In un video dell'Ansa Siebezzi spiega così il motivo della sua decisione:
La scelta di “genitore” non esclude l’uso corrente del termine “padre” o “madre” come molti temono, semplicemente li comprende.
Questo provvedimento fa sì che qualsiasi tipo di famiglia che vada a iscrivere i propri figli alla scuola non subisca discriminazioni né viva delle situazioni di disagio. Così la madre single piuttosto che il padre vedovo, la coppia eterosessuale piuttosto che la coppia omosessuale che iscriva i propri figli viene compresa a pieno titolo dalla parola “genitore”.
Inutile dire che la decisione presa dalla Consigliera ha sollevato le critiche polemiche e criminali (visto che Seibezzi è stata minacciata di morte) dei partiti e della cittadinanza conservatrice cattolica.
Viene da chiedersi la reale necessità della decisione e, soprattutto, se la parola scelta in sostituzione sia coerente con i diritti civili e accolga il riconoscimento davvero di tutti e tutte.
Intanto non posso non notare il linguaggio sessista della Consigliera che parla di figli, al maschile, e non di prole, termine che Alma Sabatini ed Edda Billi suggerirono quasi 30 anni fa, nel libro Il sessismo della Lingua italiana, come sostituto davvero neutro al termine maschile figlio in uso e sostituzione anche di quello femminile figlia.
Una osservazione d'obbligo, non solo perchè il sessismo va combattuto sempre e comunque, ma perchè si sta analizzando un provvedimento linguistico che sceglie una parola che si pretende più includente di altre, considerate discriminatorie di qualcuno e qualcuna.
Mi chiedo se genitore verrà usato come termine neutro sostituendosi anche alla controparte femminile genitrice, cancellando così il genere della persona indicata dalle parole padre e madre, sostituite e spalmate su un nome maschile proditoriamente preteso come neutro.
Non è un caso che il dizionario online dei sinonimi del Corriere della sera riporta come sinonimi della parola genitore
- 1. padre, capo famiglia, fam. papà, babbo
- 2. (al pl.) padre e madre
Al singolare, genitore è sempre e solo lui, il capo famiglia, definizione disgustosamente maschilista che ci portiamo dietro dalla legge mussoliniana sullo stato di famiglia del 1942.
Insomma per non discriminare nessuno e nessuna le parole padre e madre, chiare e semplici vengono diluite in una parola maschilista e sessista che cancella le differenze sessuate che quei termini portano con chiarezza.
C'è un precedente in cui la parola genitori, al maschile plurale, ha sostituito un'altra parola.
La legge 54 dell'8 febbraio del 2006 Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli (definizione sessista ma tant'è) che prevede sempre l'affido congiunto (bigenitorialità) della prole (vedete quanto può essere semplice, indolore ed elegante impiegare un termine non sessista?) non distinguendo più tra coppie sposate e coppie conviventi e parla dunque di genitori e non più di coniugi.
In questo caso è chiaro che il termine genitore include anche le madri e i padri non coniugate\i e dunque è davvero un termine più inclusivo di coniugi che invece indica solo le coppie sposate.
Ma chi sono le persone che le parole padre e madre discriminerebbero e che la parola genitore secondo Seibezzi invece non fa?
Non certo quelle degli esempi da lei riportati.
La madre single è madre e non si capisce perchè dovrebbe diventare un generico e grigio genitore al maschile proposto come termine neutro col quale si pretende di sostituire il femminile che, non esistendo in italiano il genere neutro, di fatto, viene cancellato.
Il padre vedovo è padre e, lo stesso, non si capisce perchè dovrebbe essere deprivato del suo statuto di padre per un più generico statuto di genitore, anche se in questo caso il maschile non è sostitutivo ma rappresentativo del vero sesso della persona in causa (anche se c'è poco da rallegrarsene).
La prole di una coppia eterosessuale è sempre fatta da un padre e una madre, se un membro della coppia non è il padre o la madre della prole vuol dire che c'è da qualche altra parte, magari in un'altra coppia, un padre o una madre.
Per cui per quanto io possa voler bene al compagno di mia madre lui non si sostituisce mai a mio padre che vedo tutti i fine settimana assieme alla sua compagna o, perchè no, al suo compagno.
E qui veniamo all'ultimo esempio fatto dalla Consigliera.
La coppia omosessuale.
Anche qui a ben vedere non si capisce perchè si debba usare la parola generica genitore in presenza di partner dello stesso sesso e non usare invece due volte la parola madre o la parola padre.
Il termine genitore con la scusa di includere quello che è già incluso nelle espressioni le mie due mamme e i miei due papà, in realtà lascia indefinito l'assortimento sessuale della coppia con un termine fintamente neutro e in realtà maschile che vale per tutto il resto.
Chi sono quei signori?
Tra le due risposte possibili Sono i mie due padri oppure sono i miei genitori, come vorrebbe la Consigliera, l'assortimento sessuale della coppia emerge con chiarezza solamente nel primo caso perchè il secondo caso vale qualunque sia l'assortimento sessuale della medesima.
