martedì 31 luglio 2012

Condividilove una campagna intelligente, efficace molto più a sinistra dei pavidi e della pavide militanti di rappresentanza che questa campagna spazza via assieme a tutta la loro ipocrisia.

Grazie a Repubblica scopro questo video che, come si legge nel sito ufficiale del video e della campagna

è un progetto totalmente libero, il cui marchio è a disposizione per ogni iniziativa che voglia portare avanti la rivendicazione di pari diritti per le coppie di ogni orientamento sessuale.

Perché in un paese come l’Italia non possiamo aspettarci che siano i leader politici a chiedere al loro popolo il coraggio di supportare i cambiamenti necessari a sanare le diseguaglianze ancora presenti nella legislazione. 

In un paese come l’Italia il cambiamento non ha alcun illustre testimonial. Deve quindi partire dal basso, con tutti i mezzi di cui dispone. Il primo, mai come oggi, è la condivisione.

Il matrimonio è un diritto di tutti. CONDIVIDILOVE.
Pari diritti per le coppie di ogni orientamento sessuale.

Ecco una  soluzione semantica alternativa a matrimonio tra persone dello stesso sesso e coppie omosessuali (dove omosessuali significa assortimento sessuale della coppia non già l'orientamento). Coppie di ogni orientamento sessuale mette davvero tutt* sullo stesso piano etero lesbiche gay e bisex e annovera tra gli orientamenti anche la tanto vituperata bisessualità.

Il video gioca molto sulle parole con cui indichiamo non solo la nostra identità di genere e il nostro orientamento sessuale ma anche i ruoli all'interno della famiglia, madre, padre, figlio, figlia. Il fatto di dirli tutt* non serve a svuotare il senso di quelle parole ma a ricordare che la mappa non è il territorio e che ognun* di noi è molto di più delle parole che ci qualificano.
E' naturalmente anche un modo per solidarizzare e per ribadire che ognuno di noi è uguale anche quando è evidente che non può essere così e che quello che ci rende davvero simili non è l'appartenenza alla stessa categoria ma la solidarietà, la condivisione, la testimonianza militante.

Uno spot nel quale ognuno riconosce amici, amiche, conoscenti, attori, semplici cittadini e cittadine, militanti che, insieme, decidono di condividere, e di chiedere quell'estensione del matrimonio per le coppie di tutti gli orientamenti sessuali, intessendo un discorso molto ma molto più politico di quanti in nome della politica, si fanno pavidi. senza polemiche perchè quel  che conta è la condivisione della richiesta di un riconoscimento che è talmente prossimo che tutti ne hanno paura, anche quelli che in realtà dovrebbero chiederlo a nome della comunità e che invece fanno di tutto perchè non avvenga perchè temono altrimenti di perdere il lavoro.

Il matrimonio è un diritto di tutti. CONDIVIDILOVE.

lunedì 30 luglio 2012

Qualche spot che strizza l'occhio alla comunità gay (lesbo quasi mai...) grazie al blog Voglio sposare Tiziano Ferro

Grazie al blog Volevo sposare Tiziano ferro vedo alcune pubblicità che presentano personaggi gay o che alludono all'omo-erotismo. Alcune le conoscevo molte no. Ringrazio Andrea per avercele proposte e per darmi così occasione di analizzarle e di ripercorrere molto brevemente i trascorsi tra spot e omoerotismo. Che la popolazione lgbt sia una nicchia di mercato  il capitalismo lo ha scoperto all'incirca una ventina di anni fa, alla fine di un processo di svecchiamento e di ricollocazione di molti prodotti da vendere compiuta nel decennio precedente, negli anni 80.

Dai gelati non più venduti come prodotti per bambini e anziani ma come prodotto di prestigio che qualificava il gusto di giovani adulti,



all'edonismo sessuale che riqualificava anche i ghiaccioli per adolescenti presentandoli in una chiave esplicitamente sessuale (dove il gay entrava solo come componente esotica)

pubblicità della quale ho già avuto modo di parlare, esattamente due anni fa, sul mio blog generalista paesaniniland, fino alle prime pubblicità che hanno cambiato l'immagine del macho anni 70 (quella dell'uomo Denim che non deve chiedere mai) vendendo i primi balsami lenitivi dopo barba di Nivea for man (dove il barbiere è una donna per chiarire che un uomo che ha bisogno di un balsamo lenitivo dopo la rasatura sia meno virile e dunque gaio).

In quegli anni fece capolino una sola pubblicità Italiana dove si mostravano due ragazzi in atteggiamento tenero nella stessa amaca. Era la versione lunga della pubblicità del cornetto algida, cuore di panna, che sulla rete non trovo e che pagherei a peso d'oro (il mio) per avere...

Poi le cose cambiarono con la prima androginizzazione del corpo femminile o ginandrizzazione di quello maschile.

La pubblicità, fotografica, una serie di scatti, splendidi, di Bruce Weber, per Emporio Armani, mostrava un uomo e una donna, entrambi a torso nudo, seduti, col busto piegato in avanti, in una posizione dove il seno di lei non si notava troppo, cancellando con quella posa una delle differenze anatomiche tra i due sessi e offrendo allo stesso indifferenziato sguardo desiderante le due versioni sessualmente declinate di uno stesso corpo androgino o ginandro che metteva d'accordo lei e lui in entrambi le declinazioni di orientamento sessuale.

Anche questa foto manca dalla rete e se qualcuno la trova gliene sarò eternamente grato.

Si è dovuta attendere quella che dopo verrà chiamata metrosessualizzazione perchè i personaggi omosessuali (maschili) comparissero negli spot.

O meglio e le due cose sono avvenute in concomitanza.

Se il maschio si è metrosessualizzato (se cioè ha rinunciato a quell'immagine da rude macho virile che al limite aveva piacere al morbido solo in fondo, quando usa la carta igienica, come recitava una pubblicità, non televisiva, degli anni 70) è stato solo per aprire una nuova nicchia di mercato, per vendere all'uomo vestiti, occhiali, shampoo, prodotti per la bellezza, dedicati.

Per fare questo è dovuto comparire il personaggio omosessuale tramite il quale il metrosexual potesse dire io non sono gay il gay è lui.

Sociologicamente e antropologicamente dunque la comparsa del metrosexual e del gay nella società così come sono stati registrati dagli negli spot, due facce della stessa medaglia del nuovo uomo dell'edonismo raeganiano, non sono stati mossi da una esigenza di civiltà ma da quella di cercare nuove nicchie di mercato, nuovi target cui vendere prodotti.

Una nicchia di mercato, quella gaia, che all'inizio combinò degli obbrobri epistemologici come quando vendette una compilation di musica classica Gay Classic con in copertina due maschioni che accomunava brani estrapolati da opere più complesse di autori che non avevano nulla a che fare l'uno con l'altro oltre al comune orientamento sessuale...

Insomma tutta questa lunga premessa per dire che non sempre c'è da rallegrarsi per la presenza dei gay nelle pubblicità, tanto perchè se ne parli.
Bisogna vedere come se ne parla in quale immaginario si pesca, a quale ideologia si allude.

Così accanto ad alcune pubblicità davvero interessanti tra quelle proposteci da Andrea nel suo blog ce ne sono altre dubbie e maschiliste e misogine delle quali,  non c'è proprio nulla di cui rallegrarsi.

E' il caso di una serie di pubblicità basate sul doppio senso, sull'equivoco omosessuale che vendono delle patatine aromatizzate, le Dorito.
Nel primo spot l'equivoco e tutto giocato sul fuori campo.
Le menti maliziose di chi vede lo spot pensano al membro del nero (luogocomunisticamente pensato fuori misura) mentre il ragazzo sta pensando alle patatine.
C'è però una chiusa, molto breve, nella quale si fa intendere che al nero non dispiacciono le attenzioni del giovane che ne subisce l'abbraccio, imbarazzato e infastidito.
Ecco che il malizioso ammiccamento invece di sottolineare la legittimità di una alternativa (di orientamento) sessuale vede l'omosessualità come cosa da subire, come seduzione imbarazzante e imprevedibile, ambigua e non richiesta.

Una farsa più che una commedia dove il negrone si scopre gay e importuna il povero malcapitato bianco.

Un po' lo stesso che succedeva in una pubblicità degli anni 90, regolarmente programmata anche in Italia, della Perfetti per le gomme Vigorsol che ti cambiano la vita. Le vigorsol aumentano le capacità fisiche del ragazzo imberbe che però sull'avventore del bar che ha maldestramente urtato, hanno un effetto imprevisto. Non si tratta di fare a botte tra maschi ma di una seduzione che il ragazzino imberbe così ringalluzzito esercita, involontariamente sul ragazzo urtato, accorgendosi solo allora del tipo di bar in cui è entrato (sito in una via solitario e sordida anche se l'insegna Moon bar è tranquillizzante).

Così invece di prenderle il ragazzo imberbe subisce un ballo abbracciato all'altro ragazzo che, solo una volta che il ragazzo imberbe è stato pompato nei muscoli ne subisce il fascino e se lo abbraccia tutto...

Insomma si gioca sull'allusione, sul doppio senso, sull'ambiguità, sulla cosa che sembra in un modo e poi se ne dimostra un'altra un po' poco per legittimare l'omosessualità come opzione altrettanto valida.

