sabato 24 luglio 2010

Preti gay su Panorama

Prima c'è l'articolo del Messaggero che anticipa quello di Panorama.
ROMA (22 luglio) - Preti sorpresi a frequentare i locali di ritrovo dei gay romani,
MMM non era meglio i locali romani gay? Perchè specificare che i gay sono romani? E perché specificare che i locali sono dei gay? Come se i preti anche se sono gay mantenessero una quidditas diversa dalla gayezza quale la pretaggine?
filmati con una telecamera nascosta durante feste notturne con prostituti e perfino durante un rapporto omosessuale con un partner casuale:
Già, certo che avere un rapporto eterosessuale con UN partner occasionale è un po' difficile.
I giornalisti fanno sempre questa specificazione ridicola: Leonardo e Marco hanno avuto un rapporto omosessuale. Basta dire rapporto sessuale è ovvio che essendo entrambi uomini hanno avuto un rapporto omosex... O no?
è questo il risultato di una inchiesta condotta dal settimanale Panorama, che nel prossimo numero sbatte in copertina «Le notti brave dei preti gay», con tanto di foto di due mani giunte su un rosario con lo smalto alle unghie.
della foto parleremo dopo
«Per venti giorni - afferma il settimanale - un giornalista di Panorama, affiancato da un complice gay, si è infiltrato nelle serate brave di alcuni preti che, a Roma, conducono una sorprendente doppia vita: di giorno sono sacerdoti in abito talare; di notte, smessa la tonaca, sono uomini perfettamente integrati negli ambienti omosessuali della capitale».
E pensare che Scalfarotto per dimostrare che è normale ha di recente detto che lui non ascolta tutto il tempo i Village People. Era meglio se diceva che la notte vede la tv e non va negli ambienti omosessuali della capitale.Ambienti omosessuali. Chissà come sono questi "ambienti". Sono gli ambienti a essere omosessuali o li fanno, gli ambienti, le persone omosessuali che li frequentano. Se entri in un locale gay ma sei etero rendi quell'ambiente un po' meno gay  o ti omosessualizzi tu un po'? Che modo ridicolo di parlare hanno i nostri giornalisti (sic!)
Panorama afferma di avere individuato «numerosi casi» e di averne raccontati «tre in particolare», usando nomi di fantasia: Paul, sacerdote francese di 35 anni, Carlo, sui 45, e Luca, «abbordato» su internet e poi ripreso in casa sua durante un rapporto omosessuale con il complice del cronista.
Di nuovo, un rapporto etero con IL complice del giornalista lo vedo molto arduo...
L'inchiesta racconta del primo incontro, avvenuto secondo Panorama il 2 luglio, tra il cronista e il suo complice gay con padre Paul, in un locale del quartiere romano di Testaccio, presente anche Carlo.

Davanti a loro, «due escort uomini hanno ballato seminudi»
Mazza! Addirittura seminudi!
con vari uomini, tra cui Paul, facendo poi sesso con alcuni di loro.
Lì? davanti a tutti???
Usciti dal locale, il complice gay del cronista di Panorama viene invitato a casa di Paul, gli chiede di indossare l'abito talare e ha un rapporto omosessuale, filmato con la telecamera.

Aridaje! che serve specificare che il rapporto sessuale è omosessuale? Cosa hanno fatto? baci? seghe? pompe? penetrazione? fisting? rimming? pissing? Ci sono MILIARDI di cose che possono fare due persone a letto.
Immaginatevi la cosa ridicola se Paul fosse andato con una con una donna e il giornalista avesse scritto e ha un rapporto eterosessuale, filmato con la telecamera.

Questi giornalisti di merda, che dovrebbero essere radiati da ogni albo perché non sanno nemmeno usare la lingua italiana, evidentemente con "rapporti omosessuali"  intendono cose strane, turche, non canoniche, perverse, innaturali, non normali come i rapporti etero. Alla faccia dell'omofobia!

Tutti i filmati a corredo dell'inchiesta - precisa il settimanale - saranno disponibili da domani sulla versione digitale di iPanorama sull'iPad.

Quindi io adulto consenziente che non faccio nulla di illegale, vengo ripreso a mia insaputa e i mie video messi online su un sito, a pagamento per giunta!
C'è da far chiudere Panorama PER SEMPRE (e far fare ai sedicenti giornalisti che vi lavorano quel che Mao faceva fare ai suoi giornalisti ZAPPARE LA TERRA)

La sera successiva, racconta sempre Panorama, Paul e Carlo si rivedono con il cronista di Panorama e il suo complice al Gay village di Roma, «mostrando -sottolinea il settimanale - di trovarsi a loro agio in quell'ambiente».

Ma che cosa vuol dire??? A loro agio in quale ambiente? Il Gay Village è frequentato da etero, ragazzi e ragazze. Ma il giornalista sa di cosa parla?

Paul e Carlo si rivedono con il cronista di Panorama e il suo complice al mercato di campo de fiori di Roma, «mostrando -sottolinea il settimanale - di trovarsi a loro agio in quell'ambiente». Vi rendente conto del ridicolo?!?!?

Badate che anche se riporta le affermazioni di Panorama il giornalista del Messaggero  trova quelle frasi del tutto comprensibili e di senso compiuto altrimenti non le riporterebbe e basta ma le commenterebbe...

Il giorno dopo, domenica 4 luglio, sempre secondo Panorama, Paul ha celebrato la messa su un tavolino della propria abitazione, alla presenza del cronista di Panorama e del suo complice. Panorama sostiene di aver verificato «che Paul è effettivamente un prete».
Perché celebra la messa?
Con Carlo c'è un secondo incontro in un ristorante del centro di Roma, «abitualmente frequentato da gay».

Si sa i gay si riconoscono come i migranti, gli zingari, le donne e i bambini vanno tutti in giro con lo smalto rosa fucsia
Alla fine del pranzo, «Carlo ha portato il complice di Panorama nel suo appartamento, che è collegato a una grande struttura ecclesiastica, e ha avuto con lui un rapporto sessuale», anche questo ripreso dalla telecamera nascosta.


Stavolta niente "omosessuale" meno male!

«Il cronista di Panorama - afferma ancora il settimanale - ha anche filmato Carlo mentre celebrava messa in una chiesa non lontana dal suo appartamento».
Cosa disdicevole per un prete!!! Come dire prima ha preso cazzi in mano e poi senza lavarsele ha toccato l'ostia...
Il terzo prete, Luca, è stato avvicinato da Panorama attraverso internet, su una chat omosessuale: dopo un approccio esplicito, cui è seguito un appuntamento, l'incontro è avvenuto il 6 luglio «davanti alla chiesa di una missione cattolica».
Che prete sfrontato! Non solo è gay ma fa incontri addirittura davanti la chiesa!!!

È «puro scandalismo», secondo autorevoli fonti vaticane, l'inchiesta sui preti gay svolta da Panorama. Nessun commento alla notizia è giunto dalle fonti ufficiali, ma in ambienti della Santa Sede, la notizia è apparsa «priva di prove concrete e circostanziate» ed è stata vista come «un tentativo di trovare ad ogni costo argomenti forti per svegliare i lettori sotto l'ombrellone», come fosse «un serpente di mare». «E quand'anche si volesse sviscerare un argomento così complesso e delicato quale la sessualità dei sacerdoti - aggiunge la fonte - non basterebbe un'inchiesta di 15 giorni, per quanto accurata».

L'inchiesta di Panorama sui preti gay è documentata: lo precisa il direttore, Giorgio Mulè, replicando alle osservazioni di fonti vaticane che parlano di notizia «priva di prove concrete e circostanziate». «Le anonime ma autorevoli fonti vaticane citate relativamente all'inchiesta di Panorama sulle notti brave dei preti gay a Roma - sottolinea Mulè - parlano di una notizia priva di prove concrete e circostanziate ed è bollata come un tentativo di trovare ad ogni costo argomenti forti per svegliare i lettori sotto l'ombrellone».
bella ripetizione...
«Desidero rassicurare le anonime fonti vaticane invitandole a recarsi in edicola per leggere l'inchiesta.
Un po' di pubblicità non fa mai male. 
Ove non fosse sufficiente sarò lieto di fornire loro nomi, cognomi e indirizzi dei sacerdoti che hanno compiuto atti sessuali, peraltro documentati da riprese video incontrovertibili.
e vai in galera, visto che c'è il diritto alla privacy VISTO CHE I SUDDETTI PRETI NON HANNO COMMESSO REATO ALCUNO. Siamo arrivati alla delazione come durante il Ventennio. Perchè Panorama è ancora online? Perchè la rivista non è stata sequestrata? perchè il direttore non è già in GALERA dove è stata buttata via la chiave?

I nostri lettori, inoltre, saranno sicuramente svegliati dalla nostra inchiesta. Ma le anonime fonti mi credano: avremmo preferito non disturbare il loro riposo piuttosto che raccontare questa squallida storia».
Squallido è Panorama e il suo direttore. Anche perchè non attacca i preti che non osservano il celibato, ma solo quelli gay. dunque è l'omosessualità ad essere squallida.
Quindi un prete che per conto proprio nel tempo libero va in un locale a ballare è squallido più di un politico eh usando le auto blu paga 3 mignotte per se e altri cazzi al vento vecchi e panzuti come lui... Capita l'antifona.
Il Messaggero però non fa analisi si limita a riportare l'articolo condividendone di fondo il giudizio estremamente negativo di Panorama: preti froci? che schifo! quelli etero possono invece tranquillamente andare a mignotte o trans.

Poi c'è l'articolo di Panorama. Che  va in edicola con questa copertina.


Omosessualità ancora confusa con effeminatezza e unghie laccate di rosa (sic!),bel palato quelli di panorama coltivano per i propri lettori. Volgare, maschilista patriarcale e omofoba propri come metà degli italiani, quelli che continuano a votare Berlusconi, proprietario di questo settimanale.
Ecco il testo (e le foto) pubblicato sul sito
Un’inchiesta con telecamera nascosta, seguita da verifiche minuziose e da controlli accurati. Per venti giorni Carmelo Abbate, giornalista di Panorama, affiancato da un «complice» gay,
I giorni da 15 (per il messaggero) sono diventati 20. Almeno qui complice è tra virgolette
si è infiltrato nelle serate brave di alcuni preti che, a Roma, conducono una sorprendente doppia vita: di giorno sono sacerdoti in abito talare; di notte, smessa la tonaca, sono uomini perfettamente integrati negli ambienti omosessuali della capitale. Quella che ne è uscita è un’inchiesta sul campo che ha permesso di scoprire una realtà inedita
Veramente già nel lontano 1994 Thomas Migge, pubblicò in Italia un'inchiesta di tutt'altra levatura giornalistica. Il libro è Può mai l'amore essere peccato? pubblicato per i tipi della Marsilio. Giornalista tedesco, abbordò i preti come per un incontro (avvicinandoli in luoghi di incontro o sulla linea 64 dell'autobus) e poi rivelava la vera natura dell'incontro, molti hanno negato l'intervista, molti hanno risposto. Ne è nata una casistica molto interessante e molto umana nella quale il giornalista, con strumenti culturali professionali ma anche umani direi ben più profondi di quelli di Panorama descrive l'umanità degli intervistai che prima ancora di esser e preti sono esseri umani con le debolezze e i difetti di tutti. nessuna demonizzazione ma solo la volontà di capire e di sapere come vivono quei preti la propria clandestinità.
Miliardi di anni luce dall'abisso di bassezza morale, nullità professionale, scempio deontologico e comportamento al limite del reato penale (spero che la magistratura aprirà una indagine al più presto) di qunato fatto da Panorama e i suoi giornalisti (sic!).
e per certi versi sconvolgente: sacerdoti che partecipano a feste notturne con escort uomini; che hanno rapporti omosessuali con partner casuali; che frequentano chat e ritrovi gay.
Le chat, essendo ambienti virtuali non si frequentano, ma vai a spiegare l'italiano a gente che ha in spregio la deontologia professionale...
Panorama ha individuato numerosi casi
casi, come si trattasse di un crimine, di qualcosa di eccezionale, di strano,etc...
e ne ha raccontati tre in particolare: quello di Paul, quello di Carlo e quello di Luca (i nomi sono inventati per proteggere l’identità dei sacerdoti).
Il primo, un francese sui 35 anni, ha incontrato il cronista di Panorama venerdì 2 luglio, in una festa gay in un locale del quartiere di Testaccio.
Una festa gay in un locale? una normale serata del locale o si festeggiava un evento particolare? Perché usare la parola festa? se non per sottolinearne surrettiziamente l'aspetto vizioso?
Nella serata, cui partecipavano – retribuiti - due escort uomini che hanno ballato seminudi con il prete e con altri ospiti (praticando poi sesso gay con alcuni di loro),
ecco che ritorna il discorso di prima, come fanno due uomini a praticare sesso etero?... A cosa serve questa specificazione se non a usare la parola gay in modo piccante?
era presente anche Carlo, il secondo prete, che ha un’età tra i 45 e i 50 anni. La notte termina a casa di Paul, dove il complice gay del cronista di Panorama prima chiede al prete di indossare l’abito talare e poi ha un rapporto sessuale con lui, ripreso dalla telecamera nascosta.
Intanto compiaiono alcuni estratti dai video ripresi, senz autorizzazione, illegali perchè non sono prova di alcun crimine ma sono una epslicita violazione della privacy.
 MA scommettiamo che il direttore di Panorama in galera non ci andrà?

