lunedì 28 maggio 2018

Plaire, aimer et courir vite appunti per una recensione

Chissà se uscirà mai in Italia Plaire, courir et aimer vite (t.l Piacere, amare e correre veloce) (Francia, 2017) di  Christophe Honoré uno dei più bei film sull'omoerotismo e i rapporti sessuali tra uomini del nuovo millennio ci sia capitato di vedere, dopo Le chanson d’amour (Francia, 2004) sempre suo...

Ambientato nell’estate del 1993 Plaire, courir et aimer vite racconta della fine della vita di Jacques (Pierre Deladochamps), uno scrittore di successo la cui sieropositività si sta conclamando in sida, e dell’inizio della vita omoamorosa di Arthur (Vincent Lacoste) che alterna la frequentazione di Nadine (Adéle  Wismes) con i rimorchi sessuali nei luoghi di battuage della città di Rennes.

Anche Jacques ha avuto frequentazioni etero tanto da scappargli un giovane figlio che abita con lui e assiste senza trauma ferire alle frequentazioni paterne, non più di rimorchio, ma relazionali.

I protagonisti del film, nonostante le relazioni interpersonali fuori da ogni schema e scevri da qualunque contrapposizione etero-omo, sono  personaggi solitari (single) per vocazione intellettuale, a cominciare dal migliore amico di Jacque, Mathieu (Denis Podalidés) troppo preso dal suo lavoro per coltivare relazioni amorose.

Honoré coglie nel segno quando descrive questi omosessuali del secolo scorso come persone incapaci di coniugare sesso amore e amicizia nello stesso rapporto. 
Lo dice un ex di Jacques a Lolo, il figlio di Jacques, quando gli spiega di amare suo padre ma di essere un amico (e non certo per pudore nei confronti del dodicenne) e non un innamorato.

In una scena esemplare e indimenticabile Jacques, al telefono, ruba del tempo ad Arthur in un momento di pausa di un rimorchio sessuale con un ragazzo molto bello (che lascia ad attendere nel suo letto, languido) mentre ascolta al telefono i riferimenti letterari che l'amico  gli propone a proposito del rimorchio biondo.

Quel che lega Jacques e Arthur non è il sesso ma un'amicizia che va al di là del sesso, esattamente come succede ai maschi etero capaci di rinunciare momentaneamente alla figa per interesse amicale.

Certo l’interesse di Jacques e Arthur l’un per l’altro è basato su una attrazione anche erotica che normalmente tra amici etero non c’è (e a leggercela per forza si compie atto di omonegatività) ma il film ci mostra bene come,  nell’alveo del rimorchio omoerotico di fine 900, il sesso rimane performance e non trova mai il modo per tradursi in ginnastica amorosa.

Manca a questi personaggi quell’immaginario collettivo che fa credere loro possibile che le persone con cui scopi tu le possa amare mentre ci scopi e non tramite i sentimenti dell’amicizia in una contrapposizione tra identità di genere che ricalca quelle etero tra maschi e femmine.

E tanto ci basta per queste note scritte di fretta la mattina al risveglio nel balcone della splendida casa parigina che ho affittato stavolta.

Unico rammarico per questo bel film e triste (Jacques rinuncerà ad Arthur, senza spiegarglielo, perché non vuole affrontare l’aids con lui ma da solo) è la totale mancanza di un côté politico. 

Come se i froci malati di aids non abbiano fatto comunella e non si siano sostenuti a vicenda come invece bene ci ha mostrato 120 battement  par minute di Campillo al quale però preferiamo comunque  il film di Honoré.

Meraviglioso  il côté letterario del film che spazia tra Rimbaud e Koltes  mentre vedere Arthur che si lascia distrarre dalla letteratura trascurando un giovane in carne ed ossa che lo attende a letto è credibile solo in Francia. 

Ed è anche per questo che ci vengo sempre, ogni volta che posso, per coltivare aspirazioni tradite dalla mia estrazione nazionale.

(ultima modica 17-3-2019)