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lunedì 20 maggio 2019

Calvin Klein, il queer baiting, l'utenza internet lgbt e la stampa

Pare che l'ultimo spot di Calvin Klein abbia fatto indignare il pubblico lgbt della rete, quello stupido dei  bar, stando ai commenti riportati.
La stampa italiota riporta la notizia zoppicando sull'inglese ma in generale chi dovrebbe informare non va minimamente a fondo di quanto implicato  rimanendo sulla superficie di qualcosa che ha dei risvolti inquietanti e corporativisti.

Intanto lo spot.





Il video fa parte di una serie di spot della nuova campagna pubblicitaria della Kelvin Klein sulle note della canzone  Bad Guy della cantante Billie Eilish, nella campagna oltre a Billie compaiono, tra video e immagini – altri e altre testimonial (oggi si dice influencer)  il rapper A$AP Rocky,  Shawn Mendes, reduce dalla campagna precedente, l’attrice transgender Indya Moore, le modelle Kendall Jenner  Bella Hadid e la modella digitale Lil Miquela. Slogan (ma il termine è desueto) della campagna è  I Speak My Truth in #MyCalvins esprimo la mia verità in #MyCalvins che è anche un hashtag.

Nello spot in questione la modella sulla sinistra è  Bella Hadid, quella sulla destra è Lil Miquela un personaggio digitale (che la stampa nostrana chiama, chissà mai perché, robot (??!!?!), un personaggio virtuale, disegnato in cgi, presente su Instagram dal 2016  che conta oggi un milione e mezzo si followers.
Lil è modella e anche una cantante (le sue canzoni si trovano su Spotify).

L'idea dello spot, nel quale  si dice di come la vita consista nell'aprire le porte e creare nuovi sogni che non sapevi esistessero è di fare incontrare due icone femminili , uno reale, l'altro virtuale, e farli baciare.
Il superamento del  confine non sta nel bacio tra due donne (non è certo il primo bacio tra donne nella storia della pubblicità) ma nell'incontro tra una donna in carne e ossa e una virtuale.

Questo incontro epocale però non ha funzionato.

Sarà perché la bellezza artificiale di Lil è così evidentemente digitale, da avere un effetto controproducente come qualcuna ha fatto notare nei commenti su YouTube: ormai la bellezza organica e reale non ci basta più produciamo una bellezza artificiale che non invecchia e non ha i "difetti" delle persone organiche.
In più, aggiungo io, Lil non va pagata, vanno pagate le persone che la animano al computer ma lei non esiste.
La forza lavoro perfetta: pura immagine senza salario.

Il bacio tra queste due donne, una reale l'altra no, non esce dall'alveo dell'erotizzazione della donna a uso e consumo del maschio.
Questo  bacio tra donne  (e non  bacio lesbo come riportano in maniera orrenda la stampa di Torino)  serve a solleticare più l'immaginario collettivo etero maschile che quello femminile come fa anche un altro spot di Calvin Klein ne quale  Bella, da sola,  si sdraia su un cavallo mentre il claim dice I'm fiercely kind cioè sono ferocemente gentile.

Bene direte, allora si è fatto bene a protestare contro lo spot tanto da indurre Calvin Klein a chiedere scusa.

Beh, magari anche no.
Perché le proteste contro lo spot non sono state fatte dal versante della critica al maschilismo o al sessismo. Sono state fatte dal versante lgbtq.

Lo spot è cioè stato accusato di fare queer baiting.
Letteralmente esca per froci e lesbiche.

Molte persone lgbt si sono indignate perchè Lil è un personaggio non una vera persona ed era meglio che a baciare Bella fosse stata una vera lesbica.

 






Adesso questo commento è chiaro se avessero preso due donne bianche le avessero pitturate di nero e le avessero spacciate per afro americane: ci sono un sacco di donne afro americane che avrebbero potuto fare lo spot avrebbe senso da vendere.

Ma ciò che è chiaro con la pelle non lo è con l'orientamento sessuale.
Non c'è un modo per saperlo se non una dichiarazione della persona stessa. Non basta un bacio per fare di una persona una lesbica o un gay.
Anzi il fatto che il bacio tra due donne sia stato letto come il bacio di due donne lesbiche, il fatto  che ci si indigni che dato che una delle due  non esiste e l'altra è etero tolgono lavoro e rappresentanza alle vere lesbiche, è davvero un discorso reazionario, omofobo e disgustoso.

Quante persone si sarebbero lamentate se Lil avesse baciato un uomo? Quante avrebbero detto ci sono un sacco di donne etero che avrebbero potuto  fare lo spot?

Tra l'altro ci si dimentica che il messaggio dello spot  non era un discorso pro lesbiche ma voleva presentare due eccessi: l'incontro tra una donna vera e una virtuale e un bacio tra due donne non lesbiche che, pure, non trovano niente di male a darsi un bacio.

Io continuo a paventare una società dove gli unici baci autorizzati siano quelli tra persone omosessuali.
I baci sono baci chiunque li dia per qualunque motivo.

La critica queer bait, come si legge nell'urban dictionary, nasce dal presupposto, fondatissimo, che se si accenna all'omosessualità nei media senza che i due personaggi, non gli attori o le attrici che li interpretano, ma i personaggi, siano poi  davvero omosessuali cioè, fuori dal corporativismo, se a quel bacio non segue poi un vero interesse, sessuale o relazionale, tra di loro, allora si sta usando lo specchietto per le allodole.

In questa pubblicità  dove le due modelle non interpretano un personaggio ma sono se stesse (beh almeno una perché l'altra non esiste) o, meglio, dove personaggio e interprete coincidono (perché la Bella degli spot è personaggio pubblico non già la persona della vita privata) cambia davvero tanto se a darsi quel bacio sono due lesbiche o no?

Nello spot  non si sta alludendo al fatto che Bella e Lil siano in tresca mentre in realtà non lo sono, si sta mostrando che due donne, qualunque sia il loro orientamento sessuale, hanno tutto il diritto a baciarsi E NON C'E' NIENTE DI MALE.

Questo modo di vedere per scompartimenti stagni se sei donna e ti limoni con un'altra donna sei necessariamente lesbica o dovresti esserlo mi sembra davvero il peggiore esempio di dividi et impera.

Anche chi dice cose sensate poi aggiunge sciocchezze.



1 Smettetela di usare il lesbismo per vendere i vostri vestiti, Noi non siamo  un guarnimento per gli uomini,

2 Avrei dovuto essere io.





Metteteci me. Ecco. Quei fatidici 15 minuti di successo che ora con la rete sono allungati in un eterno presente dove la prima imbecille, il primo cretino possono parlare e dire il niente sotto vuoto spinto.


La risposta che, dopo questa enorme pressione di commenti insensati, ha rilasciato Calvin Klein è altrettanto sconfortante.


Capiamo e riconosciamo come avere qualcuna che si  identifica come eterosessuale coinvolta in un bacio dello stesso sesso possa essere percepito come queerbaiting. 

Quindi al cinema solamente attori e attrici gay possono  interpretare personaggi omosessuali? E,  viceversa attori e attrici gay non possono  interpretare personaggi etero?

Il queer baiting nasce per denunciare veri specchietti per le allodole.

In questo caso son più specchietti per allocche e allocchi.


mercoledì 10 dicembre 2014

La maternità omogenitoriale fa capolino in uno spot: le parole con cui lo dice la stampa.

La vodafone lancia la rete 4g con Fabio Volo come testimonial.
Nello spot mentre Volo recita Bisogna avere pazienza, ci vuole tempo, dobbiamo fare un passo alla volta. Ma magari invece no. Magari invece è arrivata l’ora di avere coraggio due amici e un'amica si lanciano da un dirupo nel mare mentre una donna che ha appena partorito viene raggiunta dalla sua compagna che prima guarda il neonato\la neonata e poi la bacia castamente sulla fronte.





Il blog Lez Pop  accoglie lo spot commentando che laddove la politica non arriva ci pensa il marketing ed è il segno che i tempi cambiano. Del resto, come afferma Fabio Volo alla fine del video: «Noi non siamo fatti per aspettare». (il neretto è nel testo)

Lez pop si accontenta di poco...
A vedere bene lo spot la presenza della coppia è un'apparizione fugace e timida, a comincare dal bacio sulla fronte, sororerno e poco da donne innamorate.
D'altronde si sa, la maternità, chiunque sia la persona che la neo-mamma ha accanto come amante, viene presentata come qualcosa di a-sessuato.
Un bacio meno parentale e più sensuale avrebbe legittimato di più l'amore tra due donne mentre così viene semplicemente legittimata la maternità anche di una coppia di donne.

Coppia di donne, non già coppia lesbica.

Perchè due donne che stanno insieme non sono necessarimante lesbiche, possono anche essere bisessuali.
In ogni caso ci interessa davvero stabilire l'orientamento sessuale delle persone partendo dall'assortimento sessuale della coppie?

Due donne stanno insieme.

Il loro stare insieme fa di entrambe due lesbiche?

Non necessariamente. Allora non esprimiamoci su cio che non è certo.


Invece dalla stampa la coppia viene definita lesbica.

Oddio.

Non proprio.

Quasi l'unanimità della stampa alla parola lesbica preferisce un maschilista e odioso donne gay o unioni gay.
 
Lo spot Vodafone con Volo e due mamme gay
titola il giornale


Il corriere titola Mamme lesbiche nello spot Vodafone ma poi ci ripensa nel sottotitolo
Per la prima volta una pubblicità italiana mostra una coppia di genitori gay. 

Adesso, è vero che genitori,  maschile plurale, nella lingua italiana, designa tanto il padre quanto la madre, ma trattandosi nello specifico di due madri e di nessun padre non era forse il caso di usare genitrici? E genitrici lesbiche e non genitrici gay?

C'e dell'altro.

Da un lato un prete sull'Huffigtonpost usa lo spot per chiedere che l'unione tra persone dello stesso sesso non venga chiamata matrimonio, ma venga usato un altro nome perché se no si litiga, ci si insulta, ci si irrigidisce. E, da rigidi, la verità sfugge. 

Secondo la solita supremazia culturale etnocentrica della chiesa cattolica, che fa disgusto e orrore,  si scippa il matrimonio laico, che è l'unico ad avere validità legale in Italia, e lo si attribusice alla chiesa cattolica pretendendo che il matrimonio, che è di tutti e tutte, cambi nome così che il matrimonio cattolico e discriminatorio possa essere solamente delle coppie di sesso diverso.