La sera successiva Paul e Carlo hanno dato appuntamento al cronista di Panorama e al suo complice al Gay village di Roma, mostrando di trovarsi a loro agio in quell’ambiente.
Il gay village è un posto normalissimo dove si balla si beve e si fumano sigarette, frequentato da tantissimi etero e tantissime donne non tutte lesbiche. Perché specificare che il prete si trovava a suo agio in quel posto?
In questa occasione, Carlo più volte si è assentato sostenendo di averlo dovuto fare per evitare di incontrare quelli che aveva riconosciuto come altri preti o catechisti.
Altra affermazione falsa. Anche gli altri preti o catechisti erano nello stesso luogo infamante quindi erano tutti costretti alla stessa omertà che tutelava ognuno individualmente.
La serata si è chiusa con lo stesso finale della precedente.
Come per dire che a differenza degli etero che sono fantasiosi i gay sono ripetitivi, maniacali, compulsivi, caratteristiche di un atto sessuale che è un vizio e non una normale variante della sessualità umana.
Il giorno dopo, domenica 4 luglio, Paul ha celebrato la messa su un tavolino della propria abitazione, alla presenza del cronista di Panorama e del suo complice.
Il videoeditoriale del direttore: abbiamo le prove
Le prove di cosa? 


Panorama ha verificato che Paul è effettivamente un prete. Con Carlo, invece, l’incontro si è svolto in un ristorante del centro di Roma, abitualmente frequentato da gay. Carlo ha indicato una coppia di uomini a un altro tavolo, sostenendo che uno dei due fosse un prete e che fossero «fidanzati».
Fidanzati tra virgolette. perchè mentre un prete può essere fidanzato con una donna due uomini possono solo scimmiottare le pratiche etero... Omofobia allo stato puro
A suo dire, il locale è abitualmente frequentato da tanti prelati gay.
Carlo ha sostenuto anche che almeno il 98 per cento dei preti che conosce è omosessuale,
affermazione priva di qualunque spessore statistico.
ma ha aggiunto che nella Chiesa di oggi c’è una parte «intransigente» che si sforza di non guardare la realtà, e un’altra parte più «evangelica», che invece riconosce e accetta il fenomeno dei preti omosessuali.
Non per la dottrina ufficiale.
Al termine del pranzo, Carlo ha portato il complice di Panorama nel suo appartamento, che è collegato a una grande struttura ecclesiastica, e ha avuto con lui un rapporto sessuale, anche questo ripreso dalla telecamera nascosta.
Il cronista di Panorama ha anche filmato Carlo mentre celebrava la messa in una chiesa non lontana dal suo appartamento. Sulla versione online di “Panorama” e sull’iPad saranno disponibili, dal 23 luglio, tutti i filmati a corredo dell’inchiesta.
 Il Vicariato ha subito rilasciato una dichiarazione


La rivista Panorama nel numero di oggi, venerdì 23 luglio, pubblica un lungo articolo dal titolo “Le notti brave dei preti gay”. L’estensore del servizio afferma di aver frequentato alcuni sacerdoti gay e di aver documentato i loro comportamenti con una telecamera nascosta. La finalità dell’articolo è evidente: creare lo scandalo, diffamare tutti i sacerdoti, sulla base della dichiarazione di uno degli intervistati secondo il quale «il 98 per cento dei sacerdoti che conosce è omosessuale», screditare la Chiesa; e - per altro verso - fare pressione contro quella parte della Chiesa da loro definita «intransigente, che si sforza di non guardare la realtà» dei preti omosessuali.

I fatti raccontati non possono non suscitare dolore e sconcerto nella comunità ecclesiale di Roma, che conosce da vicino i suoi sacerdoti non dalla “doppia vita”, ma con una “vita sola”, felice e gioiosa, coerente alla vocazione, donata a Dio e a servizio della gente, impegnata a vivere e testimoniare il Vangelo e modello di moralità per tutti. Questi sono gli oltre 1.300 sacerdoti delle 336 nostre parrocchie, degli oratori, delle molteplici opere di carità, degli istituti di vita consacrata e delle altre realtà ecclesiali operanti nelle università, nel mondo della cultura, negli ospedali e sulle frontiere della povertà e del degrado umano, non solo nella nostra città ma anche in terre lontane e in condizioni assai disagiate. Chi conosce la Chiesa di Roma - dove vivono anche molte centinaia di altri preti provenienti da tutto il mondo per studiare nelle università, ma che non sono del clero romano né impegnati nella pastorale - non si ritrova minimamente nel comportamento di costoro dalla “doppia vita”, che non hanno capito che cosa è il “sacerdozio cattolico” e non dovevano diventare preti. Sappiano che nessuno li costringe a rimanere preti, sfruttandone solo i benefici. Coerenza vorrebbe che venissero allo scoperto. Non vogliamo loro del male ma non possiamo accettare che a causa dei loro comportamenti sia infangata la onorabilità di tutti gli altri.

Dinanzi a simili fatti aderiamo con convinzione a ciò che il Santo Padre Benedetto XVI ha ripetuto più volte negli ultimi mesi: «i peccati dei sacerdoti» ci richiamano tutti alla conversione del cuore e della vita e ad essere vigilanti a non «inquinare la fede e la vita cristiana, intaccando l’integrità della Chiesa, indebolendo la sua capacità di profezia e di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto».

Questo Vicariato è impegnato a perseguire con rigore, secondo le norme della Chiesa, ogni comportamento indegno della vita sacerdotale.

23 luglio 2010 (fonte Romasette.it sito del vicariato di Roma.

Il disonore non è fare del sesso ma praticare del sesso gay. Nessuno si sogna infatti di fare accenno ai preti etero che scopano con donne o mettono su relazioni sentimentali con donne. Nessuno chiede loro di venire allo scoperto. nessuno pensa che un prete che fa sesso con una donna infanghi tutta la chiesa. Un prete che scopa con un uomo, maggiorenne e consenziente..., sì.
Le posizioni della chiesa sono medievali a dir poco e sono degne della peggiore omofobia talebana e islamica. La chiesa va censurata, criticata, denunciata e le va impedito di discriminare i reti gay, non perché on li vuole nel suo connesso, è libera di farlo, ma perchè li accusa di infangare l'onorabilità degli altri preti, evidenziatone anche di quelli che fanno sesso con donne.

Le reazioni da parte dfi tutto il mondo omosessuale e non non si sono fatte attendere. Anche whad ha detto la sua, con puntualità e precisione. ecco il testo integrale che potete leggere anche su Facebook e sul sito Wehaveadream.eu.

Con una copertina aderente allo stile del settimanale, Panorama pubblica oggi un pessimo articolo - ampiamente pubblicizzato già ieri - sulla vita notturna di alcuni preti omosessuali mischiando omofobia e pruderie, gossip di bassa lega e disinformazione.
La copertina: due mani giunte con un rosario e lo smalto rosa sulle unghie. Non sappiamo chi siano i grafici di Panorama e non sappiamo che luoghi e quali omosessuali frequentino, ma diciamolo con franchezza: con quell’immagine molto old style vuole associare l'idea dello smalto, simbolo stereotipato della femminilità, all'omosessualità facendo l'equazione "gay = donna". Nulla di più falso, nulla di più stantio.

Tornando invece all'articolo vero e proprio vi si legge solo di preti adescati e filmati anche durante rapporti sessuali senza il loro consenso in barba alla filosofia sulla privacy. Anche questa volta il filmato ha un solo scopo che non è certo fare un’inchiesta su un illecito o su un malcostume:

- perché non c’è nulla di nuovo sotto il sole: tutti ricorderanno il servizio di Exit, il programma di La7 condotto da Ilaria D’Amico.

-perché due persone adulte e consenzienti che hanno un rapporto sessuale consensuale non commettono alcun reato

-perché si prova a sputtanare una categoria, quella dei preti, che vengono cosi accomunati tutti, indiscriminatamente, a viziosi, ma non ci è dato però di sapere cosa pensino questi uomini dell'omosessualità e come la vivono

-perché si prova a sputtanare una comunità, quella delle persone gay che vengono - ancora una volta - mostrate come interessate solo al sesso promiscuo.

Ci sembra ovvio che ci sono un sacco di preti eterosessuali e ci aspettiamo quindi che per contraddire le nostre supposizioni e dimostrare che l'intento era solo di informare dell'esistenza di un fenomeno Panorama faccia anche un reportage su quei preti eterosessuali che hanno rapporti con prostitute, che hanno relazioni stabili e a volte figli.

Di fronte a questo servizio, è da notare che il vicariato di Roma, al contrario dei casi di pedofilia, che vengono insabbiati o sminuiti, chiede ai preti omosessuali di venire allo scoperto e di rinunciare ai “benefici” – che credevamo non esistessero – derivanti dallo status clericale.

Esprimiamo anche forti perplessità per le dichiarazioni di alcuni esponenti dell’associazionismo gay che nel tipico sport della corsa al comunicato e alle dichiarazioni a mezzo stampa, invece di rinunciare ad un contributo allo sciacallaggio messo in atto da Panorama, confessano esperienze personali, danno numeri e aiutano a definire topologia e vademecum per partecipare a questi incontri.

-We Have a Dream-
Un attacco ai gay e alla cheisa senza precendenti, fatoda Berlsuconi che sta evidentemente preparando una ttacco totale per difendersi da quella che teme essere la sua fine politica. Un messaggio in stilemafioso d iavvertimento possimao toccare chiuqnue non ci fermiamo davanti a niente.
Nemmeno il paese civile però.
Stilizzereremo diverse manifestazioni di protesta. Sarete prontamente informati qui e su facebook.

giovedì 22 luglio 2010

Fabri Fibra Omofobo e maschilista ovvero da che cosa capiamo che uno è gay?

Fabri Fibra per me era solo un nome,
una faccia da pirlone,
un ragazzo un po' coglione,
puttaniere e volgarone.

No non è uno dei testi di Fabri Fibra ma quel che fino a ieri ho pensato di lui.

Poi leggo sulla rete che in una sua canzone (sic!) recente, ha detto di Marco Mengoni che è gay.

Ecco la parte di testo vituperata:
Secondo me Mengoni è gay ma non può dirlo
Perché poi non venderebbe più una copia
Già me lo vedo, in camera arriva una figa
Prende il suo cazzo in mano e lui "lasciami, ti prego!"

La prima frase è quasi  condivisibile, denuncia una certa omertà imposta dal mercato discografico, e l'omofobia di fondo di chi i dischi li vende (non so se anche quella di chi i dischi li compra, siamo sicuri che se Marco Mengoni si dichiarasse pubblicamente gay venderebbe per questo meno dischi? Io non lo so).
Non credo comunque che quel che darebbe fastidio del coming out sarebbe il calo delle vendite quanto le implicazioni politiche di chi facendo coming lo fa per autodeterminarsi e dunque contro tutti gli omofobi istituzionalizzati, chiesa e governo in testa, oltre al fatto che, se sei dichiaratamente gay, non vai più in tv,non vai a Sanremo, etc...
Di quello hanno paura le major discografiche non del calo diretto di vendite.

Tornando alla canzone (sic!) di Fabri è la seconda frase che fa vomitare (possibilmente in faccia al suo autore).

In camera arriva una figa
cioè non una cozza e con una figa si rizza a tutti i maschi
prende il suo cazzo in mano
si sa le fighe fanno quello
e lui "lasciami, ti prego!"
Ecco come si comportano, secondo Fibra, i gay (maschi) di fronte alle fighe, si negano, impauriti e in difficoltà, forse profondamente disgustati.

Che visione Fibra ha dell'eterosessualità, del sesso, dei rapporti uomini donne?

