martedì 8 gennaio 2013

Il frasario terzosessista di Flavio Romani, Presidente Nazionale Arcigay (2)

Continuano i comunicati stampa a firma  Flavio Romani, presidente Arcigay nei quali vengono impiegate delle espressioni irricevibili, discriminatorie e controproducenti.

In un comunicato stampa successivo a quello di cui parlavo ieri, Romani ricorda al Pdl cui il comunicato è rivolto, che  il raggiungimento della piena parità di diritti tra cittadini è il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e non le unioni civili cui sembra, pare, forse, Berlusconi abbia aperto.

Nel farlo Romani cita, troppo disinvoltamente, i dati di un sondaggio della Datamonitor. di scarsa o nulla rilevanza statistica (essendo il campione intervistato di circa 4mila persone, dunque meno dello 0,01% della popolazione italiana)   secondo il quale il 54,1% degli italiani (glissiamo sul sessismo di Romani) è a favore del matrimonio per gay e lesbiche.

E' più forte di lui.
Romani vede il mondo  diviso tra gay e etero e auspica diritti per gay e un matrimonio per gay e lesbiche.

Invece di correggere i giornali che usano questa semplificazione discriminatoria e sbagliata Romani si allinea allo stesso terzosessismo della stampa nostrana.

Conviene ricordare a Romani (o a chi gli scrive i comunicati stampa che lui incautamente firma) che

il matrimonio non è per gay e lesbiche ma TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO.

Non è l'orientamento sessuale infatti a dirimere la questione ma l'assortimento sessuale delle coppie.

Un gay e una lesbica si possono sposare, due persone dello stesso sesso no.

Pensare che due persone dello stesso sesso siano necessariamente omosessuali, oltre a essere una inferenza di nessuna utilità, è discriminatorio e maschilista.

Discriminatorio perché dall'equazione vengono escluse, dunque discriminate, le persone bisessuali.

Discriminatorio perché si vuole a tutti i costi desumere l'orientamento sessuale dei componenti della coppia quando quello che conta è il diritto  a sposarsi con chi si vuole a prescindere dall'orientamento sessuale proprio e altrui.

Maschilista perché si catalogano due uomini o due donne che si sposano come due froci o due lesbiche (di nuovo, c'è anche la bisessualità, se Romani non crede  a me, si informi sulle famiglie omogenitoriali presenti nel paese che non sono tutte formate da coppie di lesbiche e di gay) invece di considerarli due uomini e due donne che si amano  e basta.

Così parlando Romani conferma il punto di vista di chi vede nell'omosessualità non una normale variante della sessualità e affettività umane, un'altra modalità di default, ma una peculiarità del genere umano che abbisogna di regole ad essa dedicate, sensibilmente diverse da quelle di tutti gli altri cittadini e le altre cittadine.

Un modo di vedere discriminatorio e terzosessista col quale si presta il fianco alle posizioni totalitarie del mondo cattolico che vede nell'omosessualità una disordine morale, e nelle richieste di fare famiglia, uno scimmiottamento offensivo dei valori cristiani della eterosessualità procreativa.

Abbiamo bisogno di una altro pensiero, e, soprattutto, di una altro modo di fare comunicazione e politica.
Questa modalità va rottamata immediatamente.


Infine non fa male ricordare anche, a un presidente nuovo di carica, che sarebbe il caso di  non fossilizzarsi solamente sull'estensione del matrimonio (l'unico) anche per le coppie dello stesso sesso e che la parità non la si raggiunge esclusivamente con questa irrinunciabile rivendicazione.

Le persone omosessuali, bisessuali, transessuali, queer e intersex, tanto per ricordare a Romani che tutte le componenti dell'acronimo hanno diritto di cittadinanza nelle rivendicazioni da fare, sono escluse non solo dal diritto a sposarsi ma da molti altri diritti per cui, senza volere dettare un'agenda politica, provo a fare un timido elenco di argomenti che bisogna affrontare e dunque di questioni da risolvere prima durante e dopo la rivendicazione sacrosanta dell'estensione del matrimonio.


