martedì 4 marzo 2014

Quando la naivetè diventa omofobia involontaria (forse). Sul pessimo, ignobile, disgustoso reportage de Il Fatto quotidiano sul coming-out. (1)

E' la prima volta che compro il fatto quotidiano. Un giornale pessimo, scritto da pessimi giornalisti e giornaliste i cui contenuti ho già avuto modo ripetutamente di analizzare e criticare.


Ieri vedendo che l'edizione del lunedì era dedicata al coming-out spinto dalla curiosità ho speso un euro e trenta.
La delusione si è trasformata presto in frustrazione e rabbia.

Questo reportage manca di una vera ragione di essere, Non spiega cosa è il coming out, non indica mai gli agenti sociali che alimentano e diffondono l'omofobia (lo  Stato, la Chiesa cattolica, le istituzioni locali, la televisione e tutti i mass media) indicandone in qualche modo le responsabilità e il luogo di azione nella famiglia e in internet. D'altronde i mafiosi ti diranno che la mafia non esiste...

Leggendo i vari articoli , box, occhielli e vignette però, suo malgrado, questo reportage involontariamente fa il punto della situazione sull'omofobia in Italia, o, se non vi paice il termine, sull'omonegatività, non già di chi pensa che l'omosessualità sia un grave disordine morale, come la chiesa cattolica, ma l'omonegatività delle persone che dicono di muoversi a favore della comunità lgbt.

Nel libro Citizen Diversity, il report sui risultati della ricerca omonima che ha indagato la dimensione europea dell’omofobia e delle discriminazioni ai danni di gay e lesbiche al fine di promuovere un dibattito sui rapporti tra la definizione della cittadinanza e la pluralizzazione delle identità di genere in contesti multiculturali (come si può leggere nel sito) Luca Trappolin evidenzia due punti fondamentali (potete leggere una sintesi in italiano qui).


L'omofobia in Italia viene percepita solo come posizione a favore o contrario all'omosessualità. Si è omofobi (e omofobe) solo se si è contro. Però, fa notare Trappolin

Gli aspetti qualificanti di queste prese di posizione – cioè le condizioni dell’accettazione e del rifiuto – non sono stati indagati. Al tempo stesso, le ricerche sulla vittimizzazione gay e lesbica hanno gettato luce sulla diffusione di alcune forme di discriminazione e violenza, da quelle più eclatanti a quelle più ordinarie, ma non hanno interrogato gli elementi che favoriscono o che ostacolano la possibilità – socialmente costruita –  di interpretare determinate esperienze in termini di discriminazione o di violenza.
Cioè, detto in soldoni, ci sono atteggiamenti pensieri che sono omofobi anche se non vengono percepiti come tali dai chi li attua.

Attenzione non sto parlando di chi dice io i gay li accetto basta che non ostentino.

Sto p0arlando di chi , per esempio, come nel reportage dei Fatto, parla di omosessualità come di scelta o come di gusto sessuale.

E' con questa lente di ingrandimento sociologica che voglio analizzare alcuni passi importanti di queto reportage, dimostrando, se ci riuscirò, come l'omo-negatività sia contenuta anche in articoli di chi crede di stare spezzando una lancia in favore di.

La grafica

C'è una vignetta che campeggia in copertina, di Marilena Nardi.


Per Marilena Nardi, un gay che fa coming out fa finalmente uscire la donna che c'è in sé.

Offensivo oltremodo, perchè un gay che fa coming out lo fa solo perchè la società non gli riconosce spazio e legittimità alcuna (altrimenti a un ragazzo gli si chiederebbe, indifferentemente, ma tu ce l'hai la ragazza? Ma tu ce l'hai il ragazzo?).

Il coming out descritto in queste pagine è quello di un calvario personale e non sembra avere mai la valenza politica che ha in realtà anche per creare visibilità e consenso.

Naturalmente qui conta solo l'omosessualità maschile, quella femminile nella vignetta non è nemmeno contemplata. Eppure uno degli articoli si lamenta proprio della doppia discriminazione delle donne omosessuali, in quanto donne e in quanto lesbiche anzi adducendo un primato di discriminazione, citando dati dal Rapporto europeo lgbt (che non so cosa sia) secondo il quale nel 2013 le lesbiche hanno subito il 53% di episodi di discriminazione (non ulteriormente definiti)  contro il 45% degli uomini e il 43% dei transgender (al maschile)...

L'autrice di questo frasario sessista è Chiara Daina che non è nemmeno capace di citare un sondaggio (le fonti Daina? Le fonti?).

Dentro il giornale c'è una seconda vignetta che è un capolavoro di omonegatività e un infelice campionario di luoghi comuni, in linea con la donna che c'è nei gay della vignetta di copertina.


Le vignette sono di Nat, al secolo Mario Natangelo. Dal suo sito prendo le vignette nel dettaglio.

Nella prima vignetta, che dà il titolo alla striscia, si parla di omosessualità, senza specificare che sia solo quella maschile visto che di lesbiche manco a pagarle a peso d'oro.

Nella maglietta si legge che il personaggio aveva un sacco di amici gay e che dopo la strip non ce li avrà. Noto en passant che è anche un modo per dire che lui non è gay (ma ha gli amici).
"Ho tanti amici gay sono simpatici, non sporcano, tengono compagnia, e soprattutto non ti fregano le donne"... come quelli che non sono razzisti perchè hanno un sacco di amici negri.


Nella seconda vignetta lo spiderman che veste di rosa e col rossetto fa da pendant al gay di copertina di Marilena. Noi gay, si sa, ci vestiamo tutti da femmine e non ci stanchiamo di ascoltarle per qualche affinità... Gli etero evidentemente le trombano o le stuprano che per molti è la stessa cosa... (vedete vignetta successiva)




L'idea che Nat ha del fatto che siamo tutti un po' omosessuali (cioè, in realtà, bisessuali) è dimostrata secondo il più bieco stereotipo patriarcal-maschilista: passa la donna figa tettuta e culuta (manco il viso conta visto che viene coperto dal fumetto) al maschio di turno non piace (perchè non ha personalità) è un po' gay. Perchè si sa i maschi etero belle o brutte se le inculano tutte. (c'era scritto sui muri dello spogliatoio della palestra del mio liceo...). Occorre ricordare che questa osservazione pesca dallo stesso bacino della donna che se te la mete sotto il naso poi il vero maschio stupra perchè è fatto di carne?

La vignetta dopo invece ironizza sul fatto che magari sono i froci che si fanno il problema e che a tua nonna non fa né caldo né freddo. Chissà le nonne cattive, quelle omofobe da dove apprendono che l'omosessualità è un disordine morale da rifiutare...


Poi c'è la vignetta che ironizza sul politically correct, come se il problema delle parole fosse il nome e non il contenuto denigratorio e sì che si dà del frocio a tutti per offenderli.
Io per esempio fossi omofobo e maschilista per offendere Mario Natangelo potrei dirgli che è un frocio di merda. Sono sicuro che lui si inalbererebbe anche se è uno sciupafemine...

L'omofobia più disgustosa sta nel chiamare con nome femminile il cugino Teresa.

Insomma si scherza col tatto di un elefante producendo una vignetta che sarebbe forse più degna di un giornale scolastico (dove i redattori hanno 16 anni e non 29 come Natangeli...).

Questa vignetta mi sembra un esempio squisito di quello scarto tra l'omofobia reale e quella percepita dalle persone etero come Nat che pensa di far ridere e di ironizzare mentre offende e conferma i più triti luoghi comuni del caso...

Sintomatico l'esempio del padre che si rammarica del figlio vignettista perchè è vero che la famiglia non ti accetta per quel che sei in tanti campi, però quel che sfugge a Nat è che nessuno per offenderti ti dà del vignettista. E, dopo tutto, meglio frocio che vignettista non è tanto diverso da meglio fascista che frocio di Alessandra Mussolini...

Insomma se questa vignetta è il massimo che la comunità etero può fare per quella lgbt c'è da che preoccuparsi...

Come vedremo domani, quando analizzeremo alcuni degli articoli pubblicati, in dettaglio...

(continua)


Siamo sempre e solo madri e padri.

Questa foto gira sulla rete e sta diventando virale. 

Una madre, intelligente e che sa il fatto suo, si sottrae alla logica pavida e idiota di qualche cretina o cretino che non ha trovato niente di meglio che usare le parole genitore 1 e genitore 2





per giustificare il fatto che alcuni bambini e alcune bambine possono avere due mamme o due papà e in nome del rispetto ti tute e tutti invece di dare a ognuna e ognuno la possibilità di esprimersi come meglio crede lasciando bianco lo spazio per le firme nei moduli scolastici,  oppure mettendo la doppia possibilità (mamma e papà poi ognuno e ognuna barra la casella che lo e la interessa...) ha scelto una via  lessicalmente infelice  quel genitore al maschile preteso neutro (che come genere in italiano non esiste) e politicamente suicida e si è di fatto cancellata la distinzione tra padre e madre dando adito alle accuse sul gender fatte al movimento lgbt da ogni dove.

Come dar loro torto ?

Di fatto genitore  cancella l'assortimento mamma papà, papà papà, mamma mamma, nascondendo la bellezza e la gioia della differenza, nascondendo il fatto che siamo tutti maschie femmine e dunque siamo tutti padri e madri biologici o meno, e anche le persone trasngeder quando fanno un figlio o una figlia li fanno da madri e da padri e non c'è una terza possibilità perchè solo le donne partoriscono.

Un termine generico che discrimina tutte tranne i maschi e che, nella ancora più infelice variante coi numeri, fa ripiombare la famiglia alla gerarchia patriarcale mussoliniana del 1942.


Tutte le persone che hanno caldeggiato questa scelta infelice e idiota e che all'epoca delle mie perplessità espresse in diversi post mi hanno detto che solo io vedevo un problema (mi si arrivò addirittura a dire che mamma e papà discriminava le persone trans...) oggi non solo devono tacere ma dovrebbero anche dimettersi se hanno un posto di responsabilità (posso fare nomi e cognomi).