Un fallocentrismo imbarazzante e stucchevole che ritorna in molte sue canzoni.
questa ragazza sa che l'ho vista
e comincia a sculettare piano
cosa farebbe una vera egoista
aspetta qualcuno che le dica ti amo
ma appena vede cosa le avvicina
prende i pantaloni e me lo prende in mano
(Che Culo! Che Figa!, dall'album Pensieri scomodi, 2006)
e mi ritrovo una giapponese
in un privé a luci rosse accese
Sembri avere un bel figurino
vuoi passare un bel momentino
paga prima non c’è scontrino
cento euro e ti fai il festino
Tokio Pechino culo e bocchino
cinque ragazze nel salottino
scegline una e paga bambino.
E non mi sembra vero ma ce l’ho fatta
quindi prendo il portafoglio pago e svuoto la sacca
sono talmente ubriaco che sbaverei su queste fighe
ma con un cazzo atrofizzato dopo che ho fatto cinque righe
comunque svolto questa sera mi sono scelto la più seria
la giapponese in giarrettiera
con una faccia che sembra a sfera
che mi tocca la bomboniera
la seconda pasta fa effetto
sette chili in sette giorni tipo la clinica di Pozzetto
io rimango in piedi eretto con in mano il mio biglietto
e davanti un gabinetto In mezzo a due camere da letto
la tipa entra in una e fa l’occhietto
avanti vieni che ti aspetto
mi fiondo dentro come il proiettile sparato in testa a Carletto
con un cazzo che è un carciofo e uno scroto che è uno scrofo
Sono due mesi che non scopo quindi immaginami dopo
due secondi e son già nudo questo è il vero sesso crudo
lei mi tampona la cappella con la bocca pronta a fare judo! (Solo una botta dall'album Mr. Simpatia, 2004)
Insomma un porco maschilista che ha della sessualità e delle donne una visione a dir poco distorta.
E se altri ragazzi non si comportano come lui pretende i ragazzi debbano comportarsi  ecco che sono froci, come Mengoni, che scappa se una ragazza gli mette le mani nei pantaloni. Magari anche molte ragazze la pensano così, che il vero maschio è maschio proprio perchè ha questa visione della donna, donne che magari hanno anche tanti amici gay coi quali invece, non avendo i gay le donne come oggetto sessuale, possono intavolare un discorso che non sia orizzontale...


Ora quel che mi preme sottolineare in questo post non è tanto la fissa omofoba e transofoba di Fibra (che pure c'è):

scendo in pista come il Piotta quando si veste da surfista
ho la mente del masochista
quando ballo come un teppista
questo gay che mi si avvicina cosa pensa tra noi esista
quindi io gli volto le spalle
ma sto gay mi tocca le palle
io mi scanso verso l’uscita
cazzo che figa chi è quella tipa
e questa ragazza si che mi ingrifa
lecca la lingua della sua amica
poi mi ficca questa pasticca in bocca
ma c’è un gay che mi è dietro e tocca
un altro gay che mi lecca il collo (Solo una botta dall'album Mr. Simpatia, 2004)

testo che ha sollevato già illo tempore una marea di critiche con annesso boicottaggio del movimento gay  (quando ancora c'era e si dava da fare...)  critiche dalle quali Fibra si difese dicendo di non avercela con i gay «ma con l'icona del ragazzo di successo pettinato, lampadato e con la cremina che ha perso virilità». (fonte corriere della sera del 29 giugno 2006) replica nella quale si riconferma il maschilismo patriarcale di Fibra (un ragazzo lampadato e con la cremina perde in virilità (sic !).

Oppure
Questa musica e' una figata
anche se poi (tu non la sai ballare)
chiuditi in gabinetto finche puoi (insieme a un transessuale) (Che Culo! Che Figa!, dall'album Pensieri scomodi, 2006)
o, ancora,
Ciao Fibra, compare, scusa la calligrafia da prima elementare,
sono un matto omosessuale, mi chiamo Piero e non so volare.
Ti spedisco le mie mutande perché penso che tu sia un grande,
e s’è vero che odi i gay è perché in fondo un po’ lo sei…”

Ciao Piero. Io mi chiedo: ma sei serio!?
Questo tanga che stringo in mano mi vuoi dire ch’è tuo davvero!?
Non ci credere che odio i gay, mi confondi con qualcun altro,
e se mio figlio nascerà gay io mi lancio dal palco!! 
(La posta di Fibra dall'album Bugiardo, 2007)
Quel che mi preme sottolineare, analizzare e ragionare con voi  sono le considerazioni fatte sul suo ultimo testo omofobo.
Su Facebook, ci si è indignati per la canzone, creando un gruppo di boicottaggio. Tre le posizioni, sintetizzando, tutte miopi e parziali. 1) Fabri non dice niente di male, dare del gay a Mengoni non è un'offesa, se qualcuno lo pensa l'omofobo è lui. 2) Ma che mi importa se mengoni è gay, anche se lo fosse mi piacerebbe lo stesso (della serie l'omosessualità fa schifo ma io ti perdono) 3) ma quale omofobia si tratta di outing... (detta dai froci, che, si sa, si devono distinguere a fare i furbetti che stanno più a destra...)
Quel che sfugge ai più (con rare eccezioni tra cui , nel gruppo di boicottaggio, quelle di una signora non più ragazzina) è che la cosa grave non è aver detto che Marco Mengoni è gay ma la reazione di Marco-presunto-gay che Fibra descrive nel verso successivo. Anche chi nota la frase, constata che è magari un tantinello offensiva ma preferisce concentrarsi sull'omofobia di chi se è gay si nasconde e non lo dice (e per tutti Marco Mengoni è gay lo sanno anche le pietre), sull'omofobia di chi pensa che dare del gay sia offensivo (che però per molti lo è, nel senso che, purtroppo, ancora oggi, se vuoi offendere un uomo gli dai del frocio, proprio come se vuoi offendere una donna le dai della puttana), sull'outing che Fibra avrebbe fatto ma quale omofobia. Ignorando il maschilismo degli altri suoi testi.
Perché si pensa che Mengoni sia gay?
Perché oltre a Mengoni si citano altri ragazzi usciti fuori dai reality della nostra tv? Marco Carta, Simone Scanu? Perché li si pensa gay? Perché li si pretende gay?
Temo che li si pensi gay perchè, nel bene o nel male (che siano davvero gay o no) ne portano i segni esteriori, quelli classici del maschilismo patriarcale. Basta derogare un po' dallo stereotipo del maschio doc ed eccoti nella categoria del gay, che non ha nemmeno dignità di essere una categoria a sé, ma significa, più semplicemente, non virile, e, dunque, femmina.
Tanto si sa i gay sono più sensibili, hanno gusto in fatto di arte, di moda e di cultura, sono bravi nei mestieri artistici guarda caso tutte qualità del femminino, in barba ai gay muratori, carpentieri, buzzurri e maschilisti che eppure ci sono, eccome.
Da un lato il gossip, che magari qualcuno, delirando, ammanta di pseudo spessore politico dicendo che è Mengoni a essere omofobo perchè non fa coming out e che Fibra ha fatto bene a fargli fare outing dimenticando che outing (cioè rivelare l'orientamento sessuale di qualcuno) lo si fa solo se quel qualcuno fa pubbliche dichiarazioni contro gli e le omosessuali il che non è il caso di Mengoni.
Dall'altro la consacrazione e l'eterna conferma dei più triti cliché maschilisti omofobi e sessisti: sei sensibile? Sei frocio.

Scommettiamo su quanti scriveranno dicendo che è così? che Mengoni è gay, è evidente? E' lo stesso delirio della seminarista sfranta, lo stesso delirio maschilista e omofobo di molti gay che si illudono che (auto)rappresentarsi checche abbia un significato politico eversivo e rivoluzionario (ce l'ha ma è conservatore e reazionario).

Io continuo a chiedermi, al di là dei segni esteriori, PERCHE' SI PENSA CHE MENGONI SIA GAY?
Che cosa significa "essere gay" in una società dove ti appioppano un'etichetta che nemmeno sanno bene come usare (visto che di recente si sono inventati i gay for pay, cioè porno-attori che fanno sesso con altri porno-attori ma per soldi mica sono gay... Allora essere gay non si riferisce all'orientamento sessuale, a con chi vai a letto e ci fai cosa (sei attivo o passivo ? altra etichetta penosa).
Essere gay vuol dire abbracciare una cultura, del consumo, del gossip, del ben vestire,   dell'odiare le donne dell'essere promiscui discotecari apolitici apartitici a infami.
In ogni caso, Mengoni che c'azzecca????









mercoledì 21 luglio 2010

Il coordinamento Roma pride? Fuori dal mondo!

Hanno diviso il movimento, sfiduciati da buona parte della sinistra che ha spiegato in un documento perchè loro erano contrari alla gestione del pride romano 2010 e, di fatto, al pride così organizzato non si sentivano di poter andare (scelta discutibile e irresponsabile, perchè il boicottaggio danneggiava il pride e le persone, non le associazioni del coordinamento, ma non priva di ragioni).
Si sono compiaciuti dell'assenza dal pride dei centri sociali (così come Imma Battaglia si lamentò dei pride passati troppo schierati a sinistra).
Hanno presentato una settimana del pride priva di eventi culturali e politici, fatto venire meno gente, criticato berlusconiananamente ("chi è contro di noi è contro la causa") chi per motivi politici non si sentiva di venire al pride, hanno fatto degli interventi sul palco alla fine del pride dove si ricordavano solo le vittime dell'omofobia ma non se ne analizzavano le cause (e chi lo ha fatto, come uno dei genitori dell'AGEDO, è stato praticamente zittito).
Adesso invece di partire dalla sconfitta politica, di ripartire dallo strappo che il loro pride ha costituito e causato, incuranti del danno fatto al movimento, si autoincensano e proseguono come niente fosse scrivendo un comunicato ridicolo e presuntuoso, proprio come sono loro.  

Dopo il successo del Roma Pride del 3 luglio scorso,
hanno la faccia tosta di chiamarlo successo!
prosegue l’impegno del coordinamento che ha riunito associazioni e persone volontarie che danno vita al coordinamento ‘Roma Pride’, attraverso il quale il Pride sarà un'iniziativa che dura tutto l’anno.
4 associazioni,  2 smaccatamente di destra 2 simpatizzanti. Tutto il resto non conta.
Il Coordinamento 'Roma Pride' apre una nuova fase costituente, con l’obiettivo di dare spazio e voce alle persone che vogliono dare il loro contribuito di presenza e di partecipazione,
cioè noi coordiniamo e voi fate gli schiavi!

Una vera costituente detta le regole da sola. Non si è mai vista una costituente che impone delle regole pregresse ai nuovi membri che dunque non sono paritari ma, appunto, servono solo ad essere sfruttati come forza lavoro "vogliono dare il loro contribuito di presenza e di partecipazione".
insieme alle associazioni e alle altre realtà interessate
quindi quelle che hanno criticato la gestione del pride appena trascorso, non essendo interessate, no...
e che sono presenti sul territorio di Roma e del Lazio, comprese quelle che hanno una dimensione nazionale. 
Di nuovo escludendo le associazioni locali di altre parti di Italia che invece la vecchia gestione annoverava tra gli organizzatori del pride. Perché?
Per essere meno pluralisti, e per dare davvero una sola voce a Roma in maniera alquanto mussoliniana... Laddove il coordinamento precedente pur non essendo davvero nazionale almeno, annoverando associazioni "locali" di altre città, dimostrava di averne la vocazione.
L’obiettivo è quello di creare e far vivere un luogo stabile di  partecipazione, di confronto e di discussione per il movimento lgbtiq (lesbiche, gay, bisessuali, trans, intersessuali e queer), attraverso il quale realizzare un ampio coordinamento tra le diverse realtà, per rilanciare un’azione politica, sociale e culturale unitaria nella Capitale.
Dunque prima fai un blitz, un golpe, dividi (e imperi) ti tiri dietro miliardi di critiche e invece di ripartire da lì fai finta di niente e ti proponi come un'organizzazione super partes nella quale se vogliono possono starci tutti?
MA CON QUALE FACCIA TOSTA?
Il coordinamento 'Roma Pride' sarà una soggetto permanente, che come accade in molte altre città italiane o straniere, si dedicherà all'organizzazione del Pride e degli eventi di preparazione e di approfondimento in un percorso partecipato e condiviso durante tutto il corso dell’anno.
Siccome lo hanno organizzato quest'anno, incuranti dei risultati come minimo deludenti, lo organizzeranno anche gli anni a  venire, in barba al pluralismo, all'avvicendamento democratico, ignorando nuove forze che magari possono fare meglio e di più. Sempre per il loro coordinamento dovranno passare.

In ogni caso su quali contenuti politici?

Ah saperlo!