Un terrorismo culturale insostenibile da rispedire al mittente senza mezzi termini.

Dall'altro lato Queer blog invece fa professione di lesbofobia affermando una deliratente anormalità delle coppie omogenitoriali quando afferma che
qualche italiano che vedrà la pubblicità capirà senz'altro che bisogna avere coraggio anche per superare le diversità e le barriere che dividono ciò che è ordinario da ciò che invece non lo è.
Ordinario cioè: Conforme all'ordine, alla regola, alla norma.

Dal che si deduce che per Mik di Queerblog (che chi legge questo blog già conosce per le sue ecolalie) una famiglia omogenitoriale è fuori dall'ordinario, cioè non consueta, dunque anormale.

Squisito esempio di lesbofobia...

Se invece di pretendere di cambaire il mondo, che cambia benissimo da solo, provassimo prima a cambiare noi stesse e noi stessi...


sabato 28 dicembre 2013

Ancora sul video contro l'omofobia Spegniamo l'odio di Arcigay. Una risposta a Eumene

Mi scrive Eumene che mi fa notare alcune cose sul video di Arigay da me analizzato che secondo lui ho tralasciato.

Dice Eumene

1) in calce alla descrizione del video su youtube c'è sempre stato l'elenco completo dei video con le facce degli omofobi e transfobi nel secondo stesso in cui pronunciano le frasi in questione.
Vero.
Peccato che questo elenco non sia desumibile dal video con un link in video (una di quelle funzioni "in più" messe a disposizione da youtube).

In ogni caso, anche con l'elenco delle fonti messo a disposizione in calce, nel video le facce delle voci omofobe continuano a non esserci.

Io analizzo il video non i suoi paratesti.


2) attivando i sottotitoli "Italiano: di chi sono le voci?" compaiono i nomi di chi pronuncia le frasi omotrasfobe e la descrizione che riporta se la frase è transfoba o omofoba.
Vero.

Di nuovo, peccato che di questa funzione nel video non c'è traccia. Se non me lo avesse scritto Eumene o se non curiosassi con le funzioni in più del video su Youtube non lo verrei a sapere.

Di nuovo, il video così come è privo di questi sottotitoli.
3) le frasi della Mussolini, della Santanché e dell'ascoltatrice di Radio Padania sono Transfobe e non Omofobe. Ne 40 secondi che ci eravamo prefissati come tempo (standard nella comunicazione efficace anche se poi sono divenuti 59), è necessaria una sintesi che fa passare in secondo piano il bisogno didascalico di fare dei distinguo tra omofobia e transfobia: parliamo d'odio e di spegnere l'odio proprio per affrontare la questione con un angolo più ampio, comprensibile e inclusivo.
Anche questo è vero.

Ad ascoltare le frasi pronunciate nel loro contesto originale le parole di Santanchè si riferiscono alle persone trans da lei indicate al maschile.


Però nel video quelle frasi, decontestualizzate, non sono immediatamente riconducibili alle persone trans, e non solo perchè ci si riferisce loro al maschile (come per i froci, facendo subito pensare a loro) ma perchè la parola trans non viene mai detta.

Eppure bastava prendere la frase di Santanché qualche secondo prima, come si vede nel video messo in elenco in calce.


Se si torna indietro di appena qualche secondo si sente Santanchè pronunciare la parola trans al maschile (i trans). Bastava far diventare il video di 62 secondi invece che di 59 e la parola trans sarebbe stata presente nel video e non assente come è in realtà.


4) la petizione ha raccolto finora quasi 30.000 firme: conoscete petizioni che hanno raccolto più adesioni per la legge contro l'omofobia e la transfobia?
E qui si parla di petizione e non di video.

Un video che non è stato fatto per pubblicizzare la petizione ma per misure  combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere così come previsto dalla Raccomandazione CM/Rec(2010)5 del Consiglio d'Europa, coi quali soldi il video è stato prodotto.
Nulla da ridire sul fatto che il video si colleghi anche alla petizione, tutt'altro.

Da un punto di vista di analisi dell'efficacia comunicativa il video non serve certo a informare sulla petizione (richiamata solamente alla fine nel bodycopy firma la petizione al parlamento) senza accennare minimamente al problema di una proposta di legge che già c'è ma che così com'è non serve  a niente e anzi indebolisce la già esistente Mancino...

Della petizione non voglio parlare  perchè il mio post verteva sul video e non sulla petizione collegata anche se, leggendo il testo riportato in calce al videol mi rendo conto che scopo precipuo del video è quello di fare endorsment alla petizione.
Come se la lotta contro la discriminazione si esaurisca con una legge contro l'omotransfobia e non con iniziative culturali a scuola e a lavoro oltre che in tv e sui media in generale...

Vediamo le varie frasi citate nel video più da vicino.

Nell'elenco ho evidenziato in rosso quelle relative alla transfobia.
"Faccia pulizia etnica dei culattoni!"
Omofobia diffusa dal Prosindaco di Treviso Giancarlo Gentilini
http://youtu.be/OdmLuZXb0Ak&t=9s

"l'omosessualità in realta è un disagio"
Omofobia diffusa dall'Avv. Giancarlo Cerrelli - Vicepresidente Giuristi Cattolici
http://youtu.be/T05UXNjIqR0?t=12m34s

frocio di merda, senza offesa per i gay eh
Omofobia diffusa da Pino Scotto mentre risponde ad un insulto omofobo
http://youtu.be/31D6Z0WNF6g?t=9s

"questi cessi umani, questi aborti di natura, immondi"
Transfobia diffusa da ascoltatrice di Radio Padania mentre offende persone Trans
http://youtu.be/k_jXOWjh97A?t=1m2s


"tu sì ricchione, io no!"
Omofobia diffusa da Mariano Apicella mentre offende Malgioglio:
http://youtu.be/afrKmmVgQlk?t=0m49s

"sono malati!"
Omofobia diffusa da Romano La Russa
http://youtu.be/4Fg1f4ZpJKo&t=2m13s

"con quel sorrisino da checca isterica"
Omofobia diffusa da Vittorio Sgarbi mentre offende Gianni Barbacetto:
http://youtu.be/9pRagS8rYic?t=3m36s

"l'omosessualità è una delle tante malattie che contrae l'essere umano. è una malattia proprio"
Omofobia diffusa da Padre Livio mentre trasmette da Radio Maria:
http://youtu.be/3ArB9nH5xWw?t=3m44s

"Vorrei l'anatema della chiesa. e la chiesa tace!"
Omofobia diffusa dal Prosindaco di Treviso Gentilini in TV
http://youtu.be/Nyy1jjIBFDM?t=1m41s

"cosa ne pensa delle coppie gay?"
"che vanno atterrate, annientate!" "viva la famiglia, abbasso i gay"
Omofobia diffusa da una Suora al Family Day
http://youtu.be/8rDvLbC1cho?t=5s

"io dico: pe'mme voi fate schifo come donne, perché la vostra intimità dovete farla a casa al chiuso"
Omofobia diffusa da un Edicolante a Napoli
http://youtu.be/VN0f3lDYolc?t=3m24s

"si veste da donna e crede di poter dire tutto quello che vuole"
Transfobia diffusa da Alessandra Mussolini mentre offende Vladimir Luxuria
http://youtu.be/qQ6tIeezknc?t=4m55s

"meglio fascista che frocio"
Omofobia diffusa da Alessandra Mussolini mentre offende Vladimir Luxuria
http://youtu.be/qQ6tIeezknc&t=5m6s

"parliamo di persone malate!"
Transfobia diffusa da Daniela Santanché
http://youtu.be/gXHQ_9eW4ow?t=2m32s

3 su 14. Un po' poche.

Di questi 3 uno è discutibile.


"si veste da donna e crede di poter dire tutto quello che vuole"
Transfobia diffusa da Alessandra Mussolini mentre offende Vladimir Luxuria
http://youtu.be/qQ6tIeezknc?t=4m55s



Non credo che Mussolini si riferisse a Vladimir come a una trans, ma come a un frocio travestito (che con la transessualità non c'entra nulla).

E' capzioso dunque catalogare questo insulto omofobo come transfobico.

Gli altri due sono insulti contro persone trans ma visto che nelle frasi citate la parola trans non viene mai detta, diciamo che rispetto i froci, culattoni, che sono inequivocabilmente parole omofobiche le persone trans nel video hanno meno visibilità (udibilità?) rispetto le persone omosessuali.

Per inciso, le persone omosessuali maschili.

Perchè tra gli insulti scelti nessuno si rivolge specificamente alle lesbiche che sono annoverate in automatico nel macro contenitore omosessualità.

A rigor di analisi nemmeno le lesbiche sono menzionate e anche loro hanno dunque minore udibilità dei gay anche se rientrano nella macro categoria omosessualità (maschile E femminile) e lo sono dunque più delle persone trans la cui parola non viene mai menzionata se non nel body copy alla fine del video.

Ecco dunque una implicita e forse inconscia scaletta di priorità

gay
lesbiche trans (se proprio ne devo parlare visto che faccio 3 esempi su 14... che non sono specifici sulle persone trans ma vanno bene anche per quelle omosessuali)

Anche la frase  voi come donne mi fate schifo si riferisce ai femminielli...

Eumene fa a un certo punto una considerazione che la dice lunga sulla filosofia del video.
Ne 40 secondi che ci eravamo prefissati come tempo (standard nella comunicazione efficace anche se poi sono divenuti 59), è necessaria una sintesi che fa passare in secondo piano il bisogno didascalico di fare dei distinguo tra omofobia e transfobia: parliamo d'odio e di spegnere l'odio proprio per affrontare la questione con un angolo più ampio, comprensibile e inclusivo.
Dunque prima dice che in 40 secondi poi diventati 59 non c'era tempo per mettere la parola trans nel video, poi afferma il contrario e considera che distinguere tra omofobia e transfobia sia un bisogno didascalico.
Credo che Eumene usi questo aggettivo secondo il suo significato esteso e negativo di pedante saccente come riportato dal dizionario Sabatini-Coletti online.

Non certo nel suo significato positivo  (primo lemma della stessa voce nello stesso dizionario) di Volto a spiegare, a far capire, a facilitare l'apprendimento che, nel caso di un video volto a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere è una cosa non solo gradita ma richiesta.

