venerdì 20 dicembre 2013

Il nuovo video contro l'omofobia di Arcigay.
Una comunicazione ancora inefficace


Finanziato dal Progetto LGBT del Consiglio d’Europa nell’ambito delle attività previste dalla Raccomandazione CM/Rec(2010)5 agli Stati membri sulle misure volte a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, Arcigay ha presentato il video “Spegniamo l’odio!” definito, sul suo sito,  contro l’omotransfobia anche se nel video di transofbia non c'è traccia.

Gli autori materiali  sono i Latte creative, un gruppo di web creative, composto esclusivamente da uomini, come si evince nel loro sito, in inglese,  sito nel quale del video in questione però non v'è traccia...


Guardiamo il video e poi analizziamolo insieme.



Il video riporta alcune delle dichiarazioni omofobe  (e non trasnfobiche) diffuse dai mass media generalisti pronunciate da Vittorio Sgarbi, Daniela Santanchè, Giancarlo Gentilini, Giancarlo Cerrelli, Pino Scotto, Mariano Apicella, Romano La Russa, Padre Livio (di Radio Maria) e Alessandra Mussolini.

Le loro parole fuoriescono da uno schermo tv disegnato di profilo e colpiscono la sagoma naif e asessuata di una persona.
Alla fine la tv così come è stata accesa viene spenta e compare l'headline Spegniamo l'odio,



spiegato dal bodycopy


Omofobia e Transfobia (che nel video non c'è...) non sono un'opinione. Firma la petizione al Parlamento ...e non arrenderti mai all'odio.

Se il concetto che la tv riversa nelle case e nelle teste della cittadinanza italiana l'odio omofobico è ben sviluppato da un'idea grafica che mostra le parole estrudere dalla tv in maniera aggressiva e schiacciante, ai danni di una sagoma indifesa sballottata di qua e di là, la parte grafica dello spot prende la mano ai creative (nessun sessismo, sono tutti uomini) con uno sconcertante effetto di censura.

Censura dei volti di chi quelle parole le ha pronunciate che così perdono peso, nonostante il sostegno grafico, proprio perchè, a differenza che quando quelle parole sono state pronunciate, qui nello spot gli omofobi e le omofobe non ci mettono la faccia.

Lo spot ottiene così un effetto spersonalizzante che dà alle parole dette la leggerezza disimpegnante del sentito dire, del ti dico il peccato ma non il peccatore.Non mostrare le facce di chi ha detto le porcate omofobe riportate nello spot dà loro un ineluttabile un effetto privacy che tutela le persone che le hanno dette che non sono facilmente riconoscibili in voce tranne l'onorevole Mussolini nominata da Vespa.

Questa anonimizzazione delle persone omofobe sposta tutta la responsabilità al canale emettitore (la tv) e ne esime chi quelle parole le ha dette dimostrando l'esatto contrario del headline:
queste parole dette sono una opinione diffusa e anonima, perchè generalizzate e uniformemente diffuse tanto che non c'è bisogno di riportare le facce di chi le ha dette perchè tanto le dicono e le pensano un po' tutti e tutte...

Ognuno e ognuna deve sempre invece essere riportato e riportata alla responsabilità di quanto dice e pensa mettendoci almeno la faccia, faccia che ogni singola persona le cui parole sono riportate in audio originariamente ci hanno messo (a parte quelle di chi ha parlato in radio beninteso...).

Ma l'impronta grafica di questo spot ha un effetto ben più grave.

Mancano le persone che queste parole colpiscono e schiacciano, i volti dei tanti uomini e donne che, in quanto persone omosessuali, sono state picchiate, aggredite, istigate al suicidio e uccise.

L'anonimizzazione delle vittime delle parole di omofobia rende il reato stesso dell'omofobia un reato non contro le persone ma paradossalmente un reato di opinione che non colpisce una persona concreta in carne ed ossa che con la sua datità di essere umano (e donnano) ma colpisce una categoria astratta e ideale rappresentate da una sagoma anonima che non han un peso sociale tanto da non apparire nememno in video.

