Inizia anche a capirsi che un festival sui gender studies può anche annoverare i film presentati nelle prime due sere, anche se non sono esattamente pertinenti, quando il festival ha una sua fisionomia concettualmente chiara e stated, cosa che è avvenuta solo nella terza serata, per cui, retrospettivamente, anche i film precedentemente recensiti mantengono un loro perchè, anche se non strettamente pertinenti ai gender studies.
La vera sorpresa della serata è stato Prodigal Sons di Kimberly Reed, (Stati Uniti, 2008)
Così Marc, sovrappeso, semi calvo, cogli sbalzi d'umore va in Croazia a trovare Oja Kodar (l'ultima donna di Orson e sua erede materiale e morale) che, nel vedere MArc, si commuove, dicendo quanto sia ingiusto che Orson non lo abbia conosciuto, lui che avrebbe sempre desiderato avere un figlio maschio... E si mette a piangere!!!.
Pensavo di vedere un film sulle trans (magari quelle di Marrazzo... molto poco femminili) e invece ho visto un film fantastico girato e montato da Kim stessa, una bellissima donna alla quale ho avuto l'onore di poter dire di persona quanto mi sa piaciuto il suo film e quanto mi piaccia lei.
A film finito, dopo una vera e propria standing ovation a Kim e al suo film, mentre i ragazzi delle votazioni NON passano e NON prendono il mio voto, viene annunciato il voto del pubblico, aleatorio e falso, visto che non comprende almeno quest'ultima votazione. Al pubblico in sala che protesta accorre Filippo che prende le faccine ritagliate tenendole in mano e comunque per il conteggio siamo fuori tempo massimo. Tanto il premio è stato già deciso va al film Should I Really Do It consegna il premio Nicoa Zintgarett in persona dopo che Imma Battaglia si augura che il Gay Villag gli faccia da trampolino e lo farà diventare presidente del Consiglio perché è il suo candidato di sinistra preferito (ma Imma non aveva lamentato una connotazione troppo a sinistra del Pride un paio di anni fa?).
Il premio della giuria (composta da Michael Palmieri, regista di videoclip e spot pubblicitari e Donal Mosher, fotografo statunitense) va invece a Prodigal Sons e non potrebbe essere diversamente!
Così mentre il Gender Docu Film Fest acquista finalmente una sua fisionomia e Giona A. Nazzaro si dimostra davvero incapace di relazionarsi col pubblico (quando Imma fa la prima domanda a Kim, in inglese, Giona dà il microfono direttamente alla regista per rispondere, ed è Kim a ricordargli che forse è il caso che traduca la domanda di Imma perché non tutti tra gli astanti magari capiscono l'inglese...) il Gay Village si dimostra uno spazio inadeguato per il Festival, tra i rumori della gente che chiacchiera, le visite e i passaggi di gente che resta 5 minuti e se ne va perchè il film è coi sottotitoli. Basterebbe chiudere l'area e riservarla solamente ai chi vuole vedere i film, senza aprire i due bar che costeggiano l'area, i cui avventori fanno rumore (d'altronde non gli può nemmeno intimare loro il silenzio...), almeno fino alla fine delle proiezioni. Ma, si sa, Imma che è una imprenditrice e non sta lì certo per fare cultura (come dice dinanzi a Nicola Zingaretti) una pessima imprenditrice che non è capace di coniugare le due cose perchè nessuno le rimprovera di fare soldi coi gay ma se poi concepisce il village come una mega discoteca senza un'area per chi voglia sedersi e chiacchierare invece che bere mangiare e ballare, senza uno spazio addetto alla cultura. Oppure è solo è troppo avida per rinunciare agli incassi dei due bar durante le proiezioni che, costando una birra 6 euro, sono davvero incassi cospicui... D'altronde riconosce lei stessa che gli astanti sono un pubblico di nicchia (ce lo dice proprio...!) e questo denuncia l'idea che Imma ha della cultura. Un'idea da centrodestra, una voce di spesa a titolo perso, come la cultura forse qualcosa che solo i palati raffinati possono consumare e non qualcosa di essenziale PER TUTTI proprio come il pane.
Ma è più facile cavar sangue dalla solita rapa che cavar buonsenso imprenditoriale da Imma Battaglia...
Il vero grazie per questo Festival dobbiamo dirlo a Nicola Zingaretti che ci ha messo i soldi. Imma si ammanta di una volontà di cultura che altrimenti non le appartiene...