Questo autogol è un suicidio politico che dovrebbe spazzare via chi lo ha ideato, sostenuto, proposto e difeso.
Un suicidio politico di cui i responsabili  e le responsabili devono dare donde non solo alla comunità lgbt ma a tutto il popolo italiano uomini e donne che sono e resteranno smepre mamme e papà e non genitore 1 e genitore 2.

Nei giorni prossimi farò nomi e cognomi e citerò le argomentazioni capziose e assurde di chi cattolicamente, cioè ipocritamente, non ha il fegato di chiamare le cose per nome e cerca una soluzione talmente infelice e assurda che rischia di spazzare via anni e anni di progressi nelle rivendicazioni dei diritti umani e donnani in chiave lgbt.

Per loro ho solo un commento.






domenica 2 marzo 2014

La banalità del male di Luigi Amicone - Pupi Avati - Giuliano Ferrara - Lodovico Festa - Giorgio Israel e Costanza Miriano.
Quando l'integralismo cattolico si rivela più totalitario del nazismo arrivando persino a snaturare il pensiero di Anna Harendt .

Sul sito del settimanale Tempi, vicino al Vaticano e a CL, è stato pubblicato un manifesto a firma di Luigi Amicone, direttore dell'ebdomadario, Pupi Avati, Giuliano Ferrara, Lodovico Festa (giornalista del Giornale e del Foglio), Giorgio Israel (professore ordinario presso il Dipartimento di Matematica dell'Università di Roma La Sapienza) e Costanza Miriano (giornalista cattolica) nel quale in nome di un miracolo che salva il mondo comune contro le nuove schiavitù contro un'Europa avara di vita e ideali si inneggia alla crescita demografica (per una comunità umana che guardi e prepari il proprio futuro, i numeri della natalità sono decisivi) citando Hannah Arendt, ebrea tedesca rifugiata negli Stati Uniti, che parla dell'infanzia (del bambino sessisticamente solo al maschile) come miracolo che salva il mondo.
Dopo aver constatato il tasso zero anzi in negativo di crescita in Europa il manifesto ne individua le cause nei nuovi diritti.

Quali? A quale “fede” e quale “speranza” alludono questi “diritti”?
La fede e la speranza nella diffusione a livello di massa dell’aborto e dei preservativi come “diritti riproduttivi”. Fede e speranza nel matrimonio e nelle adozioni gay come “diritti umani”. Fede e speranza nella “buona morte” e nell’eugenetica come “diritti individuali”. Fede e speranza nel muto avanzare di generati da A e B, madri e padri surrogati, i cui nomi non si dovranno mai pronunciare, figli di “donatori biologici”, ragazzi che a un certo punto della loro vita scopriranno l’assenza di volto umano nella propria storia. Fede e speranza nella cosiddetta “teoria del gender”, nell’indistinto piuttosto che nell’evidente, nel neutro piuttosto che nel reale, nella negazione della differenza sessuale, degli ascendenti e dei discendenti, del maschio e della femmina, della madre e del padre. Fede e speranza nella grande illusione secondo cui l’uomo è padrone del suo destino.

Quel che mi preoccupa non è tanto lo stravolgimento ideologico delle questioni chiamate in causa (su cui tornerò subito)  ma l'ideologia che ne scaturisce direttamente.

Una ideologia che guarda al passato dell'Italia, quello precedente alle grandi leggi degli anni settanta (divorzio, stato di famiglia, aborto) e che più che a uno stato etico inneggia a un vero e proprio totalitarismo cattolico.

La società che vogliono i firmatari, e la firmataria, unica donna in un consesso di uomini, del manifesto è una società maschilista, nella quale il genere umano e donnano è ancora rappresentato dall'uomo che, da capo famiglia (aah! il vecchio stato di famiglia mussoliniano del 1942...) che parla anche per la moglie e per la prole, qui sussunta sessisticamente dal solo figlio maschio, quel bambino che fa le veci anche della bambina.

Una società dove il sesso è una condanna alla procreazione, non decisa dalle dirette e dai diretti interessati, ma, come vuole la chiesa, ineluttabilmente legato alla volontà divina (la grande illusione è proprio che l'uomo, cioè il genere umano, è padrone del proprio destino dice ilmanifesto), e dove i profilattici non servono a proteggersi dalle malattie sessualmente trasmissibili, ma solo a evitare di procreare.

Una società dove non c'è posto per la ricerca scientifica i cui studi sulle staminali vengono trasformati in ricerca eugenetica (perchè trovare il modo di far ricrescere un rene malato è proprio come voler scegliere il colore degli occhi o l'altezza...)

Una società dove dio non decide solo quando nasci ma anche quando muori perchè non sia mai che puoi tirare le cuoia con serenità e meno sofferenza... altrimenti poi la fifa della morte non ti viene e a dio finisci per non pensarci nemmeno in quel momento lì...

Un approccio alla vita (e alla morte) profondamente sadico, il che, da una religione che mangia il corpo e beve il sangue del figlio (maschio) del proprio dio (maschio) non c'è nemmeno tanto da meravigliarsi, ma forse da ribellarsi sì.

E' anche profondamente prepotente per cui leggere che tutto questo viene fatto per i nostri figli e a tutti gli uomini e donne di buona volontà che desiderano un futuro umano, di pace, libertà e prosperità per l’Europa ecco leggere in questo contesto la parola libertà fa tremare proprio i polsi.

A un attacco così frontale ai diritti fondamentali della donna e dell'uomo dobbiamo rispondere solidalmente unite e uniti.

Perchè qui non vengono messi in discussone solo i diritti dei froci e delle lesbiche ma tutti quei diritti che la Repubblica italiana ha via via riconosciuto al suo popolo fatto di uomini e di donne.

Però...
Se è facilmente dimostrabile che l'aborto di Stato, nato anche in un paese fascista e cattolico come l'Italia per evitare quelli clandestini e tutelare la salute delle donne, è un inalienabile diritto di autoemancipazione femminile;
se il diritto a una morte rapida e indolore (o meno dolorosa possibile) è un inalienabile diritto dell'essere umano qualunque sia il sesso o l'età; 
Se l'estensione del matrimonio (non quello gay ma l'unico riconosciuto dallo Stato anche alle coppie dello stesso sesso) tutela le famiglie di fatto che hanno già avuto figli da precedenti unioni;
che se si parla di crescita demografica in negativo non si capisce come mai il desiderio di paternità e maternità vada riconosciuto solo ad alcune unioni e non ad altre (e non lasciatevi distrarre dalla questione omosessuale: la legge 40 in Italia vieta la fecondazione eterologa anche alle coppie etero);
sulla questione gender lì noi uomini e donne contro le discriminazioni di genere e di orientamenti sessuali abbiamo qualche responsabilità in più.

Perchè nello stravolgimento operato dai firmatari e dalla firmatarie nel manifesto, quando si parla di 
muto avanzare di generati da A e B, madri e padri surrogati, i cui nomi non si dovranno mai pronunciare, lì non è che abbiano stravolto poi così tanto perchè qualcuna ha preferito cancellare la distinzione di genere coprendola sotto l'indistinto termine genitore (al maschile poco importa il suo sesso...), come ha fatto Camilla Seibezzi consigliera comunale di Venezia.

Invece di chiedere sempre i diritti per noi froci e noi lesbiche dovremmo forse ricordare che ci battiamo anche contro le discriminazioni di genere che non vuol dire, come fa comodo pensare, che noi maschietti gay non vogliamo essere considerati femminucce ma che combattiamo il maschilismo, che non accettiamo più i luoghi comuni che vogliono, per esempio, le donne meno portate per le materie scientifiche degli uomini, oppure che rifiutiamo il comune sentire che ci fa chiedere quando una donna   ha raggiunto un posto di potere se per conquistarlo non l'ha data oppure che per offendere una donna le dai della troia sei tanto maschilista quanto sei omofobo quando dai del frocio a un uomo. E che queste cose vengano insegnate nelle nostre scuole c'è da essere fieri e fiere non da vergognarsi.

Purtroppo però siccome il maschilismo è tanto di casa tra i culattoni quanto tra gli sciupafemmine noi maschietti siamo così odiosamente misogini che siamo felici quando possiamo di mettere le donne tra parentesi, cancellando anche le differenze lessicali dietro una asimmetria di genere o dietro una ipocrita neutralità che dovrebbe non discriminare e che invece cancella sempre e solo le donne (perchè non genitrice al posto di genitore?).
Il fatto che tra le persone maschiliste ci siano anche delle donne (Miriano ma anche, mutatis mutandis, Seibezzi) la dice lunga sul grado altissimo di penetrazione del maschilismo dal quale non è immune nessuna e nessuno.

Io sono fermamente convito  che lo studio della storia, la costruzione di una memoria contestualizzata, sia l'unico antidoto contro queste semplificazioni ideologiche dalle quali ci lasciamo convincere  per ignavia e per ignoranza.

Così leggo con gioia un post del blog Lez Pop la cultura pop in salsa lebsica che risponde al manifesto citando un altro brano di Anna Harendt per restituire la complessità del pensiero della filosofa che non c’è più per poter dire la sua, in un post dedicato al manifesto con particolare riguardo ai suoi contenuti omofobi.
Il diritto di sposare chiunque si desidera è un diritto umano basilare, rispetto al quale persino il diritto di andare nella stessa scuola, il diritto sedersi dove si preferisce in un autobus, il diritto di andare in qualsiasi albergo o luogo di divertimento, a prescindere dal colore della pelle, sono minori. Persino i diritti politici, come quello di voto, e quasi tutti gli altri diritti enumerati dalla Costituzione, sono secondari rispetto ai diritti inalienabili di ‘vita, libertà e raggiungimento della felicità’ proclamati dalla Dichiarazione di Indipendenza; ed è a queste categorie che appartiene il diritto di sposarsi e fare una famiglia.

Senza memoria storica possiamo credere a tutto.
Anche che la nostra salvezza dipenda da un maschio figlio di dio nato da una donna vergine.

La religione cattolica è sadica, misogina e misoneista, maschilista, omofoba e liberticida, in passato ha imprigionato ucciso e torturato in nome di un dio che non esiste e potrebbe tornare a farlo.

