Il documentario, il primo "vero" documentario di questa seconda edizione del festival, vede dipanarsi alcune vicissitudini della vita personale di Tomer Heymann, che stavolta ha fatto oggetto del suo documentario le riprese della propria vita privata: l'operazione all'anca della madre madre, le vicissitudini della donna, dalla separazione col marito ai figli che si sono trasferiti negli Stati Uniti, il rapporto col suo nuovo fidanzato Andreas, e il rapporto di questi con la madre ti Tomer. La Storia che incombe nelle rispettive famiglie (la madre di Tomer è scappata dalla Germania nel 32) la cultura cattolico tedesca e quella ebraico israeliana che si confrontano anche nelle feste religione, mentre il documentario registra, illustra, lasciando allo spettatore di trarre conclusioni, giudizi, conseguenze. Una documento di straordinario interesse nel quale senza proclami e senza rivendicazioni l'amore dell'israeliano Tomer per il tedesco Andreas è colto nelle dinamiche familiari del quotidiano, l'amore, la cura (Andreas al capezzale della suocera) il rispetto, la storia familiare, in una parola la vita.
Un documentario indimenticabile che dovrebbe essere proiettato nelle scuole e nelle università perchè mostra come al di là delle tante sterili teorizzazioni le persone sanno davvero trovare cammini unici e straordinari, non senza sbagliare, per provare a esprimere se stessi ed essere felici.
Le premiazioni
Il premio del pubblico (che poteva esprimere un secco voto positivo o negativo dopo la visione di ogni film) ha premiato Regretters, mentre la giuria internazionale,presieduta dal regista italiano Luca
Guadagnino e composta da Sonja Henrici (Scottish
Documentary Institute di Edinburgo), Robert Greene (uno dei
registi più innovativi del nuovo documentario
statunitense) e Alberto Lastrucci (co-direttore del Festival
dei Popoli di Firenze) pur dando a Regretters una menzione speciale ha premiato Kathakali, di Julien Touati e Cedric Martinelli. il documentario meno gender oriented della rassegna con un fare miope e ingenuo.
Nella motivazione si legge:
La motivazione attribuisce al documentario caratteristiche e pregi che non ha. Nel documentario si mostra un training fisico, coreutico, canoro, e non si parla affatto di identità di genere dato che non affronta né i ruoli sessuali, né gli stereotipi di genere, né l'omosessualità, ma si limita a presentare degli uomini che vengono e ducati a recitare a teatro vari personaggi (divinità) alcune delle quali femminili (proprio come nel teatro elisabettiano). Basta questo per farne
un'opera completamente nuova che illumina il genere come entità a sé stante? Per i giurati evidentemente sì ben diversamente dal pubblico che ha saputo scegliere altrimenti e dimostrando come le giurie dei festival, anche se questo che poi si chiama fest, sono distanti dal pubblico da come questo guarda ai film e da come i film si inseriscono nel mondo del racconto per immagini.
Niente Zingaretti quest'anno, alla premiazione dei film, come è successo per la scorsa edizione ma, proprio come per lo scorso anno, non possiamo che accogliere positivamente questo piccolo (per età) fest(ival) e e aspettare con curiosità la sua prossima edizione.
“Il film vincitore trasporta il concetto di gender in un nuovo territorio. E’ un film di corpi sul portare se stessi al limite della propria esperienza. E’ un film sulla perseveranza e sulla forza fisica ed è infine un film che contribuisce a formulare una metafora completamente nuova che illumina il genere come entità a sé stante. La ricerca del sé in questo film viene attuata contro e nonostante le differenze culturali e le limitazioni fisiche. La giuria sente che questa opera è la più audace nella visione di cosa l’identità significa per l’individuo”.Una motivazione tanto generica da aver indotto molti, compreso il sottoscritto, a pensare che il film premiato fosse Pyuupiro 2001-2008 sorprendendo molti invece per essersi rivelato altrimenti.
La motivazione attribuisce al documentario caratteristiche e pregi che non ha. Nel documentario si mostra un training fisico, coreutico, canoro, e non si parla affatto di identità di genere dato che non affronta né i ruoli sessuali, né gli stereotipi di genere, né l'omosessualità, ma si limita a presentare degli uomini che vengono e ducati a recitare a teatro vari personaggi (divinità) alcune delle quali femminili (proprio come nel teatro elisabettiano). Basta questo per farne
un'opera completamente nuova che illumina il genere come entità a sé stante? Per i giurati evidentemente sì ben diversamente dal pubblico che ha saputo scegliere altrimenti e dimostrando come le giurie dei festival, anche se questo che poi si chiama fest, sono distanti dal pubblico da come questo guarda ai film e da come i film si inseriscono nel mondo del racconto per immagini.
Niente Zingaretti quest'anno, alla premiazione dei film, come è successo per la scorsa edizione ma, proprio come per lo scorso anno, non possiamo che accogliere positivamente questo piccolo (per età) fest(ival) e e aspettare con curiosità la sua prossima edizione.
POSTILLA (del 1 settembre 2011)
Noto con dispiacere ma so che si tratta sol di una coincidenza e non ti una scelta voluta che nei documentari selezionati non ce ne sono che affrontano la tematica lesbica. Speriamo che l'anno prossimo, alla III edizione, questa lacuna possa finalmente essere colmata...
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