lunedì 29 ottobre 2012

Taking a Chance on God.

Taking a Chance on God (USA, 2011) di Brendan Fay, è un documentario sull'86enne   John McNeill, sacerdote gesuita, teologo e psicoterapeuta gay, che si è distinto per il suo contributo alla cosiddetta teologia della liberazione con particolare riferimento alla posizione dottrinale contro le persone omosessuali nell'ambito della chiesa cattolica. Intimato a non esprimersi più sull'argomento pubblicamente (dopo aver ricevuto l'imprimatur per il libro fondamentale The Church and the Homosexual) tornato a parlare in pubblico dell'argomento esprimendo posizioni critiche nei confronti Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, del 1 ottobre del 1986 a firma dell'allora Cardinale Ratzinger, è stato espulso dall’ordine dei Gesuiti nel 1987.

Il documentario dice poco sulla formazione di  McNeill, tace sulla sua formazione da psicoterapeuta, e non ci informa se abbia mai esercitato la professione. Poco ci dice sui suoi studi e le sue idee teologiche, argomento complesso e che avrebbe richiesto sicuramente altre competenze, e si concentra sulla vita privata di McNeill intervistando alcuni amici e amiche, preti, suo marito e McNeill stesso, che ripercorre i punti salienti della propria vita.
La morte della madre quando lui aveva 4 anni.
Il sacrificio della zia che decise di allevare i 5 tra figli e figlie della sorella, sposando il cognato ma facendo atto di castità  (e McNeill commenta che questa decisione di castità esacerbò il nervosismo caratteriale della zia, tacendo sugli effetti della castità sul padre...).
Il sostegno della sorella maggiore che, da bambino, lo difendeva dai bulli della scuola visto che lui era una sissy (feminuccia), sorella che nelle foto vediamo vestita da suora, senza che né McNeill né il documentario accennino al percorso vocazionale della donna.
La chiamata alla vocazione avvenuta quando, durante la prigionia di guerra in Polonia, in mano ai nazisti, un uomo, rischiando la vita, gli diede da mangiare una patata, rispondendo al suo cenno di ringraziamento con il segno della croce e McNeill capì di desiderare di avere una fede così forte che lo sosteneva nell'avere il coraggio di dare da mangiare a un affamato anche a rischio della propria vita.
L'incontro con Charles Chiarelli, che diventa il compagno di una vita (sono ancora insieme, sposati in Canada, da ben 46 anni).
La sua attività di insegnante in un college, nel quale, a memoria di una sua studentessa intervistata, McNeill trattava i suoi studenti come persone che avevano delle proprie idee e non come bambini ai quali andava insegnato cosa pensare.
L'attività a sostegno delle persone omosessuali prima nella chiesa e poi al di fuori.

Un documentario interessante, non particolarmente curato nella forma, che lascia fuori molti argomenti ma stimola alla riflessione e alla ricerca e, cosa importante per chi crede, si fa testimonianza di una fede altra, inclusiva, che accoglie tutti, anche le persone gay lesbiche e transgender.

Non voglio tediarvi con le mie perplessità su chi abbraccia una fede come il cattolicesimo che esprime una posizione precisa contro l'omosessualità definendola, come viene ricordato nel documentario,  an objective disorder un disordine (morale) oggettivo, che i sottotitoli del documentario traducono artatatmente con malattia, così come traducono con outing il coming out di McNeill fatto in tv dopo l'uscita di The Church and the Homosexual nel 1976.

Ammiro chi da dentro la chiesa cerca di cambiare la posizione della dottrina  sull'omosessualità.
Purtroppo sono molte altre le posizioni ufficiali della Chiesa che andrebbero cambiate.
La posizione sulla donna, sul sesso, sulla scienza, sull'aborto, sul divorzio, sull'eutanasia, sulle altre fedi. Insomma una battaglia culturale da far tremare i polsi.

Capisco chi trovandosi all'interno della chiesa e accorgendosi delle sue molte chiusure, per usare un eufemismo, voglia combattere per cambiarle. Capisco meno chi conoscendo queste chiusure prima desideri comunque farne parte.

Ma forse si tratta di un mio pregiudizio. Nessuno nasce imparato. Nessuno cosnoce davvero così bene le dottrine della chiesa.
Così, dopo la proiezione, e dopo il collegamento via Skype con McNeill (ah, prodigi della tecnologia, che è un prodotto umano  e non del creato divino...) Brendan Fay, scherza, gioca e dice che in cima alle sue attività di militanza ci mette Fare il te (o il caffè) cioè la convivialità d'altronde, ricorda, anche Gesù spezzò il pane e offrì il vino, leggendo quei gesti nella loro letteralità ignorando che quel pane è il copro di Cristo e quel vino è il sangue del figlio di dio.

Così si è cattolici per conformismo o perchè si ha una fede del tutto privata che si crede coincida più o meno con quella cattolica anche se a ben vedere non vi coincide affatto.

Tutti da piccoli frequentiamo la chiesa e le cose che io oggi so della chiesa le ho imparate dopo averla abbandonata.
Il motivo per cui l'ho abbandonata non ha nulla a che fare con tutte queste sue chiusure ma col fatto che io non credo né in dio né nella resurrezione né nell'aldilà.