Se non la zittiamo subito, qui, ora e adesso, se non applichiamo anche alla religione cattolica quel che, razzisticamente, diciamo di voler applicare a quella musulmana, l'uomo e la donna continueranno a fare una vita di merda perchè un gruppo di uomini che dice di non scopare pretende che dio abbia detto loro che dobbiamo vivere tutte e tutti così.

Fermiamola, finché siamo in tempo.

mercoledì 26 febbraio 2014

E Dessena non si lascia slacciare.



Lui si chiama Daniele Dessena, parmense, classe 1987, e gioca come centrocampista nel Cagliari.



Domenica scorsa, durante la partita contro l'Inter, giocata a S. Siro, ha indossato i lacci rainbow, avendo aderito alla campagna di sensibilizzazione  Diamo un calcio all'omofobia Chi allaccia ci mette la faccia promossa dal sito di scommesse online Paddy Power di concerto con Arcigay e Arcilesbica Nazionale e la collaborazione della Fondazione Candido Cannavò per lo sport, con annesso hashtag che è in realtà un’esortazione: #allacciamoli che ha distribuito 4000 lacci ai calciatori e 1000 lacci alle calciatrici, oltre ad atleti del basket e della pallavolo, per dare un calcio all’omofobia.

Daniele, che non è il primo ad aderire alla campagna di sensibilizzazione, dopo la partita durante la quale i suoi lacci hanno dato nell'occhio dopo la partita ha rilasciato la seguente una dichiarazione:

Per me oggi è un giorno importante perché ho potuto dare un contributo reale ad una causa importante e in cui credo. Io ho un bambino, non sono sposato, ho una compagna ed ogni settimana faccio avanti e indietro tra Cagliari e Parma per vederli. Non mi è mai capitato nella mia carriera di incontrare giocatori omosessuali, anche se credo possano essercene. Il fatto che un calciatore come qualsiasi altra persona possa manifestare pubblicamente un orientamento sessuale differente dal mio non rappresenta alcun problema né fastidio. Dovremmo cominciare a cambiare radicalmente la nostra mentalità, realmente, non solo a parole. Sono molto felice di poter dare il mio contributo alla causa nonostante giochi in una squadra di rilevanza nettamente inferiore a quella dell'Inter.
Anche dopo questa dichiarazione è stato pesantemente insultato sulla rete (sulla pagina facebook del quotidiano sportivo CagliariCalcio1920 dove la dichiarazione era stata pubblicata).
Il tono degli insulti?

Pensa a giocare a calcio e fatti i cazzi tuoi”. Chi gli ha scritto: “Caghino”, chi : “Ma pensa a giocare itta cazzu cintrara”.

Daniele ha risposto per le rime, ma sempre cortesemente, dicendo

“Siete degli stupidi ignoranti! Pensate al vostro lavoro e non al mio! Abbiate rispetto delle scelte delle persone e ribadisco, siete degli ignoranti”.

Agli insulti ancora più pensati sono intervenuti i moderatori della pagina facebook cancellando i commenti omofobi, mentre sul quotidiano compare un articolo di dura critica (leggete i commenti, molto istruttivi...).

Ora sui faccialibro si leggono solo commenti di solidarietà a Daniele

La campagna di sensibilizzazione è stata presentata sul blog di Paddy Power in un post di Tancredi Palmeri con delle parole bellissime:

se c’è una cosa bella nel vivere in questi tempi (...) è che siamo liberi. Ma a quanto pare non siamo liberi di amare. Ed è pazzesco che uno si debba nascondere perché ama qualcuno.
Perché è ovvio quanto ancora sia tabù l’omosessualità nello sport e nel calcio.
(...) Intendiamoci: non deve essere un obbligo [fare coming out]. Ognuno deve vivere la propria sessualità [sic!] come meglio crede, può dirlo o non dirlo. (...) Il punto è: non sei costretto a nasconderti, non devi esserlo più.
Dopo le aggressioni verbali ai danni di Daniele un altro post, stavolta senza firma, ma lo stile è lo stesso, è ritornato sull'accaduto  ricordando, tra le altre cose,
Questo è quello che succede nel 2014 cari amici. Questo è il perchè abbiamo deciso di sensibilizzare l’opinione pubblica e di aprire una piccola grande breccia in un muro costruito da omertà e pregiudizi.
(...)
Paddy Power ha voluto dare soltanto il calcio d’inizio, adesso bisogna remare compatti e sgretolare le troppe paranoie (chiamiamole così) che ci circondano. Non basta aderire uina volta, non basta essere finti e occasionali sponsor di qualcosa che non si percepisce fino in fondo…Mettiamoci la faccia e il cuore, affinchè questa discriminazione sparisca. E non prendiamocela solo con i tifosi del Cagliari, il problema purtroppo è molto più vasto e per sconfiggerlo servono davvero esempi come quello del numero 21 sardo! Bravo Daniele!
Sono davvero positivamente commosso, per la precisione del ragionamento, del lessico  (a parte quel riferimento alla sessualità ma è un errore che facciamo tutti ...) precisando addirittura che il coming out non deve essere un obbligo.

Ecco, persone come Tancredi e Daniele mi fanno pensare che un'altra Italia non solo è possibile, ma c'è e fa una eccellente moral suasion.

Allora facciamoci sentire, twittiamo, sosteniamo, ringraziamo, likiamo.

Zittiamo gli omofobi (e le omofobe), facciamo dell'Italia un posto migliore.

venerdì 21 febbraio 2014

L'orientamento sessuale non è una pratica del sesso. Su una intervista criptoomofoba a Fabio Cioni sul blog il colibrì


Il post-intervista di Pier e Michele sul blog il colibrì pubblicizza l'imminente Fetish Pride Italy che si terrà a Roma dal 26 febbraio al 2 marzo pp.vv.

Organizzatore della manifestazione il Leather Club Roma, una associazione gay, senza scopo di lucro, che promuove la cultura e le attività leather e fetish all'interno della comunità italiana ed Europea come si legge sul sito.

Come si legge nell'intervista
Gli appuntamenti sono davvero tanti, ma sottolineerei in particolare la Mostra fotografica internazionale di fotografia fetish, che raccoglierà dal 23 febbraio al 2 marzo le migliori immagini del concorso WeFetish nella galleria d'arte Mondrian Suite (via dei Piceni 41);
il Roma Fetish Film Festival, con la proiezione, dal 26 febbraio al cinema Kino (via Perugia 34), di moltissimi lungometraggi e corti inediti e di grande valore;
la Roma BDSM Conference, una due-giorni di workshop teorici e pratici su svariati aspetti del feticismo, del sadomasochismo e del bondage.
E poi ci saranno numerosi party organizzati con partner commerciali italiani e stranieri: quello più importante sarà il Full Fetish Roma di sabato 1° marzo al Feel Unusual Club (via dei Conciatori 7).
Fetish in inglese significa una devozione molo forte per qualcosa, a sfondo sessuale o no (io per esempio ho il fetish per star trek...). Una persona che ha il fetish per i piedi si ecciterà sessualmente ma anche eroticamente vendendoli, toccandoli, ma anche semplicemente pensandovi.
Il leather fetish è dunque una devozione per l'abbigliamento in cuoio.


Fabio Cioni, presidente del Leather Club Roma,  nell'intervista spiega come il club è nato per 
proporre a tutti gli appassionati un'occasione importante per fare esperienze e per divertirsi e, dall'altro, aprirsi all'intera comunità gay - ma anche a quella etero! - per mostrare con orgoglio un po' del nostro mondo.
Cioni si lamenta giustamente della

barriera culturale del pregiudizio e del bigottismo creata da una società sessuofobica come la nostra, dove tutto ciò che riguarda la sessualità è tenuto nascosto o è confinato nell'ambito riduttivo del "pruriginoso".
Il punto, spiega Cioni,
non è tanto quello di guadagnarsi simpatie, quanto il rispetto. E crediamo che il rispetto non si possa conquistare senza mostrarsi apertamente. Se noi per primi ci nascondiamo, non ci mostriamo agli altri con le nostre luci e ombre, come possiamo pensare che gli altri ci capiscano, ci ascoltino e ci rispettino? Ovviamente ci sono molte persone a cui le nostre pratiche non piacciono o magari fanno proprio "schifo", ma noi non vogliamo fare proseliti, né chiediamo che tutti abbiano la nostra stessa sessualità. Però chiediamo, anzi: pretendiamo, il rispetto nella diversità.
 Quali sono queste pratiche? Ad alcune ne fanno cenno i due intervistatori in una domanda:

Il feticismo delle modificazioni corporee, o "disgustose", come il pissing (l'uso erotico dell'urina).
Io sono un amante e un praticante del pissing e non lo considero disgustoso, con virgolette o senza. Quello che mi eccita del pissing non è la sua componente disgustosa, per cui trovo fuori luogo questa domanda, un po' giudicante. Anche per le pratiche fetish più spinte come lo scat (l'uso erotico delle feci per usare la stessa terminologia degli intervistatori), per quanto personalmente non mi interessi, non la trovo disgustosa, così come non credo che chi la pratichi lo faccia perchè eccitato dal disgusto.

Disgusto ha qui una valenza morale, giudicante, non serve a spiegare la dinamica per cui una pratica può essere sessualmente eccitante (come chi trova fetish soffocare, o vomitare, durante una fellatio estrema dove il disagio se non il disgusto fa parte del piacere).

Insomma Cioni ha ragione da vendere quando dice che viviamo in una società sessuofobica se anche i due intervistatori, in piena buona fede, si lasciano scappare una considerazione giudicante (in negativo) sul pissing...


Nel post però, sia nella parte introduttiva che nell'intervista , ci sono alcune inesattezze terminologiche e alcuni vizi ideologici che meritano di essere analizzati.

Quando si lamenta, giustamente, che le pratiche fetish sono percepite nella società in maniera negativa, Cioni dice che
premesso che la comunità gay è comunque più aperta su queste tematiche di quella etero, è assurdo che proprio i gay che chiedono agli etero di rispettare la loro diversa sessualità, poi si comportano nei confronti delle altre diverse sessualità esattamente come gli etero!

Il feticismo non è il corrispettivo italiano della parola Fetish.

