lunedì 12 agosto 2013

L'omofobia non è un comportamento, un gesto o un fatto. L'omofobia è un clima che si respira constantemente ogni singolo secondo della tua vita

Nell'articolo di Elena Tebano sul corsera ci sono delle belle intuizioni.

Tebano individua alcuni temi caldi, alcuni punti fondamentali, quando commenta o riporta opinioni competenti:

L’idea di non essere accettato, perché a sorprenderlo con l’emozione delle prime cotte erano i ragazzi e non le ragazze.
Bellissimo che si parli di cotte di sentimenti e non di sesso.

Meno bene di Lucia Bove, che, citata nello stesso articolo pur dicendo cose sostanzialmente giuste riduce l'omosessualità al sesso:

L’adolescenza è fondamentale per la messa a punto dell’identità. E la sessualità è uno dei cardini per il riconoscimento e l’affermazione di sé. Che risente dell’approvazione degli altri. Il ragazzo di Roma con il suo gesto ha detto che tutto questo gli è mancato», dice Lia Bove.
Capisco l'esigenza della sintesi ma non si tratta di sessualità quanto di identità come persone e l'identità non la fa il sesso ma l'affettività.

Benissimo per Giuseppe Burgio docente di Pedagogia all’Università di Palermo, che sempre nello stesso articolo dice:
«In questi casi si cerca il mostro che ha perseguitato la vittima. Ma è l’effetto cumulativo che fa crollare gli adolescenti: tanti piccoli atti, la battuta degli adulti o in tv, la mancanza di diritti, le barzellette. Anche i bulli sono ragazzi: prendono sul serio ed estremizzano opinioni che trovano intorno a sé». Per questo serve un cambiamento sociale e un lavoro culturale.


Eppure anche in un articolo così avanti non tutto funziona.

Non funziona il titolo che collega il suicidio di Roberto (e non Marco nome di fantasia scelto per ottemperare  a una ipocrita legge sulla privacy)  al timore di appartenere a una minoranza.
Marco, suicida a 14 anni perché gay: «Un gesto estremo per la paura di sentirsi minoranza»
Non funziona perchè dimostra che non si capsice quel che tutte le perosne omosessuali vivono quotidianamente. Non già il peso di una propria non accettazione. Non già il peso di far arte di una minoranza di persone.
Ma il peso di una società omonegativa che usa l'aggettivo che ti qualifica come insulto, che dice che quelli come te sono malati o sbagliati e che al massimo vanno rispettati e tutelati come si rispettano e tutelano i malati. Senza pensare minimamente a riconoscere la stessa dignità.
Così sbaglia Lingiardi, che pure è persona intelligente a dire

«Chi ha un orientamento sessuale minoritario ha una difficoltà in più: se ti discriminano perché sei nero o ebreo, quando torni a casa trovi il sostegno della famiglia. I gay molto spesso sono costretti a “nascondersi” anche a lì»,
perchè non è la discriminazione attiva quella che uccide moralmente e in vita le persone omosessuali. Se sei ebreo se sei nero nessuno pensa  che sei moralmente disordinato, che sei malato che sei depravato che pensi solo al sesso che sei pedofili promiscuo malato di aids invertito sbagliato. E chi ha di te queste opinioni non viene vista come persona negativa ele sue opinioni sono legittime e non censurabili.

Solamente l'omosesualità leva un coro uaniume di odio, disprezzo, diffidenza, schifo, condanna morale, politica e medica.E non c'è bisogno di dirlo di ricordarlo di nominarlo perchè è già là ci abbiamo costruito la nostra società.

Altro che paura di essere una minoranza. Quello è un lusso che si pososno permettere solo le persone fortunate che sono sopravvissute a una pressione sociale così potente da fare odiare te stesso e te stessa.

Purtroppo quel titolo sbagliato e interpretante inficia le tante cose positive contenute nell'articolo. Anche se rispetto la media degli articoli sul caso questo di Tebano è una sana boccata di ossigeno.