Le dorito però, vanno oltre.

C'è un secondo spot che fotografa la situazione contemporanea del gay, non l'omosessuale ma il gay, sociologicamente definito e descritto, l'unico direi, ad avere diritto di cittadinanza nel mondo degli spot e dei media in genere: il gay bello, esteta, ricco checca e misogino.

Ecco lo spot.

Qui l'omosessuale, anche se stereotipato, è una presenza attiva (ehm...) nella società, come la coppia gay in Desperate Housewife, lavora, produce capitale, contribuisce alla società. Nello spot sono giovani, belli, effeminatissimi.

L'altro maschio dello spot sta sognando le patatine ma quello slinguazzare poco dignitoso per un maschio (etero) viene letto dai due gay e anche dalla moglie del tipo come l'inequivocabile segno di una omosessualità repressa.

Infatti dalla fine dello spot uno dei due ragazzi della coppia gay mente si porta affettatamente una patatina alla bocca dice al compagno te lo avevo detto.

Nel momento stesso in cui annovera e riconosce la presenza dei froci nel mondo lo Spot conferma tutti gli stereotipi del caso e l'ideologia patriarcale che vuole di ogni maschio meno rude un uomo effeminato (cioè donna mancata ) e dunque gay.

La donna nello spot che è doppiamente esclusa, con un sottile ma chiaro gioco misogino (che tanto piacerà a tanti uomini, etero o gay) esclusa dalla coppia gay che non la annovera come oggetto di desiderio esclusa anche dal marito che in entrambi i casi, stia cioè desiderando i due ragazzi invece delle patatine, preferisce altro a lei.

Da notare infine come il primo ragazzo sia descritto secondo gli stereotipi di genere: camicia a scacchi cappello da baseball (ma lo tradisce il fatto che lo porti con la visiera dietro) che maneggia un paio di cesoie per potare la siepe lavoro maschile e non donnesco.

Di tutt'altro genere delle pubblicità non anglofone  che giocano invece sui luoghi comuni, o che ci regalano dei deliziosi tributi all'omoerotismo. Il primo spot è argentino, del 2055, pubblicizza un inesistente qui da noi Fernet Cinzano (?!?) Degli amici.
Uno legge un articolo che dice che uno ogni dieci argentini è gay. Un amico gli corregge la pronuncia (ghei animale ghei non gai). Tutti contano fino a dieci e iniziano a preoccuparsi del vicino o a nascondere su loro stessi segni di una possibile gaiezza (mani poste in modo non virile, orecchini, braccialetti, collanine, gambe poste in maniera non proprio macha...) (mentre uno degli amici che non ha seguito la conta e che ha messo Funky Town dei Lips Inc.) sorpreso a succhiare un cubetto di ghiaccio quando vede tutti gli sguardi degli amici su di lui risponde, come farebbe ognuno di noi, che guardate? Vi piaccio? alludendo inconsapevolmente al sospetto ingenerato in ognuno di loro dall'articolo letto. Ecco una pubblicità che dimostra come l'omoerotismo sia una possibilità e gioca sugli stereotipi di genere (e di orientamento sessuale) in maniera sottile ironica ed elegante.

Il capolavoro tra le pubblicità proposte dal Andrea è quella di un gelato. Una pubblicità Finlandese che è un vero e proprio piccolo corto. Qui nessuna allusione, nessun dopi senso, nessuna seduzione subita, tutto è agito con consapevolezza e rispetto. Il ragazzo che protegge il suo tesoro (il gelato) lo condivide prima con la ragazza che gli apre la porta, e poi dà il suo gelato al ragazzo che crede esserne il compagno. La comparsa sulla porta della madre che ridistribuisce i ruoli tra i due giovani alla porta, il ragazzo prende il gelato dalle mani della sorella e lo invita ad andare con lui a consumarli insieme. Mentre madre e figlia rimangono incuriosite e interdette dalla presenza del ragazzo e dal repentino svolgersi dei fatti ma non scandalizzate.


Altra pubblicità apparentemente gayfriendly ma in realtà mica tanto è questa israeliana.
Nella pubblicità si gioca, confermandolo, col più trito dei luoghi comuni patriarcali.
Ogni maschio si gira a guardare una figa. Se non lo fa è frocio.
Però al nsotro Andrea, non me ne voglia, questo spot pare un modo alternativo di fare STATISTICA.

Ora tutti sanno quanto mi piacciano i ragazzi ma una ragazza come quella dello spot mi girerei a guardarla anche io.

Qui entriamo nel vivo della questione.

Il gay proposto da queste pubblicità quello frutto del patriarcato, tollerato dagli uomini perchè innocuo con le donne, che non mete in discussione i ruoli sessisti della società: la donna continua ad essere un oggetto sessuale (e contenta di esserlo) e il froci che non la guarda la fa ridere perchè è la classica eccezione che conferma la regola. Insomma non basta parlare dei froci nelle pubblicità per far avanzare la causa. Altri spot deleteri e che Andrea non me ne voglia trova simpatici. Guardate questa pubblicità di una radio come presenta i froci.
Checche, stereotipate nell'abbigliamento e nella musica, e che presentano quella omoerotica come una scelta sessuale, niente sentimenti solo li cuoio del pantalone che eccita. se questa è una pubblicità che parla bene dei gay io sono Iuri Chechi.

Pessima quella della pepsi inglese. Una pubblicità machista e maschilista dove l'amico sfigato grazie alla pepsi trova il coraggio di provarci con le donne. Prima sembra con la mezza cozza, poi sembra alzare il tiro e provarci con la superfiga (che si umetta le labbra al suo passaggio) mentre lui (ma lo si era capito da inizio spot) sceglie un uomo. Guardate la faccia sconcertata e disgustata dei due amici.
Pare che questa pubblicità sia stana bannata. Per frotuna. Il senso civile dell'Inghilterra superiore a quello nsotro. Anche a quello di Andrea che, evidentemente, si accontenta solo che si parli di froci, non importa in quali termini e con quali risultati, tanto da arrivare a commentare nel suo post:
Probabilmente non avevano bevuto Pepsi i dirigenti che decisero per la cancellazione di questo simpatico spot stile “Red Bull”. Anche all’estero succede: qualcosa ti mette le ali, ma qualcuno è pronto a tarpartele. Questa pubblicità assolve comunque al suo scopo, girando viralmente on line.

Simpatico spot?

Lascio a voi ogni ulteriore commento.

Anche in questo caso la pubblicità non legittima l'opzione omoerotica ma la usa in chiave di sorpresa, di paradosso, di capovolgimento delle aspettative, sminuendola, ridicolizzandola e confermando tutti gli stereotipi del caso. Perchè poco importa se scegli un maschione invece di una figona. Sempre maschilista patriarcale sei che misura tutto in termini di performance fisica e dove c'è solamente il sesso  e non l'affettività o l'omoerotismo. Erotismo non sesso come nello spot Finlandese dove di foia si tratta ma mostrata con molto più gusto e delicatezza...

E' proprio il caso di ricordare che l'essere omosessuali non ti accomuna a una visione del mondo simile nè ti rende immune dal machismo patriarcale italico sempre molto imperante.

Trovo per cui sempre più auspicabile quel diritto all'indifferenza dello spot dell'Iga prtoghese che non dovrebbe nemmeno farci scrivere dei post sulle pubblicità che annoverano personaggi o situazioni gay..


Tutte pubblicità di con e per maschietti... perchè si sa che la lesbica tira meno...
Oppure perchè Andrea, in quanto gay, si interessa solo ad altri maschietti come lui e le donne non le tiene proprio in alcuna considerazione...



sabato 28 luglio 2012

Ma quella scritta è nella Bibbia... Sullo striscione omofobo comparso al Torrino quartiere di Roma

Questa la scritta che è apparsa sotto casa di Patrizia Prestipino, area PD,  candidata alle primarie per il sindaco di Roma e assessore provinciale.
Secondo Prestipino, come riportato da ADN Kronos

Lo striscione [è] di chiara matrice razzista e fascista (...)
Non e' piu' tollerabile (...) vedere i muri di una citta' civile e moderna come dovrebbe essere Roma imbrattati con scritte inneggianti all'omofobia, soprattutto se vicini ad un'istituzione importante come il Ministero della Salute meta quotidiana di migliaia di persone. Chiedo al Sindaco Alemanno di farli rimuovere immediatamente, senno' provvederemo io ed i tantissimi cittadini che mi stanno contattando, anche sui social network, scandalizzati'.


Lo striscione a firma Forza Nuova cita una versetto della Bibbia, del Levitico,
il terzo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana
contenente leggi religiose e sociali, ad uso dei sacerdoti e dei leviti, che Mosè avrebbe dato agli Ebrei durante il soggiorno nel deserto del Sinai (circa 1200 a.C.).

Pare assurdo che l'omofobia sia solamente di Forza Nuova, che dopo tutto, si è limitata a trascrivere un passo del libro più letto nel mondo e che nessun commento sull'omofobia della Bibbia sia stato fatto da chicchessia, beh, quasi da nessuno.

I precetti del levitico sono pedanti e pedissequi e tutti versetti del capitolo 18, nel quale è contenuta l'interdizione al congiungimento carnale tra due omini, fa parte di una una serie di interdizioni sessuali che vale la pena leggere.