Il feticismo indica una parafilia cioè uno spostamento della meta sessuale dalla persona viva (c'è anche la necrofilia...) nella sua interezza ad un suo sostituto che può essere una parte del corpo stesso, o una qualità, una condizione, o un indumento, o qualsiasi altro oggetto inanimato.

Il feticismo non è patologico finché non diventa esclusivo (e beninteso finché non costringe nessuno o ingaggia rapporti sessuali con l'infanzia, anche la pedofilia è una parafilia) .

Non c'è nulla di male se uso la pipì nell'interazione sessuale con una, uno o più partner, per eccitarmi sessualmente fino raggiungere l'orgasmo.
Il problema nasce nell'esclusività: se riesco ad eccitarmi e\o a raggiungere l'orgasmo cioè solo ed esclusivamente se pratico il pissing..  

Chi pratica il fetish, qualunque esso sia, non può dunque essere definito con interezza da quella o quelle pratiche feticiste che segue.
A me che piace il pissing l'etichetta di feticista della pipì mi sta stretta perchè a letto mi piacciono tante altre pratiche e il pissing non lo faccio sempre e con tutti.

Quindi non esiste una sessualità fetish come pretende Cioni, esistono solamente delle pratiche feticiste, ol, al limite, un comportamento sessuale fetish.

Riconoscere al feticismo lo statuto di sessualità fa compiere a Cioni un  errore concettuale.

Cioni riduce infatti l'omosessualità alla sola sfera sessuale.

L'omosessualità però non è una pratica sessuale ma un orientamento sessuale che investe la persona ben al di là dell'attrazione erotica e sessuale, ben al di là della stessa sessualità, coinvolgendo con altrettanta significatività la sfera emotiva e quella affettiva.

Quella omosessuale dunque non è una diversità solamente sessuale ma semmai anche, se non soprattutto,  affettiva ed emotiva.

Mentre il feticismo è, tra l'altro, trans-orientamento sessuale visto che il pissing è tanto praticato dagli uomini quanto dalle donne, tanto dalle persone etero quanto da quelle omosessuali.

Capisco il ragionamento di Cioni: le persone omosessuali in quanto persone discriminate dovrebbero essere più sensibili nei confronti delle discriminazione in base alle pratiche sessuali.

Cioni dimentica però che l'omosessualità non dà di per sé alcuna garanzia di sensibilità, le persone omosessuali non costituiscono una comunità omogenea per comportamenti e visione del mondo e hanno in comune solo la uguale discriminazione in base all'orientamento sessuale (proprio come l'eterosessualità non accomuna le persone in nessun altro aspetto, altrimenti Hitler e Gandhi dovrebbero essere uguali perché entrambi etero).

Allora è in quanto gay  e non in quanto feticista che Cioni si permette di giudicare negativamente alcune delle rivendicazioni del movimento e della comunità lgbt quando dice che
mi sembra che negli ultimi vent'anni sia la comunità sia il movimento gay abbiano intrapreso, più o meno consapevolmente, un cammino di "normalizzazione" e di "standardizzazione" basato sui modelli eterosessuali. Credo che questa scelta non solo non porterà grandi risultati, ma soprattutto ci ha fatto perdere gran parte della nostra forza innovatrice e della nostra ricchezza, che risiede nella nostra diversità che invece a volte si cerca di nascondere. Il Fetish Pride Italy vorrebbe, anche per questo, essere un momento di orgoglio in cui le diversità si mostrano e diventano ricchezza, arte, divertimento, cultura.
Al di là di una questione lessicale  (quella di usare la parola diversità invece di differenza che in italiano al contrario della prima non ha connotazioni negative)  che può sembrare rilevante solo a me e senza volere appiattire ogni relazione amorosa e sessuale al modello eteronormato sono profondamente convinto che l'amore di una persona per un'altra persona non cambi in base all'orientamento sessuale quanto, semmai, in base ai ruoli di genere che ci vengono imposti dalla e nella società.

Con tutto il rispetto per il feticismo, in quanto uomo e in quanto gay mi sento offeso se vengo sminuito nella mia presunta diversità solo ed esclusivamente in base a determinate pratiche sessuali.

Nell'essere passati da una posizione di consumo sessuale poligamico nel quale si rifiutava la vita di coppia pretendendo di capovolgere nella promiscuità l'idea monogama di famiglia etero (come se i mariti etero non cornificassero mai le mogli, mentre le mogli non potevano fare altrettanto senza essere tacciate come puttane) dove in realtà piuttosto che un modello altro si proponeva una reazione di negazione del modello etero che, in valore assoluto, restava lo stesso l'unico modello di riferimento (mi sembra che tutti gli esperimenti di coppia aperta etero ed omo siano miseramente falliti) a una posizione di rifondazione della famiglia che non è più quella eterosessita degli anni 70 mi sembra che la comunità gay lesbica e bisex (che sono state le prime persone ad aprire la strada) abbia raggiunto una stabilità sociale e di attecchimento nel tessuto della società che si radica molto più del consumismo sessuale (spazzato via dall'aids).

In questa lettura critica della richiesta di estensione del matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso confondiamo artatamente l'autoemancipazione della donna la cui riappropriazione sessuale passava anche attraverso la scoperta e l'uso del proprio corpo come meglio credeva senza l'autorizzazione del maschio di turno (padre fratello marito o figlio) con il diritto alla promiscuità tra maschi che non è mai mancato al maschio etero vista la sua promiscuità con le donne...

Mi sembra anzi che la promiscuità gaia sia ancora tutta entro il portato del patriarcato (mi perdoni Mario Mieli...) e che una vera rivoluzione la si può fare anche colonizzando la famiglia portandola a essere quello che nessuno oggi le riconosce ancora di poter essere (basta pensare alle posizioni fondamentaliste del cattolicesimo nostrano e statunitense che riconoscono come famiglia esclusivamente quella composta dai genitori biologici ancora intatta, cioè mai divorziati).

D'altronde il cappello introduttivo all'intervista non mi sembra si smarchi contro il capitale o l'uso dei corpi come merce, anzi:
Questa [la sessualità], in un'ottica individualista, diventa un prodotto di cui dobbiamo usufruire il più possibile, ma solo in una dimensione privata e seguendo gli standard inevitabilmente borghesi del mercato, mentre potrebbe diventare una specie di bene comune, oggetto di un confronto pubblico sereno, fantasioso e costruttivo per tutti.
Ecco l'idea che la sessualità sia un prodotto  - poco importa se vissuta in termini individualistici come criticano i due autori (termini che tanto individualistici non sono visto che per agire buona parte della sessualità bisogna essere almeno in due...)   o nella visione collettivizzata dove la sessualità appare come bene comune - mi sembra molto più vicina alle posizioni della destra che a quelle tradizionalmente marxiste.

Anzi  mi chiedo come il pissisng (una pratica che adoro), per esempio, possa diventare un bene di confronto pubblico.
Vorrei proprio che mi venisse spiegato.
Magari è così e non ci arrivo io.

Chi sa spiegarlo, per favore, mie evinca.

L'intervista non lo spiega proprio.

Insomma mi sembra che le richieste di questo gruppo di uomini leather fetish cerchi non di far conquistare alle persone chissà quale bene comune in più ma voglia solo legittimare una nuova  nicchia di mercato quella che in Olanda e in Germania è molto prospera, tra locali ad hoc, pratiche sessuali bareback (anche se va riconosciuto che il Leather Club di Cioni  raccomanda di usare sempre il profilattico) e il consumo di Popper (no, non Karl...) pratiche e droghe sulle quali non ho nulla da ridire pur non facendone uso o consumo ma che non mi paiono momenti pubblici di confronto quanto legittimi comportamenti della sfera intima. 

Confondiamo ancora le persone con i consumatori (e poco le consumatrici...) il che è sempre un male anche quando il consumo di nuove pratiche legittima comportamenti ritenuti immorali ma per favore lasciamo le critiche politiche (o sociologiche) sula comunità a chi fa attivismo (lgbt e non fetish) e lasciamo agli appassionati del fetish di praticare quel che meglio credono in sincera e totale libertà.

Perchè non è certo lasciandomi pisciare addosso o fistandoti che esprimo primariamente il mio amore per te.

E nella società alla fine quel che conta sono i legami relazionali che riusciamo a instaurare con le altre persone non il modo col quale ci facciao sesso.

Le scatole cinesi dell'informazione contengono maschilismo e pregiudizi. Su di un discutibile e mendace video francese sui contagi da HIV.

Leggo un articolo su uno spot francese contro l'hiv.

Lo spot è questo.




La versione internazionale, in lingua inglese, rilancia i numeri e la spara grossa: 650mila persone sono sieropositive e non sanno di esserlo.

Inutile dire che questi numeri sono numeri stimati in base a complessi calcoli che tengono conto del numero di persone che si scoprono sieropositive solamente in aids conclamato o, comunque, con un contagio avvenuto molti anni prima rispetto la diagnosi (depister in francese non significa solamente depistare come in italiano, ma anche diagnosticare).

Lo spot è un po' terroristico ma punta il dito su un fenomeno serio e facilmente risolvibile.

Basta fare un controllo frequente che consenta una diagnosi precoce.

Solo la diagnosi precoce infatti  permette di seguire una terapia retro virale (dove e se richiesta) che può tenere sotto controllo gli effetti del virus hiv (HIV in francese, che è una lingua conservativa, è Ivh così come l'aids è sida) ed evitare l'aids conclamato.

Il video però ha almeno due aspetti problematici.

1) discrimina la persona sieropositiva dipinta come un ibrido tra pinocchio e Big Jim (o Ken) comunque fisicamente diverso rispetto la ragazza sieronegativa.

La non immediata leggibilità dell'aspetto plasticoso del  ragazzo con la marionetta Pinocchio (ben lontano dall'iconografia del personaggio di Collodi, sia dalla versione Disney che da quelle europee) rende ambigua questa caratterizzazione  facendone più un freak che Pinocchio.

Non siamo lontani dallo spirito dell'alone rosa dello spot italiano dei primi anni 90...

2) la deresponsabilizzazione del comportamento a rischio.

Lo spot vuole raccontarci di come può capitare di credere di essere negativi e invece di non esserlo.