Privilegiare le parole di odio fatte risaltare da una serie di pattern grafici carini e fantasiosi senza dare visibilità alle persone omosessuali che da quelle parole sono colpite relega ancora una volta le perosne omosessuali all'invisibilità, alla censura, alla non esistenza.

Mi chiedo come è venuto in mente a questi geni del web design di usare il video che sono precipuamente immagini in movimento e rinunciare all'icasticità della fotografia come se non ci fossero a disposizione foto di persone omosessuali ammazzate o picchiate...


Finché le  parola frocio di merda fanno cadere la sagoma asessuata di un omino nessuno si sente chiamato in causa perchè nessuna persona concreta e reale viene mostrata come vittima in carne ed ossa confermando che le parole omofobe colpiscono le idee e non le persone un po' come lo stupro quando era ancora reato contro la morale e non contro la persona.

Un autogol dei più clamorosi insomma dei quali bisogna pure che la cittadinanza italiana tutta inizi a chiedere d'onde a chi spende così male i soldi della comunità europea che sono soldi nostri per fare dei video graficamente carini e non dei messaggi politici efficaci.

Lettera aperta al "giornalista" Cristiano Gatti.

Leggo il suo articolo Gay e "omogenitori" Il lessico ipocrita imposto per legge  pubblicato ieri sul Giornale e non posso non notare la malafede e il fastidio presuntuoso col quale ha accolto le linee guida dell'Unar, che, come dice la parola, non sono una legge ma un invito, un consiglio, una esortazione.

Una esortazione di cui lei non capisce il senso, non per lo scetticismo con cui ne parla nel suo pezzo, ma perchè la riduce a una questione di politicamente corretto, cioè di forma, e non di sostanza, cioè di persone cui certe parole si riferiscono.

Senza entrare nel merito delle Linee guida, che lei semplifica e svilisce, voglio farle notare la discriminazione e gli errori lessicali e semantici che lei compie nel suo pezzo usando le sue stesse argomentazioni contro le linee guida.


Lei dice che al di là delle parole quello che conta  è che con tutti quanti (...)[serve] prima di tutto e sopra a tutto un grande rispetto.

Ha perfettamente ragione! Il guaio è che lei nel suo articolo manca di rispetto almeno quattro volte.

1) Lei suggerisce al posto dell'acronimo Lgbt di usare la definizione generale di sessualità diversa.


L'aggettivo diversa è giudicante e esprime una sua idea non una informazione.

Se lei vuole fare il giornalista e fare dunque informazione dovrebbe riferirsi non alla sua opinione (una opinione non qualificata...) dovrebbe, anzi, deve riferirsi alla definizione data no, non dall'Unar, ma dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che parla delle omosessualità come di una variante naturale del comportamento umano. Altro che diversità.

2 Comportamento, non sessualità. Già.
Lei riduce le omosessualità  (il plurale, che le potrà risultare strano, sta a indicare sia l'omosessualità maschile che quella femminile) a una questione di sesso, ma ogni orientamento sessuale, anche il suo, non riguarda solamente la sfera sessuale ma anche quella affettiva e sentimentale, o, se preferisce, relazionale.
Le persone non etero, proprio come quelle etero, non fanno solo sesso, ma si innamorano, mettono su famiglia e fanno figli.
Non per lei che fa delle persone omosessuali dei grandi assatanati e delle grandi assatanate di sesso e basta.
Se non è mancanza di rispetto questa...

3)  Outing e Coming Out sono due parole straniere con due significati diversi. Lei può usarle come sinonimi quanto le pare cioè non toglie che se lo fa sbaglia.
A proposito nella sua definizione di outing manca una parte fondamentale. Il motivo per cui si fa outing a qualcuno è un motivo politico: si fa outing a qualche personaggio pubblico che parla negativamente dell'omosessualità e poi magari va a letto con persone del suo stesso sesso.
L'outing serve a denunciare l'ipocrisia non già l'omosessualità di per sé. Ma lei questo si vede bene da dirlo.
Per lei quel che conta è che Tizio è gay poco importa se lo dice lui o se lo dicono altri per dimostrane l'ipocrisia visto che Tizio parla pubblicamente male dell'omosessualità.

