mercoledì 4 giugno 2014

Videogaymes. Quando gli "esperti di videogiochi", storditi dal desiderio di ricordare che i froci c'erano anche nei videogiochi tradiscono un maschilismo omofobo che fa paura

Un libro sui personaggi gay nei videogame. Dal titolo Videogaymes al plurale perché, mentre fingiamo di conoscere l'inglese, non conosciamo nemmeno la lingua italiana.
Lo ha scritto Luca De Santis. Pubblica Unicopli.
Il sottotitolo dice  Omosessualità nei videogiochi tra rappresentazione e simulazione (1975-2009). Una roba seria.
Infatti, mentre parla del suo libro al Pride Park, De Santis chiarisce che la classificazione dei personaggi non nasce da una sua malizia soggettiva ma dai libretti di istruzioni dei giochi che forniscono brevi note biografiche sui personaggi.

Nell'ora in cui, complice Paolo Francesco Del Re, De Santis parla del suo libro la bellissima ragazza trans Melissa, bardata da personaggio famoso di un videogioco famoso, è chiamata in causa come valletta - un frasario à la Mike Bongiorno - limitandsi a reggere delle stampe formato A3 che ritraggono i personaggi dei videogiochi e che De Santis chiama slide (sic!).
Due maschietti non riescono a reggere dei fogli e a parlare? Devono per forza far fare quel lavoro a una signorina? Ma che becero maschilismo! Tanto che alla fine, ai saluti, ci si dimentica pure di ringraziarla, nella totale indifferenza del pubblico. Poi per fortuna Del re se ne accorge e prova a rimediare.
Melissa fossi stata in te quell'asta che portavi gliela avrei rotta in testa a entrambi...

Insomma che dice in un'ora De Santis?
Che i personaggi gay lesbici e transgender (o transessuali De Santis si incarta subito e li usa sovrapponendoli quasi come fossero sinonimi) nei videogiochi ci sono stati sempre. Che insomma noi popolo lgbt nei videogame ci siamo sempre stati...
Sarà.
Le caratterizzazioni usate in quei videogiochi che De Santis ci mostra, nonostante cerchi disperatamente di dimostrare che nell'arco di un trentennio sono migliorate, si attestano ai migliori stereotipi sessisti del maschilismo omofobico e quei personaggi essendo essenzialmente checchine sfrante e donnone virago, mentre quando il sesso biologico non è conforme al genere De Santis sottolinea l'abiguità di questi personaggi.
Capite?
Non già l'uso dell'ambiguità da parte dei videogiochi. L'ambiguità c'è anche per il superespertone di videogiochi (siamo pochi in Italia si autoincensa) tanto che anche lui la attesta e la indica come tale. Alla faccia di 40 anni di movimento. Melissa rimane impassibile con la lancia in resta...

Per Luca sembra più importante rivendicare che i froci e le trans (un paio di volte gli scappa i trans...) ci sono proprio come faceva Vito Russo con i film mainstream (perché non stiamo parlando di videogiochi di nicchia ma di quelli mainstream) commettendo lo stesso errore: gioire per una presenza lgbt qualunque sia senza tenere conto (nella presentazione almeno, non so nel libro che non ho letto ancora) la qualità di questa presenza.
A vedere dagli esempi che mostra  (un energumeno à la Village People ma più nerboruto che ti succhia l'energia abbracciandoti e colpendoti con inequivocabili movimenti pelvici e una lingua serpentiforme signore e signori eccovi servito il frocio) De Santis si diverte con gli occhi di oggi di una rappresentazione che allora (il gioco in questione è dei tardi anni 80) era come minimo raccapricciante (a dire il vero per me lo è ancora oggi).

L'idea di fondo del libro (ripeto e non lo ridirò che giudico esclusivamente in base alla  sua presentazione) mi pare come minimo controversa.