Ecco se anche negli apparati di sostegno e integrazione al video si confonde travestitismo con transessualità è segno che certi concetti vadano distinti perchè distinguere tra orientamento sessuale e identità di genere non è solo un passo necessario per comprendere e rispettare le persone ma fa parte anche di quello scopo di combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere come vuole il Consiglio d'Europa che quel video ha finanziato.
Insomma la considerazione di Eumene che froci e tran sono la stessa cosa ha dello sconcertate e del transfobico perchè con la scusa di affrontare la questione con un angolo più ampio, comprensibile e inclusivo in realtà si sovrappongono cose (orientamento sessuale e identità di genere) che nel mondo reale sono e devono restare distinte con il risultato di rendere nulla la udibilità delle trans.
 
Il linguaggio di Eumene, già.

A parte il fastidiosissimo sessismo dell'articolo la solo per le donne (quella che Sabatini chiamava asimmetria di genere)
le frasi della Mussolini, della Santanché
c'è quell'uso altrettanto fastidioso del maschile come sostituto del femminile 
 l'elenco completo dei video con le facce degli omofobi e transfobi.
Omofobo ha il femminile omofoba omofobe.

Transfobo (al posto del più felice transfobico) ha il femminile transfoba transfobe.

Nel commento da me fatto a Eumene ierisera ho erroneamente percepito transfobi come termine epiceno (bigenere). Ed ecco dimostrato come dico sempre che io sono il primo a sbagliare...
 
Ribadisco che l'idea di usare la grafica senza mettere le facce fotografiche delle persone omotransfobiche (vedete come è facile scrivere in maniera non sessista?)  e quella delle vittime di tanto odio continua nella tradizione di invisibilità cui i media da sempre relegano le persone trans e omosessuali con l'unica eccezione del clown come ha ricordato benissimo Daniele Silvestri nella sua canzone Gino e L'alfetta.
preferisci pensare
che un gay sia una sorta di errore
una cosa immorale
o nel caso migliore
un giullare, un fenomeno da baraccone
e lo tollererai solo in quanto eccezione
e lo tollererai solo in televisione
lo chiamano gay
e tu pensi ricchione

A dimostrazione che anche gli etero possono capire quello che qualche militante lgbt piccato perchè ho fatto le pulci al suo video non riesce a comprendere.

Visibilità, nominabilità, precisione nei nomi, sono strumenti fondamentali in ogni campagna di informazione.

La lotta alla discriminazione la si fa informando.

venerdì 30 agosto 2013

L'omo paranoia dei media italiani.
Sul bacio di protesta delle atlete russe Tatyana Firova e Kseniya Ryzhova. .

Vi ricorderete di questa foto che ha girato sulla rete durante i Mondiali di Atletica a Mosca.


Questo bacio delle atlete russe  Tatyana Firova e Kseniya Ryzhova è stato letto come bacio di protesta contro la legge antigay di Putin.

Un bacio definito coraggioso che, secondo alcuni commentatori e commentatrici della rete, avrebbe prodotto sgomento nelle altre due atlete che hanno assistito a quel bacio strano.

Saremo anche nell'epoca della civiltà delle immagini e eppure ci dimentichiamo sempre che uno scatto fotografico può estrapolare un gesto congelando un dettaglio che, visto nella sua interezza, acquisisce un significato diverso.

Lo possiamo facilmente verificare guardando al video di quel bacio.




Non solo si è trattato di un bacio a stampo ma se lo sono date tutte e quattro le atlete, in segno evidente di affetto amicale e di solidarietà sportiva e sororale.



D'altronde basta pensare al bacio slavo, come quello celebre tra Breznev e il Presidente della Germania dell'Est Erich Honecker immortalato dal fotografo francese  Régis Bossu, nel 1979



 
 
Dopo la caduta del muro di Berlino, nella primavera del 1990, diversi artisti provenienti da 21 paesi hanno decorato una parte del muro lasciata in piedi per memoria storica con 106 dipinti murali di grande formato.
L'artista russo Dimitri Vrubel trasse il suo dipinto murale dalla foto di Bossu intitolandolo  "Il bacio fraterno" accompagnandolo con la scritta "Dio aiutami a sopravvivere a questo amore mortale", che, restaurato nel novembre 2009, è tra le opere più famose del complesso artistico dell'East Side Gallery il tratto più lungo del Muro di Berlino tra quelli ancora conservati, lungo 1,3 chilometri.
(ringrazio il blog Prospettiva Internazionale dal quale ho preso le informazioni)

Io ho una borsa con il dipinto murale di Vrubel.

Una borsa che porto tranquillamente a scuola dove un giorno, durante la ricreazione, mentre io mi accingo ad andare in classe, incrocio sulle scale uno dei miei studenti di 14 anni, che si ferma, guarda la mia borsa divertito e mi dice
non è un bacio gay vero? 
No - gli rispondo - sono il presidente dell'allora URSS Breznev e il Presidente della Germania dell'Est Erich Honecker. E' un bacio di saluto ad un incontro ufficiale. I russi si baciano così.

Quindi se io penso che è un bacio gay
- riprende il mio studente - è un esempio di pregiudizio vero? 
E io  .
E tutto contento il mio studente se ne va.

Quello che mi preoccupa di questa storia non è tanto l'ignoranza della stampa italiana che non ha pensato all'origine culturale di quel bacio, ma al fatto, maschilista e omofobico, che se due donne (come due uomini) si baciano sulle labbra, anche se con un bacio a stampo, quel bacio le qualifica come lesbiche (come gay).

Il bacio è un gesto di affetto che ha mille diversi significati e che dovrebbe essere agito liberamente da chiunque lo voglia dare e da chiunque lo voglia ricevere senza catalogazioni alcune.
Un bacio tra due donne o tra due uomini non qualifica le persone coinvolte nel bacio come omosessuali intanto perchè una o entrambe le persone potrebbero anche essere bisessuali e poi perchè ci si può baciare anche tra amici.

Io al liceo, quindi 30 anni fa, salutavo un mio compagno di classe con un bacio, a stampo, sulle labbra.  
Un bacio (che a me sarebbe piaciuto fosse altro, ma, come al solito, divago) che nessuno pensava minimamente fosse un bacio gay ma un saluto tra due amici intimi.

Invece il bacio delle quattro (e non due) atlete è stato descritto dalla nostra stampa come bacio saffico, bacio lesbo o addirittura bacio gay come fa l'Unità, come se la cosa più importante non fosse che il bacio è tra due donne (dire il bacio tra le atlete è più che sufficiente per dare questa informazione come fanno alcuni quotidiani a dire il vero) ma che quel bacio tra donne è un bacio diverso dagli altri baci, che va qualificato con epiteti (saffico) o aggettivi (lesbico) a differenza dei baci etero che, essendo la maggioranza (la norma, la normalità), non devono essere distinti perchè sono il bacio per antonomasia senza bisogno di aggettivo alcuno.

Un po' come capita, mutatis mutandis, con quel maledetto articolo la davanti ai cognomi di donne (la Parietti, la Boldrini) che sta tornando in auge anche sulla stampa di sinistra (manifesto in testa una volta più attento al sessismo linguistico), non usato per i cognomi di uomini perchè il sesso per antonomasia, quello che non merita di essere specificato, è sempre e solo quello maschile.

Il concetto di orientamento sessuale è importante per descrivere le persone e per permettere a ognuno e ognuna di noi di costruirci una nostra identità sessuale.


Una società libera e aperta dovrebbe accettare però un bacio tra due ragazzi o due ragazze non già come bacio gay  e lesbico ma come bacio e basta.

Perchè l'affetto e la sessualità sono  di tutti e tutte non di questa o di quella categoria.

E che quello che importa e tutto quello che c'è da dire sul bacio delle atlete russe è che due donne si sono baciate, senza chiederci nulla sul loro orientamento sessuale, senza definire quel bacio con un aggettivo che lo colleghi a un orientamento sessuale (che ci si dimentica sempre che sono tre e non due).

Perchè un bacio è lo stesso qualunque sia l'assortimento sessuale delle due persone che se lo danno.

Altrimenti rischiamo di dividere l'umanità in una serie di categorie di persone che sono le uniche autorizzate ad avere certi comportamenti: non solo dunque se due donne si baciano sono sicuramente lesbiche ma, suo reciproco, solo due lesbiche possono baciarsi.

Due donne etero no, perchè se due donne sono etero che si baciano a fare?!?
Allora vuol dire che tanto etero non sono e sono dunque lesbiche (tertium non datur).

La bisessualità quella all'interno della quale secondo Kinsey ci collochiamo tutti e tutte non esiste.

Si parla tanto di minoranza delle persone omosessuali senza renderci conto che l'omosessualità e l'eterosessualità pure sono entrambe una minoranza e che mediamente ci assestiamo tutti nel continuum della bisessualità sul quale in fasi diverse della nostra vita ci spostiamo ora più verso un polo ora verso l'altro.

Il comportamento sessuale riguarda tutte e tutti solo che socialmente siamo più propensi e propense ad accettarlo disinnescandone il portato omosessuale inserendolo in cornici di riferimento narrative che spiega  e giustifica quel comportamento come non omosessuale (fase adolescenziale, coercitività del carcere, occasionalità in particolari condizioni fisiche, vacanza, viaggio, ebrezza, effetto di sostanze chimiche).
Nessuna sostanza chimica puà ingenerare un comportamento che non sia già presnete nella persona anche se represso o rimosso per cui se il comportamento non fa l'orientamento dimostra comunque che essere coinvolti in interrelazione sessuali e\o affettive con persone dello stesso sesso sia una variabile che riguarda molte più  persone di quelle che poi si definiscono esclusivamente gay (o esclusivamente etero).

Ieri sera un ragazzo che ho incontrato al village e che è appena stato buttato fuori di casa dai genitori mi ha detto ho avuto una ragazza per 5 anni e ora sto con un ragazzo da 8 mesi. Ti innamori delle persone e basta.Senza rinnegare il suo passato etero che secondo la retorica gaista viene visto come una fase di passaggio (proprio come nella retorica eterista viene vista di passaggio la fase gay).

Ecco io non voglio vivere in una società dove l'affettività e anche la sessualità sono distribuite entro griglie rigide e impermeabili  che riducono tutto a due dei tre orientamenti sessuali impoverendo il ventaglio emotivo, emozionale e se(n)(s)suale delle persone strappando la possibilità di baciare una persona dello stesso sesso a chi non è gay o lesbica.

