giovedì 6 dicembre 2012

Fenomenologia dell'omofobia

L'omofobia è una parola costruita con un etimo infelice.

Una parola che dovremo modificare, magari,  come propongono molti, con omonegatività.

In ogni caso è una parola dai confini ben più vasti di quelli angusti in cui in questi giorni si sta cercando di contenerla.

Come fa per esempio Domenico Lusi su  Repubblica dicendo che visto che per il suicidio di Andrea Spezzacatena gli inquirenti non stanno più seguendo la pista dell'omofobia (che in Italia non è reato dunque non si capisce di che pista si tratti) ma che La chiave della vicenda potrebbe essere quella del bullismo

L'idea, comune a molti, purtroppo non solo a Lusi, è che l'omofobia riguarda solamente le persone omosessuali.

E dunque se la persona vessata non è omosessuale il bullismo di cui è vittima non è omofobico.

Purtroppo l'omofobia non si rivolge solamente alle persone omosessuali.

Eppure è così che l'omofobia viene pensata e giudicata negativamente dalla maggioranza di persone.

Perchè di fronte a casi evidenti di omofobia sono pochi a non condannare questi atti odiosi.


Un po' come per il razzismo o il maschilismo o la discriminazione per le persone disabili. Essere neri, donne o disabili non è una cosa negativa di per sé,  purtroppo ci sono delle persone che la pensano così e che discriminano le persone nere, le donne o le persone disabili.

Ora però mentre i neri, le donne e i disabili sono visibili grazie a segni oggettivi le persone omosessuali non sono distinguibili e identificabili con la stessa immediatezza.

In una definizione così ristretta di omofobia va sottolineata l'arbitrarietà con cui si identifica o si percepisce la vittima di omofobia come persona omosessuale.


Invece quando si scrive sui giornali tizio preso in giro perchè gay si dà per scontato che l'omosessualità della vittima sia evidente e accertata e che la persona sia stata discriminata non perchè ritenuta omosessuale ma perchè davvero omosessuale.


Se dai dell'omofobo a qualcuno questo qualcuno si offenderà.

Perchè pensa che gli stai dicendo che odia le persone gay e lesbiche e che vuole far loro del male fisicamente e o moralmente.

In realtà l'omofobia è molto più vasta e non riguarda solamente le persone omosessuali.

Omofobo è anche chi usa l'omosessualità per offendere qualcuno.

Diciamo frocio di merda a un automobilista che ci taglia la strada, e non pensiamo al suo orientamento sessuale, vogliamo offendere e basta.

Cioè pensiamo che per offendere si possa dire a qualcuno che è gay.
Questa è omofobia.

Ma cos'è che stiamo dicendo di qualcuno quando gli diamo del frocio?
Che è un omosessuale? Cioè una persona che ama persone del suo stesso sesso?
No!


Diamo del frocio a qualcuno quando lo riteniamo meno maschile di quanto lo stereotipo di genere del momento gli imponga.

Come ricorda la madre di Andrea, che, pure, ha reputato che il figlio sia stato diffamato,  su Repubblica In quella scuola (...) molti ragazzi pensano così: non sei rozzo, non sei sboccato, non fumi, allora non sei figo. Anzi, sei frocio.

Questa è la matrice, patriarcale e maschilista, dell'omofobia.

Tu non ti conformi allo stereotipo\ruolo di genere e sei una offesa per tutti gli altri maschi come me categoria che col tuo comportamento disonori, tu quindi disonori me quindi io ti esautoro dal maschile e ti chiamo frocio.

Ecco lo stigma.

Frocio non è un uomo che ama altri uomini, è un non uomo, un diverso, un effeminato, un eccentrico, uno strano.

Proprio come è stato descritto Andrea, anche quando si è appurato che non fosse gay.
Come è stato ormai chiarito più volte, lo smalto colorato sulle unghie delle mani era un po’ un vezzo un po’ un modo per non mangiarsi le unghie, e i pantaloni rosa, in origine bianchi e scoloriti da una lavatrice, erano stati usati giusto a carnevale. (Messaggero)
Un ragazzo estroverso e originale. Questo potrebbe averlo esposto a episodi di bullismo. D'altronde che lui fosse deriso a scuola non è un mistero: c'era addirittura un profilo Facebook con il suo nome storpiato in cui venivano annotate tutte le cose buffe che diceva. Repubblica

L'omofobia non nasce come odio per l'omosessuale, nasce come difesa di una idea patriarcale e fascista di maschilità.

Nella società omofobica l'omosessuale è  un malato, un perverso un delinquente. Non è contemplato che esca allo scoperto, o che abbia dei diritti.

L'omofobia c'è cioè già prima della comparsa del gay nella società, del gay come lo intendiamo oggi, un uomo al quale piacciono fisicamente sessualmente sentimentalmente e spiritualmente altri uomini come lui, un fatto di perché né positivo né negativo, proprio come l'eterosessualità.  

