So però leggere e credo dopo aver letto la sentenza 601/2013 della prima sezione civile della Corte di Cassazione di poter dire che sono sin troppe le semplificazioni fatte da parte della stampa così come da parte di chi ha accolto positivamente ovvero negativamente questa sentenza il cui portato è si importante ma di natura e per motivi ben diversi da quelli che ognuno e ognuna vi hanno visto forzando il senso della sentenza per sostenere le proprie posizioni.
Ecco in estrema sintesi i fatti (desunti dalla sentenza stessa).
XX e YY hanno un bambino. YY, la madre, è tossicodipendente. Va in un centro di recupero. Si disintossica. Conosce una donna e inizia una relazione con lei
Le due donne vanno a convivere e con loro il figlio di XX e YY.
Il padre del bambino, cittadino straniero e musulmano, un giorno aggredisce la convivente della ex davanti al figlio, che si infuria con lui
Il tribunale per i Minorenni decide per l'affido esclusivo alla madre (nonostante la vigente legge preveda l'affido condiviso).
Decreta anche che il padre possa vedere il figlio prima ogni 15 giorni in ambiente protetto e poi, a discrezione dei servizi sociali delegati all'uopo dal Tribunale, di allargare questo diritto fino a far diventare la frequentazione tra padre e figlio libera.
Il padre sparisce per 10 mesi e non si avvale nemmeno del diritto di vedere il figlio ogni 15 giorni.
Si rivolge invece alla corte d'Appello insistendo nel richiedere l'affidamento condiviso preoccupato per le ripercussioni sul piano educativo e della crescita del figlio derivanti dalla convivenza della madre con altra donna.
La corte d'Appello ritiene inammissibile la richiesta di affido condiviso perché la madre vive con un'altra donna, per genericità della preoccupazione, non essendo state specificate nel ricorso del padre quali sarebbero le paventate ripercussioni negative per il bambino.
Il padre si rivolge alla Corte di Cassazione facendo notare come, nonostante la richiesta in tal senso dei servizi sociali, non si sia indagato se il nucleo familiare della madre composto da due donne, tra di loro legate da relazione omosessuale, fosse idoneo, sotto il profilo educativo, ad assicurare l'equilibrato sviluppo del minore. Nel ricorso il padre collega la convivenza della madre con altra donna in relazione al diritto del figlio "di essere educato nell'ambito di una famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio" e al diritto fondamentale di essere educato secondo i principi educativi e religiosi di entrambi i genitori. Fatto questo che non poteva prescindere dal contesto religioso e culturale del padre, di religione musulmana".
Su questo punto la Corte di Cassazione ribadisce la legittimità dell'inammissibilità della preoccupazione del padre sull'inadeguatezza dell'ambiente in cui il figlio vive, la famiglia composta da due donne, perché non si basa su certezze scientifiche o dati di esperienza, ma solo sul mero pregiudizio
In tal modo si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità dì quel contesto familiare per il bambino, che dunque correttamente la Corte d'Appello aveva preteso fosse specificamente argomentata.
Questi i motivi che qui ci interessano di una sentenza più complessa dal punto di vista giuridico.
Dunque le relazioni omosessuali (con persone dello stesso sesso) di per sé non sono un danno per la crescita di un minore.
Questo non lo ha stabilito la corte di Cassazione, ma già il Tribunale dei Minori (che era a conoscenza della relazione della madre) sia la Corte d'Appello.
La Corte di Cassazione, il più altro grado del sistema giudiziario italiano, ha solamente ribadito quando già detto fagli altri giudici.
Questo vuol dire che i tribunali e gli assistenti sociali tengono davvero conto della volontà dei e delle minori.
Quando il padre del bambino ha aggredito la compagna di sua madre il bambino si è arrabbiato con lui segno sufficeinte per i servizi sociali che il bambino considerava quella donna come parte della sua famiglia.
Il padre cui non è stato dato l'affidamento anche in seguito all'aggressione nei confronti della convivente della ex (poteva essere un uomo, sarebbe stata la stessa cosa) ha basato la sua richiesta di affidamento congiunto per poter controllare se il figlio cresceva bene dato l'ambiente per lui negativo in cui il bambino viveva.
Non ha mai chiesto nè in Appello nè in cassazione di togliere l'affido alla madre ha contestato che non fosse stato dato l'affido anche a lui usando come scusa la relazione omosessuale della ex compagna.
Insomma ha usato l'omosessualità come grimaldello per aggirare il mancato affido del figlio.
La risposta della corte d'appello e della corte di Cassazione che la preoccupazione che la relazione omosessuale possa nuocere al figlio presentata dall'uomo senza prove di quanto afferma è stato giustamente ritenuto un pregiudizio
la “formazione culturale e religiosa” del padre non viene considerata la matrice del suo pregiudizio da parte della Corte, bensì è stata invocate in appello *dal padre stesso* (“la *dedotta* difficoltà dell'appellante [...]”, pag. 4), anche per poter sostenere che l'affido alla madre, convivente con altra donna, pregiudicasse il diritto del bambino di essere educato secondo i principi di entrambi i genitori (pag. 7-8). (...) La Cassazione dichiara inammissibile il motivo di ricorso, sostenendo che il giudice d'appello giustamente non ha ammesso il motivo (“di gravame”, pag. 8) a lui sottoposto, in quanto fondato su un pregiudizio, qual che ne sia l'origine. (...) Di conseguenza non mi sembra si possa tacciare la sentenza di “razzismo” o di altra analoga, velata forma di discriminazione (...)Il testo completo lo trovate in calce a questo post, tra i commenti.
