Lo so,
comunismo reale non esiste. Nè voglio creare l'ennesimo neologismo.
Diciamo che per comunismo reale intendo riferirmi ai compagni e alle compagne di oggi, possibilmente etero e comunque
non dichiarat*.
Queste maestrine dalla penna rossa (qualunque sia il genere di appartenenza) rimaste ferme agli anni 70, quando la famiglia era ancora tutta da smantellare, per il patriarcato con cui al suo interno venivano divisi i vari ruoli, quella prima del divorzio (1970) del nuovo stato di famiglia (1975) e dell'interruzione volontaria della gravidanza (1978), una famiglia profondamente modificata dalle famiglie ricostituite dopo il divorzio (o la separazione), monofamiliari o allargate, queste maestrine dalla penna rossa dicevo, criticano radicalmente la lotta politica della collettività lgbtqi per l'estensione del matrimonio anche alle persone dello stesso sesso con argomentazioni di questo tipo:
con il rapporto matrimoniale diventato norma, continuerebbero a
essere escluse tutte quelle “marginalità” che non si riconoscono in
quella istituzione. Che scenario per loro? I gay, le lesbiche, i/le
trans single, i non monogami, coloro che non si vogliono sposare, quali
diritti per loro?
Il riconoscimento dei diritti non può passare solo attraverso il riconoscimento dell’istituzione matrimoniale.
Appiattite le contraddizioni, fatte rientrare le “marginalità” nella norma, inglobate nel sistema di produzione e ri-produzione.
Questo è il prezzo da pagare. Dentro se ti normalizzi, fuori se non ti
sottoponi a questo processo di istituzionalizzazione della tua
differenza che, inglobata nella massa, non sarà più tale. (Erica su Un altro genere di comunicazione)
Da un punto di vista anarchico, di principio, è vero che ogni legge che sancisce un diritto, dirimendolo in un modo piuttosto che un altro,
normalizza quel diritto. Dove normalizza non significa
lo rende normale ma lo rende
norma, crea cioè un confine tra ciò che sta dentro la norma e cioè che sta fuori, tra un nuovo lecito e un nuovo illecito che si sostituisce al divieto precedente, lasciando irrimediabilmente qualcosa fuori.
Per esempio, la legge 194 garantisce il diritto all'aborto
ma solamente entro il terzo mese di gravidanza (tranne casi che mettono in pericolo la vita della madre e comunque non oltre un determinato numero di settimane di vita del feto termine dopo il quale il feto può essere dato alla luce e continuare a crescere in incubatrice) . Quindi dopo quella scadenza non si può più abortire.
Prima quando la legge non c'era e si abortiva clandestinamente, lo si faceva a qualunque età del feto (come purtroppo si è scoperto succede talvolta ancora oggi...).Però che l'introduzione della legge abbia migliorato e regolato una situazione che prima non aveva alcun controllo è indubbio e le statistiche lo dimostrano.
Ma questo vale per ogni legge, per ogni diritto, per il cardine stesso della democrazia dove non solo la mia libertà finisce là dove comincia la tua ma non tutte le idee hanno diritto di cittadinanza (non quelle che discriminano, per esempio).
Insomma criticare l'estensione del matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso come
normalizzazione di una
differenza mi sembra una lamentazione di principio un po' sterile e pretestuosa.
Ma anche riconoscendone la validità
di principio non posso non notare tutta una serie di implicazioni non dette, ma insinuate, nelle considerazioni fatte da Enrica nel suo post ripreso dal sito
Marginalia.
Già in passato su Marginalia c'era stato un attacco forte alle rivendicazioni del movimento lgbtqi sul matrimonio egualitario, al quale avevo reagito con veemenza facendo mettere comprensibilmente sulla difensiva Vincenza e autrice del post.
Stavolta, provvisto di maggiore aplomb, provo a far notare le semplificazioni omofobe e transfobiche, la visione discriminatoria contenuta nel punto di vista politico qui proposto.
Vediamo.
con il rapporto matrimoniale diventato norma, continuerebbero a
essere escluse tutte quelle “marginalità” che non si riconoscono in
quella istituzione.
Il matrimonio non è un
rapporto, ma una istituzione civile nella quale ci si dichiara pubblicamente uniti e unite. Ci si dichiara come coppia pubblicamente e davanti alla società tutta alla quale si chiede e si ottiene il riconoscimento di essere una cellula che, unita, contribuisce al bene pubblico della società.