Ma troppo ossigeno, si sa, può essere velenoso...


 

Roberto suicidato dalla società.
Il 14enne suicida è stato ucciso già in vita da una società omonegativa che non gli concedeva spazio alcuno per esistere così come era: un ragazzo che ama i ragazzi.

Adesso Roberto, il ragazzo di 14 anni che si è suicidato, viene ucciso una seconda volta ogni volta che la stampa riduce le responsabilità che hanno portato al suo gesto al comportamento di qualche bullo come fa Repubblica, il giornale più omofobo d'Italia, che pubblica un articolo di Emilio Rolando (vergogna!) il quale, fingendo di stare solo riportando l'opinione di alcune donne che conoscevano Roberto (a che titolo? In che relazione?) chiude il suo articolo assolvendo tutti e tutte e dando la colpa solamente ai giovani bulli:

"Speriamo che anche questa volta  -  dicono alcune donne che conoscevano Roberto  -  non siano state le prese in giro o gli sfottò sui social network ad aver spinto questo ragazzo a suicidarsi. Se così fosse i responsabili di istigazione al suicidio dovrebbero essere puniti severamente, non si può accettare la morte di un ragazzino dovuta solo a delle prese in giro di altri coetanei. È difficile  -  proseguono le signore  -  che nessuno si fosse accorto di nulla. Del disagio profondo che Roberto provava. Sicuramente aveva lanciato delle richieste di aiuto. Ma perché nessuno le aveva recepite".
Non sono gli sfottò sui social network, è la società tutta, che capillarmente mefiticamente inesorabilmente rende  l'Italia un posto dove gay lesbiche bisex e trans non possono vivere, né bene né male ma proprio non possono vivere perchè non hanno un posto.

Una società dove si pretende che dire che i gay sono malati o che non possono sposarsi o che non possono adottare i bambini sia una opinione e nessuno si rende condo che se dicessimo lo stesso di altre categorie di persone (donne, neri, ebrei) tutti grideremmo allo scandalo.

Una società la cui principale religione considera l'omosessualità una perversione e un disordine morale e accetta le perone omosessuali solamente se caste facendo dunque dell'omosessualità una questione di sesso. Ma se io sono innamorato del mio compagno di classe e lo amo anche senza farci sesso sono lo stesso accettato?

Una società dove nessuno si stufa delle barzellette sui froci tutte improntate ad allusioni sessuali (e sempre e solo a una certa sessualità) al travestitismo, all'inversione sessuale all'essere mezze donne per i gay e mezzi uomini per le donne.

Una società nella quale 10 anni fa, io testimone, una insegnante del biennio (l'età più sensibile) preparata e intelligente spiega l'omosessualità come un fattore ormonale.

Una società dove frocio è l'insulto numero uno per gli uomini, come mignotta quello per le donne,  è una società che si rende responsabile della morte di Roberto. Il suo suicidio però non è affatto un gesto di debolezza (vergogna a chi lo pensa vergogna e ludibrio) ma un atto di protesta, enorme, definitiva, commisurata al mondo nel quale Roberto sapeva di doler vivere e ha deciso coscientemente di non volerci vivere più.

Una società siffatta deve lavorare e educarsi tutta al rispetto e all'apertura, partendo da alcune semplici considerazioni.

1) l'omosessualità è un'opzione di default come l'eterosessualità. Quando chiediamo a un ragazzo se ha la ragazza impariamo a chiedergli anche se ha il ragazzo e se l'interrogato si risente spieghiamogli che non c'è nulla di strano.