Una considerazione tecnica fatta da una corte di giustizia sul ricorso di un uomo che si dice preoccupato che il figlio viva con due lesbiche ma che poi non è mai andato a trovare il figlio per 10 mesi di seguito.
Non basta dire che due lesbiche danneggiano la crescita di un bambino, dice in soldoni la sentenza, bisogna avere le prove. Prove che nei due ricorsi il padre non ha presentato: né prove scientifiche né prove fattuali.
Un errore degli avvocati che nel ricorso hanno pensato che bastava dire la madre vive con un'altra donna per ottenere l'affido congiunto, attenzione non per togliere l'affido alla madre, solo per averlo anche lui.
Una sentenzia illuminata, un po' razzista, perché a me non sembra che la formazione culturale cattolica di tanti omofobi e omofobe nostrane sia diversa da quella del padre musulmano.
Quando ho letto la notizia sulla stampa ho subito capito che c'era qualcosa che non quadrava.
La Cassazione apre ai figli per i gay titola infelicemente La Stampa (figli per i gay? Figli fatti per o dati ai gay?)
Cassazione difende coppie omosessuali: "Famiglia gay non dannosa per figli" titola proditoriamente Repubblica la Cassazione non difende nessuno ha semplicemente detto che le motivazioni poste nel ricorso del padre del bambino erano generiche e fondate su pregiudizi.
Cassazione: no a pregiudizi su coppie gay, "i figli possono crescere bene" titola l'Agi affermando il falso perché visto che le parole i figli possono crescere bene presentate tra virgolette e dunque come citazione diretta della sentenza, nella sentenza non ci sono. Il dispaccio dell'Agi è davvero mendace perché afferma che sia stata la corte di Appello a stabilire l'affidamento unico alla madre del bambino e non come avvenuto in realtà, il tribunale per i Minori.
Stesso titolo falso del Fatto Quotidiano Famiglie gay, Cassazione: “Un bambino può crescere bene”.
Tutti titolano con la parola gay (orientamento sessuale) mentre mai come in questo caso omosessuale si riferisce all'assortimento sessuale della coppia (=dello stesso sesso) e non all'orientamento sessuale della madre, che non è lesbica ma bisex visto che ha avuto una relazione con un uomo e ci ha fatto addirittura un figlio insieme.
La mia prima domanda a leggere questi titoli è stata: in base a quali competenze un tribunale può pronunciarsi su questioni pedagogiche, psicologiche ed educative?
Infatti non è così.
I magistrati non hanno detto che i minori crescono bene in famiglie omosessuali hanno semplicemente detto che l'idea che la famiglia omosessuale non sia una famiglia adeguata per crescere un minore è un pregiudizio che non ha nessuna evidenza scientifica. evidenza scientifica che la corte, le corti, avrebbero voluto che il padre portasse come prova della sua affermazione che, così com'è stata presentata non può essere accettata dal tribunale perché generica e basata sul pregiudizio.
Da una parte ci sono i tribunali che vedono la convivenza della madre con un'altra persona che non sia il padre biologico del figlio come legittima e naturale poco importa che la convivente della madre sia una donna o un uomo o che la madre non si sia sposata né col padre del bambino né con la convivente (se ciò in Italia fosse consentito) e che non ci possono essere differenze davanti la legge tra coppie dello stesso sesso e coppie di sesso diverso.
Dall'altra c'è la stampa che distingue nettamente le famiglie dello stesso sesso da quelle di sesso diverso parlando addirittura di figli per i gay come fossero figli diversi rispetto quelli di etero.
Dietro la stampa ci sono due grossi gruppi: i sostenitori di questi figli di gay (principalmente le associazioni lgbt) e i detrattori di queste famiglie (cattolici e persone di ogni schieramento politico di sinistra e di destra).
Nessuno però si sottrae alla semplificazione ideologica della stampa che, di fatto, parlando non di coppie dello stesso sesso ma di coppie di persone dall'orientamento sessuale gay e lesbico, discriminano le famiglie dello stesso sesso dalle famiglie di sesso diverso.
Insomma l'orientamento sessuale non viene visto come una normale variante del genere umano e donnano cioè come una delle opzioni di uno stesso ventaglio di possibilità, viene vista come una una opzione a sé, contraddittoria rispetto quella etero che abbisogna di diritti ad hoc.
Insomma l'omosessualità ancora un terzo sesso.