Questo diritto riguarda non tutti i cittadini ma solo quelli che costituiscono coppie di sesso diverso. I cittadini e le cittadine che costituiscono coppie dello stesso sesso sono escluse.
Va da se che tra gli effetti dell'estensione del matrimoni o anche alle coppie dello stesso sesso, riconoscendole come famiglia paritetica a quella di sesso diverso si dà dignità all'omosessualità tout court e quindi si contribuisce a stigmatizzare l'omofobia. Certo è un corollario ma da tenere in considerazione.
La rivendicazione del movimento sul matrimonio non chiede di creare un istituto
ad hoc per le coppie dello stesso sesso ma di estendere il matrimonio che già esiste anche alle coppie dello stesso sesso qualunque sia il loro orientamento sessuale non è detto infatti che le coppie dello stesso sesso siano necessariamente formate da persone omosessuali...
Erica confonde non so quanto surrettiziamente l'aggettivo omosessuale = dello stesso sesso con il sostantivo omosessuale = persona di orientamento gay e lesbico.
E' un modo fuorviante e discriminatorio di semplificare la cosa (come fa anche
il manifesto quando scrive matrimonio
tra gay).
E' l'assortimento sessuale della coppia a dirimere non l'orientamento sessuale dei suoi componenti. E poi esiste anche la bisessualità...
Comunque.
Ci sono molte coppie etero (di sesso diverso) che non si riconoscono nel matrimonio e infatti non si sposano.
Mi chiedo perchè chi è
contro il matrimonio invece di criticare solamente chi non può accedervi in quanto discriminat* chiede di poterlo fare, non critica anche tutte le coppie etero(=di sesso diverso) che sono sposate, dicendo loro di divorziare.
Per coerenza e per simmetria se si critica chi vuole accedere a un diritto negato si dovrebbe criticare anche chi accede a un diritto
che già ha.
Non mi pare che nel post si parli del matrimonio ristretto, si critica solo l'effetto che farebbe su chi chiede di volerne godere e dunque di allargarlo.
C'è dunque una
asimmetria di trattamento tra chi accede e chi vorrebbe accedere
al matrimonio, criticando di più (se non solamente) chi al matrimonio non può accedervi e lotta perchè
chi vuole possa farlo (e magari non lui o lei stessa, come il sottoscritto che non si sposerebbe mai ma non per questo vuole costringere gli altri e le altre a fare lo stesso...) e chi, già godendo del diritto, vi può automaticamente accedere.
Ogni asimmetria è una discriminazione.
Ancora.
con il rapporto matrimoniale diventato norma, continuerebbero a
essere escluse tutte quelle “marginalità” che non si riconoscono in
quella istituzione.
Perchè il condizionale?
Che forse non ci sono coppie di sesso diverso che, non credendo al matrimonio, non vi accedono? E queste coppie non sono anche loro nella
marginalità di chi rifiuta la norma?
Evidentemente per Enrica la marginalità non è un effetto di chi rifiuta la norma matrimoniale.
Si tratta di una
marginalità pregressa. Una marginalità data dall'orientamento sessuale.
Ma perchè una coppia di due uomini o di due donne è
marginale?
Non è, piuttosto, emarginata, esclusa dai diritti, discriminata?
No. Secondo Enrica le caratteristiche della marginalità sono proprio scritte nell'omosessualità o nella transessualità delle singole persone come si legge più avanti:
Che scenario per loro? I gay, le lesbiche, i/le
trans single, i non monogami, coloro che non si vogliono sposare, quali
diritti per loro?
Ed ecco l'errore, grossolano e discriminatorio, di Enrica.
Si crede, sbagliando, che allargare il matrimonio già esistente anche alle coppie dello stesso sesso significhi riconoscere dei diritti alle persone in quanto
gay, lesbiche e
trans.
Naturalmente non è così.
Il diritto al matrimonio è lo stesso e deve valere per tutti e tutte a prescindere da qualunque discriminante come anche quella dell'assortimento sessuale della coppia.
Facendo passare sottobanco lo slittamento semantico dell'aggettivo omosessuale dal significato originario
dello stesso sesso a quello sull'orientamento sessuale gay o lesbico (e mai bisex...)
, per Enrica le persone omosessuali
non sono uguali a quelle di orientamento etero tanto da necessitare di diritti ad hoc.