Per cui rallegrarsi che quel bacio serva alla causa gay dimostra invece quanto lavoro ancora ci sia da fare se nemmeno le persone lgbt riescono a riconsocere il loro orientamento sessuale come a un comportamento universale umano e invece vivisezionano sesso e sentimenti in una maniera discriminatoria (o sei omo o sei etero) talmente radicata da percepire la propria radicata omofobia che fa vedere in ogni comportamento affettivo un gesto che tradisce la propria vera natura ed egocentrata (ogni bacio tra due persone dello stesso sesso è un bacio come quelli che do io) come omofilia.

Perchè finché davanti a due ragazze  o due ragazzi che si baciano pensiamo che sono omosessuali non c'è poi così tanta differenza tra chi pensa che schifo e chi che bello.

La discriminazione sta già prima nel credere di poter dedurre un orientamento sessuale da un bacio, separando invece di unire, etichettando invece di riconoscere la ricchezza umana degli uomini e delle donne leggendo con malizia discriminatoria un gesto dolce e tenero e universale come il bacio.

Che è un bacio. E basta.

giovedì 3 gennaio 2013

Quando la stampa fa diventare le mamme gay.
Sugli articoli del Mattino e del Corriere del Veneto sull'ospedale di Padova che dà accesso anche alle genitrici non biologiche che costituiscono famiglia con la partoriente.

Così come è riportata la notizia non meriterebbe di comparire sui quotidiani, data la sua normalità.

Invece data l'ossessiva discriminazione sessuofoba e lesbo-omofoba del Paese, la notizia, quella vera  merita il giusto rilievo.

Purtroppo viene data con esiti differenti a seconda della testata e di chi scrive e nessuno, nessuna, sembra coglierne la vera portata.

Ecco la notizia in soldoni.

La clinica di ginecologia dell'ospedale di Padova ha modificato la dicitura sui braccialetti identificativi da padre a partner per non discriminare le coppie di fatto formate da due donne, riconoscendo il diritto di accesso nell'ospedale anche alla partner della madre.


Desumo questa versione della dal Mattino secondo il quale

In Clinica si sono trovati di fronte ad una coppia di fatto costituita da due “lei”, una delle quali ha dato alla luce un bambino. «Di fronte a questa situazione abbiamo capito che la dicitura “padre” avrebbe, di lì in avanti, potuto creare inopportuni imbarazzi per i genitori. (...) abbiamo modificato i bracciali, non facendo più scrivere “padre”, ma un più generico “partner”. (...) spiega Nardelli [il direttore sanitario].

Il corriere del veneto dà invece una versione diversa.
In ospedale aveva appena partorito la compagna, che come padre ha indicato nome e cognome dell'amica. La compagna ha firmato il registro dell'atto di nascita che in ospedale era stato sottoposto alla madre ma ha rifiutato di ricevere il «braccialetto del papà».

Insomma la clinica ha pensato per conto proprio a un braccialetto meno discriminatorio oppure è stato il rifiuto della partner della madre a indurli a decidersi verso quella soluzione che rispetta tutte?

Vallo a sapere...

In ogni caso entrambi gli articoli non sottolineano un punto importante che per la legge italiana una donna che ricorre all'inseminazione assistita eterologa (all'estero) e costituisce una coppia di fatto con un'altra donna per lo stato italiano è una donna single, e la partner non ha alcun diritto legale sul figlio della compagna.

Quindi non si tratta tanto di civiltà nell'usare un nome meno discriminatorio, si tratta di riconoscere i diritti di chi per la legge italiana non esiste: la genitrice non biologica della donna che ha partorito.
nel caso del genitore non biologico questo può riconoscere legalmente il figlio come suo  anche se la coppia non è sposata e, presumo, anche se lui non è il padre biologico. 

La giornalista del mattino a dire il vero ci prova a dirlo ma lo fa con una goffaggine incredibile.

I vincoli della legge 40, che vietano la fecondazione eterologa, nulla hanno potuto di fronte alla volontà di due donne di diventare madri. Nessuno ha chiesto come è stato concepito quel figlio, se all'estero con la procreazione assitita o in altro modo. In Clinica l'imperativo non è stato rispondere a domande, ma risolvere una questione urgente.
La legge 40 dice che solamente le coppie etero (lei  e lui), sposate o conviventi, possono accedere alla fecondazione omologa dove il padre è e rimane anche il padre biologico dell'infante

La fecondazione eterologa in Italia  non è consentita.

Non è consentita non vuol dire che chi vi ricorre all'estero commette reato.

Sono le cliniche italiane a non potere offrire questo servizio.

Dunque la frase i vincoli della legge 40, che vietano la fecondazione eterologa, nulla hanno potuto di fronte alla volontà di due donne di diventare madri è un'affermazione parziale, perchè la legge 40 non consente a nessuna coppia anche a quelle etero (=di sesso diverso)  la fecondazione eterologa.


La frase
Nessuno ha chiesto come è stato concepito quel figlio, se all'estero con la procreazione assistita o in altro modo
è invece disgustosamente paternalistica perchè non è un segreto che molte coppie anche etero (=di sesso diverso) sono costrette a fare all'estero quel che in patria non è consentito.

Una legge, tra l'altro, che la Corte Europea per i Diritti Umani (CEDU) ci ha intimato di cambiare.

Ma di questo nessuno si è ricordato di informare i lettori e le lettrici.

Quell'insinuazione in altro modo è disgustosamente maschilista e oltremodo  maliziosa perchè oltre alla fecondazione assistita, esiste solamente il metodo tradizionale.

E nessuno può sindacare sulla vita privata sessuale di una cittadina italiana. Nemmeno lo Stato.

Figuriamoci una giornalista (sic!) che risponde al nome di Fabiana Pesci.

In ogni caso si dimentica di considerare il reale portato della decisione dell'amministrazione di questo ospedale.

Il corriere del Veneto fa però molto peggio.

Tralasciando il solito sessismo della lingua  che fa scrirere

Un braccialetto per la mamma, uno per il bebè e uno per il... partner. La clinica ostetrica dell'ospedale di Padova ha deciso, di fatto, di «riconoscere» i genitori omosessuali con un apposito braccialetto
(i neretti sono miei) dove nella fattispecie il partner è una donna e dunque dovrebbe essere la, e i genitori omosessuali sono due donne quindi dovrebbe essere le genitrici, l'articolo si riferisce alla partner della donna che ha partorito con la parola amica.

Scelta non solo ridicola, in un articolo in cui si spiega come l'ospedale abbia scelto il termine più generico di partner al posto della parola padre ma soprattutto scelta discriminatoria e giudicante che non riconosce alla compagna della neo mamma lo status etico di partner.

Quella signora accanto alla mamma non è la fidanzata, la compagna, la donna, la partner, ma un'amica.

Roba da vomitare, purtroppo non in faccia a chi ha scritto l'articolo perchè non è firmato.
Comunque sia, VERGOGNA.

Il Corriere del Veneto va ben oltre e dice:

Il bambino nato da due donne è stato reso possibile grazie alla fecondazione eterologa, un procedimento vietato dalla legislazione italiana ma ammesso all'estero, in cui il seme maschile proviene all'esterno della coppia.
I neretti sono miei.

L'articolo offende in primis la lingua italiana visto che è scritto con una sintassi e una grammatica inesistenti.

I bambini nascono, vengono concepiti, non sono resi possibili.

In ogni caso a renderlo possibile è la madre (con il seme di un donatore) .

La fecondazione assistita casomai rende possibile il concepimento non la  nascita...

Il bambino poi non è nato da due donne, naturalmente.

E' nato da una delle due donne.

Detta così sembra quasi un esperimento alla Mengele dove due uteri sono stati cuciti insieme e due donne diverse hanno partorito lo stesso bambino. Chissà forse ecco il perchè quel bambino è stato reso possibile...

E' chiaro che qui si vuol sottolineare negativamente un fatto normalissimo.

Una donna vuole avere un figlio e sceglie di ricorrere all'inseminazione  artificiale.

A proposito, la fecondazione assistita è quel procedimento nel quale il seme maschile proviene DALL'esterno (da fuori a dentro) della coppia, non all'esterno (da dentro a fuori) della stessa.

Ma anche così corretta la frase non ha  molto senso perchè lascia immaginare anonimi onanisti che spruzzano il loro seme sulla coppia...

In realtà il seme maschile proviene da un donatore, che lo dà a una banca del seme, dietro un modesto compenso, la quale lo dà poi alla clinica, dietro un lauto compenso, che lo dà alla donna, previa altro esborso di soldi....

Il capolavoro di discriminazione, feroce e inutile, sta però nel titolo di entrambi i quotidiani, virtualmente identico.





Va riconosciuto doverosamente che il sommario del mattino è equilibrato e riporta la notizia così com'è.

Quello del Corriere del Veneto è invece di tutt'altro tono, e, ridicolmente, continua a indicare al maschile anche la compagna della mamma che ha indotto al cambiamento della scritta sul braccialetto.

Però entrami i titoli parlano di mamme gay.

E questa è una distinzione ferocemente discriminatoria e inutile.

Una mamma è una mamma il suo orientamento sessuale è irrilevante ai fini del suo status di maternità.

Se con mamme gay si intende riferirsi invece alla coppia, esiste l'aggettivo omogenitoriale (=genitori dello stesso, sottintendendo sesso, per simmetria con omosessuale) e si poteva dunque scrivere coppia omo-genitoriale, oppure coppia di donne,  non mamme gay. 

L'orientamento sessuale della madre e della sua compagna infatti è una pura congettura, una o entrambe potrebbero anche essere bisessuali.

Qui si confonde l'aggettivo omosessuale nel significato originale di dello stesso sesso, riferito al sostantivo coppia, con l'aggettivo gay che significa di orientamento sessuale omoaffettivo.

Si cataloga dando informazioni non necessarie, presunte e potenzialmente  sbagliate, e dunque si discrimina.

Due donne costituiscono una coppia, una famiglia,  e ora hanno avuto un figlio, concepito e partorito da una delle due.  L'orientamento sessuale delle due è non è affar di nessuno. Ai fini del fatto accaduto è irrilevante.

E' il fatto che le due donne stanno insieme a fare di loro famiglia non certo il loro orientamento sessuale.


Ma questo vallo a spiegare alle nostre e ai nostri giornalisti...

In ogni caso complimenti all'ospedale di Padova e al suo direttore Giovanni Battista Nardelli.



mercoledì 2 gennaio 2013

Le parole per dirlo. Un dispaccio Ansa discriminatorio e disinformativo.

Il dispaccio è questo.

Chi lo ha scritto dimostra di non capire, e non sapere, niente.