Basta leggere le dichiarazioni di Gasparri (se sono davvero sue e non sono semplificazioni della stampa) che commenta la sentenza dicendo che costituisce
“un precedente molto pericoloso” che “di fatto apre ai figli nelle coppie gay, sostituendosi al legislatore giacché nel nostro paese non è possibile dare in affido un bambino a coppie dello stesso orientamento sessuale”.(Repubblica, La stampa e Il Fatto Quotidiano che riportano citano tutti e tre le stesse parole)Dunque per Gasparri per la legge italiana non è possibile dare in affido un bambino a coppie dello stesso orientamento sessuale.
Intanto l'affido di cui parla qui Gasparri non è l'affido di un minore al padre o alla madre biologici che oggi normalmente è congiunto, tranne casi eccezionali proprio come quello in esame, in caso di separazione o divorzio della coppia.
L'affido di cui parla Gasparri è evidentemente l'affido temporaneo di un minore a persone diverse dalla famiglia biologica.
In Italia, l'affidamento è disciplinato dalla Legge n. 184 del 1983, poi modificata dalla Legge n. 149 del 2001.
Questo affido possono ottenerlo sia i nuclei familiari, sposati o meno, sia i o le single, senza vincoli d'età. Dove non si parla esplicitamente di divieto perle coppie dello stesso sesso. A differenza dell'adozione che possono farlo solamente le coppie sposate, nemmeno quelle conviventi, e dunque, per la legge italiana, solamente le coppie di sesso diverso.
Già. Quel che intende evidentemente Gasparri è coppie dello stesso sesso, non coppie dallo stesso orientamento sessuale, perché verbigrazia, anche una coppia di sesso diverso, presumibilmente, ha lo stesso orientamento sessuale...
Che dall'affido dei minori ai genitori separati si slitti come fosse la stessa cosa alle adozioni per le coppie dello stesso sesso è dato per scontato e mantenuto implicito nel riportare le varie reazioni alal sentenza di chi è pro e di chi è contro.
Così anche il commento di Ignazio Marino, preciso e ineccepibile, con queta sentenza c'emnra come i cavoli a merenda:
“la capacità di crescere un figlio non è prerogativa esclusiva della coppia eterosessuale, ma riguarda anche le coppie omosessuali e i single. E’ un dato confermato dalla scienza. L’importante è che l’adozione venga disposta nell’esclusivo interesse del minore”.Però in questo caso non si tratta di adozione né di affido del minore a persone diverse dalla sua famiglia naturale ma dell'affido di un minore solamente a uno dei due coniugi...
Il vero punto in questione è prorpio quello individuato dal senatore del PD.
La capacità di crescere un figlio non è prerogativa esclusiva della coppia eterosessuale, ma riguarda anche le coppie omosessuali e i single. ( fonte il Fatto Quotidiano)
Mentre le posizioni integraliste dei cattolici italiani, e non, vanno proprio in questa direzione.
L'unica famiglia legittima è quella etero, sposata dove entrambi i coniugi sono i genitori biologici.
Allora siamo alle solite.
C'è un punto di vista integratore, che non discerne, separa, discrimina,
e c'è un punto di vista terzosessita che in base all'orientamento sessuale del singolo e non alla legittimità della coppia qualunque ne sia l'assortimento sessuale, pretende dei figli per gay e lesbiche.
Detta così dà ragione a chi accusa le famiglie omogenitoriali di comprarsi i figli (e non sono solo le destre a pensarlo ma anche molte lesbiche e gay).
2 commenti:
Probabilmente questa sentenza non è, in un senso o nell'altro, storica come la si vuol far apparire. Attenzione, però: la “formazione culturale e religiosa” del padre non viene considerata la matrice del suo pregiudizio da parte della Corte, bensì è stata invocate in appello *dal padre stesso* (“la *dedotta* difficoltà dell'appellante [...]”, pag. 4), anche per poter sostenere che l'affido alla madre, convivente con altra donna, pregiudicasse il diritto del bambino di essere educato secondo i principi di entrambi i genitori (pag. 7-8). La Cassazione dichiara inammissibile il motivo di ricorso, sostenendo che il giudice d'appello giustamente non ha ammesso il motivo (“di gravame”, pag. 8) a lui sottoposto, in quanto fondato su un pregiudizio, qual che ne sia l'origine. È chiaro che nel ragionamento sottinteso al motivo d'appello c'è un plateale "non sequitur": la conclusione (il bambino non gode dei diritti sanciti dalla Costituzione) non discende automaticamente dalle premesse (il padre è mussulmano, mentre il bambino è allevato da due donne). Dovrebbe essere dimostrata, ma non lo è, ed è pertanto frutto di pregiudizio. Di conseguenza non mi sembra si possa tacciare la sentenza di “razzismo” o di altra analoga, velata forma di discriminazione, men che meno in relazione all'atteggiamento dei cattolici, che qui non sono affatto in questione, e che non scamperebbero di certo a una pronuncia del tutto identica se adducessero motivi di ricorso inconcludenti come quelli addotti dal genitore mussulmano. Al contrario, sotto questo profilo la sentenza dimostra quel minimo indispensabile di laicità che poteva e doveva emergere nei limiti angusti imposti dal principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e segnati dall'evasività e dal dogmatismo del motivo di ricorso riproducente (per “sintesi”x, pag. 8) quello d'appello.
Grazie per la precisazione.
Ho provveduto a correggere il post.
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