Il primo appuntamento è l’EuroPride 2011 che si terrà nella Capitale, che il coordinamento ‘Roma Pride’ sosterrà con tutte le proprie forze e risorse.
Cioè dopo aver detto peste e corna dell'unico legittimo organizzatore dell'Europride  (Mario Mieli che, guarda caso, non viene minimamente nominato) ignorandolo si dicono sostenitori di quell'evento? Questi continuano a usare i pride per una propria visibilità politica...
A settembre, si concluderà la prima fase del percorso di costituzione del coordinamento ‘Roma Pride’,
iniziato a metà luglio quando sono tutti in vacanza... e concluso in fretta  e furia a settembre (per non dare tempo ai dissidenti di organizzarsi in una risposta coerente e unitaria?) perchè tutta questa fretta?
con alcune giornate di confronto e dibattito che termineranno con una assemblea pubblica aperta a tutte e tutti,
allora quel che c'è prima non è un confronto e dibattito aperto a tutti ma solo un incontro tra amichetti di parrocchia...
dove si tenterà di  mettere a fuoco temi, strategie e linguaggi per una nuova ‘Agenda Rainbow’ per la comunità omosessuale e transessuale.
Sono di destra hanno cacciato la sinistra antagonista (rivendicandolo con orgoglio) e ora si atteggiano ad ecumenici... 
La riflessione partirà proprio dai contenuti del  Manifesto per il Roma Pride.
Proprio il documento criticato a sinistra...
Vogliamo intraprendere un nuovo percorso unitario,
(in 4!!!)
ispirato all’esigenza di dare unità e coesione al movimento per i diritti delle persone lesbiche, gay e trans,
unità e coesione senza i centri sociali o la sinistra antagonista...
sperando che questa iniziativa rappresenti anche un’occasione per tornare a riflettere sull’ipotesi di una federazione o di un coordinamento nazionale delle associazioni lgbtiq di cui già da qualche anno si parla.
Dove sono i contenuti politici?
La lotta al vaticano al governo omofobo e sessista alle istituzioni omofobe?
I diritti?
Il matrimonio?
L'educazione antiomofoba della società?
Un coordinamento senza politica.
O, meglio, dove la politica è non fare politica, ma gestire il movimento in maniera dissennata e con risultati PESSIMI (uno per tutti il mai abbastanza vituperato video ufficiale, quello tutto al maschile e dove l'ironia è fatta a suon di tira più un pelo gay che un carro del pride...).

Questi sono fuori dal mondo, venditori di illusioni come Berlusconi E VANNO SMASCHERATI E FERMATI.


mercoledì 7 luglio 2010

Marrazzo e Battaglia commercianti senza scrupoli

Leggo un articolo alquanto inutile* di Repubblica.

Denuncia dal Gay Village
"Danneggiate tre auto" 

Almeno tre auto sono state danneggiate nella notte tra sabato e domenica, quando al Gay Village si è tenuta la festa in onore del Gay Pride romano. A denunciarlo, su Facebook, Danilo Nota, responsabile diritti civili giovani Idv Lazio, che ha pubblicato le foto dei vetri infranti. Lo stesso ha anche presentato una denuncia ai carabinieri di via Clitunno.

"Hanno spaccato il finestrino della mia Honda Civic per niente - dice Danilo - Hanno lasciato tutto dentro: chiavi di casa, documenti, radio, soldi e occhiali, era tutto a posto. Unico particolare: la mia auto era parcheggiata davanti all'ingresso del Village".

Sul caso è subito intervenuta Imma Battaglia, presidente di Dìgayproject e organizzatrice del Gayvillage, secondo la quale forse bisogna andare a guardare nel mondo dei parcheggiatori.  "Come avviene in tutte le grandi città italiane, c'è un problema: quello dei parcheggiatori abusivi, che litigano in continuazione. Sono anche arrivati ad accoltellarsi".
Cioè non  è colpa degli omofobi ma di quei sporchi parcheggiatori abusivi.
"Abbiamo aumentato la sicurezza - osserva la Battaglia - sabato, in occasione della festa post-Pride abbiamo avuto oltre seimila persone, e alla nostra security non è stato segnalato nessun problema". La Battaglia fa anche notare come sia stato istituito un servizio di navette, tra Colosseo e Gayvillage, che vuole risolvere il problema del congestionamento delle auto: "L'invito è ad usarlo sempre di più, proprio per evitare il problema della sosta". "Il Gayvillage - conclude la militante Glbt - è un luogo stra-sicuro, quindi nessuna preoccupazione".
Cioè "Venite al mio locale non ci sono problemi c'è pure la navetta pagata da soldi pubblici"...
Di parere diverso Fabrizio Marrazzo, presidente di Arcigay Roma che offre supporto per sporgere denuncia e conferma di essere in contatto con gli organizzatori della manifestazione e con le forze dell'ordine per fare piena luce sulla dinamica di quanto accaduto". "I proprietari di alcune auto - continua Marrazzo - si sono già rivolti a Gay Help Line per denunciare quanto accaduto, tra cui Danilo Nota".
Cioè "Usate la mia Gay Helpine, pagata anche quella con soldi pubblici. Se non la usate che cavolo l'ho fatta a fare?"
"Se fossimo di fronte - aggiunge Marrazzo - a un episodio di omofobia, per di più a poche ore dalla conclusione del Roma Pride, sarebbe un episodio inaccettabile verso una piazza che poco prima aveva reagito con forza a ogni forma di violenza. Ci auguriamo, quindi, che la dinamica dei fatti sia chiarita al più presto perché la mobilitazione contro l'intolleranza di tutti i cittadini e della comunità lesbica, gay e trans non si fermerà".
Cioè "Magari sono posteggiatori abusivi come ha detto la mia nemica (amica solo per il tempo del Pride)  ma se sono attacchi omofobi (come spero tanto se no la mia gay helpline a che cazzo serve) mi raccomando CHIAMATE LA GAY HELP LINE!"

Ora quando finiremo di dare i nostri soldi a questi commercianti senza scrupoli?




*I giornalisti dovrebbero coordinarsi con le forze dell'ordine. Se si ratta di vandalismo a sfondo intimidatorio meglio tacere pere evitare emuli, se si tratta di ripicca di posteggiatori abusivi una retata di questi dilettanti del pizzo sarebbe più auspicabile di un articolo che non merita più di tre righe in cronaca. La notizia così come è riportata serve solo a fare pubblicità a un esercizio commerciale (Gay Village) e un servizio "pubblico" (cioè pagato con soldi pubblici) che non si capisce bene quale funzione assolva: se counseling per froci pavidi che non sanno come dirlo a mammà (a guardare la nuova campagna pubblicitaria) o strumento di denuncia per aggressioni omofobe nel qual caso, meglio la polizia o i carabinieri...

martedì 6 luglio 2010

Gay Pride Roma 2010: la verità è iì a portata di tutt* ma nessuno sa coglierla.

Da un lato ci sono gli organizzatori, vecchi e nuovi, di questo o quello schieramento politico.
Dall'altra c'è la comunità, i ragazzi e le ragazze, etero e queer, che si vivono il pride incarnandone la sua eterogeneità di festa gaia E di rivendicazione del proprio orgoglio, di non vergognarsi a farsi vedere per quel che si è. Un popolo di giovanissimi che hanno il coraggio e la fortuna a 16 anni di scendere in piazza col proprio ragazzo, la propria ragazza, per dire "sono gay" e "ci sono".
Il coraggio di metterci la faccia, di abbracciare una identità standardizzata come quella gay pur di vivere alla luce del sole il proprio orientamento sessuale.
La fortuna di poterlo fare, perchè prima del 1994 di Pride a Roma non se ne facevano e l'unica visibilità che i gay e le lesbiche avevano era quella privata dei locali non certo quella pubblica di un Pride.
Ma a quale prezzo? Quello di diventare gay e lesbiche, di uniformarsi a un modello culturale che nulla ha a che fare con l'orientamento sessuale ma con il mercato e la società dei consumi.


Comunque sia il Roma Pride 2010 ha dimostrato che un popolo queer che c'è e marcia unito e festoso, nonostante le divisioni masochiste del movimento, che nulla hanno a che fare con i diritti del popolo che pretendono di rappresentare, limitandosi a rispecchiare la salute politica di questo Paese, incapace di vedere la gente, il popolo, insomma i froci le lesbiche e gli amici etero che hanno marciato al pride romano,

Un popolo queer che ha bisogno di stimoli, di aggregazione, di incoraggiamento, di sollecitazioni, perchè internet ci ha atomizzati rendendoci tutti delle monadi individualistiche, dove cliccare sul pulsante "parteciperò" di un invito su Facebook ci fa  illudere di contare qualcosa, di contribuire al cambiamento della società, mentre non si contribuisce a nulla, si celebra solo il rito di una partecipazione sociale virtuale, irrilevante, marginale. Così pur essendo tanti (non così pochi come vorrebbero i detrattori ma nemmeno quel fiume di gente che pretendono gli organizzatori) non si rendono conto che possono aggregarsi, organizzarsi, unirsi per destituire tutti i professionisti della politica GLBTIQ che, per come si stanno comportando, devono essere spazzati via da una pernacchia colossale.
Quello che si legge su facebook e sulle varie mailing-list in questi giorni è osceno, infantile, politicamente ingiustificabile e, soprattutto, miope. Invece di fare una seria analisi politica di quel che sta succededo ci si misura il cazzo giocando a chi ce l'ha più lungo (e vincono senz'altro le trans che sono ricercate proprio per quello).

Così mentre quel che resta del movimento gay, invece di raccogliere i cocci, si rimbalza colpe e sconfitte, il popolo queer ha fatto quel che ha potuto, ha detto ci sono, impiegami, guidami, stimolami. Ma non c'era nessuno ad ascoltarlo.

Le differenze antropologiche, prima ancora che politiche, degli organizzatori del pride 2010 sono evidenti ma l'agone politico che si sta consumando da domenica su facebook dimostra la completa cecità di chi si interessa alle persone  solo nel loro aspetto numerico e pervicacemente cerca di costringere il pride  a un flop o ad una vittoria snocciolando numeri in una battaglia adolescenziale sulla quantità che la dice lunga sulla sanità mentale di tutte e tutti.
Si sanità mentale. Perché mentre sul campo emerge in tutta la sua dirompenza la vera novità di questo pride (dove novità non vuol dire necessariamente cosa positiva) nuovi gestori e vecchi gestori continuano a parlarsi senza comunicare usando lessico e modalità di rappresentazione del mondo reale tra di loro incompatibili.

1) La sinistra continua sciaguratamente  credere di poter campare di rendita per una egemonia culturale e politica che non ha più da almeno 20 anni, cioè da prima che in Italia si svolgessero i Pride.
20 anni in cui la sinistra non ha fatto che sedimentarsi in due poli opposti, quello sciagurato e pavido che dalla Bolognina ha portato al Pd e quello di chi, volendo rimanere duro e puro, si è fatto sbattere fuori dal parlamento (Sel in testa) o si è arroccato su posizioni nostalgiche finto antagoniste para fascistoidi (nelle forme se non nei contenuti) dove ci sono icone intoccabili (dal Che a Castro) e dove la più importante eredità del marxismo, il materialismo storico, viene ignorato e vilipeso da una vulgata dogmatica e religiosa del marxismo, dove il movimento è il fine e non il mezzo, tanto Marx non lo legge nessuno perchè è troppo difficile e la preparazione intellettuale di tutto il movimento antagonista non supera la terza media inferiore. (Ricordate Pasolini? Gli Italiani? Un popolo di analfabeti la borghesia più ignorante d'Europa).

2) La destra  finalmente (per lei) può dire di essere fascista (la destra liberale in Italia non esiste, o meglio, c'è ma si chiama PD) senza vergognarsi, senza sentirsi una merda, e senza essere ammazzata dai compagni di 40 anni fa, quando passeggiare per certe strade di Roma (parlo della città che conosco) col quotidiano sbagliato sotto braccio, di destra come di sinistra, poteva costarti la vita e infatti tanti compagni come tanti fascisti sono morti ammazzati.
Una destra fascista culturalmente necrofila, tutta concentrata sul passato mussoliniano, che non ha idee sul presente (basta leggere le proposte di CasaPound dove si rispolvera pure la ginnastica del duce...) lo dimostrano, meglio ancora che il governo centrale, le amministrazioni locali (Alemanno e la gestione disastrosa di Roma).
Una destra italiana che non solo non sa cosa sia la cultura ma la ha in odio proprio come la aveva in odio Goebbels.
Così nel nostro paese sono le amministrazioni locali di sinistra a portare avanti quella che nel resto d'Europa è la politica della destra, quella liberale,  pro mercato e pro imprenditori, quella che crea tanti consumatori, e non si cura dei diritti dei cittadini (non diritto al consumo ma alla critica), come fa la sinistra nel resto d'Europa, anche quella socialdemocratica, la cui verve intellettuale per la nostra sinistra antagonista è una meta lontanissima da raggiungere.

Con strumenti di lettura così spuntati sia a destra che a sinistra nessuno ha visto quel che, chi ha ancora un proprio cervello non colonizzato, ha potuto constatare ieri.


A) Ci sono giovani e giovanissimi che scendono in piazza, e non sono nemmeno i gay disimpegnati cui si è rivolto lo spot ufficiale del Pride. Sono cittadine e cittadini italiani che ancora non votano per ragioni anagrafiche ma che sanno qual è il loro posto nella politica nella vita pubblica della città, ragazzi e ragazze  che studiano con profitto (a differenza dei somari della sinistra antagonista che, con la scusa la cultura borghese va rifiutata, sono ignoranti come capre e infatti si parcheggiano all'universalità per 15 anni) che sanno discettare di storia e di politica, e che sano cosa sono i diritti e di quanto siano disattesi dallo Stato italiano. Sono cittadini che per caso sono anche persone omosessuali e che scendono in strada non come gay e lesbiche ma come cittadini e cittadine normali.
Sì normali.
Quell'aggettivo pronunciato da Esther Acione sul camion/palco a fine pride che ha scandalizzato molti moralisti di sinistra (i più pericolosi e ipocriti perchè patriarcali e misogini quanto quelli di destra ma con la presunzione di avere ragione perchè di sinistra) che non hanno capito che il movimento europeo sta andando verso quella direzione (il diritto all'indifferenza dello spot dell'ILGA in Portogallo).
Siamo tutti normali, apparteniamo tutti allo stesso canone universale del genere umano.
Il popolo queer di oggi i giovanissimi di oggi sanno stare al mondo senza slogan e senza occhiali ideologici vetusti e pieni di storiche incrostazioni ormai talmente stratificate che conviene gettar via quegli occhiali piuttosto che star li a decidere quali stratificazioni tenere e quali ripulire.
Bisogna essere laici anche con gli strumenti politici coi quali si analizza la realtà. Sono strumenti, possono essere cambiati, gettati, ricostruiti, ma mai idolatrati o considerati il verbo. Da questo punto di vista non c'è tanta differenza tra credenti e laici e questo spiega l'insostenibile commistione tra cattolici e laici all'interno del pd...