Però nessuna persona, anche chi ha fatto sesso protetto, può dirsi certa di essere sieronegativa se non ha fatto almeno due test nell'ultimo anno.

Quando facciamo sesso con una persona della quale ignoriamo la sua condizione sierologica, sia essa conosciuta o sconosciuta, dobbiamo presumere per default che sia non solo sieropositiva ma che abbia anche tutte le malattie a trasmissione sessuale (dalle veneree all'epatite b e c) e comportarsi di conseguenza prendendo le dovute precauzioni: cioè usare il profilattico anche per il sesso orale.

Quindi la ragazza non può fidarsi che lui le dica non ti preoccupare non c'è bisogno a prescindere dal fatto se lui sappia o meno di essere sieropositivo.

E, in ogni caso, anche lui deve preoccuparsi dello stato sierologico di lei.
Cosa che invece lo spot non si preoccupa nemmeno di sottolineare.

Insomma mi sembra che questo spot stigmatizzi le persone sieropositive, anche quelle che non sanno di esserlo, investendo loro di tutta la responsabilità sul possibile contagio inconsapevole di cui possono essere concausa ma mai l'unica causa perchè a fare sesso si è smepre in due (o più...)


Adesso fermo restando che è sicuramente eticamente sbagliato fare sesso non protetto se non si conosce il propri stato sierologico (o, peggio, farlo nonostante si sappia di essere sieropositivi) ciò non esime l'altra persona dall'obbligo morale di proteggersi e di non esporsi al contagio praticando del sesso non protetto.

Se in alcuni stati (come la Germania) chi fa sesso non protetto pur essendo a conoscenza del proprio stato sierologico va in galera, visto che la perosna sieropositiva non ha costretto nessuno a fare sesso con lei senza usare protezione, moralmente prima della sua responsabilità viene la nostra di responsabilità.

Ogni volta che facciamo sesso con una persona della quale ignoriamo lo stato sierologico dobbiamo per forza pensare che sia sieropositiva e comportarci di conseguenza. La responsabilità di un eventuale contagio da questa persona a prescindere se la persona in questione sa o non sa se è sieropositiva o no è nostra.

3) la disinformazione dei numeri
La cifre dei 30mila sieropositivi che non lo sanno che diventa 650 mila in Europa sono cifre stimate non sono dati certi.
Sono cifre dedotte da complessi e discutibili dati matematici a partire dai dati noti.
E questo in una visione omofobica e discriminatoria che pretende che gli uomini che fanno sesso con gli uomini (categoria nella quela si annoverano tutti gli uomini che non fanno sesso esclusivo con donne) siano la categoria più colpita.

Questa etichetta troppo grande che al suo interno mette persone dall'orientamento sessuale vario andrebbe sostituita con una categroia che prende in considerazione le pratiche sessuali  e non l'oeirntamento sessuale o il genere delle persone con cui si fa sesso.

le vie di trasmissione del virus sono infatti in ordine di pericolosità

1) uso di siringhe infette

2) sesso penetrativo anale (per una fisiologia e meccanica più a rischio di microlesioni) insertivo E ricettivo

3) sesso penetrativo vaginale insertivo e ricettivo

4) sesso orale con scambio di sangue (anche il cunnilingus durante le mestruazioni) o sperma e secrezioni vaginali

Poco importa se nel sesso anale io uomo sono inserivo o ricettivo.
Quel che mi contagia è la pratica sessuale non il mio orientamento sessuale e nemmeno il comportamento sessuale (se non l'alto numero di partner) ma solo le pratiche sessuali.

Insomma cercando di informare si continua a disinformare più o meno in buona fede.


Uno stillicidio senza fine. Ancora perle di saggezza contro le omosessualità dal blog di Severgnini: la lettera di Sara Gamba.

Stavolta Severgnini pubblica la lettera di una donna che, con la scusa del diritto alla diversità, inanella tutti, ma proprio tutti, i luoghi comuni contro gli orientamenti sessuali non etero.

Si tratta di mistificazioni e bugie e questo dovrebbe provare la malafede di chi, altrimenti, non avrebbe strumenti per dimostrare le proprie tesi maschiliste, patriarcali e squisitamente omfobiche.

La lettera in questione, firmata da Sara Gamba, inizia con una bugia bell'e buona:
Caro Beppe, nelle scuole primarie sono giunti degli opuscoli che sconsigliano agli insegnanti di leggere in classe le fiabe classiche perché “tendono a promuovere solo il modello di famiglia tradizionale”.
 Falso.

1) I libri (sono di 50 pagine non si posso chiamare opuscoli) non sono giunti nelle scuole.
Sono, anzi erano, a disposizione di chi richiedeva una password via mail, per scaricarli dal sito dell'Istituo Beck e si rivolgono, diversificati, a tutti i gradi della scuola, elementare, media inferiore e media superiore.quindi non solamente nelle scuole primarie.

2) Nei libri, in tutte e tre le versioni,  non si sconsiglia di leggere le fiabe perché “tendono a promuovere solo il modello di famiglia tradizionale” come pretende Sara, bensì si dice che:
Nella società occidentale si dà per scontato che l’orientamento sessuale di un adolescente sano sia eterosessuale. La famiglia, la scuola, le principali istituzioni della società, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano in mille modi, diretti e indiretti,
un orientamento eterosessuale. A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa e, se è femmina, di un principe.  Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse. Di conseguenza, quando sarà adolescente e comincerà a esplorare la propria identità sessuale, si troverà a realizzare che i suoi desideri sono differenti da quelli dei suoi amici, da quelli che “dovrebbe” avere e, quindi, si ritrova impaurito, solo e smarrito. Non ha intorno a sé persone che possano essergli di supporto, né vede nella società modelli positivi. (dal volume dedicato alla scuole medie inferiori, pag. 3) 
Non si parla affatto di famiglia, "tradizionale" (qualunque cosa significhi, se la famiglia biologica e mai separata della chiesa cattolica o quella nata dal divorzio e dal nuovo stato di famiglia)  meno, ma di rappresentatività delle singole identità delle persone.

Per Sara
la “diversità” originaria e fondamentale che costituisce l’essere umano è tra maschio e femmina. Quindi, se si vuole stare alla realtà e al significato delle parole, se c’è una famiglia che educa davvero alla diversità è proprio quella “tradizionale” in cui uomini e donne si scornano da millenni per venire a capo di una convivenza MAI facile (pensiamo alle esilaranti storielle di Enea Berardi che illustra benissimo le differenze di mentalità, psicologia e visione della vita tra mariti e mogli). In sostanza, e senza offesa, c’è molta più diversità e quindi ricchezza nella famiglia tradizionale che in una omosessuale.
Se Sara avesse letto gli opuscoli, prima di criticarli,  avrebbe scoperto che un conto è l’identità biologica che  
si riferisce al sesso biologico di un individuo, cioè al fatto che sia anatomicamente maschio o femmina. Tale caratteristica deriva dalla combinazione dei cromosomi XY nei maschi e XX nelle femmine al momento del concepimento. L’identità biologica identifica un individuo come maschio o femmina, in termini di cromosomi e anatomia sessuale. Si nasce maschio o femmina (pag. 7).
Un altro è invece l'identità di genere che è
un costrutto più complesso, legato indissolubilmente al contesto culturale di riferimento. Ogni società assegna al sesso maschile e a quello femminile dei ruoli più o meno
prestabiliti in un dato momento storico. Tali ruoli si traducono in comportamenti, attività e attributi che la società considera appropriati per gli uomini e le donne, per i bambini e le bambine (pag.7).
Sara confonde l'identità sessuale, quella che riguarda la differenziazione anatomica degli organi di riproduzione sessuale dell'essere umano e che ci fa maschi e femmine con l'identità di genere che ci definisce uomini e donne e pretende che la funzione riproduttiva invece di riguardare l'identità biologica riguardi l'identità di genere.

Una identità di genere che è costretta e indirizzata da specifici ruoli di genere
cioè i comportamenti che gli individui adottano (nel modo di parlare, di vestirsi, di
riferirsi a se stessi) per indicare agli altri la propria identità maschile, femminile o ambivalente.
Tale aspetto, in quanto manifestazione esteriore, è ovviamente fortemente influenzato dalla cultura di riferimento: è facile osservare, ad esempio, come la percezione dell’identità maschile nella cultura occidentale dei giorni nostri sia profondamente diversa da quella di 40 anni fa, e sia comunque molto differente dalla cultura odierna espressa da altre società. In sostanza, il ruolo di genere costituisce una rielaborazione e un’espressione personali delle aspettative e consuetudini sociali attuali rispetto a un determinato sesso.
Quando nasciamo, ci viene messo sulla culla un fiocco azzurro se siamo maschi e un fiocco rosa se siamo femmine. Questi fiocchi indicano non solo il nostro sesso, ma tutte le aspettative che la cultura ha sui nostri comportamenti in quanto maschi o femmine.
Da questo momento in poi buona parte di quello che diciamo o facciamo rientra nella dicotomia maschio/femmina.
Se una bambina ama giocare a calcio con i compagni e si sporca i vestiti, le viene detto di non fare il maschiaccio.
Una volta cresciuta, deve imparare a cucinare, deve volere un marito e dei figli. Così un uomo deve amare guardare la partita o la Formula 1 in tv. Ogni volta che un individuo non si conforma a queste aspettative, la società lo considera strano, lo fa sentire sbagliato rispetto a un modello stereotipato di riferimento. (pag. 8)
Queste differenze non sono inventate dall'autore e dalle autrici dei tre libri dell'Istituto Beck, ma riassumono la posizione ufficiale della psicologia, sociologia e antropologia contemporanee.
 
Sara, invece, non contenta di sovrapporre cose che da 30 anni circa invece si sono faticosamente separate per vedere l'identità sessuale di una persona, che è cosa assai complessa, in tutti i suoi differenti fattori, pretende che la sua smaccata omonegatività abbia una base di condivisione universale.  
In ogni tempo e in ogni cultura l’omosessualità è stata contrastata per quella che penso si possa definire un’avversione puramente “istintuale” (quindi pre-culturale) verso un atteggiamento che non consente la prosecuzione della specie. Ma oggi, con otto miliardi di terrestri in continuo aumento, la cultura ha buone chances di insegnare il rispetto anche per chi preferisce un compagno dello stesso sesso.
Senza dilungarmi in inutili esempi di come nel mondo antico l'omosessualità fosse tutt'altro che contrastata voglio farle notare come a seguire la sua distinzione tutte le famiglie composte da persone di sesso diverso che non possono o non vogliono avere prole dovrebbero essere viste con la stessa avversione di chi, secondo lei, ha un attegiamento che non consente la procreazione della specie.

