L'italia del tutto è lecito di Claudio Fava
C’è un malinconico filo rosso che lega insieme gli insulti offerti a Paola Concia e alla sua compagna con il pestaggio del consigliere comunale leghista a Padova. Quel filo rosso è l’imbecillità che, come ogni tormento dell’anima, è trasversale, senza nemmeno il beneficio di una patria politica.
L’idiota che grida alla Concia “lesbiche nei forni” e i minchioni che aggrediscono a colpi di catene un uomo di mezza età stanno dentro le cose della politica come naufraghi al mare: si agitano, si sbracciano, affondano. Subito è arrivata la solidarietà alla donna insultata e al leghista pestato. Ma mi pare che stavolta non basti.
Quegli insulti, quelle botte, lo squadrismo di gesti e parole hanno ormai piantato le proprie radici nello stomaco del paese. Raccontano l’idea che ogni forma di diversità culturale, affettiva, umana, politica sia ormai da considerare l’ombra di un nemico. Paola Concia, naturalmente, non ha alcuna colpa: solo il diritto di essere sé stessa. Del consigliere padovano si potrebbe dire che lui è uno che ce l’ha con gli immigrati, organizza banchetti, raccoglie firme, dà fiato al grossolano immaginario leghista. Insomma, è vittima, ma è anche politicamente lontano da molti di noi, fa parte di quell’Italia che si diverte a cercare i propri nemici verso il basso, che tratta gli affamati da clandestini, che rivendica purezze geografiche ed egoismo sociale. E’ un’attenuante per chi l’ha menato? Per qualcuno, lo è. Qualche giorno fa Casarin, leader dei centrisociali del nord est, di fronte a un altro episodio di teppismo a Padova, calci e pugni contro un paio di leghisti che raccoglievano le firme per i loro rancori padani, ha ammiccato a qualche giustificazione: “Peggio il loro razzismo o qualche salutare calcio nel culo?”.
L’avranno pensato anche i ragazzotti che due giorni fa hanno pestato il leghista: è un razzista, va menato. Ed è partita la spedizione punitiva: caschi, catene e cazzotti, lui 56 anni, loro in cinque e di trent’anni più giovani (ma talmente fessi da non riuscire poi nemmeno a scappare). Teppisti. Peccato che non scendano da Marte. A modo loro, quei cinque sono figli di un tempo in cui la conta tra gli umani si fa solo distinguendo gli amici dai nemici (che è un modo sbrigativo per darsi sempre ragione da soli) e pensando che, in tempo di guerra, tutto sia permesso: anche sprangare.
Anche l’imbecille che si è messo a insultare Paola Concia e la sua compagna, “colpevoli” della loro omosessualità, è cittadino di questi luoghi e di questi tempi. Ci dice di un’Italia in cui i giudici, nelle parole della più alta carica istituzionale, sono diventati pericolosi lestofanti, delinquenti, brigatisti. L’insulto di quell’uomo, che evocava i forni crematori per gay e lesbiche, produce ribrezzo ma non stupore. Fa parte del panorama e, tanto per non andar lontani, evoca le parole di un altro presidente, Lombardo, il governatore della Sicilia, che alle critiche di chi scrive ha risposto attribuendogli la fortuna d’aver avuto un padre ammazzato dalla mafia.
Anche quelle parole sono bastonate, catene e sputi, anche il linciaggio morale e materiale dei giudici è un ignobile quotidiano pestaggio. Che si fa? Basterà abbassare tutti i toni, come chiede con accorato paternalismo il presidente Napolitano? Servirà, non basterà. C’è un degrado di civiltà che non si cura solo moderando il linguaggio. Perché nulla ha a che fare con la politica e molto invece con l’emulazione di chi fa capire che tutto è possibile, tutto è lecito, tutto è permesso. Anche riscrivere a calci la Costituzione. Claudio Fava (www.sinistraecologialiberta.it)
Quello che Fava omette è che il leghista aggredito è Aliprandi, condannato 4 mila euro di multa più 6 mila euro di risarcimenti per aver inserito nel proprio profilo di Facebook offese contro i Rom.
Ed ecco che allora il paragone tra Concia e Aliprandi come vittima della stessa mentalità squadrista, si sbriciola dietro un qualunquismo politico che malcela un paternalismo, un maschilismo e una omofobia terribili.
Paola concia non ha colpa se non di essere se stessa, e manifestarlo , pudicamente, andando in giro mano nella mano.
Aliprandi invece propala pubblicamente, su Facebook, le sue idee razziste, che ricordo a Fava) in Italia SONO UN REATO. Non giustifico l'aggressione ad Aliprandi ma chi semina odio odio riceve. Chi semina amore dovrebbe ricevere amore non odio. O questi paragoni del cazzo. No? Essere froci e lesbiche è una cosa da rivendicare con orgoglio.
I leghisti sono quelli che bruciano la bandiera, odiano i meridionali, vorrebbero spare sui migranti.
Come cittadino italiano e come gay mi sento offeso da questo paragone del cazzo.
Se fava trova il mio linguaggio colorito rispondo che è meglio un vaffanculo che una sprangata in faccia. No?