6 Nessuno si accosterà a una sua consanguinea, per avere rapporti con lei. Io sono il Signore.
7 Non recherai oltraggio a tuo padre avendo rapporti con tua madre: è tua madre; non scoprirai la sua nudità.
8
 Non scoprirai la nudità della tua matrigna; è la nudità di tuo padre. 9 Non scoprirai la nudità di tua sorella, figlia di tuo padre o figlia di tua madre, sia nata in casa o fuori.
10 Non scoprirai la nudità della figlia di tuo figlio o della figlia di tua figlia, perché è la tua propria nudità.
11
 Non scoprirai la nudità della figlia della tua matrigna, generata nella tua casa: è tua sorella.
12
 Non scoprirai la nudità della sorella di tuo padre; è carne di tuo padre.
13 Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre, perché è carne di tua madre.
14
 Non scoprirai la nudità del fratello di tuo padre, cioè non ti accosterai alla sua moglie: è tua zia.
15
 Non scoprirai la nudità di tua nuora: è la moglie di tuo figlio; non scoprirai la sua nudità.
16
 Non scoprirai la nudità di tua cognata: è la nudità di tuo fratello.
17 Non scoprirai la nudità di una donna e di sua figlia; né prenderai la figlia di suo figlio, né la figlia di sua figlia per scoprirne la nudità: sono parenti carnali: è un'infamia.
18
 E quanto alla moglie, non prenderai inoltre la sorella di lei, per farne una rivale, mentre tua moglie è in vita.
19 Non ti accosterai a donna per scoprire la sua nudità durante l'immondezza mestruale.
20 Non peccherai con la moglie del tuo prossimo per contaminarti con lei.
21 Non lascerai passare alcuno dei tuoi figli a Moloch e non profanerai il nome del tuo Dio. Io sono il Signore.
22 Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio.
23 Non ti abbrutirai con alcuna bestia per contaminarti con essa; la donna non si abbrutirà con una bestia; è una perversione.
24 Non vi contaminate con nessuna di tali nefandezze; poiché con tutte queste cose si sono contaminate le nazioni che io sto per scacciare davanti a voi. (Laparola.net
Il libro ha lo stesso "difetto" del codice di Hammurabi,  nonostante sia di circa 800 anni più giovane. Il "difetto" sta nell'elencare ogni possibile "reato" (qui interdizione) senza trovare una via generale come accadrà nei codici più recenti greci e romani che perfezioneranno l'idea che un divieto deve essere astratto per comprendere tutte le possibili varianti dello stesso reato (o interdizione).

Due le cose che colpiscono il mio occhio inesperto di legge e di religione.

Versetto 19  Non ti accosterai a donna per scoprire la sua nudità durante l'immondezza mestruale.

La mestruazione veniva considerata un'immondezza.

versetto 14 Non scoprirai la nudità del fratello di tuo padre, cioè non ti accosterai alla sua moglie: è tua zia.


Il Levitico non prende in considerazione minimamente l'omoerotismo, e scoprire la nudità del fratello di tuo padre è solo una metafora per indicare la nudità della moglie del fratello di tuo padre, come nel versetto 16 Non scoprirai la nudità di tua cognata: è la nudità di tuo fratello.

Infatti per indicare l'unione tra due uomini viene usata la metafora come si hanno con donna che a pensarci bene è ridicolo visto che un uomo non è fatto come una donna e dunque in nessun caso con un uomo posso fare come con una donna.

Nella vulgata di tanti detrattori della Bibbia che non ne conoscono la struttura perchè non l'hanno mai letta, si dice che oltre a questo divieto ve ne sono altri ridicoli di natura alimentare. Vero, ma appartengono ad altri capitoli e non a questo che invece indica tutta una serie di divieti che ancora oggi fanno parte del comune sentire.


L'incesto è ancora un tabù e non solo quello coi genitori, ama anche quello con parenti prossimi, di sangue zia, sorella, o acquisita, nuora, sorellastre etc.

Giusto l'adulterio oggi sembra meno "grave" e beninteso l'omosessualità.

Invece di analizzare l'interdizione all'omosessualità inserita in tutta una serie di precetti sessuali ancor a oggi ritenuti giusti  (e per molti ahimè anche quello omosessuale e non sempre per motivi religiosi)  si preferisce ridicolizzare questo capitolo delLevitico accostandolo alle interdizioni alimentari che invece fanno arte del capitolo 11, precedente sì, al 18mo ma non di poche righe prima, come si dice nella serie tv Queer As Folk dove si di gamberi, mentre in realtà il Levitico interdice il consumo di animali che vivono in acqua che non hanno pinne e squame. Per dirlo, in maniera ridondante il Levitico impeiga ben 4 versetti:
9 Questi sono gli animali che potrete mangiare fra tutti quelli acquatici. Potrete mangiare quanti hanno pinne e squame, sia nei mari, sia nei fiumi.
10 Ma di tutti gli animali, che si muovono o vivono nelle acque, nei mari e nei fiumi, quanti non hanno né pinne né squame, li terrete in abominio.
11 Essi saranno per voi in abominio; non mangerete la loro carne e terrete in abominio i loro cadaveri.
12 Tutto ciò che non ha né pinne né squame nelle acque sarà per voi in abominio. ( la parola.net
Invece ecco come ne parla QAF





Tornando a bomba alla scritta omofoba sotto casa di Prestipino è bene ricordare come fa l'assessore dalle pagine di Roma Capitale che

“Ho detto sì alle unioni civili e questo è il risultato (...) Già a maggio, dopo le mie dichiarazioni in merito ai manifesti inneggianti al fascismo affissi da Casapound in occasione del 25 aprile, mi fu recapitata nella buca delle lettere una lettera intimidatoria che terminava con la scritta ‘W il Duce’. Due indizi fanno una prova. E’ una cosa intollerabile e incivile.
Io più che incivile direi che è illegale visto che si tratta di apologia del fascismo ma si sa che la storia noi Italiani non la consociamo.
Molto condivisibile invece una considerazione che Prestipino fa subito dopo

“Più la questione dei diritti viene trascurata, più si restringe il campo della certezza dei diritti, più l’aggressione omofoba sarà intollerabile. Questi episodi avvengono perché non c’è sanzione certa per chi compie tali atti, ma soprattutto perché mai nessun sindaco si è pronunciato chiaramente: ecco perché è necessario che il futuro primo cittadino della Capitale renda certi i diritti in città e dica con chiarezza che le coppie fatto, sia etero che omosessuali, devono avere certezza dei propri diritti”.

Shape Shift 4. Al Vintage di Roma

La seconda serata per me.

La quarta per la rassegna Shape Shift.

Stasera i corti proposti sono più congrui essendo tre dei quattro davvero a tematica.

Stasera si tratta di veri corti, con una vocazione narrativa, e sono solamente a tematica gaya, visto che parlano di omoerotismo coniugato al maschile.

Corti di caratura diversa, con un primo film proiettato che non ha nulla di gay di per sé, se non nell'occhio del curatore che, bontà sua, attratto dalle fattezze ursine del protagonista, ha pensato di annoveralo tra la rosa di titoli proposti.

Sui tratta di Brutal relax (Spagna, 2010) di David Muñoz, Adrián Cardona, Rafa Dengrá un corto grottesco e grandguignolesco nel quale il protagonista, uscito da una casa di cura per i nervi, si trova coinvolto nell'assalto di un gruppo di creature marine che massacrano degli ignari bagnanti per poi massacrare i massacratori.

Un corto niente affatto lgbt e nemmeno gayfriendly anzi abbastanza eterosessista visto che maschilisticamente il culo dei mostri viene usato come entrata punitiva in diverse occasioni, anche se l'iperbole grandguignolesca stempera il tutto in un divertito e divertente grottesco che fa sorridere.

Un film che non avrei annoverato in una rassegna lgbt altrimenti sembra che l'eccesso, il freak siano caratteristiche precipue di questa categoria che, almeno per il sottoscritto, ha solamente una valenza strumentale  e politica di persone (e pellicole a tematica) discriminate.

Gli effetti speciali sono godibili, cedibili e hanno un loro stile per il quale vale la pena vedere il corto.



Poi è stata la volta di un piccolo gioiello, Profesor Gody (Brasile, 2009) di Gui Ashcar, pluripremiato e canonicissimo cortometraggio a tematica che racconta per tappe, di bimestre in bimestre, le manovre seduttive di un diciassettenne nei confronti del professore di matematica single e pingue, al cui primo appuntamento non scopano ma parlano e sorridono. Un piccolo inno all'omoerotismo ma certo nulla di nuovo sul fronte occidentale e dunque non in linea con le direttive di una rassegna come Shape Shift che viene descritta così:

Protagonista assoluto dei filmati è il corpo nelle sue mutevoli possibilità di rappresentazione e auto-rappresentazione attraverso la precarietà e l'evanescenza delle diverse forme culturali e sessuali delle identità (fonte Queerinaction)

Insomma proprio un'altra cosa!