1) Unioni civili. L'Italia continua a non avere una legge sulle coppie di fatto che serve per tutte quelle persone, cittadine e cittadini, qualunque sia il loro orientamento sessuale, che non vogliono  sposarsi.

Le unioni civili non sono una alternativa all'estensione del matrimonio ma sono un diritto irrinunciabile per tutte le persone che si vogliono avvalere del matrimonio.

2) Sensibilizzazione e rieducazione delle istituzioni e di chi vi lavora  al rispetto per ogni tipo di comportamento sessuale e orientamento sessuale dei cittadini italiani e delle cittadine italiane, tramite una formazione permanente a scuola, negli enti locali, nei posti di lavoro, in tutte le agenzie sociali (compresi i locali pubblici non per omosessuali)  che discriminano, umiliano, offendono.

3) sensibilizzazione della stampa per l'impiego di un linguaggio preciso e non discriminatorio, a proposito anche delle persone trans (grandi escluse dai discorsi di ogni rappresentante della comunità arcobaleno) e non solo di quelle omosessuali\bisessuali.

4) controllo e monitoraggio del mass media, pubblicità in testa, contro l'uso sistematico offensivo e discriminatorio di cliché sulle persone omo\bisessuali e trans, in sinergia con gli osservatori contro il sessismo e il maschilismo, tutti originatisi dalla stessa matrice patriarcal-maschilista.

5) Sostegno e richiesta continuata dell'estensione della legge Mancino anche ai reati di odio per le persone omo-bisessuali e trans

6) Tornare a fare una vera campagna di sensibilizzazione per l'uso di profilattici nei rapporti sessuali occasionali, con particolare riferimento al sesso tra minori di età compresa dai 14 ai 17 anni.
Una campagna informativa anche per le persone adulte che ragguagli:
sui diritti delle donne per quanto riguarda le gravidanze indesiderate, anche alternative all'aborto, che rimane un diritto e una legge di Stato,
su come difendersi da tutte le malattie sessualmente trasmissibili a cominciare dall'epatite, oggi pericolosa quanto l'hiv.

7) Revisione della legge 164/82 che riconosca   il diritto a chi vuole cambiare sesso di poter modificare il proprio documento di identità prima e senza la necessarietà della riassegnazione chirurgica di sesso.

8) La sensibilizzazione e il monitoraggio di tutte le professionalità che lavorano in ambito psicanalitico e psicologico e medico per adeguare le loro prestazioni professionali agli standard internazionali  nell'accoglienza ai\alle pazienti omo-bisessuali e trans.

9) L'erogazione di sportelli dei diritti presso i municipi  i comuni le province e le regioni ma anche le scuole e i posti di lavoro per tutte le persone omo-bisessuali, trans, queer e intersex, che per il loro  comportamento sessuale orientamento sessuale, identità di genere, non conformità agli stereotipi di genere, sono discriminate nella vita di tutti i giorni al lavoro a scuola e in ogni altro luogo pubblico.

10) L'istituzione di una rete nazionale di associazioni lgbtqi che possano raccordare tutte le iniziative legali dal territorio locale a livello nazionale e internazionale per portare nei tribunali, italiani e internazionali, tutte le istituzioni o persone che le rappresentano, che tramite i loro discorsi discriminatori incitano all'odio e discriminano le persone non eterosessuali siano questi un primo ministro, il papa o un deputato o una deputata.


Questo elenco, estemporaneo e lungi dall'essere esaustivo, costituisce solo un timido esempio di quanto lavoro ci sia da fare in Italia, al di là dell'estensione del matrimonio che viene sempre di più ammannita come una panacea che risolverebbe tutti gli ammanchi di diritti in Italia per la comunità queer.

Certo una agenda più complessa, qualunque essa sia e non necessariamente quella che emerge da questi dieci punti che hanno esclusivamente un valore indicativo, è difficile da essere sostenuta e composta da chi indica l'estensione del matrimonio, l'unico esistente, anche alle coppie dello stesso sesso come matrimonio per gay e lesbiche. Se Romani non è in grado di fare questo lavoro che lasci il posto a qualcuno più capace di lui.

P.S. Il sottoscritto non essendo nemmeno socio Arci è ovviamente incandidabile.

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