Diritti ad hoc che Enrica pretende che il movimento identifichi esclusivamente nella richiesta di estendere il matrimonio lasciando fuori alcune categorie di persone e cioè
i non monogami, coloro che non si vogliono sposare, quali
diritti per loro?
La rivendicazione per l'estensione del matrimonio non è una rivendicazione per dei non meglio specificati
diritti omosessuali.
La rivendicazione per il matrimonio egualitario vuole solo ripristinare uno dei diritti negati.
La domanda
coloro che non si vogliono sposare, quali
diritti per loro? è una domanda capziosa
perchè si ipostatizza che l'astensione del matrimonio sia una panacea a tutti i diritti mancati (visti come
ad hoc e non come
stessi diritti negati in quanto omosessuali bisessuali trans e intersex) mentre naturalmente il diritto al matrimonio garantisce e soddisfa solo chi si vuole sposare!!!
Anche il matrimonio etero(=tra perosne di sesso diverso) discrimina coloro che non si vogliono sposare. Allora perchè non mettere in discussione radicalmente il matrimonio chiedendo a tutte le coppie italiane sposate di rinunciare al matrimonio e dissuadere solo la minoranza che in base a una discriminazione non può sposarsi?
Quel che Enrica crede di dire è che ci sono certi diritti garantiti dal matrimonio che non son garantiti a chi non si sposa o a chi convive, magari senza essere legato da vincolo sessuale ma solo affettivo (familiari, amici).
Certi
diritti accessori del matrimonio (reversibilità della pensione, diritto di subentro a contratti di locazione o utenze, diritto di vista in carcere o in ospedale) sono negati a queste categorie e andrebbero certamente estese al di là del matrimonio.
Ma un conto sono le convnenze che non richiedno un impegno pubblico di creare una coppia, una familgia, un conto sono i matrimoni. Se ci sono dvono esserci per tutti e tutte non solo per un tipod i coppia e non per una ltro.
Non vedere questa discriminazione e non protestarla in nome di una presunto effetto normalizzante del matrimonio è irrispettoso nei confronti di tutti quelli e quelle che vorrebbero sposarsi e non possono farlo. E l'estensione di un diritto non danneggia mai certo chi non vuole sposarsi. E che Enrica da nazista o da fascista vuole imporre la sua visione politica all'universo mondo...
Ma non si può dire a una persona cui non è permesso di sposarsi con una persona dello stesso sesso, siccome il matrimonio discrimina le coppie di amici tu fai male a chiedere di poter accedere al matrimonio (che già c'è per le coppie di sesso diverso) perchè ti normalizzi!
O io sono discriminato o sono un marginale che si vuole fare normalizzare. Non posso essere contemporaneamente entrambe le cose.
Di nuovo, chiedo a Enrica : perchè non accusi della stessa vocazione normalizzante anche le coppie di sesso diverso che si sposano?
Perchè non chiedi a tuo padre e a tua madre di divorziare?
Forse perché anche per te come per Rosi Bindi il matrimonio è
di default solo per le coppie di sesso diverso?
Perchè se una coppia dello stesso sesso per te
marginale sposandosi si
normalizza mentre una coppia di sesso diverso no?
Forse perchè la coppia di sesso diverso è di per sé normale e quella dello stesso sesso no?
Mi sembra un moralismo borghese di accatto davvero patriarcale (matriarcale?) lo stesso che per esempio indusse Togliatti a cacciare Teresa Mattei dal PCI perchè ragazza madre...
Ancora.
I gay, le lesbiche, i/le
trans single, i non monogami, coloro che non si vogliono sposare, quali
diritti per loro?
A parte il linguaggio sessista de
i non monogami (e
le non monogame?) mi sembra che la rivoluzione sessuale della coppia aperta sia stato uno dei più clamorosi fallimenti di tutto il 68 comunardo e femminista.
L'estensione del matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso non è un laboratorio sociale, supponendo possibilità astratte, ma riconoscendo l'ammanco di diritti di famiglie omosessuali(=dello stesso sesso) già esistenti.
Quando ci saranno famiglie
trigamiche, poligamiche o vattelappesca, lo Stato dovrà porsi il problema anche dei loro diritti mancati.
Per ora sono una minoranza talmente inconsistente - sfido chiunque a dimostrarmi che esistono famiglie trigamiche stabili e che funzionano con lo stesso principio di reciprocità e assistenzialità della coppia - che il problema non si pone.
Tra l'altro non esistono coppie etero(=di sesso diverso) che non credono nella monogamia?
Allora perchè anche loro non sono messe nella
marginalità?