E discrimina senza nemmeno avere il coraggio delle proprie opinioni.

ha "due mamme"

La prima è la madre biologica, dunque è la madre.

Non si capiscono dunque le virgolette.

L'altra donna, in quanto compagna della madre biologica, ha la stessa identica dignità che avrebbe avuto un compagno.

E' madre non biologica. Ed è madre a tutti gli effetti.

Quelle virgolette sono dunque un insulto perchè scherniscono, minimizzano, mettono tra parentesi, insinuano che nessuna delle due donne sia davvero madre.

Dobbiamo protestare tutte e tutti contro questo modo vigliacco di criticare l'omogenitorialità.

L'Ansa dovrebbe informare e non giudicare.
Ma se vuole proprio giudicare lo faccia almeno in maniera chiara e diretta e non usi questi mezzi subdoli.

Maude e Delphine una coppia omosessuale.

Non si capisce bene perchè specificare che le due donne siano una coppia omosessuale.

Se con l'aggettivo ci si riferisce al significato originario di "dello stesso sesso" è il termine pleonastico perchè già si sa che sono due donne.

Se con quell'aggettivo ci si vuole riferire all'orientamento sessuale delle due donne chi ha scritto l'articolo sta facendo un'assunzione che non è detto sia necessariamente vera.

Due donne che stanno insieme infatti non sono necessariamente due lesbiche, una delle due, o entrambe, possono essere bisessuali.

In ogni caso è irrilevante conoscere l'orientamento sessuale delle due donne dal momento che sappiamo che stanno insieme e costituiscono una coppia.

Eì l'atto dello stare insieme che fa delle due donne una coppia, non il loro orientamento sessuale.

Maud e Delphine sono semplicemente due donne, due persone, che stanno insieme.  Proprio come tutte le altre coppie.

Quando l'etichettare è superfluo, diventa automaticamente discriminatorio  perchè si fa distinzione in base a dei dettagli, presunti, non importanti va dunque censurata e rispedita al mittente.

Dibattito sulle unioni gay
Il dibattito in Francia non è sulle unioni gay perchè in Francia le unioni gay esistono già e sono le unioni civili.

In Francia si sta dibattendo sull'estensione del MATRIMONIO anche alle coppie dello stesso sesso. Che è tutt'altra cosa.

Non si cerca la legittimazione delle unioni che sono già legittimate da tanti anni (la legge sulle unioni civili risale al 1999) si tratta di riconoscere il diritto a sposarsi a ogni cittadino e cittadina qualunque sia l'assortimento sessuale della coppia.

frutto di un'inseminazione artificiale effettuata in Belgio, dove il procedimento e' legale anche per le coppie dello stesso sesso
Qui il deficiente o la deficiente (=colui o colei che deficita di informazioni)  che ha scritto queste note dimostra tutta la propria mancanza di cultura e anche di logica.

L'inseminazione artificiale consiste nell'introduzione artificiale di sperma nell'apparato riproduttivo femminile.
Lo sperma può essere del marito o compagno (inseminazione omologa) o donato da terzi (eterologa).

I vari stati europei hanno ognuno una loro legislazione che consente l'inseminazione ora omologa ora eterologa, ora solo per le coppie sposate ora anche per le coppie conviventi, ora solo per le coppie ora anche per le donne single.

Nel caso del Belgio la legge consente la fecondazione assistita per tutte le donne qualunque sia il loro stato civile. Dunque anche per le donne single.

La specifica e' legale anche per le coppie dello stesso sesso in questo caso dunque è irrilevante visto che la donna ha diritto in quanto cittadina a usufruire della inseminazione artificiale e non in quanto coppia come è invece richiesto dalla legislazione di altri Stati.


Dunque si tratta di una informazione sbagliata con specificazioni sbagliate dove quello che si vuole evidenziare è che anche le coppie dello stesso sesso  possono usufruire dell'inseminazione artificiale anche quando si tratta di diritti riconosciuti invece alla singola persona.

il procedimento e' legale anche per le coppie dello stesso sesso
lascia intendere poi che entrambi le componenti della coppia siano clinicamente coinvolte nella fecondazione, mentre è chiaro che nel caso della fecondazione eterologa, e quella che riguarda una coppia di donne non può che essere tale, è coinvolta clinicamente solo la madre biologica, anche se la\il partner della madre biologica è coinvolta\o eticamente e, negli stati in cui non è consentita la fecondazione assistita anche alle single, anche legalmente.

Ma le agenzie stampa, come tutto il sistema informativo italiano, fanno del gossip non dell'informazione.

Anche il titolo del dispaccio è fuorviante e impreciso fino alla discriminazione.

In Francia primo nato da coppia gay.

L'aggettivo gay non può specificare l'assortimento sessuale della coppia come nel caso dell'aggettivo omosessuale. Omosessuale significa anche dello stesso sesso, gay significa solamente di orientamento sessuale omoaffettivo.

Dunque, a rigor di logica della lingua italiana, se il nato (tralasciamo il solito sessismo della lingua...) è nato da una coppia gay ciò non può che riferirsi all'orientamento sessuale dell'uomo e della donna che lo hanno concepito o concepita. Cioè il bambino è nato da una donna lesbica e un uomo gay che lo hanno concepito insieme.

Nessuna bambina, nessun bambino può infatti nascere da due donne o da due uomini visto che, notoriamente, solamente le coppie di sesso diverso sono tra di loro feconde.

Nel caso di omogenitorialità la prole non può nascere dalla coppia gay, ma nella coppia gay, proprio così come la prole nata in una coppia etero che si è avvalsa della fecondazione eterologa.

Il titolo è dunque discriminatorio perchè invece di sottolineare l'assortimento sessuale della coppia, che è l'unica cosa che dirime il caso, come in quello dell'estensione del matrimonio, ne fa una questione di orientamento sessuale.
Così mentre la notizia è una donna che vive una relazione stabile con un'altra donna è diventata madre con l'ausilio della fecondazione eterologa, si dice che due donne gay hanno messo al mondo un figlio cercando così di sensibilizzare chi è contrario ai figli cresciuti da coppie di donne o di uomini.

In ogni caso quanto è più bello il titolo

In Francia primo nato 2013 da coppia di donne

invece che da coppia gay (visto che gay vale sia per gli uomini che per le donne e dunque anonimizza il sesso della copia)?

Vallo a spiegare alla peggiore classe di giornalisti d'occidente.


venerdì 23 novembre 2012

Rottamare l'omofobia. L'omonegatività c'è sempre, permea il Paese, i mezzi di informazione, le istituzioni, gli agenti sociali, la gente, noi.

Avrete sicuramente saputo, perchè eravate alla fiaccolata o per averlo letto sulla rete, che le dinamiche che hanno portato Andrea (chiamato con l'alias di Davide) a togliersi la vita non sono esattamente quelle raccontate dalla stampa, e amplificate nella loro enfasi dalla rete.
Per una ricostruzione, interessante e esaustiva, rimando al bel post di Dario Accolla sul sito del Mieli.
A questo punto sulle dinamiche e sulle cause di questo suicidio sospendo il mio giudizio e aspetto che a pronunciarsi siano gli inquirenti.

Voglio però provare a individuare un punto centrale in tutta questa vicenda, sotterraneo e pernicioso, che la dice lunga sulla strisciante omonegatività che c'è nel paese e nella testa di tutte e di tutti noi.

Intanto sono arrivato alla conclusione che la parola omofobia sia da rottamare, perchè allude, volenti o nolenti, a forme estreme e violente di intolleranza e discriminazione.

Si crede cioè che l'omofobia si consumi in presenza di violenza fisica, calci, sputi, coltellate, come ci hanno abituato stampa e rete. oppure in violente aggressioni verbali quando si dice, che ne so, frocio di merda devi crepare di aids.

Come ha evidenziato Luca Trappolin (alla mattinata organizzata dalla Provincia di Roma lo scorso 31 ottobre) riportando i dati della ricerca europea Confronting Homophobia in Europe la gente non percepisce come omofobici un sacco di atteggiamenti che in realtà lo sono.

Dopo le incertezze di ieri sera, durante il raduno per la fiaccolata che ufficialmente non c'è stata (non autorizzata? Non più giustificata?) sono girate molte domande alle quali si è risposto con altrettante voci.
Andrea era gay?
Era vessato dai compagni e compagne di classe? Dal resto della scuola? Dai professori e professore?
Non so voi ma a me sembrano tutte domande omofobiche, cioè omonegative se la parola omofobia è da rottamare.
Provo a spiegar(m)vi perchè.

Andrea è gay?

Ogni volta che leggo un articolo nel quale si riporta di un fatto omofobico ci si riferisce smepre all'omosessualità della vittima: deriso perchè gay. Accoltellata perchè lesbica.

Adesso, visto che gay  lesbiche non hanno un alone rosa, quali sono i criteri di visibilità, i criteri tassonomici coi quali cataloghiamo (cioè discriminiamo) qualcuno\a come omosessuale?

Vengo percepit* come omosessuale se io mi bacio con una persona dello stesso sesso, se vado in giro mano nella mano col medesimo o medesima, se vesto di rosa, o con altro sembiante che non si addice allo stretto, rigido e codificato stereotipo di genere.

Ma bastano davvero questi tratti per fare di me un omosessuale?
Due perone dello stesso sesso che si baciano o vanno in giro mano nella mano sono per forza una coppia?
Non possono essere amici? 
Quanti centimetri di lingua dirimono la questione?
E, in fondo, che ce ne frega?

Ogni volta che ci chiediamo dell'orientamento sessuale di una persona in base a un comportamento non conforme allo stereotipo di genere della medesima siamo omofobici e omofobiche, tutti. Tutte.

L'omofobia non è già discriminazione di chi è omosessuale dichiarato. Omofobia è, prima ancora, vessazione di chi non si conforma al cliché sociale.

L'omofobia insomma è qualcosa di precedente all'omosessualità e pervade tutta la società.

Basta un capello fuori posto, un colore differente da quello che qualcuno reputa giusto e si è subito froci o lesbiche.

Non importa se Andrea fosse gay etero bisessuale asessuale polisessuale.

Era un ragazzo cui non è stato permesso di fare la narrazione di sé che lui voleva.

Perciò sentirmi chiedere ieri sera ma se Andrea non era gay qui che ci stiamo a fare?  vuol dire che il movimento ha fallito, che non abbiamo capito niente e che le associazioni lgbt sono una volgare gilda di categoria.

Andrea era vessato dai compagni e compagne di classe? Dal resto della scuola? Dai professori e professore?