La vera sorpresa della serata è stato un corto del quale non so nulla, nemmeno il titolo (quello che mi hanno detto gli organizzatori, Men Meet Men sulla rete non mi dà risultato alcuno. Se qualcuno ne sa qualcosa please mi mandi un link) un corto svedese? Danese? Comunque nordeuropeo, nel quale si racconta di un uomo sulla quarantina, pingue, che lascia un annuncio su una chat teelfonica nella quale i presneta come inseprto alla ricerca di un incontro ccon un ragazzo. Contattato da un certo Tero ne attende la vista. Intanto un giovane molto bello, gorsso zaino in spalla, telefona alla madre per accertarsi che il apdre viva ancora all'indirizzo diuna volta. E' lui a prenetarsi a casa dell'uomoc he attende Tero. Un equivoco possiile e dolorso. quando il figlio chiede al padre, che non lo ha ricosnciuto, se sa chi sia, il padre, avendolo preso per Tero dice di sì. Così quandop il figlio abbraccia il padre, l'uomo, pensando il ragazzo cerchi del sesso, glo abbraccia a sua volta e pi gli mette le mani sul culo. Il figlio si ritrae e l'uomo, sempre più imbarazzato, si richiude in bagmop. Si fa coraggio ed esce completamente nudo. Il figlio gli dà di spalle e non si accorge subito che l'uomo, il apdre, sia nudo. Questi lo raggiunge di sallee gli carezza la tesa e il collo. Per nois petattori è un vero tormwento vedere los tesso gesto avere due signifcati tanto diversi. Un desiderio mai espresso, timid e impacciato dell'uomo nei confronti del giovane il desideri di seere amato del figlio da suo padre. Quando il ragazzo si accorge che il padre è nudo glic heide che prbelma abbia. Solo allora si prenseta alla prota tero e quando il apdre comprende l'equivoco chiude la porta in faccia al giovane. tre inquadrature ci mostrano i tre uomini, il apdre e i du egiovani in un momento di dolorsa solitudine.
Dal figlio il padre gli chiede cosa voglia spiegandogli che non ha soldi. Il figlio dice già i soldi e se ne va zaino in spalla. Un'ultima inquadratura ci mostra il padre da solo nella sua cucina mentre un movimento di macchina ci mostra un disegno affisso al muro che suo figlio aveva fatto quando aveva quattro anni.

Un cortometraggio essenziale che mette lo spettatore di fronte una storia della quale conosce più informazioni dei singoli protagonisti e che fa toccare con dolore la solitudine di tre uomini. Quella del figlio senza padre, di un giovane rifiutato (e non sa perchè) da un possibile partner sessuale e quella di un padre che non trova modo per fare sesso con i ragazzi. Dolorosa perchè (di)mostra come uno stesso gesto (la mano sui capelli del giovane) abbia valenze completamente diverse e di come il desiderio di amore pur coniugato in valenze diverse abbia la stessa radice di umana solitudine, di desiderio di essere amati, visti, riconosciuti. Di come noi esseri umani abbiamo bisogno di amare e i essere amati e di come tra il desiderio di un figlio di essere (ri)conosciuto dal padre, e di un uomo, un padre, che vuole sia riconosciuto il proprio desiderio omoerotico non ci sia tutta questa differenza esperienziale, emotoiva, etica, esistenziale. Ci mostra anche come il desiderio di essere amati, il dolore della solitudine e del misconoscimento non ci rende migliori né ci evita di cadere negli errori più ovvi e, per questo, un poco osceni. Il padre non si accorge che il figlio voleva vivere con lui non solo per motivi economici, il figlio non sa farsi capire dal padre e preferisce andarsene credendo che al padre interessi solo di soddisfare le proprie esigenze e che tra queste non ci sia quella di instaurare un nuovo rapporto con lui. Un apdre che nons a vedere nè sicura della solitudine di Tero, il giovane che si prsneta alla sua porta e che l'uomo non esita di lasciare fuori dalla sua abitazione e non di accolgierlo, proprio come non sa accolgiere suo figlio.
Insomma un piccolo gioiello da vedere e rivedere, per cui se qualcuno ne conosce glie estremi o meglio ne ha un link al video, please, let me know!


Poi è la volta del minore, e, in fondo, inutile, Pistoleiros (Brasile, 2008) di Rodrigo Averna, nel quale una improbabile intreccio tra malavitosi è solo una scusa per mostare dei baci tra orsi ... Un po' poco per farne un corto e per proporlo in una rassegna come Shape Shift.



Poi, finita la proiezione, mentre mi faccio largo tra la gente venuta per ballare che attende educatamente (a differenza dei tamarri e delle tamarre del bar adiacente la proiezione che urlano, per raccontarsi i cazzi loro, durante tutta la rassegna... Italiane e italiani sinonimo di cafone e cafoni) incontro Filippo Riniolo, uno degli ideatori della rassegna e mente di QueerInAction che, molto realisticamente, ammette che la rassegna ha forse dei difetti e che è migliorabile ma che almeno cerca di proporre dei cortometraggi alla visione e di fare cultura e non posso proprio dargli torto.
Nonostante i "difetti" di selezione meglio proiettare dei corti che non proiettare niente.
Me ne vado ripromettendomi di tornare anche per le due serate in più, Shape Shift ritorna infatti anche il 3 e il 10 di Agosto, propendendo una serata di nuove selezioni e una di best of.

A venerdì prossimo dunque!


mercoledì 25 luglio 2012

Aspettando le olimpiadi...








...io quando vedo un ragazzo che mi piace mi commuovo oggi come scoprissi che mi piacciono i ragazzi per la prima volta.

domenica 22 luglio 2012

Imma Battaglia, il delirio politico sull'apertura a Casini e la trave nell'occhio.

Insomma  a quanto pare è proprio vero.

Non si tratta di una bufala mediatica il commento di Imma Battaglia, sulle dichiarazioni naziste di Casini pubblicato sulla sua bacheca di Facebook come ha riportato Dr.Apocalypse sul sito Spetteguless (ecco perchè avevo creduto che...).

Ecco cosa scrive Imma.
Ricordiamo, per chi ancora non lo sapesse cosa ha detto Casini.


Stabilire garanzie giuridiche per una coppia di conviventi anche dello stesso sesso è un fatto di civiltà ma i matrimoni tra gay sono una idea profondamente incivile, una violenza della natura e sulla natura”. “Le adozioni per i gay? E’ un’idea della società che abbrutisce, che non progredisce ma regredisce perchè vuol dire che è più forte il desiderio di maternità che quello della tutela del bambino, e noi siamo dalla parte del bambino”. “La nostra non è una idea oscurantista ma di libertà, progresso e rispetto dei più deboli. (fonte repubblica)
Parole che si commentano da sé, quelle di Imma nelle quali Battaglia cerca di non pestare i piedi a nessuno, di non disturbare chi non accetta che ci si possa sposare anche tra persone dello stesso sesso. Però, purtroppo non per per spirito superpartes o per opportunismo politico. Magari!

Nonostante D'Gay Project l'organizzazione di cui Imma è presidente aderisca formalmente alla campagna Vorrei ma non posso. It's wedding time! a favore dell'estensione del matrimonio l'ufficio stampa di Imma ribadisce, in risposta a una lettera di critica di Giovanni Dall'Orto a un comunicato stampa del D'Gay Project dello scorso Maggio che presentava una scrittura privata (=una cerimonia privata senza alcuna dimensione legale o pubblica) come matrimonio lesbico
E’ vero. Imma Battaglia è sempre stata contraria ai matrimoni gay. E lo è ancora. Da persona profondamente legata alle tradizioni familiari, ritiene il rito del matrimonio qualcosa di assolutamente unico, che ha radici storiche, religiose e culturali molto lontane, che appartengono ad una comunità specifica che va rispettata per le sue idee. Non per questo però l’altra comunità, quella omosessuale, quella diversa, non chiede e non merita rispetto e tutele giuridiche. Tutti noi in realtà desideriamo solo una cosa: essere liberi di amare chi vogliamo come vogliamo potendolo fare esattamente come gli altri indipendentemente dalle formule rituali.
Dimostrando dunque non solo di non avere capito nulla sulle ragioni per cui si chiede l'estensione del matrimonio che non sono solo le tutele legali ma il riconoscimento Pubblico che anche la coppia formata da persone dello stesso sesso ha dignità sociale, etica, legale, formale proprio come quella di persone di sesso diverso, Imma e il suo ufficio stampa  fanno davvero disinformazione riducendo il matrimonio a una formula rituale.

Insomma non solo le parole di Imma (o del suo ufficio stampa che, anche legalmente, parla per lei) sono sconcertanti, grottesche e anche un po' ridicole, ma sono pericolose e profondamente omofobiche, intimamente fasciste misurando la vita degli altri alle proprie discutibili (e infondate) convinzioni come che il
rito del matrimonio qualcosa di assolutamente unico, che ha radici storiche, religiose e culturali molto lontane, che appartengono ad una comunità specifica che va rispettata per le sue idee confondendo in maniera proditoria il matrimonio religioso con quello laico, l'unico che in Italia ha valore legale (quello religioso ce l'ha solo perché equiparato a quello di stato).

Insomma Imma Battaglia danneggia tutti. Dobbiamo dirle di smettere.

Però, nonostante trovi inqualificabili e irricevibili queste posizioni non posso  unirmi al coro di proteste perchè, purtroppo,  molte delle critiche a Imma sono (nemmeno troppo) velatamente misogine e, invece di sminuire o critcarne le dichiarazioni,  cercano di sminuire direttamente la persona, con commenti irrilevanti e a loro volta proditori proprio come sono i commenti di Imma (e del suo ufficio stampa). Per cui alla fine il bue dice cornuto all'asino.