In ogni caso che il motivo per cui si debba portare rispetto a chi preferisce un compagno dello stesso sesso sia la sovrappopolazione planetaria è uno svilimento dell'individualità di ognuno e ognuna.

Ogni essere umano dovrebbe poter fare le scelte secondo la sua natura...

Sempre che quella dell'omosessualità sia una scelta.

Non è così per la psicologia, come riportato nei tre libri che Sara critica senza aver minimamente letto. L'omosessualità infatti
Non è una scelta, come non è una scelta l’eterosessualità.
Qualcuno di voi ricorda di aver scelto a un certo punto di essere eterosessuale o omosessuale? Quello che le persone omosessuali possono scegliere è se accettare il
proprio orientamento omosessuale e, quindi, sviluppare un’identità omosessuale serena e assertiva, in cui tutti i diversi aspetti della propria personalità possano convivere in maniera armonica e integrata, o rifiutarlo per pregiudizi di ordine morale, sociale, religioso.  Quindi potremmo ribaltare la domanda chiedendoci:
“l’eterosessualità è una scelta?”. (pag. 23)
Sara  ignora, o finge di ignorare, che le coppie di sesso diverso non rimangono sempre insieme per tutta la vita e molte di queste coppie cambiano partner e a volte i partner possono essere anche dello stesso sesso e quindi padri si ritrovano con compagni dopo avere avuto dei figli da una moglie o, viceversa, madri si trovano a stare con compagne dopo avere avuto dei figli con, o senza, un uomo accanto (la madre single è una delle forme in cui l'autoemancipazione femminile si è andata declinando negli ultimi decenni).

Insomma se smettiamo di costringere e ridurre il legame affettivo tra due persone al mero dato procreativo vediamo che la coppia di sesso diverso non è affatto l'unica coppia detentrice della funzione procreativa proprio come le coppie dello stesso sesso non sono le uniche depositarie della sterilità. 

Sara  ci assicura, magnanimamente, di detestare
la violenza contro gli omosessuali, ma rifiuto categoricamente, proprio per rispetto di quella diversità da loro tanto declamata, di dover diventare io non più mamma ma genitore 1 o 2, non più di “sesso femminile” ma di un qualche “genere” a mio piacimento.
Dimostrando così  di non avere capito la terminologia e le questioni di cui dibatte.
Una donna sarà sempre madre e mai padre: anzi di solito sono le persone omonegative a chiedere dinanzi a due genitori chi fa la mamma o a due genitrici chi fa il papà.

I riferimenti a genitore 1 e 2 riguardano le soluzioni burocratiche, discutibilissime, di questo o quel comune e non derivano certo da queste distinzioni tra sesso e genere (e ruoli di genere).

Il ruolo di genere per esempio costringe una donna a scegliere  tra la carriera e il mestiere di madre e quando una donna dimostra di poter coprire entrambi i ruoli (come Licia Ronzulli, europarlamentare del pdl, che porta la figlia in Parlamento) viene descritta come una madre snaturata e non come una donna emancipata.

Chissà se Sara si sente di difendere anche questa discriminazione in nome di quella diversità che pretende di ascrivere alla famiglia procreatrice.

Sara conclude la sua lettera dicendo che
Millenni di storia della specie umana non cadranno sotto i colpi del politicamente corretto, servirà molta più saggezza da entrambe le parti, soprattutto a tutela degli omosessuali.

Senza dover tornare tanto indietro nella storia millenaria del genere umano vorrei chiedere  a Sara se lei se la sente di definire come una questione di forma, cioè di politicamente corretto, e non di sostanza, cioè di diritti delle donne, il diritto di voto, conquistato nel 1946, la parità col coniuge, conquistata nel 1975 col nuovo stato di famiglia, il diritto di divorzio, conquistato nel 1970, e quello all'interruzione volontaria della gravidanza, conquistato nel 1978.

Mi chiedo se Sara trova una questione legata al politicamente corretto l'aver finalmente trasformato lo stupro da reato contro la pubblica morale a reato contro la persona, nel 1996,  o ad aver cancellato, nel 1981, quell'imbarazzante articolo del codice penale sul delitto d'onore e sul matrimonio riparatore col quale uno stupratore poteva passarla liscia senza nemmeno subire il processo per reato contro la pubblica morale.

Se, insomma, tutte queste conquiste dell'Italia repubblicana sono da considerare altrettanti pezzi di millenni di storia umana caduti sotto i colpi del politicamente corretto o non sono invece conquiste di quella parità tra uomini e donne che adesso si sta allargando anche agli orientamenti sessuali non etero che, in barba a una presunta avversione istintuale e dunque pre-culturale alle omosessualità, sempre più Stati nel mondo stanno riconoscendo loro.

Sì omosessualità, al plurale, perchè non esiste solamente l'omosessualità maschile come Sara pretende in tutta la sua lettera parlando solo di omosessuali, al maschile, ma esistono anche le lesbiche, che Sara, stranamente, ignora (per tacer delle persone bisessuali...) cioè di noi tutti e tutte, donne e uomini, lesbiche gay  e bisex che possiamo o meno fare figli magari venendo aiutati quando la biologia ci impedisce di esprimere la nostra esistenza secondo una tavolozza di forme e di colori varia e differente ma per questo mai davvero diversa.

Se qualcuna o qualcuno vuole scrivere a sara l'indirizzo, pubblicato in calce alla lettera sul blog di Severgnini è gambasara@tiscali.it

giovedì 20 febbraio 2014

La nuova pubblicità della Seat Leon ST

In questi giorni di raffreddore e di visione disattenta della tv (complice Sanremo) avevo intravisto uno spot della Seat dove avevo notato l'avvenenza di uno dei protagonisti, che mi sembrava un buon candidato per i post sui ragazzi carini negli spot.




Per essere carino il ragazzo è carino.
Poi però, guardando meglio, rimango deluso dalla sottotrama etero-maschilista dello spot.



Il ragazzo rientra a casa alle 6 e 15 proprio mentre il padre si sveglia e lo sorprende in garage dove ha appena parcheggiato la macchina.
Il ragazzo finge di essere sceso per andare in bici e non appena rientrato.
A tradire la bugia non è il motore caldo (se è appena rientrato...) ma un orecchino femminile che il padre ritrova nell'abitacolo.

Siccome si tratta di femmina predata il padre non ha nulla da ridire sull'uso della macchina (e conseguente rientro all'alba del figlio) ma lo guarda con un'aria tra il sorpreso e il curioso\ammirato, mentre il figlio si gira dall'altra parte (ri)pensando a chissà cosa...

Insomma solita fuffa maschilista tra maschi dove quel che il padre non può più fare per sopraggiunta età inizia a fare il figlio calcando le orme paterne (ricordate la poesia che recita Gassman a Giannini ne Lo zio indegno?).

La versione lunga cambia un poco il senso generale dello spot.



Il pp del ragazzo che pensa  chissà che non è più collegato al ritrovamento dell'orecchino della ragazza ma al fatto che il padre deve risistemare il sedile alla giusta distanza (e dunque sgama che il figlio ha preso la macchina).
L'orecchino è stato perso  in seguito a un casto bacio e non un rapporto sessuale, qualunque esso sia, consumato nell'abitacolo come lascia indeterminato nella versione corta).

Infine quando il padre chiede al figlio numi sulla ragazza e lui ne parla da innamorato (dice che è stato fantastico e noi sappiamo esserci stato solo un bacio, a stampo, perchè lo abbiamo visto) e gli chiede se può usare la macchina ancora, ribadisce una complicità tra i due uomini non performativa (me la sono scopata) ma affettiva che non è una cosa da poco.


Nella versione tedesca dello spot e non in quella internazionale, quando il ragazzo dorme sogna e si muove nel sonno (si aggiusta il ciuffo di capelli) come un gatto a ribadire la tenerezza di questo giovane uomo innamorato. Come a dire che c'è ancora tempo per il sesso e che le cotte pre sessuali sono altrettanto belle.




Molto più tenero dunque della versione corta anche se sempre eteromachista (stessa situazione tra madre e figlia no eh?).

E pensare che c'è chi pensa che uno spot sia solo uno spot...

L'attacco reazionario del mondo eterosessista contro la STRATEGIA NAZIONALE per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013 -2015) dell'UNAR

Nei giorni scorsi testate di informazione, anche nazionali come il corsera, hanno accennato in termini del tutto discriminatori e disinformativi, se non proprio mendaci,  della reazione non solo del mondo cattolico ma anche dello stesso governo (nella persona del viceministro Guerra) contro i libri (di 50 pagine l'uno, definiti opuscoli) messi a disposizione al corpo insegnante delle scuole elementari medie inferiori e medie superiori dall'Unar nell'ambito della STRATEGIA NAZIONALE   per la prevenzione e il contrasto  delle discriminazioni  basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere  (2013 -2015).

Questi libri dal titolo comune Educare alla diversità a scuola, rivolti al corpo insegnante e non direttamente agli e alle studenti, contengono strumenti informativi didattici ed esercizi per sensibilizzare il corpo studentesco contro le discriminazioni di genere e di orientamento sessuale.

Pensati  e distribuiti dall'Istituto Beck previa esplicita richiesta, sono stati criticati estrapolando alcuni elementi in essi contenuti forzandone l'interpretazione facendo loro dire quello che in questi libri non c'è.

Così invece di fornire una informazione precisa e esauriente ricordando tra l'altro come le lotte alle discriminazione di genere e di orientamento sessuale siano una direttiva europea inderogabile sulla quale l'Italia è indietro rispetto tanti altri Stati membri, si è preferito ironizzare coinvolgendo il senso comune dei lettori e delle lettrici.