La società è omofobica, è omonegativa, sempre. Ci vuole conformi, ci chiede di ottemperare, come i Borg di Star Trek, al pensiero unico eterosessita e cattolico.

In questo clima tutte e tutti siamo quotidianamente, ogni secondo delal nostra vita, esposti ed esposte all'omonegatività. Chi si conforma al cliché eterosessista e Vatic-ano è momentaneamente al riparo dal ludibrio ma sempre a rischio appena deroga, anche di un millimetro, magari per distrazione, per stanchezza, da quel rigido cliché. Che sia omosessuali o meno poco conta, l'importante è che venga percepito tale. Così, per conformismo l'importante è che non venga percepito come tale. Viviamo tutti un conformismo eterosessista dal quale guai se ci capita di uscire.

Ogni volta che una madre dice al figlio piccolo non piangere solo le femminucce piangono, è omofobica. Ogni volta che vedendo passare un ragazzo dinoccolato ed effeminato pensiamo, ciao sorè, siamo omofobici,  ogni volta che mettiamo in discussione la mascolinità di un nostro partner in base a quello che gli piace fare a letto siamo omofobici.

Noi parliamo ridicolmente di diritti gay, diritti lesbici, diritti trans e induciamo le e gli etero a credere che chiediamo diritti solamente per noi, che vogliamo una nostra normalità. E per molti e molte è così.

Per molti vivere da gay vuol dire conformarsi a un altro stereotipo, quello dell'orientamento sessuale: se sei gay sei in un certo modo e basta, se sei lesbica sei in quel modo e basta (con alcune sotto-categorie schizofrenicamente esasperate nella loro separazione oppositoria: checche e bear, butch e femme).

Abbandonarsi a questa logica è una pratica omofobica.

In realtà l'omofobia riguarda tutti, uomini e donne obbligate a conformarci vecchi e nuovi cliché e lasciamo che sia la società a dire cosa un etero o un omo possono  o non possono essere, cioè apparire. Quindi la lotta contro l'omofobia è una lotta di emancipazione di tutte e tutti.

Il pensiero omofobico c'è sempre e qualsiasi persona che a qualsiasi titoli si trovi stretta negli stereotipi sociali e le viene impedito di uscirne vive in una continua condizione di omofobica.

Per cui le domande ma Andrea era vessato dalla classe o dalla scuola o dai professori è oziosa, è odiosa.

Siamo tutte e tutti vessati da un sistema informativo che propala gli stereotipi più triti, abbiamo dei modelli di riferimento che presnetano le persone omosessuali come delle macchiette da baraccone (come fanno in tv I soliti idioti che fanno dell'omosessualità e dell'omogeniotorialità un capriccio isterico: io vi maledico, che dio vi si prenda!).

Viviamo in una società che discrimina, non tutela, non censura il Vatic-Ano quando dice che l'omosessualità è un disordine morale, o lo Stato quando non riconosce a tutti e tutte gli stessi diritti degli altri e noi cerchiamo motivi più congrui e gravi che hanno indotto Andrea a togliersi la vita?

Mi spaice se qualche ragazza, compagna di classe di Andrea, si è sentita male perchè ha trovato scritto sul propri profilo facebook assassina, commento tranchant di qualche frustrato/frustrata della rete che da casa si sente Che Geuvara ma poi in strada non scende mai perchè alle sette ha pilates e alle nove va al ristorante.

Mi spiace per lei ,ma è vero. Siamo tutti assassini e assassine, quando cataloghiamo il prossimo in base alla non conformità a degli stereotipi dai quali facciamo fatica a separaci.

Perchè a me è dispiaciuto davvero del suicidio di Andrea. Mi ha fatto rabbia, mi ha fatto male e ho odiato quanti ieri sera chiedendomi come stai e io rispondendogli male mi hanno chiesto perchè?!
Perchè Andrea si è tolto la vita, imbecille!


Ieri sera ho visto molta gente arrabbiata, determinata, che c'era, era scesa in piazza, disposta a mettersi in gioco. E ho visto un movimento pavido ,politicizzato (stavolta uso il termine nel suo senso più infimo e deleterio) preoccupato di non fare brutta figura, di non pestare i piedi alle istituzioni, di fare compagnia ma non sporcare, come i cani.

Se fosse stato per gli organizzatori della fiaccolata di ieri ci saremmo dovuti sciogliere e tonarcene a casa con la coda tra le gambe. Invece grazie alla determinazione di qualcuno che è intervenuto la marcia se non proprio fiaccolata (troppe poche le candele accese) l'abbiamo fatta, abbiamo dato fastidio, abbiamo dato nell'occhio, abbiamo disturbato il conformismo corrente che ingabbia anche il movimento.

L'omonegatività colpisce ognuna e ognuno di noi. Sempre e comunque, contrastarla prima ancora che un diritto è un dovere civico.




sabato 8 settembre 2012

Patanè (Arcigay nazionale) lettera aperta al Partito Democratico sul matrimonio

In risposta alle ultime uscite segregazioniste di Rosy Bindi, Paolo Patanè, preidnete di Aricagy nazionale, ha scritto una lettera aperta al PD.

Una lettera condivisibile nello spirito ma maschilista  e corporativista.
Caro Partito Democratico,
per bocca di Rosy Bindi ci inviti a usare la fantasia per sposarci.
Ti assicuriamo che di fantasia ne abbiamo investita, e pure molta, per aggirare gli insidiosi ostacoli all’eguaglianza in questo paese. E tra questi c’è il tuo “no” a una legge che permetta finalmente il matrimonio tra persone dello stesso sesso e che possa finalmente dare dignità agli affetti di migliaia di cittadini e garantire loro pari diritti e doveri.
Per sposarci ci siamo trasferiti all’estero, sempre all’estero abbiamo affittato appartamenti per avere residenze utili a coronare il nostro sogno di uguaglianza. Ci siamo commossi di fronte ai “sì” in festicciole simboliche con celebranti improvvisati e abbiamo scambiato promesse pubbliche di matrimonio.  Ci siamo umiliati cercato inutilmente di redigere contratti che regolamentassero i nostri amori. Ci siamo persino presentati nei Comuni, e nei tribunali italiani, a chiedere il matrimonio civile e continuiamo a iscriverci in registri simbolici delle coppie di fatto istituiti in un centinaio di Comuni italiani illuminati.
Ora basta.
Basta gare patologiche a inseguire i valori non negoziabili di altri. Basta chiacchiere, documenti, lavori di commissione, tavoli o ordini del giorno interpretabili a fisarmonica. Basta bugie come quella che ripeti ossessivamente e cioè che la Costituzione vieta il matrimonio, una affermazione falsa e smentita da sentenze della Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione. Basta rigurgiti di omofobia, basta convulsioni antidemocratiche e basta all’incubo di una propaganda inquinata tra accelerazioni e decelerazioni, aperture e chiusure.
Il tuo “no” al matrimonio per persone dello stesso sesso è così chiaro, diretto e limpido che non ci lascia nemmeno la fantasia di immaginarti come una forza sinceramente di sinistra, progressista ed europea al Governo del Paese.
Chiediamo più democrazia e più libertà e tu rispondi “no”. Noi ci misuriamo con la realtà dell’ingiustizia ogni giorno, e la fantasia te la lasciamo volentieri: vogliamo l’eguaglianza. Che cosa avresti detto nell’America dell’apartheid a fronte della rivendicazione di libertà ed eguaglianza delle persone di colore? Dedicatevi ai sogni? Fantasticate?
Linguaggio, concetti, azioni, diritti concreti: l’eguaglianza richiede chiarezza e coerenza. Attenzione, la nostra gente combatte da 40 anni e chiedendo pazienza e fantasia tu tiri la corda molto oltre il sopportabile. Vuoi tornare pazientemente al governo tra 40 anni?
Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay

Il sessismo e quel la nostra gente sono degni di Bindi. Stessa cultura, stesso maschilismo, stessa italianità.

Io non sono e mai sarà gente tua caro Paolo, anche se apprezzo lo spirito con cui ti sei accinto a scrivere questa lettera il compitino con quale credi di (saper) fare politica.

Bastava poco per scrivere una lettera non così smaccatamente al maschile*. Evidentemente in quanto presidente di Arcigay (e nona rilsebica) ti prendi maledettamente sul serio  epensi solo ai maschi.

Ecco dimostrato ancora una volta come non basta essere accomunati dall'orientamento sessuale per far parte della stessa gente.



*
Caro Partito Democratico,

per bocca di Rosy Bindi ci inviti a usare la fantasia per sposarci.
Ti assicuriamo che di fantasia ne abbiamo investita, e pure molta, per aggirare gli insidiosi ostacoli all’eguaglianza in questo paese. E tra questi c’è il tuo “no” a una legge che permetta finalmente il matrimonio tra persone dello stesso sesso e che possa finalmente dare dignità agli affetti di migliaia di cittadine e cittadini e garantire loro pari diritti e doveri.
Per sposarci ci trasferiamo all’estero, sempre all’estero abbiamo affittato appartamenti per avere residenze utili a coronare il nostro sogno di uguaglianza. Ci commuoviamo di fronte ai “sì” in festicciole simboliche con celebranti improvvisati e improvvisate e abbiamo scambiato promesse pubbliche di matrimonio.  Ci umiliamo cercando inutilmente di redigere contratti che regolamentino i nostri amori. Ci presentiamo persino nei Comuni, e nei tribunali italiani, a chiedere il matrimonio civile e continuiamo a iscriverci in registri simbolici delle coppie di fatto istituiti in un centinaio di Comuni italiani illuminati.

Ora basta.
Basta gare patologiche a inseguire i valori non negoziabili di altri. Basta chiacchiere, documenti, lavori di commissione, tavoli o ordini del giorno interpretabili a fisarmonica. Basta bugie come quella che ripeti ossessivamente e cioè che la Costituzione vieta il matrimonio, una affermazione falsa e smentita da sentenze della Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione. Basta rigurgiti di omofobia, basta convulsioni antidemocratiche e basta all’incubo di una propaganda inquinata tra accelerazioni e decelerazioni, aperture e chiusure.
Il tuo “no” al matrimonio per persone dello stesso sesso è così chiaro, diretto e limpido che non ci lascia nemmeno la fantasia di immaginarti come una forza sinceramente di sinistra, progressista ed europea al Governo del Paese.
Chiediamo più democrazia e più libertà e tu rispondi “no”. Noi ci misuriamo con la realtà dell’ingiustizia ogni giorno, e la fantasia te la lasciamo volentieri: vogliamo l’eguaglianza. Che cosa avresti detto nell’America dell’apartheid a fronte della rivendicazione di libertà ed eguaglianza delle persone di colore? Dedicatevi ai sogni? Fantasticate?
Linguaggio, concetti, azioni, diritti concreti: l’eguaglianza richiede chiarezza e coerenza. Attenzione, noi uomini  e donne omosessuali combattiamo da 40 anni e chiedendo pazienza e fantasia tu tiri la corda molto oltre il sopportabile. Vuoi tornare pazientemente al governo tra 40 anni?
Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay

martedì 21 agosto 2012

A proposito della presentazione della nuova collana di e-book lesbici ql2 diretta da Sarah Sajetti.