Così Dr.Apocalypse da cui sono partite le prime critiche commenta la dichiarazione di Imma dicendo
Sono stanco. Stanco di dover commentare le parole di questa donna (Presidente DiGay Project ed erroneamente vista da molti media come ‘leader’ del movimento gay), che oggi, via Facebook, si è probabilmente superata.
Il corsivo è mio.

Mi chiedo se di Casini Dr. Apocalypse avrebbe detto questo uomo ma può essere una mia malizia.

Di certo per questa donna come per tutte le donne si fanno due pesi e due misure.

Infatti invece di citare le non felici posioni del D'Gay Project si insinua che le dichiarazioni di Imma non siano solo dettate da opportunismo (delirio?) politico, ma commerciale, d'impresa perchè Imma gestisce anche (ed è una impresa separata) il Gay Village che tutti criticano ma poi tutti frequentano per i motivi più disparati.

Così Luca Sappini, sul suo blog sul sito dell'Espresso Semaforo blu scrive
In cantiere una lista elettorare: Imma Battaglia per Casini. Anzi, Gay per Casini. Di sicuro successo lo slogan: “Se puoi ballare fino a tardi, perché impuntarti sui matrimoni?”
Che non è certo una controargomentazione alle dichiarazioni di Imma.

D'altronde nessuno si è sognato di criticare chi fa uso di soldi pubblici per far pubblicità a un proprio servizio venduto come servizio in sé  e non per la sua utilità sociale come fa Gay Help Line linea attiva
Lunedì dalle 16.00 alle 20.00

Mercoledì dalle 16.00 alle 20.00

Giovedì dalle 16.00 alle 20.00

Sabato dalle 16.00 alle 20.00



che nel suo ultimo spot presenta dei gay calciatori velati senza alcuna visibilità senza mostrare alcune esempio di discriminazione od omonegatività, pubblicizzando la help line come se i problemi dei gay siano intrinseci e non derivanti dallo stigma.
Così mentre Marrazzo e accoliti non pestano i piedi a nessun loro sì perchè finanziati da regione provincia, non per convinzione politica, ma per opportunità personale, Imma Battaglia, che ha una idea politica per quando irricevibile e pericolosa, viene sminuita come donna imprenditrice e opportunista.

Tra maschi si solidarizza smepre.

Se poi a dire cazzate è una donna invece di rilevare la cazzata si rileva che a dirla è una donna.

E questi sono i gay (e i gay friendly come nel caso di Sappino) coi quali io dovrei fraternizzare?

sabato 21 luglio 2012

Una domanda a Silvia Costa, eurodeputata omofoba

Leggo sul sito dell'asca questa dichiarazione dell'eurodeputata Silvia Costa a proposito dei matrimoni anche tra persone dello stesso sesso.
''Si tratta  di una posizione laica e coerente con la Costituzione, confermata da una recente sentenza della Corte, e con il principio di non discriminazione delle persone omosessuali che pero' non significa la omologazione delle loro convivenze al matrimonio."

Come si può conciliare  il principio di non discriminazione delle persone omosessuali senza riconsocere loro la stessa dignità delle loro convivenze a quella che si riconosce alle coppie che si uniscono in matrimonio?

Eppure la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea
nel suo articolo 21 recita: 
È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.

Adesso dire che  il principio di non discriminazione delle persone omosessuali che pero' non significa la omologazione delle loro convivenze al matrimonio è una forma di discriminazione visto che discriminare significa
distinguere una o più cose o persone da altre, fare differenza

(dizionario della Lingua Italiana Zingarelli, 2004 il corsivo è mio).


Insomma con che faccia Silvia costa afferma di non discriminare proprio mentre lo sta facendo?

Perchè non chiediamo tutti a Silvia Costa di rispendere su questo (o simili) quesito?


Lo possiamo fare tutti andando sul suo sito personale, come ho appena fatto io.




Shape Shitf quando a mutare è l'etichetta ma non la sostanza...

Studio cinema. Lo insegno anche. Sono il curatore di un festival di cinema omosessuale. Appena ho occasione di vedere dei film a tematica lgbtqi mi fiondo.

Così quando mi è capitato tra le mani il flyer del Glamda che pubblicizzava anche Shape Shift sono andato molto volentieri a vedere di che si trattava.

Sul sito del Glamda si legge
dalle h. 21 per tutti i venerdì di luglio " Shape Shift " , Rassegna di cortometraggi a tematica LGBTQI a cura delle associazioni QueerInAction e QueerLab, in collaborazione con Glamda Summer 2012 , protagonista assoluto dei filmati è il corpo nelle sue mutevoli possibilità di rappresentazione e auto-rappresentazione attraverso la precarietà e l'evanescenza delle diverse forme culturali e sessuali delle identità."
Di QueerInAction  questo blog si è occupato già un paio d'estati fa, quando il rettore della Sapienza aveva cancellato una rassegna di film a  tematica.


Sul sito di Queer in Action non si legge molto di più

Dal 6 al 27 luglio, tutti i venerdì alle h 21.00, le associazioni QueerInAction e QueerLab, in collaborazione con Glamda Summer (Roma Vintage - Via di Porta San Sebastiano 2- Terme di Caracalla - Roma) presentano:
" Shape Shift "
Rassegna di cortometraggi a tematica LGBTQI
Protagonista assoluto dei filmati è il corpo nelle sue mutevoli possibilità di rappresentazione e auto-rappresentazione attraverso la precarietà e l'evanescenza delle diverse forme culturali e sessuali delle identità
Venerdì 6 Luglio:    'Shape One'
Uno sguardo su come il corpo si veste e traveste attraverso i canoni eterei e fugaci della moda, regina imperturbabile di vanità e costume.
Un susseguirsi di cortometraggi, prodotti da stilisti di fama internazionale,che rispecchiano appieno la forma della videoarte queer più raffinata nella rappresentazione dei corpi.

Delle altre date non si dice nulla. Solo quando giungerò sul luogo, leggerò in un mini-flyer delle dimensioni di un bigliettino da visita che le altre tre sere sono rispettivamente dedicate a Gender (il 13 luglio) Body (il 20) e Bear (il 27).

Le proiezioni inziano alle 10 nonostante ci sia scritto alle 21.

Però nemmeno alle 22 c'è tanta gente arrivano tutti attorno alle 22 e 30, mezzora prima che all'area si acceda pagando un biglietto di 5 euro, prima, dalle 21, l'ingresso  è libero.

Nell'area della proiezione non gira nessun foglio con l'elenco dei filmati della serata e nessuno li introduce o accoglie il pubblico (ripeto, davvero scarso) spiegando il senso delle serate, o il significato particolare della serata dedicata al corpo (Body).

Il primo corto proiettato è di Alessandro Amaducci,
un affermato video artista che realizza video sperimentali, video di danza, videoinstallazioni e documentari, dal 1989, oltre a videoclip musicali, acquisendo esperienza di operatore e montatore video specializzato in postproduzione digitale. La sua produzione attualmente si è spostata anche sul fronte live, realizzando spettacoli video dal vivo e videoscenografie per spettacoli di teatro e di danza.
come si legge sul suo sito. Il video proiettato è Flesh Parts che fa parte dell'antologia provvisoria Electric self.
Spiega Amaducci che
Electric Self Anthology è una serie di video, tutti commentati da brani musicali realizzati da me, che stanno formando un’antologia dall’omonimo titolo. Il titolo indica la volontà di entrare in maniera diretta dentro una sorta di inconscio elettronico, di caverna di ombre contaminate dalle nuove tecnologie, dove vivono o riemergono fantasmi di immagini, forme archetipiche, ma anche “insospettabili” clichè del mondo di Internet, personaggi stereotipati, modelli, figure che galleggiano nel mare della Rete e che noi cerchiamo e scarichiamo sul nostro computer senza sapere il più delle volte il perché. L’ingresso nel mondo dell’inconscio elettronico è un viaggio oscuro, denso di ferite, dove si incontrano personaggi femminili, corpi che incarnano in qualche modo alcuni temi che ossessivamente si rincorrono, come la vita , la morte, il desiderio, il voyeurismo, la trasformazione del mondo in spettacolo, e l’inossidabile potenza fascinatoria della forma umana, del corpo inteso come luogo esoterico, come spazio simbolico . Entrare nell’inconscio elettronico significa anche ri-scoprire la propria ombra infantile, quel momento in cui la dimensione della morte e della vita sono confuse, e con le quali si può giocare anche in maniera crudele, in cui la bellezza e la mostruosità possono convivere, dove la paura è necessaria perché foriera di emozioni. Nell’inconscio tecnologico si danza sempre volentieri con la Morte.
In particolare, su Flash Paths  il videoartista dice
A journey througout the paths of the flesh, througout revealed female bodies, and newborn childs already dead. The long flashback of a suicidal brings the viewer in a world of ancestral memories and foetal recalls. The dark side of the creativity: to build a throne of ourselves can be a very dangerous game. But even in the most desperate moments a world can be created, even if it seems a cruel videogame*.
Un video suggestivo ma... cosa c'entra con la tematica lgbtqi?