De Santis sovrappone omosocialità (che signifca, più o meno, la simpatia che i maschi provano l'un l'altro sganciata dall'omoerotismo, una solidiarietà maschile che una volta autorizzava qualche sospetto di omosessualità) al'omofilia tout-court e legge così in chiave omoerotica un gioco nel quale bisogna masturbare un uomo, cioè, un personaggio da videogioco, dimenticando che (come ricordava Mario Mieli) l'educatsrazione cioè la repressione di tutto ciò che non è etero e eteronormato passa anche attraverso le sperimentazioni masturbatorie adolescenziali collettive...

A una lettura più profonda l'omoerotismo masturbatorio rientra come rito di passaggio nei divieti eteronormativi di un autoerotismo che è tutta l'omosessualità che un adolescente medio si può concedere...

Poi De Santis cerca di coinvolgere il pubblico (moscisssimo) mettendo in palio un paio di free drink (perché non si può mica dire due consumazioni omaggio...) chiedendogli di riconsocere nomi e videgiochi di provenienza dei personaggi la cui catalogazione, ricordiamolo, non è sua, ma rigorosamente dedotta dalle note di produzione dei videogiochi stessi.

Però...

Però la classificazione usata da De Santis è discutibile.

Se una ragazza, personaggio di un picchiaduro, si camuffa da uomo per accedere ai combattimenti altrimenti preclusile (perché concessi solo agli uomini) per vendicare il fratello morto ammazzato, il fatto che si nasconde i seni o che viene disegnata (progettata? Pixellata?) con sembianze maschili è per froza una transgender come ce la presneta il nostro? 
Però quando De Santis commenta l'omosessualità di questo o quel perosnaggi usa come criterio di ricosncoimento gli stereotipi più omofobi che esistono non avevo dubbi sull'omosessualità di quel perosnaggio così effeminato ma davvero?
Poi visto che il pubblico, moscissimo, non indovina nessun personaggio (tranne una coppia dietro di me che vincerà i free drink) De Santis chiede di indovinare orientamento sessuale e identità di genere dei personaggi, quelli le cui stampe Melissa valletta vassalla maneggia.

E qui si compie lo stupro culturale della presentazione.

Dei perosnaggi nati dall'invenzione di un gruppo di programmatori e programmatrici, non delle persone in carne ed ossa che usano delle parole piuttosto che delle altre per definirsi e presentarsi al mondo, dei perosnaggi di invenzione vengono ritenuti suscettibili di riconsocimento e catalogati come lesbici, gay, etero, transgender o transessuali operate (le parole son sempre di De Santis).

Si propone cioè di catalogare personaggi di videogiochi (nemmeno di film o romanzi...) come fossero persone del mondo reale senza mai minimamente mettere in discussione strereotipi e ruoli di genere (e come si potrebbe se De SAntis è il primo a usarli in maniera normativa cioè per distinguere chi è cosa...?) - come ci guarderemmo dal fare nel caso di persone reali  - confermandoli con un ammiccamento maschilsita e omofobico di chi dice eh lo sapevo che quel tale perosnaggio oconciato da frocetto effemmianto è gay...

Tutto questo compiuto al Pride Park che dovrebbe essere il luogo dove questi luoghi comuni vengono destrutturati, frantumati, criticati nella loro essenza patriarcale, maschilista ed omofobica.

Certo è vero io non ho letto il libro, l'ho ripetuto anche se avevo promesso non lo avrei più fatto, ma ieri l'autore di questo libro che non ho letto mostrava il disegno di due personaggi maschili uno con una fluente chioma bionda e l'altro con una sorta di cappuccio di cuoio dicendo che si trattava di una coppia gay (non di uomini proprio coppia gay) composta da un tizio profondamente effeminato e l'altro profondamente maschile (secondo la versione più stereotipata di questi concetti) senza minimante accennare una messa in discussione di ruoli di genere così miseri.

Ecco questo mi sembra il limite più grave di questa vocazione classificatoria che nemmeno Linneo, dare dignità agli stereotipi più beceri pur di ricsonoscere che in un videogioco quello strano essere ambiguo (sono parole sue) morto ammazzato era un frocio.

Ecco io 15 euri per il libro non li dò. Se avrò modo di leggerlo lo farò.

Però che povertà di acume storico-sociologico-antropologico...

Proprio come Vito Russo, che però scriveva negli anni '70.

De Santis scrive oggi.