domenica 2 marzo 2014

La banalità del male di Luigi Amicone - Pupi Avati - Giuliano Ferrara - Lodovico Festa - Giorgio Israel e Costanza Miriano.
Quando l'integralismo cattolico si rivela più totalitario del nazismo arrivando persino a snaturare il pensiero di Anna Harendt .

Sul sito del settimanale Tempi, vicino al Vaticano e a CL, è stato pubblicato un manifesto a firma di Luigi Amicone, direttore dell'ebdomadario, Pupi Avati, Giuliano Ferrara, Lodovico Festa (giornalista del Giornale e del Foglio), Giorgio Israel (professore ordinario presso il Dipartimento di Matematica dell'Università di Roma La Sapienza) e Costanza Miriano (giornalista cattolica) nel quale in nome di un miracolo che salva il mondo comune contro le nuove schiavitù contro un'Europa avara di vita e ideali si inneggia alla crescita demografica (per una comunità umana che guardi e prepari il proprio futuro, i numeri della natalità sono decisivi) citando Hannah Arendt, ebrea tedesca rifugiata negli Stati Uniti, che parla dell'infanzia (del bambino sessisticamente solo al maschile) come miracolo che salva il mondo.
Dopo aver constatato il tasso zero anzi in negativo di crescita in Europa il manifesto ne individua le cause nei nuovi diritti.

Quali? A quale “fede” e quale “speranza” alludono questi “diritti”?
La fede e la speranza nella diffusione a livello di massa dell’aborto e dei preservativi come “diritti riproduttivi”. Fede e speranza nel matrimonio e nelle adozioni gay come “diritti umani”. Fede e speranza nella “buona morte” e nell’eugenetica come “diritti individuali”. Fede e speranza nel muto avanzare di generati da A e B, madri e padri surrogati, i cui nomi non si dovranno mai pronunciare, figli di “donatori biologici”, ragazzi che a un certo punto della loro vita scopriranno l’assenza di volto umano nella propria storia. Fede e speranza nella cosiddetta “teoria del gender”, nell’indistinto piuttosto che nell’evidente, nel neutro piuttosto che nel reale, nella negazione della differenza sessuale, degli ascendenti e dei discendenti, del maschio e della femmina, della madre e del padre. Fede e speranza nella grande illusione secondo cui l’uomo è padrone del suo destino.

Quel che mi preoccupa non è tanto lo stravolgimento ideologico delle questioni chiamate in causa (su cui tornerò subito)  ma l'ideologia che ne scaturisce direttamente.

Una ideologia che guarda al passato dell'Italia, quello precedente alle grandi leggi degli anni settanta (divorzio, stato di famiglia, aborto) e che più che a uno stato etico inneggia a un vero e proprio totalitarismo cattolico.

La società che vogliono i firmatari, e la firmataria, unica donna in un consesso di uomini, del manifesto è una società maschilista, nella quale il genere umano e donnano è ancora rappresentato dall'uomo che, da capo famiglia (aah! il vecchio stato di famiglia mussoliniano del 1942...) che parla anche per la moglie e per la prole, qui sussunta sessisticamente dal solo figlio maschio, quel bambino che fa le veci anche della bambina.

Una società dove il sesso è una condanna alla procreazione, non decisa dalle dirette e dai diretti interessati, ma, come vuole la chiesa, ineluttabilmente legato alla volontà divina (la grande illusione è proprio che l'uomo, cioè il genere umano, è padrone del proprio destino dice ilmanifesto), e dove i profilattici non servono a proteggersi dalle malattie sessualmente trasmissibili, ma solo a evitare di procreare.

Una società dove non c'è posto per la ricerca scientifica i cui studi sulle staminali vengono trasformati in ricerca eugenetica (perchè trovare il modo di far ricrescere un rene malato è proprio come voler scegliere il colore degli occhi o l'altezza...)

Una società dove dio non decide solo quando nasci ma anche quando muori perchè non sia mai che puoi tirare le cuoia con serenità e meno sofferenza... altrimenti poi la fifa della morte non ti viene e a dio finisci per non pensarci nemmeno in quel momento lì...

Un approccio alla vita (e alla morte) profondamente sadico, il che, da una religione che mangia il corpo e beve il sangue del figlio (maschio) del proprio dio (maschio) non c'è nemmeno tanto da meravigliarsi, ma forse da ribellarsi sì.

E' anche profondamente prepotente per cui leggere che tutto questo viene fatto per i nostri figli e a tutti gli uomini e donne di buona volontà che desiderano un futuro umano, di pace, libertà e prosperità per l’Europa ecco leggere in questo contesto la parola libertà fa tremare proprio i polsi.

A un attacco così frontale ai diritti fondamentali della donna e dell'uomo dobbiamo rispondere solidalmente unite e uniti.

Perchè qui non vengono messi in discussone solo i diritti dei froci e delle lesbiche ma tutti quei diritti che la Repubblica italiana ha via via riconosciuto al suo popolo fatto di uomini e di donne.

