venerdì 21 febbraio 2014

Uno stillicidio senza fine. Ancora perle di saggezza contro le omosessualità dal blog di Severgnini: la lettera di Sara Gamba.

Stavolta Severgnini pubblica la lettera di una donna che, con la scusa del diritto alla diversità, inanella tutti, ma proprio tutti, i luoghi comuni contro gli orientamenti sessuali non etero.

Si tratta di mistificazioni e bugie e questo dovrebbe provare la malafede di chi, altrimenti, non avrebbe strumenti per dimostrare le proprie tesi maschiliste, patriarcali e squisitamente omfobiche.

La lettera in questione, firmata da Sara Gamba, inizia con una bugia bell'e buona:
Caro Beppe, nelle scuole primarie sono giunti degli opuscoli che sconsigliano agli insegnanti di leggere in classe le fiabe classiche perché “tendono a promuovere solo il modello di famiglia tradizionale”.
 Falso.

1) I libri (sono di 50 pagine non si posso chiamare opuscoli) non sono giunti nelle scuole.
Sono, anzi erano, a disposizione di chi richiedeva una password via mail, per scaricarli dal sito dell'Istituo Beck e si rivolgono, diversificati, a tutti i gradi della scuola, elementare, media inferiore e media superiore.quindi non solamente nelle scuole primarie.

2) Nei libri, in tutte e tre le versioni,  non si sconsiglia di leggere le fiabe perché “tendono a promuovere solo il modello di famiglia tradizionale” come pretende Sara, bensì si dice che:
Nella società occidentale si dà per scontato che l’orientamento sessuale di un adolescente sano sia eterosessuale. La famiglia, la scuola, le principali istituzioni della società, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano in mille modi, diretti e indiretti,
un orientamento eterosessuale. A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa e, se è femmina, di un principe.  Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse. Di conseguenza, quando sarà adolescente e comincerà a esplorare la propria identità sessuale, si troverà a realizzare che i suoi desideri sono differenti da quelli dei suoi amici, da quelli che “dovrebbe” avere e, quindi, si ritrova impaurito, solo e smarrito. Non ha intorno a sé persone che possano essergli di supporto, né vede nella società modelli positivi. (dal volume dedicato alla scuole medie inferiori, pag. 3) 
Non si parla affatto di famiglia, "tradizionale" (qualunque cosa significhi, se la famiglia biologica e mai separata della chiesa cattolica o quella nata dal divorzio e dal nuovo stato di famiglia)  meno, ma di rappresentatività delle singole identità delle persone.

Per Sara
la “diversità” originaria e fondamentale che costituisce l’essere umano è tra maschio e femmina. Quindi, se si vuole stare alla realtà e al significato delle parole, se c’è una famiglia che educa davvero alla diversità è proprio quella “tradizionale” in cui uomini e donne si scornano da millenni per venire a capo di una convivenza MAI facile (pensiamo alle esilaranti storielle di Enea Berardi che illustra benissimo le differenze di mentalità, psicologia e visione della vita tra mariti e mogli). In sostanza, e senza offesa, c’è molta più diversità e quindi ricchezza nella famiglia tradizionale che in una omosessuale.
Se Sara avesse letto gli opuscoli, prima di criticarli,  avrebbe scoperto che un conto è l’identità biologica che  
si riferisce al sesso biologico di un individuo, cioè al fatto che sia anatomicamente maschio o femmina. Tale caratteristica deriva dalla combinazione dei cromosomi XY nei maschi e XX nelle femmine al momento del concepimento. L’identità biologica identifica un individuo come maschio o femmina, in termini di cromosomi e anatomia sessuale. Si nasce maschio o femmina (pag. 7).
Un altro è invece l'identità di genere che è
un costrutto più complesso, legato indissolubilmente al contesto culturale di riferimento. Ogni società assegna al sesso maschile e a quello femminile dei ruoli più o meno
prestabiliti in un dato momento storico. Tali ruoli si traducono in comportamenti, attività e attributi che la società considera appropriati per gli uomini e le donne, per i bambini e le bambine (pag.7).
Sara confonde l'identità sessuale, quella che riguarda la differenziazione anatomica degli organi di riproduzione sessuale dell'essere umano e che ci fa maschi e femmine con l'identità di genere che ci definisce uomini e donne e pretende che la funzione riproduttiva invece di riguardare l'identità biologica riguardi l'identità di genere.

