Grazie all'acume di Armilla che ha proposto un manifesto, tutto al maschile, che allude all'omoerotismo senza espliciti dettagli anatomici, mantenendosi in una spendibilità che fa della decenza non il fulcro di un moralismo borghese ma il fulcro dell'erotismo esplicito ma non ostentato di un ragazzo che fa la verticale in un paio di pantaloncini (il messaggio passa lo stesso e la mamma non può proprio lamentarsi...).
La memoria è uno dei temi anche di questa terza e conclusiva giornata di proiezioni.
La memoria storica del movimento, sia quello americano, nello splendido documentario della HBO su Vito Russo, una delle (tante) figure chiave della storia statunitense e quella italiana in documentario importante sulla storia del F.u.o.r.i., sia quando la memoria riguarda quella della vita di una singola persona, il cui autore, in un film lisergico e molto indipendente racconta la storia propria e della madre, curata ad elettroshock da quando aveva 20 anni...
Vito (USA, 2011) di Jeffrey Schwarz racconta con uno stile documentaristico munifico la vita e l'impegno politico di Vito Russo, un italoamericano divenuto famoso come esperto di cinema e omosessualità (è così che io lo conosco sin dai tempi del liceo...) con il libro (discutibile) The Celluloid Closet del 1981, che legge omosessualità dappertutto anche quando due cowboys accennano alla grandezza delle loro colt... che è un punto di riferimento per tutta la comunità lgbt statunitense prima con la GAA Gay Activist Alliance e poi, durante gli anni dell'aids, con Act Up con la quale Russo denunciò la politica criminosa di silenzio dell'amministrazione Reagan che non informava né prendeva provvedimenti per l'aids allora ascritto al solo mondo omosessuale maschile. Tra immagini d'archivio, tra cui splendide interviste di Vito e interviste a familiari e amici, la vita politica e di impegno di Vito viene analizzata dal documentario parallelamente a quella privata, al suo fidanzato che morì di aids fino alla sua stessa morte avvenuta nel 1991.
Un documentario impeccabile, forse eccessivamente apologetico, che tutti dovrebbero studiare soprattutto in Italia per capire come ci si muove per contestare le dichiarazioni omofobiche di un politico o di una istituzione pubblica.
All'epoca Vito e gli altri organizzavano degli ZAP delle manifestazioni pubbliche in cui decine e decine di attivisti protestavano con dei sit-in od occupando gli uffici pubblici dove il politico di turno o il rappresentante delle istituzioni aveva fatto un commento omofobico. Oggi invece in Italia ci accontentiamo di un piccato (ma spesso debole) comunicato stampa...
Unica constatazione negativa sta nel rilevare come anche Russo fosse soggetto ai cliché dell'omosessuale e dei sottesi stereotipi di genere e rivendicasse come segno distintivo di una personalità omosessuale l'effeminatezza , perchè non gli piaceva fare sport o fare a pugni...
Enrico Salvatori ci ha poi presentato il frutto di un lavoro di ricerca d'archivio Fuori dal video – Il movimento gay sul piccolo schermo (1972-1982) realizzato su materiali video delle Teche Rai coi quali mette in risalto al contempo come negli anni settanta e ottanta la televisione parlasse di omosessualità con un approccio più scientifico e meno pieno di pregiudizi (anche se si parlava di sessualità e non di affettività) mentre il Fuori accedeva allo spazio televisivo grazie ai programmi dell'Accesso (spazio aperto in seguito a una sentenza della Consulta oggi dimenticata...), e di come il movimento già allora parlasse di molte delle rivendicazioni contemporanee matrimonio compreso (negli anni settanta. checché ne dicesse contro Mario Mieli, lui, non l'associazione). Stessi temi e stesse cosntatazioni anche guardando Fuori! Storia del primo movimento omosessuale in Italia (1971-2011) (Italia, 2011) di Angelo Pezzana ed Enzo Cucco nel quale si ricostruiscono le principali azioni politiche e culturali del F.U.O.R.I il Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano (ma l'acronimo era una scusa per usare la parola fuori dal coming out inglese, anche perchè, ammette lucidamente Angelo Pezzana eravamo borghesi e non rivoluzionari e demmo così a quella parola un significato nuovo rispetto quello con cui veniva usata allora), dimostrando come tra gli anni settanta e ottanta anche in Italia il movimento riusciva a fare politica in una maniera molto più incisiva di quanto non riesca a fare oggi.