2) se l'omosessualità è una opzione di default allora le opinioni personali contro le omosessualità non sono legittime perché nascono da una propria ignoranza e ledono la dignità umana. Quindi se proprio non riusciamo a cambiarle teniamocele per noi. Come abbiamo imparato a indignarci nei confronti di chi fa affermazioni contro le donne, contro le persone di altra provenienza geografica, contro le persone ebree, che non vengono recepite come opinioni legittime, lo stesso dobbiamo fare nei confronti delle opinioni omonegative e chiunque lotti affinché queste opinioni continuino a essere percepite come legittime deve essere trattato e trattata come criminale perchè è quello che è.

3) tv, stampa e società devono contribuire a creare un immaginario collettivo omosessuale che non è quello che oggi si vede (come ha giustamente detto Natalia Aspesi) dei vari Tiziano Ferro o Dolce e Gabbana che sono persone di successo che hanno fatto successo nonostante (Ferro) o grazie (D&G) alla propria omosessualità.
Le immagini di riferimento quelle dei film dei telefilm della tv vista dai ragazzi e dalle ragazze devono mostrare dei personaggi gay di normale appannaggio sociale, positive e inserite nella società. Si deve presentare il coming out come strumento di autoaffermazione prima ancora che come strumento politico e mostrare anche come il bullismo di chi ti deride sia facilmente smontabile come mostra questo spot inglese, semplice, chiaro e diretto.
Perchè anche noi non siamo capaci a farne uno?
La responsabilità è anche di tutto l'associazionismo nostrano incapace di produrre un pensiero politico che vada al di là dell'autoproaganda.



A Roma di tutte le varie associazioni esistenti ho visto solo il Mario mieli scendere in prima linea: dove sono D gay project Arcigay Roma Gay center? Non dico i loro esponenti e rappresentanti che si sono degnati di fare capolino ma dico i militanti e le militanti, la gente quella che rimane tutto il giorno nonostante il caldo a fare il presidio, uomini e donne giovani e meno giovani come me. Non ci tengo ad avere ragione, affatto ma è troppo comodo metter su una associazione e poi limitarsi a scrivere comunicati stampa. Bisogna sporcarsi le mani.
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4) La scuola deve diventare un posto dove anche le persone omo bisesx e trans possono autorappresentarsi in un contesto di rispetto accoglienza e sicurezza e se ciò non accade la responsabilità non solo morale ma anche penale deve essere del o della preside e anche del corpo insegnante tutto.

Per questo la legge sull'omofobia non è sufficiente. Soprattutto quella in discussione in parlamento adesso svuotata di significato da quell'uomo politico minuscolo che è Scalfarotto.

Ci vuole una legge che elimini le barriere omofobe così come quelle maschiliste e sessiste perchè sono tutte figlie dello stesso patriarcato, sulla falsariga di quelle architettoniche per le persone disabili.

Una legge che imponga a controllare l'idoneità di tutti i funzionari e le funzionarie di Stato (dalla polizia al corpo insegnante) al ruolo ricoperto accertandone la mancanza di mentalità omonegativa e maschilista e in caso contrario richieda una educazione in tal senso.

Una legge che educhi la stampa un linguaggio non omofobo e non sessista.

E' vero che la società non la si educa al rispetto con la legge ma anche se il reato di omicidio non impedisce alla gente di uccidere questo non ne giustifica certo la depenalizzazione come invece i soliti cattolici omonegativi, criminali e assassini vogliono farci credere.

Andrea era un puro e da puro non ha potuto accettare il compromesso di vivere in una società omonegativa aspettando di crescere per procurarsi quel piccolo privilegio che lo facesse sentire quel tanto meno discriminato degli altri omosessuali e (soprav)vivere in maniera decente.
Deve aver pensato se la società è così omofoba io non so mica se voglio viverci.

Roberto,  suicidato dalla società, è stato ucciso da noi tutte e tutti. Ma non quando si è gettato dal quarto piano di casa sua in piena notte. Lo abbiamo ucciso in vita, impedendogli di vivere per quello che era un ragazzo normale che ama e si innamora di altri ragazzi come lui.

Altro che gli sfottò sui social network verbigrazia!