Non posso che gioire nel leggere sul Fatto quotidiano la nascita di una nuova collana di libri a tematica lesbica perchè una collana del genere mancava.
Se la playground sta facendo del suo meglio nel costruire un immaginario collettivo adolescenziale gay una tale ricostruzione dell'immaginario adolescenziale, e non, lesbico mancava.

La collana si chiama QL2, acronimo quelle due, termine col quale si allude allo stigma nei confronti delle donne lesbiche e che fu anche titolo italiano di un film drammatico di William Wyler The Children's Hour (Usa, 1961) tratto dall'omonima pièce teatrale di Lillian Hellman scritta addirittura nel 1934 nella quale si attaccava il perbenismo borghese mostrando come reagiva dinanzi un pettegolezzo sull'omosessualità femminile.

Direttrice della collana Sarah Sajetti, scrittrice, - come si legge sull'articolo del Fatto - attivista per i diritti degli omosessuali (sempre al maschile anche quando si parla di lesbiche...), redattrice e poi direttrice editoriale della rivista lgbtq Babilonia.
Pubblica la Robin Edizioni di Claudio Maria Messina.
Nell'articolo del Fatto si leggono alcune dichiarazioni di Sajetti che sono al illuminanti.
L’omosessualità non riguarda solo la sfera sessuale, ma le relazioni in generale, lo sguardo sul mondo. È necessario mettere in circolazione idee e stati d’animo delle donne lesbiche raccontando dal loro punto di vista su viaggi, lavoro, sport, insomma su qualsiasi aspetto della vita.
Una collana che è alla ricerca di esordienti, di nuove scrittrici e di testi inediti da pubblicare. Sul sito Lista Lesbica Italiana  che riporta stralci di una intervista di Sarah al programma radio Beate lesbiche di Radio Onda d'Urto si legge
Le autrici avranno un regolare contratto di edizione elettronica e a loro non saranno richieste spese di pubblicazione. Le proposte editoriali potranno essere inviate in formato word all’indirizzo email: QL2@robinedizioni.it.
Un progetto importante che può essere occasione di sbocco professionale per molte scrittrici.
Una collana con un taglio editoriale interessante. Nella stessa intervista si legge
Cerchiamo scritti che veicolino una visione più ampia della letteratura lesbica; spesso il passato e il presente continuano a darci racconti che ruotano quasi esclusivamente attorno a storie d’amore, che sono un po’ limitanti rispetto al modo in cui l’omosessualità si può esprimere. Cerchiamo libri che raccontino anche qualcos’altro, libri di fantascienza, gialli, d’avventura, di fantascienza o fantapolitica, etc. Libri dove c’è l’amore, ma questo non deve essere il solo tema attorno cui si sviluppa l’intera trama.
Insomma dove la letteratura lesbica finalmente si ampli e contamini di sé tutta la letteratura.

Nell'articolo del Fatto Sara spiega come
QL2 ha l’ambizione di fornire strumenti utili alla formazione libera e serena della propria identità, creando per le omosessuali uno spazio di legittimazione. Perché autorizzare se stesse a vivere la propria identità è una condizione propedeutica alla lotta per i diritti. Ho la speranza che i libri possano agire positivamente sulla società, anche perché si rivolgono a tutti i lettori
Peccato per quel lettori, maschilista, eppure l'articolo, che palra di omosessualità al femminile,  è scritto da una donna, ma questo non le impedisce di usare sempre il maschile, anche nel sommario, quando annuncia le prime uscite a settembre con autori inediti.
Autori
!?
Ma non si trattava di scrittrici lesbiche??? ...


La scelta di uscire in ebook oltre all'evidente motivo economico ha anche un'altra ragione si legge sempre nello stralcio dell'intervista
La collana sarà esclusivamente in formato digitale permettendo in tal modo di reperire con la massima facilità libri introvabili nelle librerie e agevolando la fruizione di testi lesbici alle lettrici che per varie situazioni e contesti non gradiscono l’acquisto dagli scaffali.
Questo concetto un po' ambiguo emerge in tutta la sua sprovvedutezza e miopia politica nell'articolo del Fatto Quotidiano  dove si legge
La scelta di uscire in ebook, spiega, ha una duplice ragione. La più scontata è quella economica, ma la più importante, a suo parere, è la garanzia di riservatezza: le donne lesbiche soffrono ancora di scarsa visibilità e subiscono la riprovazione sociale più degli uomini gay, “perché pagano il peso di essere sia donne sia omosessuali. Ma la timidezza e i timori che si possono avere comprando in libreria un’opera a tematica omosessuale scompaiono se l’acquisto è anonimo”.
Timidezza e timori. Sembra quasi il titolo di un romanzo di Amélie Nothomb.

Invece  è il pavido orizzonte entro cui Sara e la sua collana sembrano muoversi.



Lo spazio di legittimazione, l'autorizzazione a vivere la propria identità sono buttate nel cesso quando Sarah, per giustificare l'edizione in e-book e non in volume della collana, parla di garanzia di riservatezza, manco si trattasse di pornografia!

Insinuando quasi che, comprando un libro a tematica omosessuale, ci si attiri indosso un po' di quello stigma che quella collana vuole combattere...
Facendolo in anonimato mi sottraggo allo stigma, senza rendersi conto che, riconoscendo il ...diritto alla vergogna., lo stigma viene diffuso e non combattuto.

Una uscita davvero infelice.

Ammesso e non concesso che comperare un libro a tematica (manco fosse porno) comprometta la riservatezza (di che?) invece di combattere questo riserbo invitando a non vergognarsi (sic!) a comperare libri di lesbiche si enfatizza il fatto che grazie al formato digitale si possa mantenere tutto nell'anonimato.

Come se comperare un libro lesbico in libreria ti marchi di un alone viola che ti espone al pubblico ludibrio.

E' proprio vero che la prima forma di omofobia da combattere è smepre quella interiorizzata.


Ora siccome un libro pubblicato solamente in digitale non ha lo stesso spessore e la stessa importanza editoriale di un libro cartaceo pubblicato anche in digitale, spero che questa uscita davvero infelice sia un lapsus per mascherare la pochezza (editoriale) di una collana di libri lesbici pubblicati solamente in digitale.

Se fosse altrimenti questa collana nascerebbe davvero sotto una cattiva stella.


Purtroppo la stessa giustificazione lesbofoba la si trova anche sul sito della collana dove si legge

Il digitale permetterà di reperire con la massima facilità libri che spesso le librerie considerano poco vendibili o che, essendo considerati ancora un tabù, molte lettrici omosessuali preferiscono non acquistare.
Dove, tra l'altro, l'aggettivo omosessuali attribuito a lettrici non si sa bene quale categoria debba individuare se cioè lettrici dall'orientamento sessuale lesbico o lettrici di libri a tematica omosessuale, con buona pace delle donne, lesbiche, bisessuali o etero, che non si vergognano di comperare dei libri e basta e se ne infischiano del tabù molto più della casa editrice di una collana lesbica che tradisce una certa vocazione mercantile punto di vista dal quale lo stigma è sempre bene che rimanga, altrimenti la collana non avrebbe più motivo di essere...





mercoledì 6 giugno 2012

I frutti di Voice Out un edu-game col quale gli studenti e studentesse creando dei prodotti multimediali, hanno realizzato una proposta politica e di comunicazione per combattere le discriminazioni verso persone lesbiche, gay e trans.

Vi ricordate di questo video?



Pubblicizzava l'edu-game Voice Out! che non vi sto a rispiegare tanto c'è il video a farlo.

Voice Out! fa parte del progetto Niso il progetto europeo contro l´omofobia nelle scuole coordinato dalla Provincia di Roma, un edu-game col quale gli studenti e studentesse creando dei prodotti multimediali, hanno realizzato una proposta politica e di comunicazione per combattere le discriminazioni verso persone lesbiche, gay e trans.

Adesso tramite una segnalazione di Simone (grazie!!!) scopro che finalmente i video sono stati terminati. Simone mi ha mandato il link di Repubblica, che pubblica solo 3 dei sei video prodotti.
Un veloce giro di rete e trovo, su di un blog, tutti e sei i video prodotti (nonché il link al sito italiano ufficiale di Voice Out!)
Le scuole italiane che hanno partecipano al progetto sono tre: il Vivona il Socrate e il Giordano Bruno. Tutte di Roma, presumo, perché capofila del progetto per l'Italia è la Provincia di Roma.
Due dei sei video prodotti andranno in finale.

Come spiegato nel video di presentazione ogni gruppo si è costituito in una squadra dandosi anche un nome

Liceo Giordano Bruno - Dimo si


Liceo Giordano Bruno - Human Pride


Liceo Socrate - Discriminatiom


Liceo Socrate - Drag Queer


Liceo Vivona - Just love


Liceo Vivona - gay


Questi sono i sei video.

Liceo Vivona - g.a.y (good as you)



Liceo Vivona - It's Just love


Liceo Socrate - Drag Queer



Liceo Socrate - “Discrimin-Action”




Liceo Giordano Bruno - “Human Pride”



Liceo Giordano Bruno - "Dimo sì”


I video vanno giudicati per quello che sono: il prodotto di un progetto didattico fatto per  giovani che hanno creato dei video (seguiti da tutor) con una precisa consegna.


IL PROGETTO

Voice out! è solo una parte di un progetto più vasto che si svolge a scuola.

Tra i tutor del progetto anche il Gay Center di Marrazzo.

Sul sito del progetto Niso si legge quali sono gli obbiettivi principali.
Purtroppo il linguaggio di queste linee guida è sessista, almeno in italiano.