Forse un po' verboso e montato, a tratti, con poco ritmo, il documentario si presenta come il primo di una serie in cui chiunque può proporre il recupero della memoria storica di allora cui la fondazione Sandro Penna di Torino, recentemente rinominata fondazione Fuori, vuole farsi tramite per il recupero storico delle gesta di quel movimento e non solo.
Forse un po' verboso e montato, a tratti, con poco ritmo, il documentario si presenta come il primo di una serie in cui chiunque può proporre il recupero della memoria storica di allora cui la fondazione Sandro Penna di Torino, recentemente rinominata fondazione Fuori, vuole farsi tramite per il recupero storico delle gesta di quel movimento e non solo.
Deludente invece Homo promo (USA, 1993) di Jenni Olsen, non per il film in sé, il montaggio di trailer americani di film del mainstream americano del periodo 1953-1977 che parlano di omosessualità, ma per le professionalità della Casa del Cinema che lasciano la sala kodak abbandonata a se stessa e quindi il film viene proiettato senza sottotitoli mandando in tilt la sala (gremitissima) che non capisce una parola di inglese (?!) professionalità che dopo ben due interruzioni hanno sbagliato a scegliere dal meno del dvd e hanno mandato non già i promo del film ma quelli della distribuzione del film stesso...
Insomma un semidisastro non imputabile però a Queering ma alle burocrazia della Casa del Cinema (come può una persona gestire la programmazione di due sale?).
Poi dopo un'ora di buco tra una proiezione e l'altra (unica distrazione in una programmazione altrimenti attenta e incalzante) l'ultimo incredibile film, dell'ormai lontano 2002, Tarnation (USA, 2002) di Jonathan Caouette nel quale l'allora esordiente e bellissimo attore-regista racconta la propria storia di bambino vissuto coi nonni e in famiglie affidatarie per via dei continui ricoveri psichiatrici della madre, parallelamente ai propri problemi mentali (disturbo di de-perosonalizzazione in seguito a uno spinello alla formaldeide) e all'adolescenza vissuta e agita come ragazzo gay (non mi piace nemmeno succhiare - dice- ma sento che devo farlo) sempre sul crinale di un gusto tra l'affabulatorio, lisergico e psichedelico, e gusto per memoria. Ipnotico, straziante, bellissimo, il film assembla materiali diversi: fotografie, filmini amatoriali (e non) in super8, vhs, che ritraggono Johnatah da bambino e preadolescente, montato e sviluppato come un omaggio alla video arte. Prodotto con soli 218 dollari usando il software gratuito iMovie su un computer Macintosh (mentre 400mila dollari sono stati spesi budget dal distributore per audio, stampa, musiche e tutti gli aggiustamenti audio/video per portare il film nelle sale) Tarnation ha vinto innumerevoli premi.
Il legame tra Johnatan e la madre resta nel cuore dello spettatore quanto la bellezza maledetta sua e del suo altrettanto bellissimo fidanzato...
Una terza edizione di Queering che mantiene lo spirito della festa di film a tematica omosessuale e trans con la quale nasceva nel 2012 e che fa ben promettere per la prossima edizione che, anticipa Armilla che l'ha organizzata, vuole insistere sulla strada della cultura letteraria e della memoria storica.
Non possiamo che essere d'accordo e fare i nostri migliori auguri aspettando con ansia Queering numero 4.
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