B) Mentre gli organizzatori continuano ad accusarsi dalle opposte sponde di uno schieramento politico il Roma pride 2010 ha dimostrato che siamo tutt* colonizzat* dagli standard televisivi.

Delia Vaccarella ha presentato il Pride come fosse in uno studio televisivo: tempi contingentati, presentazione altisonante degli astanti (è qui con noi l'attrice fantastica...), spettacolarizzazione dell'estrazione del numero  invece di perdere tutto quel tempo a dare i numeri, (letteralmente) non si poteva far parlare di più parlare d'altro?
Una colonizzazione che è evidente anche negli slogan pubblicitari che ormai si sovrappongono ai discorsi sul palco ("noi valiamo") e fuori dal palco: bastava sentire le idiozie che quel ragazzo gay vestito da alieno rigurgitava sui manifestanti dal carro dell'Arcigay: allusioni sessuali, citazioni mal riportate di slogan pubblicitari, cazzo e culo. Il tutto nell'indifferenza dei manifestanti che non si curavano di loro (come delle trans, favolose, redarguite da Vladimir per essere  troppo spogliate) visti come elementi irriducibili  di un folklore ormai canonizzato.
Una televisizzazione della nostra vita, totale, sopraffacente, inarrestabile, inevitabile, in una parola, FATALE.
E mentre Sorrentino e Cioffari (perdonatemi faccio i vostri nomi ma potrei farne mille altri) si rinfacciano numeri ed eredità del pride, il cancro che ci pervade ha occupato anche l'ultimo buco di culo disponibile, le teste, i cervelli essendo già morti da un pezzo.

C) Così mentre si cerca di spostare il popolo queer a destra o a sinistra, non si capisce che è finalmente emersa la più insidiosa contraddizione che c'è in tutto il movimento gay dell'ultima ondata, quella si Stonewall, che non è affatto la prima, come qualcuno troppo giovane e privo di memoria storica, pretende che sia.

Bisogna ripensare radicalmente tutto il bagaglio culturale del movimento gay e lesbico a partire dall'accoppiata col transessualismo e il transgederismo che nulla hanno a che vedere con la questione dell'orientamento sessuale e andrebbero distinte invece che accomunate, continuando a insinuare un equivoco epistemologico che deriva dal patriarcato in cui viviamo e che fa di un gay e di una lesbica femmine e uomini mancati.

Finché non chiariamo prima di tutto a noi stesse/i che due ragazzi/e che vanno in giro per mano non sono necessariamente gay o lesbiche e non hanno per questo un ammanco di maschilità o di femminilità non usciamo ancora dal cliché del vizietto di Molinaro (uno dei film più deleteri della storia del cinema a tematica) e ci illudiamo di fare autoironia quando siamo noi stessi i primi a credere che se ci piace il cazzo allora siamo un po' femmine.

Il movimento di rivendicazione queer ha puntato tutto sul consumismo. Sul mercato.   La (sotto)cultura gay ha creato festival di film a  tematica omosessuale, ridicoli e deleteri non solamente perchè creano ghetti ma perchè contribuiscono a mantenere intatti quei cliché, mutuati dall'immaginario collettivo etero, che vogliono un gay checca e una lesbica camionista, che vogliono un gay sensibile, esperto di moda e di arte, raffinato e gentile senza mettere in discussione lo stereotipo del maschio anzi, continuando a confermarlo.
 
Ha creato locali nei quali praticare un consumo sessuale sganciato da qualunque componente affettiva e dove le campagne di prevenzione che dovrebbero essere le stesse per le coppie etero vengono percepite come precipue del mondo omosessuale. (L'hiv purtroppo, o per fortuna, quando entra in un culo non si chiede mai se è quello di un uomo o di una donna...).
Ha creato capi di vestiario, palestre, bar, alberghi, agenzie di viaggio, crociere, una retorica del corpo e del suo annientamento: tabacco, alcool (Gay Village docet), Popper e altre sostanze chimiche che quel corpo tanto esibito lo distruggono, un corpo mutuato anch'esso dall'immaginario virile machista-fascista per cui i primi omofobi sono quei gay che criticano gli etero che si spinzettano insinuando subito dubbi sulla loro verginità anale. Come se il culo lo avessero (o lo usassero) solamente i gay...
Una (sotto)cultura gay che ha separato lesbiche e gay le prime per motivi contingenti (il femminismo e il separatismo) i secondi perchè le danne hanno la fica e ai gay la fica fa schifo.
Una (sotto)cultura gay che nei primi anni novanta convinceva le major discografiche a pubblicare compilation di musica classica il cui unico fattore accomunante tra autori di estrazione musicale diversissima era l'orientamento sessuale (e allora?!?!).
Una (sotto)cultura gay che ha colonizzato tutte le divisomi già esistenti sul mercato con le proprie istanze senza mettere in discussione nulla.
Una sotto cultura meschina, pettegola, con un'immagine del femminile distorta e misogina, che ha condotto a questi supermacho con la voce di Haidi  griffati, che non sanno parlare altro che di consumo, di viaggi gay, di riviste gay, di case gay, amici gay, vite gay.
Essere gay non è più un orientamento sessuale è una modalità di consumo, nel quale anche il sesso è una forma di consumo (mi piace il cazzo) staccato dalla persona) e dove la sfera affettiva è un disastro e si rifà ai modelli borghesi del matrimonio e della famiglia perché sono gli unici che trova.
Per tacere di tutte le teorie transgender che hanno dimenticato la differenza tra concreto e simbolico e invece di cancellare i cliché vogliono dar loro  un corpo (embodiment).
Per cui non dobbiamo meravigliarci tanto se persone di altre generazioni come Paolo Poli non si riconoscono in questa (sotto)cultura e la rifuggono come perniciosa.

l'essere gay e le lesbiche (mi perdoneranno se ne parlo di meno ma da maschietto lascio a qualche donna di parlare di cose che conosce senz'altro meglio di me) cui oggi la (sotto)cultura del movimento costringe le persone omosessuali a conformarsi non è affatto un discorso di sinistra, ma transpolitco.
Questo non vuol dire affatto azzerare le differenze di questi punti di vista inconciliabili.
Mentre la destra pensa che in questo alveo si possa vivere bene la sinistra quella vera soffoca in questo ambiente ma stenta a rinunciare a questi pochissimi privilegi (sic!) per tema che possa tornare  a non avere nulla.
Ma il gay della (sotto)cultura del movimento è e rimane un modello da destra liberale, quella che, appunto, favorisce il consumo, e cresce i cittadini come consumatori.
Una destra però che sa che anche i consumatori hanno diritti perchè se non sei giuridicamente tutelato spendi meno. Ecco spiegato l'insorgere negli ultimi 15 anni in vari paesi europei di leggi sempre più a sostegno delle persone omosessuali. Leggi che non spostano di un millimetro la nostra società maschilista e sessista ma che hanno ampliato il privilegio includendo una categoria che ormai conta perchè è una bella fetta di mercato. Questo a destra come a sinistra in Europa lo si è capito. In italia no.

D'altronde in Italia il capitalismo è sempre stato anomalo, assistito dallo Stato che ha sempre privilegiato i padroni e mai i consumatori per questo i nostri politici non capiscono perchè mai si debbano dare i privilegi di casta degli etero anche alle persone omosessuali.


Ma non mi si venga a dire che queste conquiste sono di sinistra o che hanno davvero cambiato i rapporti di potere nella società, o che hanno intaccato di un millesimo il patriarcato, la misoginia, il sessismo. I gay continuano a dare della pompinara alla prima donna che vogliono offendere e quando li redarguisci ti rispondono ma è vero Carfagna i pompini li ha fatti veramente gente di sinistra, non di destra...


Queste contraddizioni sono finalmente venute alla luce, ed è da qui che dobbiamo ripartire per ridimere la questione.


Se gli organizzatori di destra hanno chiamato al Pride i gay del disimpegno quelli hanno disertato il Pride come i gay di sinistra gli unici ch'erano presenti sono stati i giovanissimi  e le giovanissime le nuove generazioni, omologatissime ai cliché del gay femmina e della lesbica maschio (mentre sul camion adibito a palco il trans è vestito rigorosamente da maschietto e la trans rigorosamente da femminuccia) ma ancora abbastanza giovani da essere vivi, che hanno riempito il pride, facendolo molto più numeroso di quanti si auguravano fosse un flop (sciacalli, carogne) ma meno numeroso di quanti credevano in un bagno plebiscitario di folla (carogne, sciacalli).
Così mentre il Pride era mal organizzato e peggio condotto (non venga mai più dato un microfono a Vaccarella) il popolo queer lo ha sostenuto, lo ha fatto una cosa sua, infischiandosene dei litigi da checche (colpa tua, no tua, no tuaaaa) del movimento e dicendo noi ci siamo.

E mentre la sinistra antagonista dà del fascista a chi ha cercato (riuscendoci) di arginare la deriva a destra del pride di Marrazzo e Battaglia ci si permette il lusso di non raccogliere il testimone dei tanti giovani che al pride nonostante tutto c'erano. 






sabato 3 luglio 2010

Un pessimo aritcolo sul manifesto contro il Pride di Roma 2010

Non mi sono espresso sugli innumerevoli articoli che nei giorni scorsi hanno imperversato sui giornali di ogni orientamento politico, amici e compagne di lotta  hanno già detto prima di me. Ma questa intervista pubblicata sul manifesto che considero, ancora, il mio giornale, mi ha veramente disgustato. E mi chiedo davvero, se la sinistra sia ancora degna di rispetto e fiducia.
Il movimento trans: «Corteo perbenista, non ci rappresenta»
di Eleonora Martini - ROMA

Marcella di Folco, presidente del Mit, lo storico Movimento d'identità transessuale, perché non parteciperete al Roma Pride di sabato prossimo?

Soprattutto per un problema di metodo. È la prima volta che gli organizzatori riducono volutamente il Roma Pride a una dimensione cittadina. E il modo di gestire le assemblee organizzative è stato a dir poco incomprensibile, non era mai successo prima: il Pride non può nascere con il blitz e l'inganno.

Perché sarebbe successo, qual sarebbe lo scopo?

E chi lo sa, forse c'è l'intenzione di assumere un ruolo organizzativo e togliere l'organizzazione dell'Europride del prossimo anno al Mario Mieli, l'associazione scelta dall'Epoa per organizzarlo.
Marcella mente, sapendo di mentire. Il Mieli  ha ricevuto l'incarico e nulla può cambiare questa decisione. Mente quando dice che c'è sttao un blitz. mente quando dice che è stato fatto con l'inganno.
E' il Mieli che ha sbattuto la porta e poi, dopo due mesi, ha presentato il documento "noi non ci saremo".

Ma è mai possibile che in un'Italia che è il fanalino di coda europeo per i diritti civili, con l'omofobia e la transfobia galoppante, voi vi mettete a litigare?

Beh, quando a rappresentare il movimento trans nell'organizzazione di Roma c'è una dirigente di GayLib che odia le trans che si prostituiscono, io non posso che tirarmi fuori.
Perché, verbigrazia,  al pride sfileranno cartelli con su scritto "No alla prostituzione delle trans"? Cosa vuol dire odiarei le trans che si prostituiscono? Se le trans battono lo fanno perchè la società non permette loro nessun altro lavoro. Marciare per ottenere il diritto alla prostituzione mi sembra un po' troppo!
Noi, che da sempre tuteliamo i diritti delle persone transessuali, travestiti e transgender, non possiamo accettare questi stereotipi e discriminazioni.
Quali stereotipi? Odiare le trans è uno stereotipo? Che la maggior parte delle trans sono costrette a prostituirsi è un dato di fatto. Dov'è lo stereotipo?
Discriminazione? Quale discriminazioe? Se si odia la prostituzione non si discriminano certo solo le trans almeno che non si faccia un collegamento speciale tra battere ed essere ttrans. Chi è che discrimina allora?