Il riconoscimento dei diritti non può passare solo attraverso il riconoscimento dell’istituzione matrimoniale.
Nessuno lo ha mai detto.
Anzi è vero il contrario. Il riconoscimento al diritto del matrimonio vale solamente per il matrimonio!
Appiattite le contraddizioni, fatte rientrare le “marginalità” nella norma, inglobate nel sistema di produzione e ri-produzione.
Vediamo il reciproco di questa affermazione.
Il matrimonio si basa sulla non marginalità, sulla riproduzione e sulla produzione.
Chi è marginale essendo diverso e diversa dalla norma se si fa
normalizzare perde la propria quidditas che per Enrica è una diversità che non riguarda il non volersi sposare (altrimenti annovererebbe anche le coppie di sesso diverso) ma una quidditas dell'omosessualità e della transessualità.
Insomma tu
frocio, tu
lesbica tu
trans se ti sposi rinneghi la tua diversità e ti normalizzi.
Perchè evidentemente le coppie di sesso diverso
sono già normali prima non è il matrimonio a
normalizzarle.
Voglio rispondere a Enrica come ha fatto Daniele Viotti con Rosi Bindi che, piccata, gli chiedeva
perché tu [gay]
e io [etero]
siamo uguali?
DAVANTI ALLA LEGGE SI'.
O i diritti sono gli stessi per tutti e tutte o nono sono diritti.
Non esistono diritti per i gay e le lesbiche (e trans e queer e intersex).
Chi la pensa così discrimina.
Va contro l'articolo 3 della nostra Costituzione che ci fa tutti e tutte UGUALI.
Questo è il prezzo da pagare. Dentro se ti normalizzi, fuori se non ti
sottoponi a questo processo di istituzionalizzazione della tua
differenza che, inglobata nella massa, non sarà più tale.
Io credo che la mia differenza non sia data dal mio orientamento sessuale come pretende Enrica..
Io non mi sento
differente da una persona di orientamento sessuale diverso dal mio.
Etero omo e bisessualità sono tutte tre opzioni di default.
Sono visto come diverso da chi considera il mio orientmaneto sessuale come diverso come fa Enrica per la quale il default è solo l'etrosessualità e i diversi e le diverse omosessuali e trans portano in sé il germe dell'antagonismo (secondo la vulgata cretina che tutti i gay e tutte le lesbiche di sinistra).
Nè mi sento
uguale alle altre persone di orientamento sessuale gay.
Altrimenti io dovrei essere uguale a Enrico Oliari di Gaylib che è gay come me e invece è un fascista.
Oppure Enrica, che presumo essere etero, sarebbe uguale a Santanché in quanto entrambi etero.
Purtroppo per Enrica, esistono gay e lesbiche di destra (esattamente come neri e nere di destra, come ebrei ed ebree di destra) e quando lottiamo per il riconoscimento dei diritti lottiamo anche per loro.
Dov'è la marginalità di Oliari? Non è la stessa, credo, cui si riferisce Enrica. E dovrebbe insospettire Enrica il fatto che Oliari è contro l'estensione del matrimonio alle coppie dello stesso sesso proprio come lei...
Perchè entrambi pensano che tutti i gay sono diversi e che meritano diritti ad hoc e non devono confondersi con la norma che è e rimane etero.
Se non è un pensiero discriminatorio, nazista e omofobo questo...
Quel che ci accomuna come popolazione lgbtqi non è la stessa visione del mondo ma
la stessa discriminazione.
Una discriminazione che passa
ANCHE ma non solamente per il divieto di accesso al matrimonio, l'unico che c'è.
Insomma Enrica cade nello stesso errore del socialista utopico ottocentesco che prima discrimina l'altro e l'altra vedendovi una diversità e poi si china magnanimamente verso loro dall'alto della sua normalità per riconoscer loro dei diritti ad hoc che mantengano quella marginalità che per Enrica dirime tutta la questione.
Con la scusa di essere contraria al matrimonio in realtà quel che dà fastidio a Enrica è che i froci e le lesbiche che sono fuori dalla norma vogliano imborghesirsi e ritornare nell'alveo della famiglia che per Enrica è ancora quella del 1969 prima dei divorzio.
Un post discriminatoria, omofobo e, concedetemelo,
naïf.
P. S.
Il post parla anche di
Pinkwashing. Di questa altra capziosissima, ridicola e omofobica considerazione mi occuperò in un post a parte.