Del secondo video non rimane traccia perchè non c'è titolo alcuno né prima né dopo dunque o lo riconosci oppure lo dimentichi.

Appunto.

Il terzo il più interessante della serata è The Mirror\Dorian Gray di Francesca Fini. Un'altra video artista che introduce così questo video del 2010.

A woman discovers and plays with a mirrorball, and so she dies, mesmerized by her own image reflected by hundreds of little pieces of mirror. "Narcissus" myth, reinterpreted by a video that “reflects” the magmatic disintegration of individual identity in contemporary society and the savage search for artificial beauty.



E, alla fine della visione, mentre si rimane colpiti dal racconto per immagini è chiara l'operazione che è stata fatta.
Si sono presi alcuni video (non cortometraggi di alcuni importati video artisti italiani che lavorano sul corpo e li si è inseriti a forza in un contesto lgbtqi.

Infatti cosa si legge nella presentazione della rassegna Shape Shift?

Protagonista assoluto dei filmati è il corpo nelle sue mutevoli possibilità di rappresentazione e auto-rappresentazione attraverso la precarietà e l'evanescenza delle diverse forme culturali e sessuali delle identità.
Dunque la forma del corpo che in questi video  è il fulcro di una performatività di contaminazione con l'inconscio digitale (Amaducci), o segno della disintegrazione dell'individualità verso una bellezza artificiale (Fini) vine costretta nell'angusto spazio della tematica lgbtqi.

Angusto perchè la precipuità della tematica sembra essere l'identià sessuale che, come si sa, è costituita da quella di genere e dall'orientamento sessuale.
Due temi non presenti in questi video nemmeno lontanamente, facendo dell'istanza lgbtqi una zavorra sull'identità come se le persone omosessuali e trans stiano tutto il tempo a chiedere chi sono ...

Tralasciando altre possibili sinergie tra questi video e il punto di vista  lgbtqi cioè l'eros, uno sguardo alteramente eccitato che interroga questi video da un punto di vista eccentrico (nel senso di fuori dal centro eteronormato) e che può rileggerli in chiave lgbtqi.

Invece l'unico specifico lgbtqi dei compilatori di queste quattro serate nelle è l'aspetto queer, cioè il diffrome, il liminare, e, spingendo il concetto solamente un poco oltre, il fenomeno da baraccone, il freak cui la queer art così fraintesa sembra rimanere prigioniera, nell'angusto orizzonte del diverso e non del differente.


Inutile dire, ma forse no, che questa selezione, questa proposta, questo slittamento semantico dalla video arte alla temtica lgbtqi avrebbe necessitato di qualche spiegazione in più, di un ragionamento comune, anche con gli astanti, su quanto visto, prodotto, proposto.

Invece niente.

Chi ha gli strumenti (e il tempo e la pazienza) per approfondire per conto suo lo fa, gli altri restano a guardare dei video, in attesa che si aprano le danze (ricordate? Si è qui per non pagare 5 euro...) dove il messaggio che arriva sono i corpi semidnudi di uomini e donne (come quello maschile con tanto di pene in bela vista della sigla che intercorre tra un video e l'altro) come a dire che quando ce stanno i froci i cazzi sono sempre al vento...

Certo smepre meglio di una retrospettiva su Alvaro Vitali, ma anche quella, nel caso, avrebbe necessitato di strumenti critici.

Shape Shifter almeno così come si  presentata ieri sera (non ho visto le prime due serate) ha le sembianze di un esproprio (intellettuale) delle competenze di qualcuno che studia videoarte forzatamente coniugata con il punto di vista lgbtqi tanto per far vedere che.

Correggetemi se sbaglio.



* Un viaggio attraverso i percorsi della carne, attraverso i rivelati corpi femminili e un bambino appena nato e già morto. Il lungo flashback di un suicida porta lo spettatore in un mondo di memorie ancestrali e ricordi fetali. Il lato oscuro della creatività: costruire un trono di noi stessi può essere un gioco molto pericoloso. Ma anche nei momenti più disperati un mondo può essere creato, anche se sembra un videogioco crudele. [traduzione mia].
 

Matrimonio fra gay: Dal manifesto a Casini il linguaggio è lo stesso.

Così mentre Casini si distingue per la vocazione alla discriminazione totale delle persone omosessuali arrivando a dire che Il matrimonio tra gay e' un'idea profondamente incivile, una violenza della natura sulla natura lasciando a chi, prima di me, ha già scritto e detto tutto quello che è il caso di dire su questa affermazione, da Elfobruno a Patanè, io vorrei soffermarmi su un modo di riferirsi al matrimonio (e basta) che sta prendendo piede trasversalmente e che mi inquieta moltissimo non per la forma ma per la sostanza.

Non mi riferisco solamente all'aggettivo gay posposto al sostantivo matrimonio che nello specificare la natura della coppia sposata (=il suo orientamento sessuale) invece del suo assortimento sessuale (l'unico elemento che davvero dirime la questione visto che in Italia sono le persone dello stesso sesso a non potersi sposare non, strettamente, le persone omosessuali che, se di sesso diverso, anche se dichiaratamente omosessuali, possono farlo) distingue il matrimonio tra persone dello stesso sesso evidentemente perchè ne sente la differenza con l'altro matrimonio, quello che non ha bisogno di aggettivi laddove invece da tutte le parti (lì almeno dove è stato riconosciuto) si chiede (si è chiesto) semplicemente l'apertura dell'unico matrimonio esistente anche alle coppie dello stesso sesso.

Mi riferisco soprattutto all'espressione matrimonio tra gay che mi dà i brividi, come se, effettivamente, i gay esistessero in quanto gruppo caratterizzato da una serie di elementi che ne permette l'identificazione esclusiva.

Ovviamente nessun* omosessuale, proprio nessun* eterosessuale, ha qualcosa in comune oltre all'orientamento sessuale.
E nemmeno quello è esclusivo perchè l'orientamento sessuale non è così netto e oppositorio come si crede (come pretende l'ideologia patriarcal-maschilista nella quale siamo immers* tutt*) ma, come ha ben dimostrato Kinsey e tanti dopo di lui, sfumato, continuativo, senza stacchi netti.

Ci si dimentica che le categorie lgbt(qi) hanno una loro ragione di esistere politica in quanto identificano un campione umano vasto e variegato che è discriminato per lo stesso motivo: l'orientamento sessuale o l'identità di genere, discriminazione causata dallo stigma sociale alimentato da loschi figuri come Casini e Bindi.

Quando un aggettivo nato per denunciare una discriminazione diventa il sostantivo con cui le persone vittime di quella discriminazione vengono indicate e sussunte lo stigma non solo è massimo ma la discriminazione ha vinto perché serve a identifica ancora le sue vittime.

Anche da un punto di vista logico matrimonio tra gay non funziona perchè esclude dall'equazione le persone bisessuali usando le categorie in maniera netta laddove la natura, almeno quella umana, aborre i salti discreti.

Matrimonio tra persone dello stesso sesso non è solo un modo più rispettoso e non discriminatorio di esprimersi ma anche logicamente e politicamente più corretto.

Dire matrimonio tra gay distingue non solo le persone in base all'orientamento ma crea automaticamente un matrimonio altro che, nel migliore dei casi, è parallelo a quello regolare, che non ha bisogno di specificazione.

Per cui mentre si continua a distinguere e discriminare in base all'orientamento sessuale si distingue anche sulla natura e sulla qualità del matrimonio.

C'è un matrimonio vero senza aggettivi e un matrimonio tra gay.

Purtroppo a parlare così non è solo Casini ma sono anche molti giornalisti del manifesto.
Questo perchè sia che le si ami sia che le si odi le persone omosessuali vengono viste come razza a sé, non come uomini e donne esattamente come quell* etero, ma come una sotto-categoria umana. Questo punto di vista inficia tutta la politica di rivendicazione.

Un conto è dire come stanno in realtà le cose, cioè che ci sono delle persone che per un pregiudizio legato al loro orientamento sessuale sono escluse dai diritti riconosciuti a tutti gli uomini e tutte le donne, fra cui quello di sposarsi e che questa discriminazione dovrebbe essere eliminata aprendo loro al matrimonio, e basta, né etero né gay, matrimonio, l'unico che esiste.
Il diritto al matrimonio deriva da quei diritti umani, donnani, riconosciuti a tutt* in quanto persone.

Un conto invece e riconsocere, come fa chi usa entrambi i modi di dire, matrimonio gay o, ancora peggio, matrimonio fra gay, che esiste una categoria a sé di persone le quali hanno diritto non alla stessa istituzione esistente ma a una istituzione loro, mutuata da quella comune e generale e confezionata per il loro esclusivo uso e consumo come fa la pessima proposta di legge propalata dalla campagna Una volta per tutti voluta, fra gli altri, da Cathy La Torre, area SEL, che vuole una partnership esclusivamente per le persone omosessuali - e quelle bisessuali? si attaccano!

Chiara la differenza no?

Un conto e se io guardando a due coppie una di due donne e una di un uomo e una donna non vedo differenza alcuna al di là di quella evidente del loro assortimento sessuale e quindi uso le stesse leggi, gli stessi istituti giuridici, le stesse parole per entrambe.

Un conto invece se vedo queste due coppie differentemente e per la coppia omosessuale non riconosco gli stessi diritti di quella etero ma dei diritti speciali, specifici, ad hoc, solo per loro.

