strumento di dissacrazione e presa in giro.
 
Leggiamo per intero il ragionamento di Coco
Qual è la differenza tra lo scherzo e la discriminazione, tra l’insulto e la satira? Non c’è dubbio che diversi in Italia avrebbero parlato di omofobia di fronte alla vignetta di cui dicevamo prima. Peccato che la sessualità (e non l’omosessualità) sia un argomento all’ordine del giorno per Charlie Hebdo e che rappresentare un rapporto a tre le figure più sacre del cristianesimo sia una sottile presa in giro del maschilismo che pochi sanno cogliere. Una presa in giro che ovviamente fa leva su una montagna di ipocrisia.
Ben altro, invece, se si compie uno sforzo di immaginazione, sono tutti quegli atti, immagini o comportamenti volti a istigare discriminazione vera e odio. Vero è anche che tutto questo è relativo alla cultura di un Paese. Se però entriamo nell’ambito di ciò che può indurre alla discriminazione, dovremmo allora prendercela (e dobbiamo farlo) con centinaia di messaggi pubblicitari e immagini che sfruttano un determinato immaginario collettivo sessista. La differenza, però, è che in questi casi non c’è la minima intenzione di ironizzare o mettere alla berlina un pregiudizio, ma vi è solo il il bieco obiettivo di specularci.

Per Coco quello di dio e gesù non è una inculata irriverente ma un rapporto

Coco beve senza batter ciglio l'idea che quando due uomini hanno un rapporto ci sarà necessariamente un cazzo che viene messo in un culo...

E' proprio questa idea, che anche Coco trova naturale, a essere maschilista e, anche, omofoba.





Se per fare critica politica si usa una idea maschilista (il cazzo in culo come strumento di presa in giro) e omofoba (froci=cazzo in culo) dandola in maniera acritica e scontata, non solo la si conferma con tutto l'annesso e connesso ordine narrativo (e di potere) fallocratrico maschilista e patriarcale ma lo si fa senza nemmeno rendersene conto e forse senza nemmeno volerlo.

Non dubitiamo della buona fede con cui la vignetta è stata fatta. Per noi questo la rende acora più pericolosa perchè la buona fede con cui pesca nel bacino argomentativo del maschilismo - per irridere la chiesa uso il sesso come strumento di offesa - (di)mostra che una critica al patriarcato fallocentrico non solo non è approntata ma non ci si rende nemmeno conto della sua necessità. 

Una satira maschilista non è uan satira con un errore è una satira sbagliata.

Finchè l'immaginario collettivo sull'omosessualità sarà così maschilista (dove sono le donne del mariage omo? Ah già le donne non sono omo) come potremo combattere l'omofobia?

Questa lettura così incauta e superficiale che vede il sessismo ma non si accorge del maschilismo, è una conferma alla potenza devastante e maschilista di questa forma di satira fatta da eteronormati (e non mi sto certo riferendo all'oreintamento sessuale) che non riescono a vedere nell'atto sessuale uno strumento di amore ma uno strumento di punizione e presa in giro.

Ci sarebbe molto di più da dire sull'uso maschilista del cazzo in culo.

Ci sono molti uomini altrimenti intelligenti che sul coito anale maschile affermano le leggende metropolitane più ingenue e disustosamente misogine pretendendo che il culo maschile scopato faccia provare più piacere di quello femminle, vuoi perchè l'uomo ha la prostata vuoi perchè il culo maschile sarebbe innervato più di quello femminile... 


Perchè come ricorda Marziale solo il maschio ha il culo la donna ha doppia fica...

Perchè insomma saremo anche froci e lo prenderemo anche in culo ma a vedere dio inculato da gesù siamo contenti per l'irriverenza e l'umiliazione e la goliardata che questo gesto implica. 

Lo stesso che fa ficcare per gioco nel culo di adolescenti manici di scopa e tubi di compressori...

Coco dice che si tratta di una presa in giro legittima e che l'inneggio alla violenza contro i gay è altra cosa.

Purtroppo l'uso del sesso come strumento simbolico  di qualcosa d'altro che non sia il piacere dato e ricevuto è sempre un atto di violenza assoluto.

E' sempre uno stupro.
 

E' alla base del sistema patriarcale è alla base di ogni rapporto di potere tra maschi, è alla base di una falocentricità cui niente e nessuno (solo al maschile che le donne nel maschilismo sono oggetti e non soggetti) può derogare. 

E visto che non c'è niente di più simbolico di una vignetta satirica (lo sanno bene quelli che si sono incazzati al punto tale da uccidere...) forse bisogna richiamare alla responsabilità etica e dunque politica della satira responsabilità di chi quella vignetta la disegna e quella critica di tutte le persone che davanti a quella vignetta invece di inorridire sorridono o ne minimizzano la portata violenta.

Come dicevamo sul post di faccialibro ci chiediamo se non ci sia qualche spazio di manovra, al di là della sacrosanta e irrinuciabile solidarietà contro l'atto di barbarie che ha ucciso i vignettisti di Hebdo, ma per fortuna non Luz che quella mattina era assente dalla redazione per un banale imprevisto, per smarcarsi da una satira così maschilista e patriarcale da piacere a tutti e, ahiloro, a tutte. 

Beh speriamo di non essere poi così sole...