Carlotta di Leo sul corriere scrive un articolo a dir poco mendace nel quale esordisce dicendo
Scoppia la polemica su Biancaneve & Co. La notizia dei tre opuscoli che - con tanto di loghi istituzionali -sconsigliano ai maestri di leggere in classe le fiabe perché tendono a promuovere il solo modello di famiglia tradizionale, ha suscitato la reazione delle Pari Opportunità.
FALSO.

Tutti e tre i libri accennano al sessismo delle fiabe tradizionali, non solamente quello dedicati ai e alle docenti della scuola elementare.

Evidentemente la giornalista (sic!) non si è nemmeno degnata di leggere i libri in questione (altrimenti avrebbe visto che  si parla di fiabe anche nei volumi dedicati alla scuola media inferiore e superiore) e nel suo modo semplicistico di pensare ascrive le fiabe all'infanzia mentre i libri in questione criticano le fiabe in questi termini:
Nella società occidentale si dà per scontato che l’orientamento sessuale di un adolescente sano sia eterosessuale. La famiglia, la scuola, le principali istituzioni della società, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano in mille modi, diretti e indiretti,
un orientamento eterosessuale. A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa e, se è femmina, di un principe.  Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse. Di conseguenza, quando sarà adolescente e comincerà a esplorare la propria identità sessuale, si troverà a realizzare che i suoi desideri sono differenti da quelli dei suoi amici, da quelli che “dovrebbe” avere e, quindi, si ritrova impaurito, solo e smarrito. Non ha intorno a sé persone che possano essergli di supporto, né vede nella società modelli positivi. (dal volume dedicato alla scuole medie inferiori)

Altro che famiglia tradizionale!

I libri dell'Istituto Beck parlano di identità sessuale del singolo individuo non già della famiglia che per l'infanzia e l'adolescenza è ancora un discorso prematuro.

Prosegue l'articolo del corsera
Il viceministro, Maria Cecilia Guerra, ha sconfessato l’iniziativa e inviato una formale nota di demerito a Marco De Giorgi, il direttore dell’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) che ha diffuso nelle scuole di quei volumi .
FALSO

I volumi non sono stati diffusi nelle scuole ma sono solamente stati messi a disposizione online solamente per gli e le insegnanti che ne facevano esplicita richiesta (per scaricare i volumi bisogna richiedere una password che viene inviata solo previa invio di richiesta tramite mail).
Dunque non una informazione calata dall'alto, ma uno strumento messo a disposizione per i tanti e le tante insegnanti che sentono l'esigenza di informarsi su questi argomenti e avere strumenti per tutelare gli e le studenti che nelle loro classi o nelle loro scuole sono vittime di discriminazione in base all'orientamento sessuale e all'identità di genere.

In un altro articolo del corsera firmato da Isabella Bossi Fedigrotti si legge:

Scorrendo i consigli delle Pari opportunità, accanto a indicazioni intelligenti e benvenute per combattere il bullismo e insegnare il massimo rispetto per chi in qualche modo è diverso, si scopre però che principi e principesse hanno ben più gravi responsabilità di quella di istillare sogni balordi: insegnano, cioè, che per formare una famiglia, gli uomini si sposano con le donne e mai viene loro in mente di accennare alla possibilità che un uomo sposi un uomo oppure una donna un'altra donna. Queste ammuffite storie d'altri tempi raccontano, infatti, sempre e soltanto di cavalieri che dopo la partita di caccia tornano a casa dalla dolce sposina che culla il bambino cantando una ninna nanna.
Per le Pari opportunità è, dunque, davvero ora di finirla con la bigotta famiglia tradizionale. Aria nuova ci vuole, specialmente per i bambini. Avanti allora con esempi più moderni, di coppie omosessuali, con genitori uno e due. E basta anche con giochi e passatempi tradizionalmente maschili o femminili: bisogna decidersi a mescolare le carte insegnando il calcio alle bambine e lasciando le bambole in mano ai loro amichetti. Le macchinine meglio regalarle alle femminucce e i servizietti da cucina, invece, ai maschi (il che, al tempo di Masterchef e della recente mania per il food avrebbe anche un senso).
Ironia a parte, le raccomandazioni per gli insegnanti hanno l'aria di essere una corsa in avanti un po' troppo precipitosa. Con uno scopo che sembra, chissà, abbastanza preciso: preparare, cioè, il terreno (tra bambini e ragazzi e, quindi, nelle famiglie) al matrimonio omosessuale. Il che può essere una scelta, da farsi, però, piuttosto, per così dire, a viso aperto, non nel modo un po' strisciante, all'insegna della correttezza politica per bimbi, cui fanno pensare le istruzioni dei tre libretti. (i corsivi sono nel testo)
Questi libri dunque non promuovono la tutela e la possibilità per le perosne non etero di godere degli stessi diritti delle persone eteronormate ma fanno propaganda per i matrimoni gay usando le stesse argomentazioni della legge russa contro la propaganda gay.

Al di là delle considerazioni omofobe quel che in questo scritto di una persona vecchia e obsoleta che dovrebbe andare alla rottamazione letteraria altro che scrivere sul quotidiano dove scrisse Pasolini, quello che trovo più pericoloso e profondamente insopportabile è la ridicolizzazione di tutte le critiche antisessiste ai giocattoli.

Un argomento tutt'altro che acquisito se anche in ambito lgbt c'è chi ancora oggi legge il fatto che un bambino gioca con le bambole come indizio di omosessualità.  Poco importa se dal suo punto di vista quel comportamento è da difendere mentre Bossi Fedigrotti probabilmente chiamerebbe Nicolosi.

Pensare che un bambino che gioca con le bambole sia effeminato e che in quanto effeminato sia probabilmente gay sono proprio gli stereotipi contro i quali questi libri cercano di lottare.

Perchè i bambini  che giocano con le bambole non sono effeminati né l'effeminatezza è sintomo [sic] di omosessualità.

Questi articoli, e ho scelto apposta quelli più decenti e meno ridicoli, ce ne sono alcuni altri deliranti che spacciano il film di fiction Krampack (Spagna, 200) di Cesc Gay come un documentario in cui la masturbazione fra due ragazzi è presentata come esplorazione e «gioco», dimostrano l'assoluta necessità di iniziative come questa degli opuscoli che servono a formare le persone adulte che insegnano a scuola.

Perchè su argomenti sensibili come identità di genere e orientamento sessuale nel nostro paese ci sono ancora persone adulte completamente prive di una formazione adeguata e ferme ancora a considerazioni degli anni 50 del secolo scorso mentre il resto del mondo ha fatto passi da gigante coltivando una rivoluzione copernicana così diffusa e rigogliosa che questi soloni e solone che pretendono ancora il sole giri introno alla terra sarebbero da compatire con imbarazzo se non avessero ancora potere decisionale e politico. Persone che se solo potessero ti mettere al rogo come è stato fatto in passato proprio per gli stessi motivi, perchè osi cioè pensare con la tua testa, informata e in continuo aggiornamento, e non coltivi invece odio e discriminazione allineandoti a un pensiero unico e fisso come quel dio maschio che continuano a proporti mefiticamente.


Quante Bossi Fedigrotti ci sono ancora nelle nostre nostre istituzioni?

Quanti danni possono fare con la loro incompetenza e disinformazione?

I libri dell'Unar aprono una questine di aggiornamento culturale che ci riguarda tutte e tutti   militanti come insegnanti.

La mia stima va a quelle persone che nelle scuole cercano di educare al pensiero complesso e al rispetto di ogni differenza, in barba al fondamentalismo cattolico di chi diffonde odio e discriminazione in nome di un dio che non esiste se non nella loro mente sadica e malata.

Ringrazio Mauro Beato che mi ha segnalato l'articolo del corsera.

domenica 16 febbraio 2014

Ellen Page's coming out: there are a lot of feelings in a non-straight heart too!

Ellen Page decided to came out at the Human Rights Campaign conference (HRC) the National association that, since 1980, when it was founded, advocates on behalf of LGBT Americans.

Watch the video and then we can talk about it!




The news is not the coming out in itself but the reasons Ellen Page choose not to do it 'till now as she clearly explain.

(...) And I am here today because I am gay (cheering, applause) Whooo! Hahaha. Thank you. And because maybe I can make a difference to help others have an easier and more hopeful time. Regardless for me I feel a personal obligation and a personal responsibility. I also do it selfishly because I’m tired of hiding and I’m tired of lying by omission. (applause) I suffered for years because I was scared to be out. My spirit suffered, my mental health suffered, and my relationship suffered. And I’m standing here today with all of you on the other side of that pain.
And I am young yes. But what I have learned is that love — the beauty of it, the joy of it and yes even the pain of it — is the most incredible gift to give and to receive as a human being. And we deserve to experience love, fully, equally, without shame and without compromise. There are too many kids out there suffering from bullying, rejection or simply being mistreated for who they are. Too many dropouts. Too much abuse. Too many homeless. Too many suicides. You can change that and you are changing it. But you never needed me to tell you that. And that’s why this was a little bit weird.
The only thing I can really say — and this is what I have been building up to for the last five minutes — thank you. Thank you for inspiring me. Thank you for giving me hope. And please keep changing the world for people like me. Happy Valentine’s Day. I love you.
This is not the only weirdness Page refers to.
(...) It is such an honor to be here at the inaugural Time To Thrive conference, but it’s a little weird too.
(...)
It’s weird because here I am — an actress, representing in at least some sense an industry that places crushing standards on all of us; and not just young people. Everyone. Standards of beauty, of a good life, of success. Standards that, I hate to admit, have affected me. You have ideas planted in your head, thoughts that you never had before that tell you how you have to act, how you have to dress and who you have to be.
And I have been trying to push back, to be authentic and to follow my heart. But it can be hard. But that’s why I’m here. In this room, all of you, all of us can do so much more together than any one person can do alone.
(...)
And I know there are people in this room who go to school every day and get treated like shit for no reason. Or you go home and you feel like you can’t tell your parents the whole truth about yourself. And beyond putting yourself in one box or another you worry about the future; about college or work or even your physical safety. And trying to create that mental picture of your life, of what on earth is going to happen to you can crush you a little bit every day. And it is toxic and painful and deeply unfair.
And sometimes it’s the little insignificant stuff that can tear you down.