Questa visibilità positiva è avvenuta grazie al terzo movimento di liberazione, quello post Stonewall ed è stata ratificata grazie  a un compromesso discutibile ma ormai passato de facto: la creazione di un nuovo stereotipo quello del gay e della lesbica.
Gay e lesbiche come nicchia di mercato una (sotto)cultura gay di cui il capitalismo si è servita per sfruttare un potenziale gruppo di consumatori.
Una sottocultura che sicuramente ha avuto una sua importanza ma della quale dovremo prima o poi disfarci e che invece fa parlare ancora oggi molta militanza di cose inesistenti come l'arte gay e la poesia gay che sono una mera invenzione del mercato capitalista, dove l'aggettivo si riferisce al contenuto, agli autori o ai destinatari ma mai alla forma, all'estetica, alla poetica, cui di solito gli aggettivi servono a connotare e distinguere vari tipi di arte, barocca piuttosto che liberty o gotica.

Quando leggiamo un quadro come gay, quando cioè constatando che se un uomo dipinge un altro uomo nudo pensiamo o che l'autore sia gay o che il quadro si rivolga a un pubblico gay o tutt'e due le cose, stiamo sempre seguendo il nucleo del patriarcato che pensa che l'arte, come ogni forma di comunicazione sociale, sia una cosa di uomini rivolta agli uomini, cioè a dei maschi etero.

Così mentre queste opere ricordano e dimostrano che nel pubblico ci sono le donne e che la comunicazione artistica non è basata sull'eterosessismo chi li legge in un ottica gay sta involontariamente ma drammaticamente continuando ad affermare quel presupposto, affiancando al maschio etero, il maschio gay.

Non a  caso nel momento stesso in cui l'omosessualità è diventata un target economico ha smesso di avere la funzione sovversiva dell'eterosistema che ha avuto in precendeza.

Negli anni 70 si facevano sit in davanti le sedi dei giornali che si permettevano di scrivere articoli ben meno offensivi di quelli che si scrivono oggi.

Oggi i gay vanno in discoteca mentre la sessualità e l'affettività sono relegate nella sfera del privato e lì devono rimanere.

L'omofobia è dunque prima di tutto discriminare e stigmatizzare chiunque a qualunque titolo e per qualunque ragione si discosta dallo stereotipo\ruolo di genere maschile eterosessista.

Dunque anche Andrea.


Che, invece, non essendo gay, si pretende non essere vittima di un bullismo omofobico ma di bullismo e basta. Come se nel bullismo non ci sia sempre anche un po' di omofobia.


Per fare la controprova basta sostituire frocio a puttana.

La matrice patriarcale e maschilista, sessista, di questo insulto rivolto alle donne ha a che fare con l'ideologia, la mentalità, il modo di vedere di chi la usa, non con lo statuto della vittima.

Omofobia vuol dire dunque discriminare chi non si adegua  al cliché maschilista.

Non a caso le associazioni di avvocati che stanno cercando di combattere legalmente l'omofobia non parlano più delle vittime dell'omofobia come delle persone lgbt, cioè persone che si dichiarano omosessuali bisessuali o transessuali, ma parlano di DESPOGI (Disadvantaged because of their Expression of Sexual Preference Or Gender Identity) Svantaggiate a causa dell'espressione della loro preferenza sessuale o identità di genere) sottolineando come la discriminazione non parte tanto o solo da come loro si considerano o identificano ma da come vengono identificati e considerati dalla società. 

Andrea può essere benissimo un etero e portare lo smalto, ma dalla società intera, quella stessa che giura non essere omofobica, sarà percepito come gay o come eccentrico


Finché si percepisce la difformità allo stereotipo di genere come mezzo per mettere in discussione l'orientamento sessuale, come pretende Giovanni dall'Orto
Io sospetto che (...) il ragazzino fosse gay, ma non avesse ancora capito di esserlo, e che i suoi atteggiamenti un po' esibizionistici fossero il modo per fare un coming out giocato sul piano dell'estrosità anziché su quello dell'orientamento sessuale.

o il ruolo di genere, come fa Paola Concia
Era sicuramente un ragazzo originale, di certo in cerca della sua identità, come molti a 15 anni, ma di sicuro questa sua diversità era ben inserita nel contesto della classe.
si continua a essere, nostro malgrado, omofobi e omofobe.

Si cotinua cioè a notare la difformità allo stereotipo di genere che non viene mai messo in discussione mentre si tende sempre e comunque a escluderne chi lo viola, come un eccentrico un diverso un gay.

Finché non la smetteremo di considerare originale un ragazzo perché porta lo smalto (poco importa se perchè gli piace o per evitare di mangiarsi le unghie come aveva fatto Andrea) siamo omofobi e omofobe.

Finché un segno esteriore ritenuto difforme ci indurrà a chiederci dell'orientamento sessuale di qualcuno l'omofobia sarà viva e vegeta.


Finché continueremo a pretendere che l'omofobia discrimina solo gay e lesbiche gli omofobi e le omofobe potranno risentirsi e dire di non esserlo perchè loro stavano facendo una battuta e non volevano certo discriminare i gay e le lesbiche.

Proprio come nel caso di Andrea.

Che, si è tolto la vita ANCHE perchè viveva in una società talmente omofoba che per riconoscergli il diritto di portare lo smalto voleva come minimo che fosse gay.


Gli omofobi e le omofobe la smettano di dire che non serve una legge che difende gay  e lesbiche.

L'omofobia colpisce tutte e tutti.

Andrea è lì a ricordarcelo con la sua storia.