Forse qualcuno trova meno imbarazzante dire quelli sono i miei due genitori che dire quelli sono i miei due papà, quelle sono le mie due mamme.
Alla faccia della decisione presa per non discriminare nessuno e nessuna!
Con la scusa di voler includere tutti e tutte non si include in realtà nessuno e nessuna perchè non li si riconosce come persone e coppie sessuate ma come persone sessualmente neutre.
La questione potrebbe finire qui ed essere liquidata come non necessaria e, anzi, discriminatoria.
Purtroppo però non abbiamo ancora toccato il punto centrale di tutta la faccenda.
Ci viene in aiuto il servizio dell'Ansa, quando, dopo le dichiarazioni di Seibetti, la giornalista commenta che la scelta della Consigliera è in linea con quanto fatto all'ospedale di Padova dove il braccialetto per il secondo genitore non riporta più la parola padre ma partner.
Non è una questione da poco.
Se una mamma è in sala parto è giusto pensare che accanto a lei ci può essere un'altra donna e non per forza un papà.
Per cui è giusto che quella persona pur non essendo madre biologica della prole in nascenza sia riconosciuta come partner della madre.
Quello che fa di un uomo o di una donna un padre e una madre non è certo esclusivamente il legame biologico con la prole.
Sono padri e madri anche il genitore e la genitrice adottive di un bambino o di una bambina.
Con l'introduzione della fecondazione assistita la genitorialità biologica ha perso il suo statuto di unicità.
Se una coppia etero (=di sesso diverso) ) convivente o sposata utilizza la procreazione assisita eterodiretta il coniuge o il compagno è padre anche se non è il genitore biologico.
Se la coppia è sposata lo è d'ufficio. Se è convivente l'uomo deve riconoscere la prole.
L'omogenitorialità introduce una variante sia nello statuto legale che in quello ontologico della coppia genitoriale.
Nel caso di una coppia di donne o di uomini lo stato italiano riconosce la maternità della madre biologica e la peternità del padre biologico ma non riconosce al\alla parnter il diritto alla maternità o alla paternità come per il partner maschile di una coppia etero.
E' questa la vera discriminazione.
Quel che vale per il padre non biologico in una coppia di sesso diverso non vale per la madre (o per il padre) non biologica della coppia dello stesso sesso.
Per lo Stato italiano la partner della amdre biologica e il partner del padre biologico in una coppia dello stesso sesso non esiste e se la madre biologica (il padre biologico) muore, tecnicamente figlio o figlia posso essere affidati a strutture di sostegno e non all'altra metà della coppia.
Non d'ufficio almeno.
Sta all'apertura mentale e all'onestà intellettuale del giudice o della giudice decidere altrimenti.
Basterebbe fare una legge che riconosce in caso di madri single (ai padri single) la possibilità di riconoscere il figlio anche alle (ai) partner conviventi dello stesso sesso così come adesso permette di farlo al compagno non genitore biologico.
Ecco allora cosa Seibetti sta in realtà tentando di fare.
Dare ai padri non biologici e alle madri non biologiche all'interno di una coppia omosessuale (=dello stesso sesso) la possibilità di segnarsi amministrativamente come genitore non biologico del figlio o della figlia.
E siamo finalmente giunti al cuore della questione.
Così facendo Seibetti crede di eludere una differenza che anche lei deve considerare fondamentale che cioè il padre è solamente quello biologico e la madre è solamente quella biologica con l'unica deroga della coppia adottive e, per effetto della stessa deroga, anche ai padri non biologici e alle madri non biologiche delle coppie etero, che sono ricorse alla fecondazione eterodiretta.
Altrimenti ricorrerebbe ai termini madri e padri.
Anche per Seibetti insomma è ancora la famiglia etero a fare di un uomo e di una donna un padre e una madre poco importa se biologici o meno per il fatto che almeno potenzialmente entrambi possono essere padri e madri biologici.
Proprio in linea con la chiesa cattolica che riconosce come unica e vera famiglia quella etero indivisa con entrambi i genitori biologici (niente donne single, niente donne risposate, che, guardacaso sono proprio gli esempi scelti dalla Consigliera) l'unica nell'alveo della quale, secondo i cattolici, la prole cresce sana.
Due donne e due uomini non sono due padri e due madri ma dei più generici e neutri genitori che costituiscono si una famiglia ma meno salda perchè priva del legame biologico...
Non si vede quale altro motivo impedisca a una coppia di donne o di uomini di scrivere due volte mamma o due volte papà sulla modulistica per l’accesso agli asili nido invece del generico e grigio genitore.
Genitore mette tra parentesi una questione culturale importante cioè che sono l'amore e l'affetto con cui si cresce la prole a fare di un uomo e di una donna un padre e una madre non certo il legame biologico con essa.
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