Now I try not to read gossip as a rule, but the other day a website ran an article with a picture of me wearing sweatpants on the way to the gym. And the writer asked, “Why does this petite beauty insist upon dressing as a massive man?” (pause) Because I like to be comfortable. [I took this transcription from towleroad]
I guess for an actress both working in the mainstream and indie showbiz it's brave to point out that the industry of the motion pictures plants ideas in people's head.

That's quite what I try to make my students to understand, in the secondary school, where we work together analyzing stereotypes and clichés spreading from tv movies and the other mass media.
Is so rewarding to me that an actress say openly what I'm trying to point out with my students, boys and girls.

I suffer when I read some articles, here on the net, where idiots that call themselves journalist claim that Ellen Page is going public with her sexuality because to be gay does not refer only to your sexuality but deals also, if not primarily, with your feelings,  your hopes, your deepest emotions about people you love or you're falling in love with.

So there is still a lot of work to do, making journalist (and everybody else who do not get it) to understand that sexual orientations deal much more then only the sex only and that  there are a lot of feelings in a non-straight heart too!


giovedì 13 febbraio 2014

L'odio omofobico e la disinformazione: il blog di Severgnini sul corsera

Un lettore diq uesto blog  mi propone questo intervento delirante su, o sarebbe meglio dire contro le omosessualità.

Tentennando se dare corpo a questi deliri prendendoli in considerazione oppure no, scelgo di parlarne per farne una occasione di lettura critica del pregiuidzio (nemmeno tanto) dissimulato.

Ecco il testo integrale, che potete leggere sul blog di Beppe Severgnini ospitato sul sito del corsera.

L’omosessualità e la lavagna della psiche

Caro Beppe, chi pone gli atti eterosessuali e omosessuali sullo stesso piano, non riesce a spiegare il diverso impatto sulla vittima che hanno le violenze sessuali, quando sono di tipo omosessuale rispetto a quando invece sono eterosessuali. So che il tema è tabu’ ed io rischio grosso, ma oso dire che è proprio l’omosessualità a spiegare il carattere particolarmente grave e duraturo delle conseguenze psichiche per le giovani vittime di atti di omosessualità fatti loro subire dal “solito” “educatore-predatore”, in seminario, collegio, scuola, palestra… E la differenza tra l’etero e l’omosessualità spiegherebbe anche perché per molti omosessuali non basti l’essere accettati dalla famiglia, dagli amici e dalla società, per sentirsi accettati anche da se stessi. L’omosessualità, infatti, non è una semplice preferenza di partner ma investe l’identità piu’ profonda dell’essere umano. Che gli effetti duraturi e sofferti, con ferite che stentano tremendamente a rimarginarsi, siano causati – unicamente o soprattutto – dalla morale tradizionale discriminatoria e retrograda nei confronti degli atti omosessuali? In tal caso è da sperare che con l’avvento della nuova morale, grazie anche quindi al matrimonio omosessuale, si farà ben presto piazza pulita di tanti tabù e complessi, e si eliminerà il senso di colpa che affligge le vittime di atti omosessuali subiti in giovanissima età ad opera del classico “educatore-predatore”: prete, allenatore, insegnante… C’è da chiedersi se sia veramente l’intolleranza, prevalsa per tanti anni nella nostra società, la responsabile della vergogna e del senso di oltraggio provati dalle vittime di certi atti omosessuali imposti, o se non sia piuttosto il fatto che la distinzione tra atti secondo natura e atti contro natura è una distinzione che non si può cancellare facilmente dalla lavagna della psiche. Claudio Antonelli , onisip@gmail.com]
Antonelli si riferisce all'eterossualità e all'omosessualità come ad atti evidentemente (leggendo il resto) sessuali.

Ecco il primo solito scippo.
L'affettività, l'emotività, l'erotismo etero od omosessuale sono ridotti al solo atto fisico.

Come se l'amore tra uomo e donna o donna e donna o uomo e uomo fosse solo l'atto sessuale e non anche l'affettività, la sfera dei sientimenti, la codivisione di un pezzo della propria vita insieme...

Fatta questa semplificazione Antonelli dice che a mettere gli atti omo ed etero sullo stesso piano, cioè dare loro pari dignità,  allora non si spiega il diverso impatto che sulla vittima hanno le violenze sessuali etero od omo.

Secondo una logica fondata tutta sul pregiudizio e priva di raziocinio la prova che etero e omosessualità (ridotte all'atto sessuale) non hanno pari dignità  lo dimostrerebbe il diverso impatto delle violenze sessuali etero od omessuali.

Prima si riduce la sfera complessa e composita degli orientamenti sessuali al solo atto sessuale e poi si passa dgli atti sessuali tra consenzienti (e tra adulti) a quelli coatti, cioè alle violenze sessuali.

Quali violenze sessuali?
Non lo stupro di donne adulte (che altrimenti non avrebbe senso parlare di violenze sessuali omosessuali visto che le violenze sessuali fatte da donne ai danni di donne non hanno consistenza statistica alcuna, diversamente dalle violenze domestiche che avvengonoanche tra coppie lesbiche(=entrambe di sesso femminile).

Continuando con una serie ininterrotta di traslati semantici stile effetto domino Antonelli parte dalle omosessualità e arriva di riduzione in riduzione alla pedofilia omosessuale maschile:
giovani vittime di atti di omosessualità fatti loro subire dal “solito” “educatore-predatore”, in seminario, collegio, scuola, palestra…

Vittime maschili e stupratori maschili.

Qui c'è proprio un obbrobrio semantico.

Invece di chiamare il rapporto sessuale che intercorre tra minore non consenziente e adulto abuso sessuale (o stupro) Antonelli parla di atti di omosessualità.
Immaginatevi di chiamare atti di eterosessualità gli stupri fatti dagli uomini alle donne e rendetevi conto del modo a dir poco pregiudizievole di riferirsi all'omosessualità.

Nella descrizione dell'atto si sottolinea l'assortimento sessuale della coppia ma NON il carattere di abuso del rapporto sessuale e si ytrasla la negatività dall'abuso all'atto di per sè.

L'abuso naturalmente non è dato dall'atto in sè ma dalla sua natura non consenziente. Tant'è che anche la pedofilia eterosessuale è un abuso ma per Antonelli lascia un segno meno indelebile

Ed ecco che la dimostrazione che etero e omosessualità non pososno godere di pari dignità (per atcer della bisessualità che non esiste come qui non esiste l'omosessualit femminile) diventa più smeplicemente una affermazionesi camuffata da dimostrazione.

Il fatto che un abuso pedofilo omosessuale maschile sia più indelebile di uno etero non dipende dall'abuso ma dall'omosessualità in sè. Non si dimostra ciò che si afferma ma si afferma che cioè che si afferma è così.

L'altra bugia che passa sottotraccia è che le persone, gli uomini, a commettere l'abuso sessuale pedofilo ai danni di bambini appartengano a determinate categorie:

“educatore-predatore”, in seminario, collegio, scuola, palestra…









Peccato che i dati di telefono azzurro dicano incontrovertibilmente che più dell'80% di questi abusi avviene IN FAMIGLIA ed è fatto dagli uomini quanto dalle donne ai danni tanto di bambini quanto di bambine e che non solo la pedofilia non è solo omnosessuale ma quela  etero (fatta cioè da uomini a bambine e, più raramente, da donne a bambini) è numericamente più consistente.


Così distratti dall'equiparazione infamante dell'atto di omosessualità come violenza sessuale non si nota la semplificazione della pedofilia ascritta a persone fuori dalla familgia e ridotta alla sola componente omosessuale maschile.

Il meglio (cioè il peggio) deve ancora venire. Con un salto logico che nemmeno lo stacco dall'osso animale all'astronave di 2001: odissea nello spazio Antonelli prima dice che se le perosne omosessuali vivono male è a causa della morale (non della politica?) retrograda che secondo lui cambierà anche tramite il matrimonio omosessuale (e infatti il matrimonio eterosessuale ha garantito le donne da 4mila anni di maschlismo...) e  poi aggiunge, collegando due cose che non sono collegabili,

In tal caso è da sperare che con l’avvento della nuova morale, grazie anche quindi al matrimonio omosessuale, si farà ben presto piazza pulita di tanti tabù e complessi, e si eliminerà il senso di colpa che affligge le vittime di atti omosessuali subiti in giovanissima età ad opera del classico “educatore-predatore”: prete, allenatore, insegnante…
Senso di colpa?

Quello delle vittime di abusi sessuali è un senso di colpa?


Cioè un vuoi vedere che è colpa mia?

Antonelli non solo perverte la realtà fattuale delle cose ma diffondendo odio per le persone non eterosessuali far derivare il senso di colpa che molti e molte omosessuali provano a causa dello stigma sociale dal senso di colpa delle vittime di abuso secondo una vecchia e cara teroria che l'omosessualità come la pedofilia nascono da un abuso subito in infanzia cosa che rimanda a un pedofilo e un omosessuale primordiali metafisici cioè fuori dalla realtà e dalla stroia visto che il primo pedofilo e il primo omsoessuale,
quelli che han cominciato la catena e non hano subito nessun abuso, in quanto primi non sono stati vittima di un abuso...
In una società veramente democratica  una perona come Antonelli non si serebbe mai vista pubblicare questo scritto disgustosamente omonegativo sul sito del corsera.
Soprattutto non sarebbe stato poubblicato senza due righe due di commento da parte dii Severgnini che lo ospita e che così' facendo per assenso apporva questo commento.

Senza bisogno di una legge contro l'omofobia che, se fosse in vigore in Italia, avrebbe mandato in galera Antonelli, Severgnini e il direttore del corsera, dove dovrebbero stare non solo per l'odio omonegativo ma per la disinfromazione che passano ocme dati di fatto.

Purtroppo l'Italia è il paese dove le donne gli stupri se li cercano e dove le vittime di abusi sessuali omosessuali sono più vittimte di quelle di abusi eterosessuali perchè la prima non è a normale e la seconda sì.

E poi i malati di mente si diceva siamo noi persone omosessuali...