I diritti sono diritti, non una ricompensa perché si aderisce al moralismo dominante. Non si elargiscono solo a chi ci piace.
Infatti. Quindi perchè Marcella cara non scendi in piazza a chiedere i diritti per tutti invece di non marciare con chi non ti piace? Non mi sembra che la piattaforma rivendicativa (il manifesto come lo hanno chiamato) discrimini le persone transessuali...
A cominciare dallo spot pubblicitario, sembra che gli organizzatori vogliano tentare di mostrare la faccia «pulita» del Pride, quello del gay alla «Amici». È una strategia?
Ed ecco la miopia della giornalista. Lo spot non individua il gay dalla faccia pulita. COME SI PUO' PENSARE CHE AMICI DIA A CHI LO GUARDA UNA ATTESTAZIONE DI FACCIA PULITA?
Amici è un programma che corrompe i minorenni abituandoli a falsi miti a falsi valori a non portare rispetto per le persone con maggiore esperienza a volere tutto e subito senza fatica senza anni di gavetta ma solo dopo qualche esibizione affrettata. Altro che faccia pulita!
Sono altri i limiti dello spot l mancanza di partecipazione, del gruppo. Cosa c'entra la faccia pulita?
Davvero la giornalista crede che l'abito faccia il monaco e che basta presentarsi vestiti in maniera vistosa per avere garanzia di anticonformismo? MA DAVVERO?!?!?
Sì, scelgono un'impronta illiberale adattandosi al pensiero conformista pur di ottenere condizioni di favore da parte del sindaco Alemanno,
Illiberale?!?! Perché mai??? Qui si proiettano i mali del governo sul pride che sarà pure di destra (cioè organizzato da persone di destra)  ma non è certo governativo o filo-governativo. Dove il pride è illiberale?!?

la cui liberalità peraltro è costruita e assai poco sentita. Ma noi non abbiamo mai scodinsolato
(sic!)

nemmeno con Rutelli, figuriamoci con Alemanno.
Ma se il primo Pride, a Roma, nel 1994 Rutelli era in prima fila assieme a Vladimir?!?!!? Di che Parla????
Il Pride visto con una forma di perbenismo, di moralismo ipocrita che abbiamo sempre combattuto per anni, e adesso ce lo vediamo piovere addosso.
Ma di che parla? Dov'è il moralismo? Il perbenismo?!?!?!  I carri carnevale ci saranno anche quest'anno. I problemi, casomai, sono altrove, come tentavo di individuare quando ho analizzato lo spot ufficiale del Pride.
Accettare certi stereotipi,
Dunque. prima hanno detto che il pride è sobrio, moralista, e quindi non parruccone e le parrucche sono il primo stereotipo del pride, ora invece eccoli accusati di seguire gli stereotipisti. MA QUALI? DI CHE PARLANO? Non era il pride dalla faccia pulita?
assecondare chi dice «diritti sì, ma che si bacino a casa loro», significa condannare le persone che si mostrano come vogliono in pubblico ad essere considerati dei provocatori. Da picchiare se sono gay, da uccidere se sono trans.
Certo. Mostrarsi come si vuole. Anche in base a stereotipi e cliché. Non si capisce perchè quelli sì e quelli del pride da boicottare no. SI PARLA DI ARIA FRITTA. NON SI AFFRONTANO I NODI DELLA QUESTIONE


Ma fare l'occhiolino alla destra non è l'unico modo per ottenere qualcosa in questo Paese, come ha spiegato al manifesto qualche giorno fa Paola Concia?

Il discorso di Paola mi sembra fondato perché è una strategia politica finalizzata a far passare leggi importanti.
E di nuovamente perchè invece dallo stesso pulpito che critica questo pride sono giunte parole, atti e gesti INQUALIFICABILI contro Paola Concia.  Ora si adatta la tecnica di dare ragione a Paola (contesta fino a ieri) per poter attaccare meglio il pride. CHE SCHIFO
Qui, invece, il discorso è completamente diverso: si vuole modificare il modo di vivere delle persone,
qui si riferisce credo al discorso della giacca e cravatta
far passare gay lesbiche e trans per martiri, vittimizzarle, solo per assecondare il sindaco e ottenere così da lui autorizzazioni e soldi per progetti vari.
Assecondare cosa? Dire che ci sono gay lesbiche e trans vessati vuol dire assecondare Alemanno???
Questo baratto non ci interessa, barattare un voto in Parlamento è un'altra cosa: significa fare politica, è successo anche per la legge 194. Per raccogliere i soldi da terra bisogna pur chinarsi.
Casomai è vero il contrario. In parlamento sie purista e con gli amministratori locali visto che decidono del tuo territorio sei più possibilista... No?
Ma lei in Italia la vede una destra liberale, pronta ad entrare nel XXI secolo?

Io non posso dimenticare che 5 o 6 anni fa gli stessi che oggi predicano aperture ci volevano bruciare sul rogo.
Vero, verissimo. Ancora oggi. Basta leggere le dichiarazioni del Ministro (sic!) Giorgia Meloni.
Non mi sembra però che dai politici di sinistra le cose siano andate molto meglio...
L'omofobia è transpolitica.
Se penso che fine ha fatto in Parlamento la legge sulla transfobia e sull'omofobia... finita in un'eccezione di incostituzionalità. Contano i fatti, non le chiacchiere: la loro escalation liberale devono farla vedere quando si vota. Invece, io vedo solo una destra clericale e bacchettona, che purtroppo a volte non è da sola a cavalcare un moralismo becero e vergognoso. Insopportabile.
Invece la sinistra è laica.  Lo si è visto.

Ecco trovo questo articolo una manipolazione per sparare contro il pride, ignobile e autolesionista. Al pride bisogna andarci uniti, in tanti, perchè a smagrire i ranghi si fa piacere solo al Potere. Ma questo gli antagonisti non solo non lo capiscono ma della loro marginalità, della loro scarsa consistenza numerica se ne fregiano come del migliore attestato di militanza di sinistra.

mercoledì 30 giugno 2010

La festa dell'unità e il popolo glbt


Credevo di essere andato ad assistere a un incontro di quelli barbosi, da PCI, quando, come mi spiegava una prof. del mio liceo, ma non della mia classe, l'impegno era noia e poi veniva lo spettacolo (all'epoca facevo un laboratorio teatrale, finanziato coi soldi della provincia, e mi capitava di partecipare a convegni sul teatro nelle scuole, organizzati dal PCI,  immaginatevi un giovanissimo, timido e magro paesanini parlare di teatro nelle scuole con l'allora assessore per la cultura della provincia...).
Invece tutt'altro che noia ierisera.
Sarà perché Anna Paola Concia ci ha raccontato dell'aggressione-contestazione, ricevuta al pride di Napoli lo scorso sabato (e quando ci dice di come le abbiano dato per 20 minuti della fascista e le sia dispiaciuto soprattutto per la sua compagna, si commuove e noi con lei) o si difende sull'ennesima polemica montata ad hoc dai giornalisti (si sa siamo in estate le notizie scarseggiano), a proposito del manifesto della festa dell'Unità (una impersonificazione dell'Italia che ha 150 anni...)che Anna Paola avrebbe definito di una stupidità allucinante con tanto di sondaggio su Repubblica (poche ragazze/i da quelle parti!!!).

Sarà che c'era Claudio Scamarca, autore, assieme a Paola del programma O (Omosessualità), trasmesso (ma ora non più) sulla tv del PD YouDem.tv.


L'omosessualità non è ora tra le nostre priorità avrebbero detto i dirigenti del PD a Scamarca... Si vede che non basta la dipartita di Binetti.
Sarà che Delia Vaccarello ci ha raccontato di come è nata la pagina Liberi tutti che ogni due lunedì affronta tematiche glbt (senza "qi", visto che nessuno dei presenti li ha mai citati nell'acronimo) su L'Unità (e anche quella ha rischiato di chiudere!) oltre a un blog dedicato sul sito dell'Unità.
Sarà.
Non mi sono annoiato, ma ho visto, pur nella buona volontà e nella buona fede, i limiti del progetto culturale del PD (sempre meglio di quello, inesistente, della sinistra antagonista...).
L'incontro alla festa dell'Unità (che si richiama così dopo anni di "festa democratica") si chiamava L'informazione sul gender fa paura?
Un incontro importante data l'approssimazione con cui la stampa di solito tratta le tematiche glbtqi. 
Purtroppo all'incontro si è parlato di omosessualità mentre dei media non si è parlato affatto.
Delia Vaccarello ha mostrato alcune pagine storiche della sua rubrica (una delle quali ha anche vinto un premio europeo...) mentre Scamarca non ha detto NULLA sul format del suo programma, oltre al titolo e all'argomento trattato, ribadendo solo che gli è stato cancellato dai dirigenti del partito.
Nessuno ha compiuto un'analisi per quanto timida e sommaria sulle modalità con cui la nostra stampa e la nostra tv affrontano questioni Glbt.
Poca scientificità, ma forse è quello che ha reso la serata meno noiosa.
Delia Vaccarella ha parlato al pubblico come fosse quello classico misto eterofilo delle feste dell'Unità, arrivando anche a concetti complessi quali quello dell'omosessualità come elemento della propria vita che non ci divide in coppie oppositorie etero gay tanto che a 40 anni ci si può scoprire gay o magari etero (peccato che il pubblico fosse prevalentemente glbt e questo discorso non lo abbia capito o apprezzato...).
Scamarca ha ammesso di avere avuto relazioni con dei trans (sic!) subito corretto da Delia, e che questo fatto non è un male, che è normale lui che ha anche dei figli...
Quel che è mancato è  un'analisi seria sull'omofobia e i suoi mandanti: la Chiesa, le Istituzioni, i Partiti.
Scalfarotto (c'era anche lui) ha fatto il suo discorso borghese (io e il mio compagno viviamo in una casa noiosa e normale come la vostra, mica balliamo tutto il tempo i Village People) e razziale (i gay e le lesbiche quando tornano a casa non trovano dei genitori gay e lesbici ma genitori etero) discorso col quale voleva intendere che, a differenza dei neri che in casa non devono lottare contro il razzismo, i gay devono lottare contro l'omofobia anche in casa, ma detto così sembra davvero altro e fa ghiacciare il sangue...
Anna Paola Concia ha rivendicato la sua visita a Casa Pound (ma non l'appello di Sansonetti da lei firmato per far manifestare Blocco studentesco che le è costata un'altra aggressione squadrista di sinistra) convinta che, e ha ragione, anche se per questo la accusano di fascismo, la lotta all'omofobia la si vince solo se si coinvolgono tutti non solo quelli di sinistra (come se il PD lo fosse, a sinistra...), Scalfarotto ha sacrosantamente ricordato che partecipare al Pride significa non dare il consenso a essere considerati inferiori (parafrasando un aforisma di Eleanor Roosevelt Nessuno può farvi sentire inferiori senza il vostro consenso), Delia Vaccarela ha ricordato i problemi dei ragazzi e delle ragazze gay che devono dissimulare in casa il proprio affetto (dimenticando di ricordare però il perchè, chi è il vero mandante di tanta omofobia) e poi ci siamo salutati cordialmente.
Niente interventi dal pubblico ma credo che, per gli standard del PD, sia stata una serata riuscita per la quale dobbiamo ringraziare, oltre agli astanti, Cristiana Alicata che l'ha fortemente voluta (come tutte le altre iniziative glbtqi della festa dell'Unità di quest'anno).

Certo la strada da percorrere è ancora immensa, soprattutto se paragonata alla lungimiranza dell'azione delle associazione di altri Stati, come il Portogallo dove l'associazione ILGA ha incentrato la campagna contro l'omofobia con lo slogan diritto all'indifferenza, producendo un video memorabile.



L'Italia è talmente arretrata che, queste posizioni, proposte oggi nel nostro paese, ci riseppellirebbero nell'omertà più totale.

Mi sarei aspettato un'analisi più approfondita e, soprattutto, qualcosa in più da dire al pubblico, che andasse al di là del proprio lavoro.
Il PCI, per quanto facesse convegni noiosi, sapeva parlare davvero al pubblico di sinistra come il PD stenta da sempre a fare.
Ma questo timido inizio nel presente incerto del Paese diventa la speranza per un gruppo di audaci che dentro il Pd cerca di fare l'impossibile.

mercoledì 23 giugno 2010

Poi uno dice che parla male di Arcigay Roma...

E' stata presentata la nuova campagna per la Gay Help Line .

Si continua a proporre un aiuto telefonico a chi, gay o genitore di gay,  ha problemi col proprio orientamento sessuale (con quello dei propri figli) sottolineandone l'aspetto privato però, non quello pubblico.

La nuova campagna per promuovere la Gay Help Line di Arcigay Roma finanziata coi soldi di Provincia e Regione (finanziamento bipartisan!) anche se affidata alla Saatchi & Saatchi, continua a essere tremebonda, pavida e profondamente sbagliata come negli scorsi anni.


L'omosessualità come problema (sic!) e per giunta privato.
La mamma ha difficoltà ma non si dice il perchè

Idem per i figli (due ragazzi, ma lesbiche in questo cazzo di paese non ce ne sono???)
Come dite? Ah è solo per ragazzi, eh già, si chiama Gay Help Line,  altrimenti si chiamava Lesbo Help Line...