Una distinzione troppo sottile per lei che, dopotutto, pensa che l'omosessualità sia solamente una diversità che riguarda il sesso (la chiama anche inclinazione sessuale)...


Anche questo minimizzare è una mancanza di rispetto...


4) La questione dell'articolo davanti la parola transessuale è molto semplice.
Se le persone transessuali transitano dal sesso biologico all'altro sesso indicarle usando il sesso di partenza e non quello di approdo ricorda loro che non sono davvero quello che vorrebbero essere ma quello da cui stanno cercando di allontanarsi...
Anche qui si tratta di una forma di rispetto.


Per lei invece è una dissertazione molto interessante, dissertazione cioè Ampia, approfondita, dotta trattazione di un argomento letterario o scientifico un modo molto sottile per minimizzare una questione che lei non ritiene importante. Ma non è detto che non lo sia solo perchè non lo è per lei (e torniamo alle sue opinioni e non all'informazione...)

Visto che lei dimostra di sapere usare i registri linguistici della lingua italiana in maniera molto efficace perchè non può soffermarsi per imparare dei termini che le risulteranno nuovi, ostici, ma non per questo sono inutili o secondari?
Anche questa è una mancanza di rispetto fatta con astuzia lessicale.


Infine c'è un'altra questione che sicuramente le apparirà come fumo negli occhi.
Il suo linguaggio sessista.

Il fatto cioè che lei usa il maschile e solo il maschile anche per indicare le persone di sesso femminile: quando ricorda il rispetto da usare con determinate categorie lei le elenca sempre e solo al maschile:
con gli omosessuali come con gli eterosessuali, con i bambini come con gli anziani, con i  bianchi come con i neri, dimenticando che ci sono anche le lesbiche  e le eterosessuali,  le bambine e le anziane, le bianche e le neri. 

Questo uso sessista della lingua - ci sono linee guida anche in questo ambito, questa volta redatte dalla comunità europea, per tacer del libro di Alma Sabatini Il sessimo della lingua italiana pubblicato dal Senato della nostra Repubblica (mi chiedo se reputerà non pertinente anche questo editore come l'Unar nel caso delle questioni Lgbt) - la induce in errore tanto da farle affermare che per lei non è necessario usare tutti i termini dell'acronimo lgbt in quanto basta usare i banali termini gay e omosessuale.

Gay  e omosessuale escludono per sessismo le donne (che in italiano si chiamano lesbiche) ed escludono le altre persone  non etero, come quelle bisex.

Qui non si tratta solo di mancanza di rispetto ma di omissione, di discriminazione.

Insomma da tutte le osservazioni piccate che lei fa nel suo articolo, nel quale continua artatamente a discriminare e offendere le persone lgbt mi sembra proprio che di queste linee guida dell'Unar ci sia maledettamente bisogno.

Delle due l'una.

O lei è del tutto deficiente  nel senso letterale del termine, persona che deficita di informazioni e va dunque evinta a un uso pertinente della lingua italiana per motivi di rispetto cioè di sostanza e non di forma come lei pretende;
oppure lei è un omofobo sfrontato che pretende di avere il diritto di continuare a discriminare e offendere le persone non eterosessuali con un uso furbetto e sottile della lingua italiana irridendo a questioni importante minimizzandole dall'alto della sua spocchia omonegativa.

In ogni caso l'Unar che è lo Stato italiano, mica un'associazione qualsiasi di gay, le dice che, in quanto giornalista e non privato cittadino,  deve iniziare a imparare a cambiare stile e metodo e rispettare finalmente lesbiche gay bisex e trans.

Se non le sta bene può sempre cambiare mestiere.