All'epoca delle mie frequentazioni in chiesa, fino ai 12 anni, poi smisi  ricordo che ero possibilista di continuare a farne parte anche se non credevo perchè mi sembrava un posto dove si parlava di argomenti importanti ma quando ho scoperto che non c'è democrazia e che per quanto discuti devi alla fine accettare l'interpretazione delle sacre scritture decise dal vaticano e conformarti come i Borg, ne sono uscito definitivamente.
Ero molto giovane, avevo 12 anni, ma all'epoca già sapevo che il mondo è molto più complesso di quel che sembra e che la sceinza ce lo spiega benissimo se abbiamo la pazienza di capire concetti sottili e non proprio intuitivi e che le spiegazioni di Darwin e Einstein mi sembravano molto più umane di quelle di un dio padre padrone che tutto sa e tutto tace.

C'è una cosa che mi ha colpito del documentario e della vita di McNeill che lui accenna in un passaggio ma che il documentario di per sé ignora completamente.

McNeill viola il celibato senza che questo venga notato, detto, esplicitato.

Non dal documentario e nemmeno da lui, se non quando commenta che col suo compagno e poi marito viveva in molti armadi, nascondendo a molti che faceva sesso e che lo faceva con un uomo.

Agli occhi di chi guarda il documentario la vita privata di McNeill con l'uomo che diventerà il marito appare come un percorso di liberazione.
E' un percorso di liberazione.
Dallo stigma cui la chiesa cattolica è uno dei più diffusi alimentatori e da quella omofobia interiorizzata che, soprattutto per una persona della sua generazione, è un dato di fatto.

Mi sono domandato coesa avremmo pensato di lui se McNeill fosse stato etero e se al posto di Christian ci fosse stato Mary.
Una donna.
Come avremmo giudicato il comportamento di un uomo etero che pur non riuscendo a rinunciare alle donne decide di abbracciare la vocazione pastorale che richiede e prevede il celibato?

Lo avremmo trovato un prete coraggioso o un uomo ipocrita?

Un prete che va contro gli schemi o un uomo che non sa rispettare un impegno?

Mi piacerebbe sapere, come al solito, la vostra risposta.

La mia è che lo avremmo considerato una persona poco seria perchè non riusciva a rispettare il celibato.
Perché farsi prete quando puoi sposarti e essere da laico un bravo cattolico?


Se un uomo è gay e dunque non si può sposare, o, più in generale, le sue relazioni omoaffettive non hanno un posto nella società (tollerate finché le si relega nel privato della camera da letto) qualsiasi suo tentativo di affermare il proprio diritto ad avere una sessualità, di avere una affettività, faranno di lui un eroe, un coraggioso, un esempio da seguire, anche se è un prete. Anche quando ha cioè dei comportamenti che, riscontrati in un uomo etero, ci porterebbero a giudicarlo ben diversamente.

Un prete etero che ha una storia con una donna, fatta di clandestinità, perchè i preti cattolici non solo non possono sposarsi ma proprio non possono scopare, può essere criticato per l'ipocrisia, per l'egoismo,  perchè non decide di spretarsi e sposare quella donna con la quale convive, perchè non è un buon esempio per la chiesa, almeno per gli standard della chiesa che lui dice di rispettare visto che non fa propaganda della propria relazione.

Un prete gay è invece un esempio di liberazione. Non avendo un posto nella società perchè non può sposarsi visto che le sue relazioni sono considerane non legittime è un paria sempre e comunque anche dentro la chiesa.

Solo il giorno in cui anche i preti gay verranno criticati perchè hano relazioni sessual sentimentali con altre persone, non importa il loro sesso di apaprtenenteza, l'omosessualità sarà davvero uguale all'eterosessualità.

Fino ad allora l'omosessualità sarà una categoria diversa non degna nemmeno delle critiche morali pertinenti all'eterosessualità.  

Ecco l'uguaglianza cui io agogno.

Il documentario di ieri sera me lo ha fatto capire suo malgrado.


Corollario

Tra le tante divisioni del movimento lgbt italiano c'è anche il forte pregiudizio del cattolicesimo.
Una persona cattolica e omosessuale è vista con sospetto specialmente quando si fa militante.

Molte le avversioni, non sempre esplicitate e non smepre razionali.
Ce lo ha ricordato ieri sera Imma battaglia intervenuta subito dopo la proiezione del documentario quando ci ha raccontato un suo fatto privato per testimoniare la sua fede e la sua militanza lesbica.

Se la fede è un mezzo tramite cui le persone vivono meglio anche sapendo che di per sé è una forma autoritaria (c'è un dio sopra di noi) e arcaica di pensare (abbiamo bisogno di dio per capire come le cose stanno veramente) io non posso certo fare l'ateo di professione e dire loro le tue sono cretinate non c'è nessun dio e nessun aldilà.
Però mi piacerebbe che anche loro non venissero a rompere a me dicendomi che dio mi ama anche se io non lo voglio.
Ma non credo si possa davvero rimproverare ai cattolici di fare politica o proselitismo. Se sei entusiasta di una cosa ne parli, la vuoi consigliare a tutt*, così per buona fede.
D'altronde se la vivi per te in silenzio, come cosa privata è una fede ben misera.

Mi sembra una questione indirimibile.

Io personalmente oscillo tra un sincero rispetto, pozione che mi sforzo di seguire, e una tolleranza irrispettosa, propri come è irrispettosa la tolleranza verso i gay e le lesbiche.

Purtroppo nessuno mi potrà mai togliere dalla mente che chi crede in dio sia una persona esistenzialmente più  debole e fragile di chi non crede.

Anche qui il giorno in cui dio sarà argomento della storia e basta l'uomo e la donna saranno più liberi e più umani e donnani.