domenica 14 luglio 2013

Ma l'omofobia non è un pretesto. Su un articolo infame di Vera Schiavazzi su Repubblica

La notizia è stata riportata dal sito gay.it.
Quattro ragazzi gay sono stati aggrediti da alcuni ventenni verso le 2:30 del mattino, nel chiosco adiacente al locale "Cacao" nel Parco del Valentino dove si era svolta la selezione di Mister Gay Piemonte durante la serata Queever.
Due dei quattro ragazzi sono riusciti a sottrarsi all'aggressione fisica nella quale sono stati coinvolti anche altri due ragazzi giunti in loro soccorso. Calci schiaffi e cinghiate.  Uno dei ragazzi ha il segno evidente di una fibbia sul braccio destro. Lo mostra una foto scattatta dalla vittima e pubblicata sul sito gay.it, nella quale l'aggredito mostra il volto.
































L'articolo di Repubblica a firma Vera Schiavazzi descrive l'accaduto con un tono, uno stile e una presentazione grafica che influenza surrettiziamente la percezione dell'accaduto dei lettori e delle lettrici del quotidiano romano che si distingue ancora una volta nella sua campagna discriminatoria contro le persone omosessuali.

Una strategia comunicativa precisa e ideologicamente lampante.

1) La foto di uno degli aggrediti, ripresa dal sito gay.it viene ridimensionata,  tagliando  la faccia all'altezza degli occhi, rendendo la vittima, senza volto,  anonima.



Anche il nome viene riportato con il solito accorgimento della iniziale del cognome Paolo T. come se dichiararsi omosessuali, essere aggrediti perchè gay sia qualcosa di cui vergognarsi, da nascondere, qualcosa di sordido, un dato sensibile da tutelare per privacy. Qualcosa da nascondere tanto che, anche se si denuncia l'aggressione, non ci si mette la faccia.
Invece Paolo la faccia ce l'ha messa, ma Repubblica gliel'ha tolta.

La percezione che si vuole dare di questi gay aggrediti è che siano persone anonime, sole, vittime indifese e sprovvedute. 

L'intento dell'articolo è di minimizzare la natura omofoba dell'aggressione. Così anche nel titolo e nel sommario non si chiarisce la natura e le motivazioni dell'aggressione.





L'articolo si apre con un cappello introduttivo che riporta le dichiarazioni di Paolo T.
Schiavazzi fa dire a Paolo che quando hanno sentito i primi insulti de quattro aggressori lui e i suoi amici se ne sono andati perchè l'atmosfera non era buona.

L'atmosfera?

Andandosene, commettono lo stesso errore di molte vittime. Invece di rimanere in mezzo alla gente si allontano permettendo agli aggressori via libera in luoghi meno affollati, se non appartati e solitari.

Un giornale che facesse davvero informazione dovrebbe ricordarlo...


Secondo Schiavazzi Paolo T. e amici si sono allontanati e sono stati seguiti.
Che cosa è successo dopo?
"Ci hanno seguiti. Il nostro gruppetto si è sparpagliato, due erano più avanti, un quinto ragazzo seguiva dietro. All'improvviso ci hanno attaccato alle spalle. Uno di loro, come racconta gay. it, si è tolto la maglietta
e la cintura e ha cominciato a picchiare con quella. Io ho gridato di chiamare la polizia. Sono volati calci e pugni, cinghiate, insulti. Siamo scappati e ci hanno inseguiti ancora".

Non così secondo gay.it dove l'aggressione si è consumata nel chiosco visto che i quattro aggressori hanno preso  a calci anche dei tavoli:
«Eravamo seduti al chioschetto dopo essere usciti dal Queever - ci spiega uno degli aggrediti -. Sono arrivati questi quattro, si vedeva che erano ubriachi. Hanno iniziato a urlare "Ricchioni!" e a lanciare bottiglie, poi a prendere a calci sedie e tavoli. Ci siamo alzati e ce li siamo trovati addosso. Uno di loro si è levato la maglietta e ha sfilato la cintura dai suoi pantaloni. Io e un mio amico siamo stati presi a pugni e cinghiate, ho vistosi lividi addosso. Due dei miei amici sono riusciti a scappare. È poi intervenuto un ragazzo che ha chiamato la polizia e ci ha aiutato a difenderci».
Per Schiavazzi davanti l'aggressione uno scappa sempre e comunque. Anche i due ragazzi che li hanno difesi che,
hanno visto tutto e chiamato la polizia, e poi sono tornati indietro per difenderci e hanno preso botte anche loro.
Mentre secondo gay.it 
«Ero con un amico - spiega il ragazzo intervenuto in loro soccorso -. Dopo il Queever siamo andati a mangiare al chioschetto. Ci siamo seduti. A un tavolo vicino al nostro, quattro persone sulla ventina molto agitati, ubriachi e probabilmente strafatti, hanno iniziato a lanciare bottiglie e tavoli, aggredendo con insulti omofobi alcuni ragazzi seduti lì vicino. Uno degli aggressori si è poi sfilato maglietta e cintura. Per istinto sono intervenuto, ho chiesto se gli aggrediti stavano bene ma ho ricevuto cinghiate in faccia e in testa. Sono per fortuna riuscito a strappare di mano a uno di loro la cinghia. Me li sono trovati tutti e quattro addosso. Mi sono raggomitolato: ho ricevuto anche schiaffi e pugni».