Secondo questo modo di vedere dunque il diritto delle persone omosessuali a sposarsi non deriva dall'appartenere al comune consesso di esseri umani e donnani (=sono persone come tutte le altre) deriva invece dal loro appartenere alla categoria di omosessuali.

Così ...pensando non si elimina la discriminazione. La si riconosce come differenza vera iscritta nel corpo delle persone omosessuali continuando a discriminarle cercando poi di tutelarle in qualche modo dalla discriminazione che hanno inferto le istituzioni stesse.

Insomma un conto è eliminare le barriere architettoniche per chi, non potendo camminare, è costretto a vivere su una sedia a rotelle.

Un conto è costringere qualcuno che può camminare benissimo alla sedia a rotelle e pensare poi a eliminare le barrire architettoniche per favorirli nell'handicap cui sono costretti a vivere...

E' ora che tutto il movimento si confronti su questa profonda contraddizione.

Io sono un uomo. Un uomo al quale piacciono i ragazzi.
Non sono un gay così come mio cugino Andrea al quale piace la gnugna non è un etero.
Siamo entrambi appartenenti al genere donnano.

E basta.

Diritto all'indifferenza, ricordate?




mercoledì 18 luglio 2012

Il nuovo spot della gay help line, una rèclame non certo uno spot contro l'omofobia.

Non me ne vogliano Fabrizio Marrazzo e la Gay Help Line, per quanto possa sembrare il mio non è un accanimento critico contro i loro spot e la loro comunicazione d'impresa. Non è colpa mia se con i soldi pubblici continuano a fare delle campagne inutili. Come il nuovo spot che pubblicizza la gay help line.

Eccolo.


 

Le immagini mostrano un giovane calciatore fare bene il suo mestiere mentre un altro uomo, più grande, probabilmente il compagno, ma potrebbe anche essere un fratello maggiore, lo supporta, da lontano.

Niente abbracci, niente baci, nulla che faccia capire che i due sono una coppia o stanno insieme.
A un occhio non abituato a certi segnali nascosti, non abituato a una vita di invisibilità, potrebbe anche sfuggire.

Lo spot non mostra nessun esempio di vita quotidiana di una persona omosessuale né, tanto meno esempio alcuno di omofobia.

Anzi non si capisce proprio cosa venda questo spot.

Una voce tra il giovanile e il gay (secondo la vulgata omofobica del nostro sistema di doppiaggio) parla di sfide quotidiane nelle quali c'è sempre chi ti giudica. Chi ti ascolta, chi ti sta accanto. Chi ti sostiene.

Ma di che stanno parlando?

Non si sa.

Poi si dice che la gay help line fa il tifo per te ed è pronta ad ascoltarti... ...mentre il numero verde compare con le scritte dei numeri delle maglie della squadra.

Capita l'antifona?

La gay help line tifa per i gay così per simpatia, ed è disposta ad ascoltarti.

Per cosa?

Non si sa.

Probabilmente per il dramma di essere frocio, perchè non sai dirlo a mammà, come recitava lo spot di due anni fa, perchè hai bisogno di parlarne con qualcuno non perché le persone omosessuali sono discriminate colpite dall'omonegatività.

Nello spot nessun gesto di omoaffettività, nessuna rivendicazione dei diritti negati nessun segno di una visibilità che è quello che dà fastidio a tutti.

E se due gay rimangono così nascosti non danno adito a nessuna reazione omofoba.

Ma allora la gay help line che ci sta a fare? 

30 secondi di gioco del calcio che non dicono nulla e che potevano essere usati per mostrare qualcosa di diverso, magari anche l'omonegatività che c'è nel mondo del calcio stesso.

Invece qui il calcio si fa metafora dell'agone della vita quotidiana ma tutto resta sospeso e non vengono tratte le conseguenze di una metafora potenzialmente quotidiana.

E' evidente che quel che interessa allo spot è pubblicizzare la gay help line la sua sola esistenza senza spiegare nemmeno bene che cosa è e a che cosa serve.

Resta tutto non detto, implicito, sotterraneo.

Intendiamoci è più che legittimo fare una pubblicità a un servizio che si offre senza parlare dei motivi che quel servizio rendono necessario...

...dispiace però che 30 secondi di comunicazione, visto che lo spot da settembre andrà su Sky (coi soldi nostri...) non siano usati per mostrare che i froci non sono persone che si nascondono e che devono essere ascoltati per una loro intrinseca fragilità, o perchè qualcuno li giudica, ma perché lo Stato, la Chiesa, le Istituzioni li discriminano.

E se proprio non vuoi parlare della discriminazione almeno mostra i gay in maniera più esplicita, meno sotterranea.

Fanne almeno una occasione di visibilità.

Invece lo spot non serve nemmeno a quello.

Serve solo a far parlare della Gay Help Line.

La cosa importante non sono gli utenti, ma il servizio di per sé.

Infatti nell'articolo apparso su Repubblica che titola Arriva lo spot contro l'omofobia (ne avranno visto un altro?!) Marrazzo dice che
 "c'è una squadra, come avviene nello sport. Abbiamo creato un gruppo di persone che non sono solo operatori telefonici, ma che poi fisicamente si recano sul posto, cercano di entrare nel suo contesto sociale per affrontare le discriminazioni in famiglia, a scuola o sul posto di lavoro".
Quel che conta sono il gruppo di persone qualificate non le vittime della discriminazione.

Anzi!

Sei discriminato?

Nessuna paura c'è la gay help line e tutto è risolto!!!

Uno spot così non dà fastidio a nessuno visto che non si vede nulla ma si sente solo la parola gay help line e la si legge a fine spot...

Molti gli esempi concreti di come, usando gli stessi argomenti si può parlare di omosessualità e non di sublimarla come in questo spot davvero pavido e poco a favore della causa.

Come lo spot Mi smo dio ekipe! (We are part of the team!) prodotto dal Centar za građansko obrazovanje (CGO) il centro civico per l'educazione, del Montenegro dal Forum GLBT Progres in collaborazione con la Coala Production e il sostegno dell'Ambasciata Canadese.

O come lo spot vincitore della campagna Voice Out cui, pure, il Gay Center di Marrazzo ha fatto da tutoraggio...



Insomma non si tratta di incapacità ma di volontà politica di fare uno spot che non dia fastidio al centro destra (dal quale la gay help line è co-finanziata) tanto da far dire a Marrazzo (nello stesso articolo di Repubblica)
Marrazzo ha voluto poi ringraziare Polverini perché "anche senza farlo sapere ci ha aiutati in percorsi di riabilitazione anche psicologica dopo le aggressioni. Inoltre, con la collaborazione dell'assessorato alla Scuola, abbiamo attivato il progetto Giga, formando 56 operatori che faranno a loro volta formazione nelle scuole e nelle università
Do ut des.

Ed ecco lo spot che non pesta i piedi a nessuno e che non serve, anche, a nessuno.

martedì 17 luglio 2012

Il matrimonio, l'orientamento sessuale e la parola omosessuale.

Questo non è un post.
Sono note sparse.

Ragionamenti vari introno a un unico nucleo.

Alla stregua di Wittgenstein (nello stile naturalmente non nell'altezza, o profondità dei pensieri).


1) L'orientamento sessuale.
Essere gay, lesbiche o bisex oppure etero non accomuna in nessun modo. Ognuno è fatto a modo suo e non troverai mai due gay che sono uguali perchè gay così come non troverai due etero uguali perchè etero. Altrimenti Hitler e Ghandi sono uguali...

Quello che accomuna gli etero e i gay è casomai il maschilismo, la comune posizione contro la donna, ma questo è già un altro discorso.

Quello che accomuna le persone omosessuali e trans è invece la comune discriminazione a causa dell'orientamento sessuale e/o identità di genere.
Se non venissimo notat* in quanto lesbiche, in quanto gay o bisex ovvero in quanto persone trans vivremmo in quell'indifferenza cui inneggia giustamente lo spot dell'Ilga portoghese.

2) Qualunque rivendicazione, qualunque parità di diritti non la chiediamo in quanto persone omosessuali o trans se non nella misura in cui la società ci rende diversi per il nsotro orientamento sessuale o la nostra identità di genere.
Non esistono persone etero o persone omosessuali o trans. Esistono solo persone. Se ci presentiamo in quanto gay lesbiche bisex o trans è solo perchè la società ancora mal tollera (per usare un eufemismo) la nostra visibilità.

Cosa ci sentiamo dire dagli amici e dalle amiche etero? Che ostentiamo, che parliamo solo di quello. Senza rendersi conto che anche loro ostentano ma essendo il loro un ostentare maggioritario non viene percepito come tale,  solo il nostro, minoritario, viene percepito come diverso e dunque ostentato. 
Solo quando la visibilità non sarà più percepita come ostentazione arriveremo a quell'indifferenza di cui sopra. 

3) Dunque i diritti che chiediamo non sono diritti speciali in quanto persone omosessuali. Sono diritti mancanti in quanto persone discriminate per l'orientamento sessuale. Non si tratta di un deficit nostro, o di una nostra peculiarità che la legge non ha riconosciuto e che deve finalmente riconoscere.
Si tratta, al contrario, di riconoscere la totale uguaglianza  tra tutti gli orientamenti sessuali e le identità di genere e, visto che invece le si discrimina, riconoscere che bisogna rimuovere la discriminazione.