Però...
Se è facilmente dimostrabile che l'aborto di Stato, nato anche in un paese fascista e cattolico come l'Italia per evitare quelli clandestini e tutelare la salute delle donne, è un inalienabile diritto di autoemancipazione femminile;
se il diritto a una morte rapida e indolore (o meno dolorosa possibile) è un inalienabile diritto dell'essere umano qualunque sia il sesso o l'età; 
Se l'estensione del matrimonio (non quello gay ma l'unico riconosciuto dallo Stato anche alle coppie dello stesso sesso) tutela le famiglie di fatto che hanno già avuto figli da precedenti unioni;
che se si parla di crescita demografica in negativo non si capisce come mai il desiderio di paternità e maternità vada riconosciuto solo ad alcune unioni e non ad altre (e non lasciatevi distrarre dalla questione omosessuale: la legge 40 in Italia vieta la fecondazione eterologa anche alle coppie etero);
sulla questione gender lì noi uomini e donne contro le discriminazioni di genere e di orientamenti sessuali abbiamo qualche responsabilità in più.

Perchè nello stravolgimento operato dai firmatari e dalla firmatarie nel manifesto, quando si parla di 
muto avanzare di generati da A e B, madri e padri surrogati, i cui nomi non si dovranno mai pronunciare, lì non è che abbiano stravolto poi così tanto perchè qualcuna ha preferito cancellare la distinzione di genere coprendola sotto l'indistinto termine genitore (al maschile poco importa il suo sesso...), come ha fatto Camilla Seibezzi consigliera comunale di Venezia.

Invece di chiedere sempre i diritti per noi froci e noi lesbiche dovremmo forse ricordare che ci battiamo anche contro le discriminazioni di genere che non vuol dire, come fa comodo pensare, che noi maschietti gay non vogliamo essere considerati femminucce ma che combattiamo il maschilismo, che non accettiamo più i luoghi comuni che vogliono, per esempio, le donne meno portate per le materie scientifiche degli uomini, oppure che rifiutiamo il comune sentire che ci fa chiedere quando una donna   ha raggiunto un posto di potere se per conquistarlo non l'ha data oppure che per offendere una donna le dai della troia sei tanto maschilista quanto sei omofobo quando dai del frocio a un uomo. E che queste cose vengano insegnate nelle nostre scuole c'è da essere fieri e fiere non da vergognarsi.

Purtroppo però siccome il maschilismo è tanto di casa tra i culattoni quanto tra gli sciupafemmine noi maschietti siamo così odiosamente misogini che siamo felici quando possiamo di mettere le donne tra parentesi, cancellando anche le differenze lessicali dietro una asimmetria di genere o dietro una ipocrita neutralità che dovrebbe non discriminare e che invece cancella sempre e solo le donne (perchè non genitrice al posto di genitore?).
Il fatto che tra le persone maschiliste ci siano anche delle donne (Miriano ma anche, mutatis mutandis, Seibezzi) la dice lunga sul grado altissimo di penetrazione del maschilismo dal quale non è immune nessuna e nessuno.

Io sono fermamente convito  che lo studio della storia, la costruzione di una memoria contestualizzata, sia l'unico antidoto contro queste semplificazioni ideologiche dalle quali ci lasciamo convincere  per ignavia e per ignoranza.

Così leggo con gioia un post del blog Lez Pop la cultura pop in salsa lebsica che risponde al manifesto citando un altro brano di Anna Harendt per restituire la complessità del pensiero della filosofa che non c’è più per poter dire la sua, in un post dedicato al manifesto con particolare riguardo ai suoi contenuti omofobi.
Il diritto di sposare chiunque si desidera è un diritto umano basilare, rispetto al quale persino il diritto di andare nella stessa scuola, il diritto sedersi dove si preferisce in un autobus, il diritto di andare in qualsiasi albergo o luogo di divertimento, a prescindere dal colore della pelle, sono minori. Persino i diritti politici, come quello di voto, e quasi tutti gli altri diritti enumerati dalla Costituzione, sono secondari rispetto ai diritti inalienabili di ‘vita, libertà e raggiungimento della felicità’ proclamati dalla Dichiarazione di Indipendenza; ed è a queste categorie che appartiene il diritto di sposarsi e fare una famiglia.

Senza memoria storica possiamo credere a tutto.
Anche che la nostra salvezza dipenda da un maschio figlio di dio nato da una donna vergine.

La religione cattolica è sadica, misogina e misoneista, maschilista, omofoba e liberticida, in passato ha imprigionato ucciso e torturato in nome di un dio che non esiste e potrebbe tornare a farlo.

Se non la zittiamo subito, qui, ora e adesso, se non applichiamo anche alla religione cattolica quel che, razzisticamente, diciamo di voler applicare a quella musulmana, l'uomo e la donna continueranno a fare una vita di merda perchè un gruppo di uomini che dice di non scopare pretende che dio abbia detto loro che dobbiamo vivere tutte e tutti così.

Fermiamola, finché siamo in tempo.