Battutacce a parte, perchè la gay Help line si propone di aiutare madre e figlio?  Perché sceglie una dimensione privata, familiare?
Anche il video non spiega il perchè.



Il sito prova ad arrampicarsi sugli specchi e dice:


“Con i propri familiari c’è una forte necessità di comunicare ma, spesso, non se ne hanno reciprocamente gli strumenti. Per questo è importante affrontare il tema del dialogo tra genitori e figli”. “Sono moltissimi i genitori – aggiunge Eugenia Milozzi, presidente di ArciLesbica Roma, associazione partner del progetto – che contattano Gay Help Line, alcuni dei quali fanno poi volontariato con le nostre organizzazioni e si impegnano in prima persona”. Chiediamo alle tv di sostenere questa iniziativa mettendo in onda il video come iniziativa contro l’omofobia: si tratterebbe di un’importante comunicazione sociale in un momento in cui si sono verificati moltissimi episodi di violenza e intolleranza
Vuoi vedere che gli auotri degli ultimi pestaggi a Roma a Milano e a Padova sono stati Mamma e Papà?!?!?!?!

Ora visto che le istituzioni anche le più illuminate sono tendenzialmente omofobe come tutta la società italiana, e visto che la gayhelpline vive di soldi pubblici (ma anche del lavoro di tanti volontari...), mi domando non è che non si denunciano i mandatari dell'omofobia (vera causa per cui un gay si sente in difficoltà e non fa coming out) perchè altrimenti i soldi le istituzioni non li mettono ?

Domanda capziosa a parte, concedendo il beneficio del dubbio e la buona fede, con questa campagna mediatica sembra essere tornati indietro di 40 anni quando bisognava abituare la società, sia la minoranza gay sia la maggioranza etero (compresi i genitori dei gay) a parlare dell'omosessualità in sé.

Sembra che questa campagna si rivolga ancora a quella società.

Non RIESCI a parlare della tua omosessualità e di quella di tuo figlio?
Ti aiutiamo noi.

Mentre la società di oggi, che a parlare dei gay è abituata (a fare qualcosa in loro aiuto  magari un po' meno), attende altre sollecitazioni.

I gay (sia quelli attivisti che sono minoranza sia quelli ...consumisti che sono la maggioranza) attendono il riconoscimento del loro essere discriminati, ma non perchè un deficiente a scuola li prende in giro, o la madre non li fa uscire con la maglietta rosa, ma perchè le istituzioni tolgono loro i diritti e non fanno tacere chi dice assurdità su di loro!

Invece di spiegare perchè ci sono mamme pavide la campagna si pone di fare da mediazione familiare, privata, non pubblica e dunque meno politica, senza individuare cause dell'omofobia che resta il problema principale per cui uno dovrebbe rivolgersi al servizio (per il resto c'è il 113...)

Invece di mostrare questa mamma-mostro con i pixel sulla bocca come se fosse omofoba solo "per colpa sua" (e non della stampa della tv dei politici e della chiesa che dipinge i gay come pedofili e immorali) quando sarebbe bello vedere I MANDANTI.

Pensate all'effetto di una campagna dove compaiono quelle ...facce da omofobi del papa di Alemanno e di tutti gli altri omofobi italiani politici e non  (scegliete voi chi, ce ne sono per tutti i gusti, a destra come a sinistra) con la citazione di una loro dichiarazione omofoba e poi lo slogan Sei/(tuo figlio è) gay e queste affermazioni ti danno fastidio/mettono a repentaglio la tua serenità/ti danneggiano? Per protestare/far valere i tuoi diritti/difenderti chiama noi della Gay Help Line.


Basterebbe indicare le responsabilità politiche e pubbliche dei mandanti dell'omofobia che sono in primis la chiesa e poi i politici e le istituzioni.


Invece in questo manifesto, in questo spot, sembra che l'omosessualità sia un problema oggettivo e che c'è qualche anima buona che, in sordina, ti aiuta

Non riesci a dire che tuo figlio ha due teste? Chiama noi della gay helpline.

MA PORCO CAZZO!!!


Come si fa a essere politicamente così pavidi, così miopi, così moderati?!
Ma a chi può venire voglia di chiamare questa triste e per niente gaia help line?


Gay Help Line che viene non solo pagata coi soldi pubblici ma che dà a Polverini e Zingaretti una patente di non omofobia permettendo loro di ignorare diritti civili e legge contro l'omofobia continuando tranquillamente a fare campagne omofobe ma stavolta con l'Alibi ( ma come abbiamo pure finanziato c'è la gay help line!).

Complimenti Arcigay (Roma)!
Non so se è meglio riconoscere la tua buona fede o dire apertamente che più di tanto nun se po' fa' perchè altrimenti le istituzioni i soldi non ve li danno.

Certo che, per pararvi il culo, ci andate mooooolto cauti, nevvero?

Odio gli articoli sugli attori che interpretano ruoli gay

Stavolta tocca a Massimiliano Varrese (chi?) e il fatto che interpreti un personaggio gay nell'opera prima di Oreste Crisostomi Alice viene così commentato su TGCOM:

Nel nuovo film "Alice" (opera prima di Oreste Crisostomi, nelle sale dal 25 giugno) veste i panni del migliore amico (gay) della protagonista, nella vita di tutti i giorni è single (convinto) dopo aver fatto strage di cuori tra colleghe e non. Canta, balla e recita, Massimiliano Varrese è un artista all'americana. Il suo grande sogno, in effetti, è quello di sfondare a Hollywood. Come racconta a Tgcom.
Ma perchè ogni volta che un attore interpreta un ruolo gay poi si deve subito specificare che, nella vita privata, è uno sciupafemmine?
Un attore è un attore interpreta sempre dei personaggi distanti da lui. Che quando Manfredi interpretò il pedofilo Girolimoni  nell'omonimo film Daminao Damiani (Italia, 1972) di ci si sentì in obbligo di specificare che nella vita privata Nino "aveva coi bambini un ottimo rapporto"?
Perché per ogni altro ruolo che non sia il gay (alcolista, stupratore, ladro, psicopatico) non si sente MAI il bisogno di specificare che l'attore in questione non lo è?
Ma anche Varrese lo fosse, gay, a noi cosa deve importare?
Parliamo della sua carriera di attore o della vita privata?
O pensiamo che siccome è gay gli viene più facilmente il ruolo?
Quando si parla di omosessualità i nostri giornalisti fanno sempre a gara a chi è più omofobo.

martedì 22 giugno 2010

Lo spot del Roma Pride 2010



Lo abbiamo visto tutti. Tutti (o quasi) lo abbiamo criticato. Ci siamo basiti dello spot ma, a pensarci bene, non avremmo dovuto.

Non possiamo liquidare lo spot in questione con la parola "brutto" perché questo giudizio estetico fa pensare al montaggio, alla fotografia, alla recitazione, tutti elementi che, pure, sono stati criticati.
In realtà tutti elementi secondari rispetto quello che lo spot dice e mostra.
Anzi, a dirla tutta, forse se qualcosa si può salvare dello spot è proprio la parte visiva, quella timida soggettiva iniziale che, mentre il bellimbusto fa le flessioni, ci permette di vedere, alternatamente, le immagini dai due monitor (tv e lettore dvd portatile).


Al di là dei difetti estetici la parola "brutto" sembra riferirsi ai contenuti e alla "visione delle cose" cui lo spot sottende. Da più parti si è detto che lo spot è "fuori dal mondo", pieno di cliché. Ma è proprio così?
A una seconda visione lo spot del Roma Pride 2010 sembra politicamente e antropologicamente parlando molto interessante, niente affatto fuori dal mondo e anzi una chiara emanazione di un modo di essere, di pensare e di stare al mondo, quindi di fare politica.

Riprendendo la dichiarazione di Mauro Cioffari, all'incontro Tabula Rasa di sabato scorso alla libreria Gabi,  che il movimento di rivendicazioni di gay e lesbiche non può che essere di sinistra, questo video dimostra come invece esista un altro modo di fare rivendicazione, molto lontano da quella di sinistra, sia quella riformista che quella antagonista.Un modo che può non vederci d'accordo (e infatti è così) ma che non possiamo liquidare semplicemente dicendo "è brutto". Brutto o no lo spot è veicolo di idee e ideologia che dobbiamo analizzare con dei termini meno di pancia.

Lo spot immortala un gay nel suo appartamento, ritraendolo nella sua vita privata, non durante il lavoro, né durante altre attività sociali (frequentazione di amici, di amanti, di ambienti, gay o meno): l'intimità dell'appartamento in cui vive il protagonista. Una intimità gatta di solitudine: il soggetto è da solo, non impegnato in alcuna attività casalinga che lo possa connotare socialmente: lontano dall'informazione, non vediamo né quotidiani o riviste,  né internet nonostante il net-book usato per vedere Will & Grace; lontano dalla cultura: non vediamo libri, tranne uno sul divano, ma è chiuso, e uno d'arte della (sotto)cultura gay Pierre & Gilles (ce l'ho anche io...).

Un appartamento chiuso, senza finestre che lo colleghino all'esterno. Non è importante che il protagonista dello spot si unisca agli altri ma che partecipi in quanto singolo.
Una monade gay che ha bisogno di dettagli esterni per essere identificato immediatamente come tale. Non è vero infatti che lo spot è pieno dei soliti luoghi comuni come dicono i detrattori.
Il ragazzo non schecca, non si traveste (con tutto il rispetto per chi lo fa, sto solo analizzando il luogo comune che vuole tutti i ragazzi gay vestano da donna e il feticismo non è di esclusivo appannaggio gay), non ascolta la Carrà, non balla, non canta (anzi la musica non c'è proprio), NON PARLA.
Per essere identificato come gay è circondato da alcuni simboli (la bandiera queer) e da alcuni marcatori culturali: le due rielaborazioni (non originali) di Warhol, la pila di dvd che il ragazzo ha davanti a sé, tra i quali  oltre a Will & Grace, ci sono Lost, Nip & Tuck, Lady Oscar, mobili di Ikea, e la cura del proprio corpo il giovane fa le flessioni e si depila il petto (con le strisce pensate per le gambe...!).. Unico elemento diverso il capello lungo.
Non uno spettatore consapevole, solo un consumatore solerte che guarda, distratto, ben tre schermi accesi (di cui uno, a un certo punto, non manda alcuna immagine, ma un puntinato in bianco e nero delle tv di una volta, mentre oggi, col digitale, l'assenza di segnale rende lo schermo nero come fosse spento*) oltre un quarto monitor (la tv vintage alle sue spalle) spento.

Un gay che non sembra avere una vita sviluppata sul piano personale, non un individuo, ma "uno dei tanti", uno della massa.

Uno dei tanti per i quali "essere gay" non significa una vocazione all'attivismo o una sensibilità particolare a tutte le oppressioni (come vorrebbe Mauro, che vede in ogni gay uno di sinistra), ma che vive la sessualità come un aspetto della propria personalità (in realtà molto standardizzata) non preponderante o particolarmente significativo.
Uno di quei gay che, poco importa se votano a destra o a sinistra, non partecipano al movimento, non vengono alle fiaccolate, non vengono forse nemmeno ai pride dei quali sono i primi detrattori, perché nei pride ci sono le donnicciuole che ballano e loro non si identificano con quel cliché (non capendone l'uso pubblico e il rovesciamento eversivo del suo originale significato maschilista).
Uno di quei gay che si sentono liberi tra le pareti domestiche di casa propria che vivono in solitudine, perché disimpegnati non solamente nella causa gay ma nella vita.

Lo spot del Roma Pride 2010 si rivolge proprio a loro.

Non perché, da sinistra, conosce quegli atteggiamenti e, criticandoli, cerca di suscitare una reazione di emancipazione nei soggetti cui si rivolge, invogliandoli a una com-partecipazione alla vita della città (cioè alla politica) ma perché, fondamentalmente, lo spot (chi lo ha fatto, il mittente attraverso il quale parla)  appartiene a quello stesso mondo.

Un mondo di consumatori, che si sentono liberi perché vanno al Gay Village, bevono una birra gay alla Gay Street, e se, rientrando la sera dal Coming, vengono aggrediti, hanno anche una Gay Help Line (la cui pubblicità sottolinea solo i problemi che i gay può avere nel privato ("a scuola mi prendono in giro" "non riesco a dire ai miei che sono gay" CHE FARE?) mai quelli che può avere come soggetto politico ("il Vaticano dice che sono moralmente disordinato", "il sindaco della mia città non mi riconosce diritti"... CHE FARE?).

Un gay perfettamente inserito nella società omofoba che si accontenta di sopravvivere in un ghetto vuoto di cultura perché a lui gli interessa il consumo, non la cultura (cioè lo spirito critico).