«Abbiamo chiamato la polizia verso le 3.00 - conclude il ragazzo che era con lui -. Sono arrivate tre volanti e un'ambulanza. Hanno sequestrato la cintura. I quattro aggressori avevano anche rubato del cibo dal chioschetto. Erano palesemente drogati. È scattata la denuncia. Sono stati identificati tutti e quattro, erano già noti alle forze dell’Ordine.
Quindi i quattro aggressori erano già noti alle forze dell'ordine ma Schiavazzi preferisce concludere la sua intervista (?) così
Ci sarà un processo?
e Paolo T., risponderebbe
"Me lo auguro, io e la persona che era con me abbiamo firmato una denuncia. Vorrei ringraziare anche i due testimoni che hanno visto tutto e chiamato la polizia, e poi sono tornati indietro per difenderci e hanno preso botte anche loro. Erano dei ragazzi come noi e hanno deciso di non ignorare quello che stava succedendo. Purtroppo anche quelli che ci hanno aggrediti erano ragazzi come noi. Alcol o droga, cercavano un pretesto per attaccare. E l'hanno trovato nell'omofobia".

Secondo Paolo T. i ragazzi erano dunque alterati dall'alcool o dalla droga* (quale? hasish?  eroina? cocaina? Non importa. Per la giornalista tutte le droghe sono uguali secondo una classica mistificazione borghese e fascista).

Così alterati cercavano un pretesto, una scusa qualsiasi per aggredire.

E l'hanno trovato nell'omofobia.

Cioè non nell'omosessualità. Ma nell'omofobia, che diventa un pretesto e ne viene dunque minimizzata la gravità.

Si insinua così che non erano proprio omofobi. Erano ubriachi e alterati e pronti alla rissa hanno trovato l'omofobia ma poteva essere qualcos'altro.

Peggio.
Si insinua  che chi aggredisce, verbalmente o fisicamente che sia, delle persone omosessuali non lo fa per una vera intenzione di odio e discriminazione ma lo si fa per caso, per pretesto.
L'omofobia può essere causata da un pretesto.

Così si insinua che non si picchiano le perone omosessuali perché lo stato assente e la chiesa omofoba alimentano lo stigma e l'odio. No. E' colpa della droga.

Ora ipotizziamo che i quattro ragazzi abbiano aggredito e stuprato due ragazze.


La frase diventerebbe
Purtroppo anche quelli che ci hanno aggrediti erano ragazzi come noi. Alcol o droga, cercavano un pretesto per attaccare. E l'hanno trovato nello stupro.
Dinanzi una dichiarazione del genere orde di donne, femministe e non, ma anche di uomini, io per primo, sarebbero già sotto la sede del giornale a protestare e a chiedere la testa, professionale, di Schiavazzi su un piatto.

Ma con l'omofobia si può. Si può dire che è un pretesto.

Perchè si deve affermare che non c'è odio nei confronti delle persone omosessuali. Che non c'è una discriminazione diffusa che va fermata in tutti i modi.

Sono stati quattro balordi, per giunta drogati, che se la prendono con chiunque capiti loro a tiro con chi ha i capelli lunghi, gli occhiali, i pantaloni a pinocchietto o con chi è frocio.

Ma cos'è questa mania di protagonismo? Mica ce l'hanno sempre con voi. Siete voi che siete vistosi, se non ostentaste...

Capita l'antifona?

Adesso anche se Schiavazzi producesse la registrazione in cui dimostra che le parole di Paolo T. siano esattamente quelle da lei riportate (cosa che dubito fortemente) la giornalista non si sottrae alla responsabilità di avere riportato quelle dichiarazioni così incaute senza fare un commento.

Perchè l'omofobia non è un pretesto.

L'omofobia è una forma di odio e intolleranza alimentata anche da articoli di giornale come questo, incompetenti, morbosi e discriminatori.




*Nelle dichiarazioni di Paolo T. riportate da gay.it Paolo usa altre parole:
A un tavolo vicino al nostro, quattro persone sulla ventina molto agitati, ubriachi e probabilmente strafatti,