La tutela è una tutela dalla discriminazione non una tutela della condizione di omosessuali in quanto diversi.

4) Dello stesso sesso.
La parola omosessuale significa dello stesso sesso. Questo dovrebbe essere l'unico uso consentito della parola. Non dovrebbe indicare l'orientamento sessuale che è un concetto dai confini non proprio netti (Kinsey docet) ma mobile e variabile nel tempo.
Io non sono omosessuale (cioè gay o lesbica tacendo delle persone bisex... ) ma ho un orientamento omosessuale bisessuale o eterosessuale (cioè sono attratto fisicamente spiritualmente e affettivamente da persone dello stesso sesso, di entrambi i sessi, dell'altro sesso).
Nessuno dovrebbe essere definito dal proprio orientamento sessuale. Non dovrebbe proprio fare la differenza.
Lo fa solo per i suddetti motivi di discriminazione.

Eppure anche molt* militant* lgbt continuano a usare l'aggettivo omosessuale non nel suo significato letterale ma come sinonimi di gay e lesbica (e via le persone bisessuali una volta per tutte!).

Così invece di parlare di coppie dello stesso sesso (coppie omosessuali quello significa) si parla di coppie gay  coppie lesbiche con un sottile ma significativo slittamento semantico.

Anche Dario Accolla in un condivisibilissimo post che commenta la presa di posizione del pd nei confronti del matrimonio (l'unico) che si vuole aprire ANCHE alle coppie dello stesso sesso dice
Eppure l’italiano è una lingua bellissima… basterebbe dire: “faremo in modo che tutte le famiglie, anche quelle formate da gay e lesbiche, siano riconosciute allo stesso modo davanti alla legge”.
Si tratta di un errore logico prima ancora che politico.

Le famiglie sono formate da coppie dello stesso sesso non da gay e lesbiche. Se vogliamo davvero che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale finisca non possiamo continuare a usare queste categorie per fare la differenza.

Perchè se esistono le famiglie etero quelle gay e quelle lesbiche (per tacere di quelle bisessuali) l'orientamento sessuale continua a fare la differenza.

Se invece esistono famiglie (coppie) di persone  dello stesso sesso o dei due sessi l'unica differenza che conta è quella tra uomini e donne.

5) I ragionamenti impliciti sono la tana del maschilismo patriarcale e discriminante.

Già mi immagino molt* di voi suggerirmi questo percorso deduttivo:
se due persone dello stesso sesso vogliono sposarsi questo ci dà un indizio sicuro sul loro orientamento che è omosessuale.

Un modo di pensare angusto. E non solo perchè ci sono anche le persone bisessuali che restano fuori dall'equazione ma perchè così si continua a discriminare in base al (presunto) orientamento sessuale.

Non ci sono cioè persone, uomini e donne ma etero gay lesbiche etero e bisex...

Le persone bisex le escludiamo dall'equazione e rimaniamo con due opzioni rigide inconciliabili e, soprattutto, impermeabili. O sei omosessuale o sei eterosessuale tertium non datur.
Questo contro il buon senso della storia di ognun* di noi che, per fortuna, è ben più complessa e meno normalizzante (e normalizzata) di così.

Ci sono donne che si sono sposate con un uomo hanno fatto figl* con quest'uomo e poi si sono innamorate di una donna, con la quale magari hanno fatto altr* figl* o magari no.
Chi non discrimina non vede in questo percorso alcuna contraddizione, alcuna evoluzione ma il percorso variegato e consapevole di diverse opzioni percorse con pari dignità e pari consapevolezza.
Siamo uomini e donne e possiamo amare uomini o donne.

Chi discrimina vi vede degli\elle omosessuali repressi\e che si scoprono tardivamente gay  o lesbiche e che devono rinnegare una parte significativa della propria vita (quella etero) e rinascere solo dopo aver abbracciato la vera vita che è quella omosessuale.
Guai poi a tornare indietro e a mettere su famiglia di nuovo con una persona dell'altro sesso.

Mi chiedo quale di questi due modi di vedere le cose sia più discriminante.

L'ideologia che guida questo modo di vedere omosessualizzante è, senza rendersene conto, costruito sui valori (sic!) del patriarcato.

L'essere maschio vuol dire desiderare le femmine.
Essere femmine vuol dire desiderare i maschi.
Nessuna deroga è consentita.
Chi lo fa manca di rispetto ai maschi, e diventa frocio o lesbica che poco hanno a che fare con le persone di quell'orientamento sessuale e molto invece con un comportamento sessuale invertito.
Ci si comporta da femmine pur essendo uomini e da maschi per essendo donne offendendo così i due sessi il cui scopo è uno solo e incontrovertibile.


Quello che il movimento è riuscito ottenere è riconoscere tramite la via terzosessista dignità sessuale all'omosessualità.
Ci sono uomini che scopano con uomini e donne che scopano con donne. 
Le donne che scopano con donne sono maschie o femmine e gli uomini che scopano con uomini sono maschie o femmine.
Così i ruoli sessisti di maschio e femmina non solo non vengono minimamente messi in discussione ma sono addirittura confermati. D'altronde anche i gay  e le lesbiche, in quanto uomini e donne sono maschilist*.


In questo sistema la dualità maschio femmina deve essere preservata ed ecco che le prime persone a discriminare la bisessualità sono proprio gli uomini gay (più delle donne lesbiche)** , che vi vedono un comportamento vile, ambiguo, di chi non è disposto ad ammettere la propria frocezza e si nascondono dietro le gonne, non ne riconoscono la legittimità. Questo in barba a Kinsey e a tutti gli studi successivi che dimostrano che i gay (le lesbiche) puri (pure) e le etero (gli etero) pure (puri) siano una minoranza...


Tutto per preservare i concetti di maschio e femmina (che non è un concetto a sé ma il negativo del maschile, femminile=non maschile) (de)scritti una volta per sempre e immodificabili.






** uso appositamente gay e lesbica come aggettivo e non come sostantivo perchè per quanto io ami il fatto di avere un orientamento sessale gay e ogni volta che vedo un ragazzo che mi piace mi commuovo di questo mio sentimento ancora come fosse la prima volta, prima ancora che gay mi sento un uomo.






Se anche il manifesto usa frasi discriminatorie e omofobiche...

...io gli scrivo!

L'articolo in questione è apparso Domenica scorsa, firmato da Andrea Fabozzi e dal titolo Matrimoni omosex e primarie, l'assemblea del Pd finisce in lite.

Un articolo pieno di luoghi comuni sui matrimoni gay che mi ha indotto a scrivere una mail che qui riporto.

Scrivo a proposito dell'articolo "Matrimoni omosex e primarie, l'assemblea del Pd finisce in lite" di Andrea Fabozzi pubblicato sul manifesto di domenica 16 luglio u.s.

Trovo inqualificabile che un quotidiano come manifesto cada nelle stesse semplificazioni lessicali e negli stessi errori semantici, tradendo la stessa ideologia omofobica e discriminatoria degli altri quotidiani di informazione.

Il matrimonio non è, infatti, come riportato nel titolo, un matrimonio "omosessuale".

Il matrimonio è lo stesso, l'unico che esiste, aperto ANCHE alle coppie dello stesso sesso.

Dire "matrimonio omosessuale" ingenera confusione intanto perché introduce una distinzione non necessaria, come se quello tra persone dello stesso sesso fosse un altro matrimonio e non lo stesso fra persone di sesso diverso, e poi perché fa credere che l'aggettivo "omosessuale" si riferisca all'orientamento sessuale della coppia.

Invece omosessuale significa "dello stesso sesso" non già gay o lesbica.
"Coppie omosessuali" non significa dunque una coppia di gay o una coppia di lesbiche, significa "una coppia (formata da due persone) dello stesso sesso".

Purtroppo nell'articolo si arriva a parlare addirittura di matrimonio "tra" omosessuali.

Questo modo di parlare oltre a essere discriminatorio (e vagamente omofobico) è anche grammaticalmente e logicamente sbagliato.

Discriminatorio perché quel "tra" insinua che ci si sposi tra persone della stessa "razza", mentre le persone omosessuali sono molto diverse tra di loro (proprio come quelle etero) e l'orientamento sessuale le accomuna solo per la discriminazione che subiscono in base all'orientamento sessuale.

Logicamente sbagliato perché nessuno impedisce il matrimonio "tra" omosessuali.
Un gay e una lesbica, se vogliono, possono sposarsi.

Sono le persone dello stesso sesso a non potersi sposare e non tutte le persone dello stesso sesso che si vogliono sposare sono necessariamente di orientamento omosessuale, cioè gay o lesbiche, esistono infatti anche le persone bisessuali...

Una donna, un uomo, sposano chi amano, donna o uomo che sia, e questo non deve fare differenza alcuna.

Ecco perché l'espressione "tra omosessuali" è anche omofobica perché implica che se due persone dello stesso sesso si sposano sono per forza "due omosessuali" e non solo due persone che si amano non importa quale sia il loro orientamento sessuale.

Un frasario meno discriminatorio è il minimo che mi aspetto da un quotidiano come manifesto.

Alessandro Paesano

Se mi rispondono, come al solito, vi fo sapere!