Una identità di genere che è costretta e indirizzata da specifici ruoli di genere
cioè i comportamenti che gli individui adottano (nel modo di parlare, di vestirsi, di
riferirsi a se stessi) per indicare agli altri la propria identità maschile, femminile o ambivalente.
Tale aspetto, in quanto manifestazione esteriore, è ovviamente fortemente influenzato dalla cultura di riferimento: è facile osservare, ad esempio, come la percezione dell’identità maschile nella cultura occidentale dei giorni nostri sia profondamente diversa da quella di 40 anni fa, e sia comunque molto differente dalla cultura odierna espressa da altre società. In sostanza, il ruolo di genere costituisce una rielaborazione e un’espressione personali delle aspettative e consuetudini sociali attuali rispetto a un determinato sesso.
Quando nasciamo, ci viene messo sulla culla un fiocco azzurro se siamo maschi e un fiocco rosa se siamo femmine. Questi fiocchi indicano non solo il nostro sesso, ma tutte le aspettative che la cultura ha sui nostri comportamenti in quanto maschi o femmine.
Da questo momento in poi buona parte di quello che diciamo o facciamo rientra nella dicotomia maschio/femmina.
Se una bambina ama giocare a calcio con i compagni e si sporca i vestiti, le viene detto di non fare il maschiaccio.
Una volta cresciuta, deve imparare a cucinare, deve volere un marito e dei figli. Così un uomo deve amare guardare la partita o la Formula 1 in tv. Ogni volta che un individuo non si conforma a queste aspettative, la società lo considera strano, lo fa sentire sbagliato rispetto a un modello stereotipato di riferimento. (pag. 8)
Queste differenze non sono inventate dall'autore e dalle autrici dei tre libri dell'Istituto Beck, ma riassumono la posizione ufficiale della psicologia, sociologia e antropologia contemporanee.
 
Sara, invece, non contenta di sovrapporre cose che da 30 anni circa invece si sono faticosamente separate per vedere l'identità sessuale di una persona, che è cosa assai complessa, in tutti i suoi differenti fattori, pretende che la sua smaccata omonegatività abbia una base di condivisione universale.  
In ogni tempo e in ogni cultura l’omosessualità è stata contrastata per quella che penso si possa definire un’avversione puramente “istintuale” (quindi pre-culturale) verso un atteggiamento che non consente la prosecuzione della specie. Ma oggi, con otto miliardi di terrestri in continuo aumento, la cultura ha buone chances di insegnare il rispetto anche per chi preferisce un compagno dello stesso sesso.
Senza dilungarmi in inutili esempi di come nel mondo antico l'omosessualità fosse tutt'altro che contrastata voglio farle notare come a seguire la sua distinzione tutte le famiglie composte da persone di sesso diverso che non possono o non vogliono avere prole dovrebbero essere viste con la stessa avversione di chi, secondo lei, ha un attegiamento che non consente la procreazione della specie.

In ogni caso che il motivo per cui si debba portare rispetto a chi preferisce un compagno dello stesso sesso sia la sovrappopolazione planetaria è uno svilimento dell'individualità di ognuno e ognuna.

Ogni essere umano dovrebbe poter fare le scelte secondo la sua natura...

Sempre che quella dell'omosessualità sia una scelta.

Non è così per la psicologia, come riportato nei tre libri che Sara critica senza aver minimamente letto. L'omosessualità infatti
Non è una scelta, come non è una scelta l’eterosessualità.
Qualcuno di voi ricorda di aver scelto a un certo punto di essere eterosessuale o omosessuale? Quello che le persone omosessuali possono scegliere è se accettare il
proprio orientamento omosessuale e, quindi, sviluppare un’identità omosessuale serena e assertiva, in cui tutti i diversi aspetti della propria personalità possano convivere in maniera armonica e integrata, o rifiutarlo per pregiudizi di ordine morale, sociale, religioso.  Quindi potremmo ribaltare la domanda chiedendoci:
“l’eterosessualità è una scelta?”. (pag. 23)
Sara  ignora, o finge di ignorare, che le coppie di sesso diverso non rimangono sempre insieme per tutta la vita e molte di queste coppie cambiano partner e a volte i partner possono essere anche dello stesso sesso e quindi padri si ritrovano con compagni dopo avere avuto dei figli da una moglie o, viceversa, madri si trovano a stare con compagne dopo avere avuto dei figli con, o senza, un uomo accanto (la madre single è una delle forme in cui l'autoemancipazione femminile si è andata declinando negli ultimi decenni).

Insomma se smettiamo di costringere e ridurre il legame affettivo tra due persone al mero dato procreativo vediamo che la coppia di sesso diverso non è affatto l'unica coppia detentrice della funzione procreativa proprio come le coppie dello stesso sesso non sono le uniche depositarie della sterilità. 

Sara  ci assicura, magnanimamente, di detestare
la violenza contro gli omosessuali, ma rifiuto categoricamente, proprio per rispetto di quella diversità da loro tanto declamata, di dover diventare io non più mamma ma genitore 1 o 2, non più di “sesso femminile” ma di un qualche “genere” a mio piacimento.
Dimostrando così  di non avere capito la terminologia e le questioni di cui dibatte.
Una donna sarà sempre madre e mai padre: anzi di solito sono le persone omonegative a chiedere dinanzi a due genitori chi fa la mamma o a due genitrici chi fa il papà.