• identificare gli stereotipi e gli atteggiamenti omofobici più comuni tra gli studenti e nelle esperienze delle persone LGBT.
• Sviluppare strategie di insegnamento e materiali di supporto per gli insegnanti in materia di diritti umani e non discriminazione, realizzati grazie a un approccio partecipativo, e di diffonderli a livello europeo tra gli insegnanti e le loro associazioni.
• far conoscere agli studenti la situazione giuridica e sociale delle persone LGBT.
• Promuovere competenze civiche degli studenti come strumento fondamentale per prevenire la discriminazione in materia di orientamento sessuale.
• Formare gli studenti sulle tecniche di analisi per contarstare gli stereotipi e l'omofobia nei mass media.
• Coinvolgere gli studenti nella produzione di prodotti multimediali volti a promuovere la parità di diritti per le persone LGBT.
• Sostenere gli studenti nello sviluppo di concrete politiche orientate a sviluppare azioni per combattere l'omofobia.
• Mantenere la questione della parità dei diritti e della non discriminazione in relazione all'identità di genere e orientamento sessuale al centro dell'impegno politico, sociale e culturale.
• aumentare la consapevolezza sociale rispetto attraverso la diffusione di video degli studenti, la condivisione delle metodologie del progetto e i dei suoi risultati.
Laddove l'inglese recita students e teachers (termini neutro che valgono dunque per uomini e donne) in italiano si è seguita la tradizione di usare il maschile anche per il femminile una pratica irricevibile nel 2012.

Nel sito Niso, nella sua versione in lingua italiana, si legge:
destinatari sono gli studenti, i responsabili delle politiche e i politici nazionali e internazionali. Il gioco aiuta gli studenti ad esprimere la loro voce sui diritti umani, a combattere l'omofobia nelle scuole e nei mass media. Questo è il motivo per cui il gioco si chiama Voice OUT (Fuori la voce).
Solo agli uomini, le donne sono escluse...

Eppure basta poco per fare un uso meno sessista della lingua italiana:

Niso si rivolge alla gioventù studentesca alle responsabili e ai responsabili delle politiche e ai politici e alle politiche nazionali e internazionali. Il gioco aiuta gli studenti e le studentesse ad esprimere la loro voce sui diritti umani, a combattere l'omofobia nelle scuole e nei mass media. Questo è il motivo per cui il gioco si chiama Voice OUT (Fuori la voce).
Semplice no?

Questo dimostra che un corso di sensibilizzazione per i diritti umani, volto a combattere l'omofobia nelle scuole e nei mass media non può essere disgiunto dalla critica al maschilismo e al sessismo.



I SEI GRUPPI

Prima di commentare i video qualche considerazione sui nomi e i loghi dei sei gruppi:


Liceo Giordano Bruno - Dimo si



L'acronimo DIMO sta per Dritti matrimoniali agli Omosessuali in Italia.

Beh quel maschile di agli  è davvero sessista. Poteva essere risolto semplicemente con un agli e alle omosessuali per mantenere l'acronimo.

Saremo anche omofili ma il maschilismo ci scappa sempre...

Tra l'altro nel video del gruppo si mostrano due ragazze una etero e l'altra lesbica, quindi vieppù... 

Liceo Giordano Bruno - Human Pride
 

Qui la critica è più capziosa ma visto che stiamo allestendo una nuova retorica della rappresentazione (dove qui retorica è termine neutro e vale processi di rappresentazione condivisi) è bene ragionare su ogni costruzione del linguaggio maschilista, sessista o patriarcale, come quella costruita su uno sclerotizzato stereotipo di genere che vuole i due sessi opposti e non semplicemente due!
(lo so che alcun* teoric* transgeder non saranno d'accordo ma il mio non è una distrazione io sono un convinto assertore due due sessi come unica realtà biologica, il resto è cultura...).

Anzi l'idea stessa che i sessi (siano opposti o meno) si attraggano mi è fastidiosa perchè spersonalizza l'omoaffettività (come l'eteroaffettività), dicendo, implicitamente, che mi piace quella persona non in quanto tale ma in quanto uomo o donna.

Uno slogan vicino a quello originale ma meno eterosessista (anche se in negativo) potrebbe essere i sessi si desiderano come meglio pare loro...

I VIDEO

E ora veniamo ai video che affrontano esclusivamente l'omosessualità e non la transessualità più difficile da rendere nell'ambiente scolastico dove sono ambientati quasi tutti e sei.

Diversi gli approcci.

Due (Discrimin-action Drag Queer, entrambi del liceo Socrate) mostrano apertamente la reazione omofobica di chi non tollera l'omosessualità nella sua firma più dura e concreta la violenza fisica e l'aggressione verbale, offuscando forse l'omonegatività quotidiana fatta di violenze non fisiche che però incidono lo stesso sul benessere delle persone omosessuali.
Drag Queer vorrebbe mostrare il disagio che potrebbe provare chi discrimina se la normalità seguisse altre regole (nel caso specifico l'essere tutti in coppia tranne uno degli aggressori che è single) ma il messaggio fatica a passare e il fatto che l'idea venga all'aggressore spontaneamente e che da solo si penta e aiuti l'aggredito a rialzarsi è poco credibile e un poco buonista. Ma lo spot è efficace perché mostra spintoni e offese e aggressione e nel claim finale ricorda a tutti che si può sempre scegliere di non essere omofobici. Peccato per l'inglese non proprio correttissimo...

Discrimin-action è inquietante perché mostra in parallelo in split-screen come potrebbe andare la vita di un ragazzo (lo stesso) se questi è etero (fidanzamento, diploma, paternità precoce e forse indesiderata) e gay (e  a un certo punto lo schermo della parte gay diventa nero visto che il ragazzo rimane ucciso in una aggressione omofobica e dunque non ha futuro alcuno).
Quello che preferisco sia come impatto comunicativo sia per la resa cinematografica (compresa una certa enfasi della violenza oggi tanto di moda).

Altri si limitano a enfatizzare la normalità dei rapporti gay e lesbici, uno (It's Just Love)  in chiave ironica (la reazione di stupore di due persone che assistono a un bacio gay e uno lesbico, si scopre essere per tutt'altro motivo che non il bacio in questione) un altro Gay (e non si capisce perché si usa la parola gay, in italiano afferente precipuamente all'omosessualità maschile, quando nel video si mostrano due ragazze, una etero  e l'altra lesbica, partito lesbico o partito omosessuale sarebbe stato meglio...) mostrando il parallelismo di due ragazze che si preparano per il loro amato bene, in un caso un ragazzo nell'altro la ragazza.
Video un po' debole perché rischia di confermare un certo stereotipo di genere (etero o lesbica che sia "la ragazza si fa bella" per il suo lui\la sua lei).

Human pride ci racconta di un regime fascistoide dove l'omosessualità (femminile almeno a vedere le donne che arrestano la coppia etero) è la norma d'obbligo e dove le persone etero vengono discriminate. Girato in un bianco e nero molto efficace, come fosse un film muto, con tanto di didascalie (troppo ridondanti) il film è efficace ma la ricerca grafica, il bianco  e nero, il muto, distraggono un poco dal vero messaggio mentre alcune lungaggini senza che servano a dire qualcosa in più spaesano leggermente. Il finale troppo brusco poi rovina l'effetto finale giocandolo più come una boutade che come un vero  e proprio cave canem. Queste critiche sono ovviamente per i tutor e le tutor e non per i ragazzi e le ragazze che li hanno fatti.

Dimo sì sceglie la via grafica e mostra due disegnini di due ragazze che si amano fino alla vecchiaia, l'unico rischio politico dello spot è quello di fare del matrimonio una questione privata (la casa)  e non pubblica (il riconoscimento sociale).

Sul sito di Voice Out! si possono votare i video.


IL SESSISMO MALGRADO TUTTO

Credo che quello che manca a questo progetto siano dei tutor esperti in lettura critica della comunicazione e del linguaggio audiovisivo.
Non si può dare tutto in mano al gay center, perché la militanza gay non fa esperti di lettura critica della comunicazione.

T 6 non mi sembra infatti abbia degli esperti in lettura critica della comunicazione contro stereotipi di genere, di orientamento sessuale né tanto meno di sessismo e maschilismo, come dimostra il comunicato che avverte dell'incontro che si terrà domani, Giovedì 7 giugno, all’Itis Galilei, tra i e le circa 100 partecipanti al progetto e il Presidente della Provincia di Roma Zingaretti in occasione del quale le sei squadre presenteranno le loro campagne contro l’omofobia e gli spot che hanno realizzato. Un comunicato all'insegna del più bieco e imbarazzante maschilismo sessismo:

Giovedì 7 giugno, all’Itis Galilei, vede concludersi il percorso seguito da circa 100 studenti romani sui temi dei diritti dell’uomo, della cittadinanza e dei diritti delle persone LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali). I ragazzi, divisi in sei squadre, presenteranno, in presenza del Presidente della Provincia di Roma, la loro campagna politica contro l’omofobia e gli spot che hanno realizzato. Dopo il voto dei loro compagni di scuola, e in parallele al voto su Internet (tutti sono invitati a scegliere lo spot che preferiscono su www.voiceout.eu), una giuria composta da vari esperti e rappresentanti politici sceglierà la squadra vincente.

Tre licei romani, il Giordano Bruno, il Socrate e il Vivona, hanno partecipato alle attività realizzate all’interno del progetto NISO, co-finanziato dalla Commissione Europea, Programma Fundamental Rights and Citizenships. Insieme ad esperti di GayCentre e T6, i ragazzi hanno affrontati per 6 mesi i temi dei diritti fondamentali, della cittadinanza, dell’identità e della diversità sessuale, in parallelo ad una formazione sui media e sulla realizzazione di prodotti multimediali. Un gioco di ruolo in cui gli studenti sono diventati promotori attivi dei diritti, realizzando una vera e propria campagna di sensibilizzazione.

La squadra vincitrice partirà ad Ottobre per Bruxelles, dove incontrerà le squadre degli altri tre paesi coinvolti nel progetto: Belgio, Olanda e Estonia. Lì i ragazzi incontreranno rappresentanti del Parlamento Europeo e presenteranno le loro proposte politiche contro l’omofobia.

Un comunicato che non brilla nemmeno per la correttezza grammaticale.

Insomma c'è ancora tanto da imparare...

Dopo la giornata di domani scriverò un post di analisi per ogni singolo video, più approfondito e ragionato.

Io personalmente oltre a Discrimin-action ho votato anche  It's Just Love. 

Non dovete seguire le mie indicazioni di voto, beninteso. L'importante è votare.