Già. Lui. Nello spot prima ancora che le lesbiche, mancano proprio le donne.
Non ci sono donne perché le donne, per gli uomini non sono soggetti politici, ma solo oggetti sessuali, e non essendoci per i gay nemmeno quell'appeal per i gay, le donne spariscono definitivamente. Lo spot non esorta le donne a scendere in piazza e manifestare al pride perchè è interessato agli uomini (altrimenti che spot gay sarebbe?).

Le uniche donne nello spot provengono dalla televisione e sono presenti nella intimità della casa come i Lari della cultura latina.
Donne simpatiche, donne mamma, donne che si prendono cura dell'uomo (poco importa se gay o etero) ma che sono altrove, nel mondo ideale della tv, o perse, fuori, nel mondo concreto, quello che non entra mai nella vita del protagonista di questo spot, proprio come il modo reale rimane chiuso fuori dalla vita di tanti gay.
Nemmeno Platinette si salva da questo immaginario maschilista e sessista.
Singolare personaggio televisivo Platinette, ha sdoganato il travestitismo svuotandolo da ogni elemento eversivo, rendendolo consono a un programma televisivo berlusconiano e da prima serata.Un travestitismo che non è più espressione di un diverso modo di sentire la propria identità (culturale) di genere, ma una riappropriazione nemmeno tanto simbolica del femminino da parte degli uomini che si sostituiscono alle donne tout-court, uomini che amano altri uomini  in tutti sensi, a letto e fuori dal letto. (forse vista da questo punto di vita, il separatismo femminista, se non politicamente giustificabile, diventa almeno umanamente più comprensibile).

Un'autoreferenzialità che trova la sua massima espressione nell'esaltazione del singolo, del gay solitario  solitudine necessaria per sostenere una libertà talmente libertaria che gestita in ambito pubblico cozzerebbe irrimediabilmente con la libertà altrui.

Un mondo di soli uomini e di uomini soli dove il pelo di fica viene finalmente sostituito dal "pelo di un gay che tira più di un carro del pride".

Si parla tanto di destra "diversa" dal fascismo anche in Italia.
Ecco, quella destra è rappresentata in questo spot, sia nel soggetto descritto, sia nelle modalità con cui il soggetto viene rappresentato.

Scarsa partecipazione alla cosa pubblica lasciata ai professionisti della politica (d'altronde cosa possiamo fare noi? e, dopo tutto, delegare è comodo...), tranne l'appuntamento annuale al pride (al quale si va con la t shirt perché a torso nudo sarebbe troppo e la sera, mi raccomando, tutti a ballare!!!) per il resto ci sono le associazioni a pensare per te. E il resto dell'anno niente cultura politica, ma solo ghetto gay e casa propria.

Uno spot adatto alle associazioni di destra, come quelle che hanno organizzato il pride romano di quest'anno (Arcigay Roma, pur provenendo da sinistra si riconosce evidentemente negli stessi "valori"), che confondono la cultura col mercato e il consumo dei suoi prodotti, mentre la cultura intesa come partecipazione non è nemmeno presa in considerazione. Una cultura fatta di utenti e non di cittadini, dove chi analizza, chi critca, rompe le scatole e pecca di essere, lui sì, individualista (o "comunista" come dice Berlsuconi).
Dopo il film e le danze (bevendo e fumando) dal Village si ritorna a casa e lì si resta. Niente vita condivisa, tra soggetti diversi ugualmente oppressi, la visibilità conta fino a un certo punto perché si può dare nell'occhio e attirare le ire di qualche omofobo... Ma niente paura se capita non rivolgerti alla polizia "che di gay non sa niente" rivolgiti alla Gay Help Line...

C'è chi non condivide questo modo di vita. Anche io non lo condivido,
perché, da sinistra ne vedo vizi, pericoli, e miseria culturale, e, perché no, spirituale.
Ma non si può pretendere, come fa Mauro, che queste persone prima di essere gay siano di destra perché (dice Mauro) se fossero "davvero gay" la loro protesta sarebbe di sinistra.

I gay di destra sono gay quanto lo sono io anche se  siamo persone profondamente diverse. Perché di per sè l'orientamento sessuale non fa politica.
E' la persona che fa politica, mentre "essere gay" non mi definisce, ma mi limita.

Per cui, parafrasandolo, per fare politica come la intende Mauro non c'è bisogno di essere gay e lesbiche.

Probabilmente con queste persone non c'è modo di lavorare insieme a sinistra perché loro si sentono già arrivate, e come i fisici di fine ottocento, pensano che ci siano da risolvere solo un paio di cose (i matrimoni o, meglio, l'istituto equivalente), mentre noi di sinistra sappiamo che la rivoluzione è ancora tutta da fare, che sta avvenendo, non in Italia ma tutt'intorno, e che, come è successo con Einstein, col nostro fare politico, cambieremo il mondo per sempre.

Però non mi sento vicino a quelli che da sinistra  si sentono antagonisti già solo nel dire che chi ha fatto questo spot è" fuori dal mondo", mentre dovrebbe riconoscere invece che questo spot individua metà dei gay (come metà degli italiani), se non di più, tutti quelli che non si riconoscono nella libertà come partecipazione ma nella libertà come disimpegno.
Gay coi quali marciamo insieme al pride ma che difficilmente incontriamo in altre occasioni nel mondo esterno, insieme agli altri (donne, etero, migranti) quando, tutti insieme, cerchiamo di cambiare il mondo.

Io andrò al pride perché non ho problemi "politici" a marciare con questi gay "di destra", non ho problemi a costituire con loro un unico corpo politico che, almeno nel pride, si rende visibile, numeroso, orgoglioso e unito.

Chi divide, chi diserta, chi non va perché "o me o te", perché preferisce rimanere coi suoi simili  non è non è poi così veramente "di sinistra" perché questi gay di destra, sono anche loro oppressi, anche se  appartengono a un'altra casta dalla quale quelli di sinistra sentono di  dover rimanere separati, cioè da soli.
Ma a "starsene da soli" si fa solo una cosa di destra.

* All'izio, quando vediamo le immagini di Amici le vediamo da uno schermo che sembra di quelli moderni, piatti, in 16/9. Dopo il ragazzo si mette a vedere Will & Gracemoderno sul net-book sembrerebbe alla sinistra del primo schermo. Ala fine tutti e tre gli schermi sono riuniti sullo stesso mobile ma il primo schermo, quello tv, non è quello dell'inizio, ma un vecchio tv in b\n.

AGGIORNAMENTO

Dopo aver pubblicato questo post vedo sulla rete questo spot della Gay Help Line... che aggiungo come conferma di quel che vado dicendo qui.




Secondo la Gay Help Linei il problema non è il mondo che ti uccide, che non riconosce i tuoi diritti, che ti dice che sei moralmente disordinato. I problema sono i tuoi ai quali non riesci a dirlo. Sempre il privato mai il pubblico...
Chi mi dice che una pubblicità così non è fatta per non dare fastidio alle istituzioni che sono quelle che finanziano la Gayhelpline?

Questo invece è lo spot cui mi riferivo nel post

sabato 19 giugno 2010

L'omosessualità è una categoria troppo amplia ed eterogenea per renderla una categoria politica.

E mentre il Pride di Roma ottiene veti incrociati da chi vi vuole partecipare e chi non se la sente per questioni di principio, la tifoseria che sostiene qualunque presa di posizione, almeno su Facebook, arriva a semplificazioni de-generi.
C'è così chi vorrebbe che nei Pride sparissero definitivamente tutte le kefiah e le magliette di Che Guevara, massacratore di omosessuali come dice Damiano Tristano, e chi, invece, scrive che, se sei gay, devi stare con Israele e dunque contro i suoi detrattori, a prescindere, perchè i gay appartengono a una qualità di persone che, come gli ebrei, è oggetto di persecuzioni (Marcello Tito Maganelli.
Ora, a parte l'estrema semplificazione del ragionamento di Marcello, che lo rende facilmente strumentalizzatile (basta pensare ai fascisti di CasaPound, che esternarono simpatia per i gay, dei quali comprendono il pregiudizio che li discrimina da sempre proprio come il pregiudizio che discrimina loro...) quello che lascia perplessi è questa adesione acritica, questo schieramento calcistico a una causa piuttosto che a un'altra senza alcun spirito critico, senza la consapevolezza della complessità del mondo, senza alcuna possibilità di verifica dia quanto si afferma, senza alcun confronto con la Storia.
Sembra proprio che il più grande difetto di Internet sia quello di dare spazio a qualunque voce senza richieder però alcun rendiconto.
Io posso affermare quel che mi pare, nel nome del diritto di parola, senza collegarmi a un pensiero condiviso, senza riferirmi a chi sullo stesso argoemtno ha detto prima e meglio (o peggio) di me.
Un'apoteosi di individualismo che fa solo perdere tempo perchè se uno dovesse stare dietro a tutte le corbellerie che si scrivono su facebook e su internet tutta uno non vivrebbe più.

Certo bisogna capire chi, in quanto gay, non si sente rappresentato dal comunismo che da sempre ha trattato i gay esattamente se non peggio dei fascisti (peggio dei nazisti è un po' più difficile ma mai dire mai...).
Quel che critico a Damiano Tristano (non deve prendersela, cito lui ma potrei citarne altri mille) non è l'indignazione per l'omofobia del mondo arabo o per la mancanza di autocritica a sinistra.
Su questo Damiano ha ragione da vendere.
Critico il punto di vista che non è davvero politico, ma fideistico, un difetto che, suo malgrado, lo accomuna proprio a quella sinistra che, non prendendo le distanze dai propri scheletri nell'armadio, Damiano sente giustamente di odiare.

Che l'omofobia ci sia a sinistra quanto a destra è un dato di fatto storico, eppure, ancora oggi, ci sono compagni che, più o meno in buona fede, difendono i propri idoli, cercando di giustificarne l'operato, secondo uno storicismo distorto e ridicolo.
E' quello che fa, per esempio, Filippo Riniolo, quando risponde a chi gli ricorda come a sinistra si chiude un occhio per gli omofobi di casa:
ancora con sta storia del che? non lo voglio ripetere più: il che è morto nel '63. il movimento è nato nel '69. è evidendente che non ponendosi la questione il che come chiunque nel mondo si appiattiva sulle posoziono omofobe di tutto l'occidente dell'epoca.
è come dire che GIORDANO BRUNO. grande uomo di libertà era omofobo. certo lo era. ma è qualche secolo prima!

A parte che il movimento di liberazione gay ha appena un secolo in più di quantro non dica Filippo, come ogni cittadino di sinistra (non necessariamente gay) dovrebbe sapere, figuriamoci un attivista antagonista che si definisce frocio antifascista, e nemmeno si è giustificati dalla pessima abitudine di documentarsi solo su internet perchè basta fare una piccola ricerca per arrivare ad avere abbastanza fonti sull'argomento ma se questa argomentazione stoica fosse applicata nella sua pienezza si rischierebbero di giustificare Hitler e Mussolini....

Diverso il caso do Marcello che, dobbiamo rendergliene atto, è tutt'altro che disinformato (anzi) e le cui argomentazioni sono, di solito, di maggiore caratura di quelle riportate (cosa comunque piuttosto facile...).  Nel suo intervento pro Israele commette due errori madornali fare di Israele tutti gli Ebrei (per cui se sei contro Israele sei contro tutti gli Ebrei) e dire che, siccome Israele è un paese consumistico e lì froci finché spendono soldi sono liberi di fare quel che vogliono, anche i Pride, Israele è gayfriendly dimenticando i problemi che, anche in Israele, i gay vivono, come dappertutto.
Certo l'islam è omofobo, ma non mi sembra che la chiesa cattolica lo sia di meno, eppure a Damiano non verrebbe mai in mente di dire vorrei che nei Pride sparissero definitivamente tutte le croci o altri simboli del cattolicesimo massacratore di omosessuali.
In quanto allo stare sempre dalla parte di Israele per affinità tra discriminati oltre all'arbitrio di questa equiparazione (perchè non i curdi o qualunque altro discriminato?) è proprio questo schierarsi sempre e comunque, a priori, che segna la cifra della pochezza politica di questi ragionamenti (sic!).
Siamo smepre nell'alveo delle affermazioni tranchant che non servono ala causa ma a distinguersi nel mare di internet, una gara a chi la spara più grossa per essere notati proprio come la signora di radio Padania (le argomentazioni sono altre beninteso ma le ragioni le stesse).
e in questo opposti scheiramenti, inq uesti sloga politicamente inconsistenti si cela un'altra socmodissima verità.
Che l'omosessualità è una categoria troppo amplia ed eterogenea per renderla una categoria politica.
Ricordo un mio conoscente di tanti anni fa dirmi ohe lui, conoscendo di una persona solamente l'orientamento sessuale, in quanto gay era più propenso a dare maggiore fiducia al gay. ecco io no. Se conosco davvero solo l'orientamento sessuale do alle due persone la stessa fiducia con beneficio d'inventario. Ci sono troppi gay omofobi ed etero gayfriendly per pensarla diversamente...
Ecco, forse quando sostituiremo a questa guerra di categorie un confronto fatto di libero pensiero allora porse, dico, forse, leggeremo anche su internet meno corbellerie...