I riferimenti a genitore 1 e 2 riguardano le soluzioni burocratiche, discutibilissime, di questo o quel comune e non derivano certo da queste distinzioni tra sesso e genere (e ruoli di genere).

Il ruolo di genere per esempio costringe una donna a scegliere  tra la carriera e il mestiere di madre e quando una donna dimostra di poter coprire entrambi i ruoli (come Licia Ronzulli, europarlamentare del pdl, che porta la figlia in Parlamento) viene descritta come una madre snaturata e non come una donna emancipata.

Chissà se Sara si sente di difendere anche questa discriminazione in nome di quella diversità che pretende di ascrivere alla famiglia procreatrice.

Sara conclude la sua lettera dicendo che
Millenni di storia della specie umana non cadranno sotto i colpi del politicamente corretto, servirà molta più saggezza da entrambe le parti, soprattutto a tutela degli omosessuali.

Senza dover tornare tanto indietro nella storia millenaria del genere umano vorrei chiedere  a Sara se lei se la sente di definire come una questione di forma, cioè di politicamente corretto, e non di sostanza, cioè di diritti delle donne, il diritto di voto, conquistato nel 1946, la parità col coniuge, conquistata nel 1975 col nuovo stato di famiglia, il diritto di divorzio, conquistato nel 1970, e quello all'interruzione volontaria della gravidanza, conquistato nel 1978.

Mi chiedo se Sara trova una questione legata al politicamente corretto l'aver finalmente trasformato lo stupro da reato contro la pubblica morale a reato contro la persona, nel 1996,  o ad aver cancellato, nel 1981, quell'imbarazzante articolo del codice penale sul delitto d'onore e sul matrimonio riparatore col quale uno stupratore poteva passarla liscia senza nemmeno subire il processo per reato contro la pubblica morale.

Se, insomma, tutte queste conquiste dell'Italia repubblicana sono da considerare altrettanti pezzi di millenni di storia umana caduti sotto i colpi del politicamente corretto o non sono invece conquiste di quella parità tra uomini e donne che adesso si sta allargando anche agli orientamenti sessuali non etero che, in barba a una presunta avversione istintuale e dunque pre-culturale alle omosessualità, sempre più Stati nel mondo stanno riconoscendo loro.

Sì omosessualità, al plurale, perchè non esiste solamente l'omosessualità maschile come Sara pretende in tutta la sua lettera parlando solo di omosessuali, al maschile, ma esistono anche le lesbiche, che Sara, stranamente, ignora (per tacer delle persone bisessuali...) cioè di noi tutti e tutte, donne e uomini, lesbiche gay  e bisex che possiamo o meno fare figli magari venendo aiutati quando la biologia ci impedisce di esprimere la nostra esistenza secondo una tavolozza di forme e di colori varia e differente ma per questo mai davvero diversa.

Se qualcuna o qualcuno vuole scrivere a sara l'indirizzo, pubblicato in calce alla lettera sul blog di Severgnini è gambasara@tiscali.it

6 commenti:

Paolo1984 ha detto...

io come eterosessuale non mi sento affatto minacciato dal fatto che una coppia gay possa sposarsi o comunque vivere l’affettività alla luce del sole questo non toglie nulla a me e agli etero in generale per quanto riguarda i diritti.
L'importante è capre che ogni identità di genere è legittima, che sia vissuta nei modi ritenuti consueti o più diffusi o no, nessun modo di essere donne o uomini (cisgender, trans, etero o gay) è meno autentico dell'altro.Una ragazza ha il diritto di giocare a calcio come di essere appassionata di moda, di entrambe le cose o nessuna delle due e così il ragazzo

Alessandro Paesano ha detto...

Io direi di più che una ragazza non è meno ragazza se gioca a calcio o non segue la moda...

Magari la pensassero tutti e tutte come te...

Paolo1984 ha detto...

noi siamo un mix di natura, cultura e storia ma ciò non ci rende incapaci di decidere, o capire dentro di noi cosa vogliamo, questo mix è parte di ciò che siamo, della nostra personalità

Paolo1984 ha detto...

X Alessandro
Certo sono d'accordo, e direi anche una ragazza a cui piace la moda,il make up o che comunque si trucca ecc..non è necessariamente una stupida per questo.
Tutti ci occupiamo del nostro aspetto estetico, chi più chi meno per noi stessi e il prossimo, anche questo fa parte di noi

Anonimo ha detto...

A quanto pare Sara pensa anche che a dover essere tutelati dagli attacchi omofobi siano solo gli omosessuali, non chiunque venga minacciato perché non conforme allo stereotipo di genere anche in un semplice dettaglio...
marta

Alessandro Paesano ha detto...

Esattamente Marta!

Hai colto proprio un punto nodale!