sabato 12 marzo 2011

film che voglio vedere

Un bell'articolo su The Kids Are Allright

Leggo e volentieri quoto

In difesa del film
sulle «finocchie»

di Michele Anselmi
COMMEDIA. Bella l’opera di Cholodenkoi. Non c’è propaganda omosessualista. Come scritto a destra, dopo l’uscita di Julianne Moore contro la battuta omofobica di Berlusconi.
Eccolo da oggi nelle sale, in un centinaio di copie, il film che tanto ha fatto imbufalire i giornali di centrodestra. Sarà perché I ragazzi stanno bene parla di mamme lesbiche, donatori di sperma e inseminazione artificiale. O magari perché una delle due protagoniste, Julianne Moore, ebbe l’ardire, lo scorso novembre al Festival di Roma, di commentare un’infelice sortita di Berlusconi.
«Ha detto proprio così? “Meglio essere appassionato di belle ragazze che essere gay”? Penso sia una battuta idiota e stantia. L’orientamento sessuale dipende dalla biologia: sei quello che sei». Il giorno dopo fioccarono le stroncature, infarcite d’un insolito disprezzo. Sul Giornale Cinzia Romani parlò di «finocchie lesbo-chic», in difesa del premier «discriminato» dalla Moore perché «reo di eterosessualità conclamata».
Il borbonico Camillo Langone, su Libero, dichiarato tutto il proprio «schifo» nei confronti del film (non visto) e sfottuta la Moore per via dei suoi matrimoni, sentenziò invece: «Mentre credete di assistere a un innocuo spettacolo vi verranno somministrate forti dosi di propaganda; propaganda omosessualista, di quell’ideologia secondo la quale omosessualità è meglio (non uguale: meglio)».
In effetti tutto torna. Non è stato proprio il premier, due settimane fa, a rassicurare i Cristiano Riformisti, tra gli applausi, dicendo che, con lui al governo, «non ci saranno mai adozioni ai single e matrimoni gay»? Un film come I ragazzi stanno bene potrebbe rovinargli la digestione, e tuttavia Berlusconi farebbe bene a perdere 106 minuti - la distributrice Lucky Red è pronta a spedire il dvd - per vederlo. Perché la commedia di Lisa Cholodenko è arguta e profonda, a suo modo spiazzante, di sicuro divertente. Soprattutto mostra la distanza siderale esistente, in materia di diritti, tra la civile America e l’arretrata Italia.
Nel film sono due le mamme omosex. Nic e Jules, ossia Annette Bening e Julianne Moore. Serenamente sposate da anni, vivono in una bella casa da qualche parte della California del sud, dove hanno tirato su i figli Joni e Laser. Madri esemplari, si direbbe: premurose e sensibili, all’occorrenza severe. Joni, che deve il suo nome alla cantautrice Joni Mitchell, ha appena compiuto 18 anni e sta per andare al college. Così quando il fratello quindicenne le chiede, come ultimo favore, di rintracciare il padre che donò il seme usato per fecondare le due donne, lei accetta incuriosita. Segue telefonata e primo incontro. Paul, ovvero Mark Ruffalo, è uno scapolo incallito e vitalista, ramo cibo biologico, tutto jeans e camicie a scacchi. «Perché ho donato lo sperma? Pagano 60 dollari. E poi mi sembrava più divertente di donare il sangue» risponde alla domanda cruciale dei due fratelli. Chiaro che I ragazzi stanno bene racconta il bizzarro rapporto che si crea tra lui e i figli che non sapeva di avere. Intanto, di fronte a quel terremoto, vengono a galla i problemi matrimoniali delle due mamme. L’una, Nic, medico di successo, risolta sul piano professionale, tutta Volvo station-wagon e vini rossi doc. L’altra, Jules, infelice e insoddisfatta, alle prese con una nuova attività da giardiniera che la porterà prima nella casa e poi nel letto di Paul. Ma tranquilli: finirà come deve finire, senza pentimenti e ricatti, le due restano gay, e la tempesta servirà a rinsaldare il rapporto di coppia anche sul piano degli affetti.
Diciamo la verità: Annette Bening meritava, ben più di Natalie Portman, di vincere l’Oscar. Per come indossa le rughe e il tempo che passa, facendo di Nic un personaggio per nulla radical-chic: anzi fragile dietro il piglio autoritario, l’atteggiamento da uomo di casa. A dirla tutta, non è vero che «ci si dimentica quasi subito della coppia lesbica», come sostengono le due attrici. Al contrario, il pregio del film sta proprio nello sguardo che la regista Lisa Cholodenko, gay dichiarata e felicemente coniugata, posa sulle due cinquantenni: descritte nel loro ménage matrimoniale, tra alti e bassi, bagni nella vasca al lume di candela e raffreddamenti sessuali combattuti a colpi di film macho-gay.
Costato appena 4 milioni di dollari, I ragazzi stanno bene ne ha incassati oltre 20 al box-office americano, il che è un buon risultato per un film di impianto indipendente, sia pure ricolmo di volti noti: il trio Moore-Bening-Ruffalo, più la luminosa Mia Wasikowska di Alice in Wonderland. La commedia, frizzante senza essere frivola, non rinuncia a qualche nudo realistico, impertinente nei dialoghi, custodisce un sapore universale. Perché, dice la regista: «Anche i gay meritano di avere gli stessi guai degli eterosessuali».
Sul Riformista
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A suo tempo ebbi modo di parlare del film soprattutto sul modo fallocentrico col quale il film mostra la sessualità lesbico (il vibratore altrimenti due donne senza cazzo che che fanno?). In conferenza stampa mi fu spiegato che il film voleva mostrare la routine della coppia lesbica ma che a rinsaldare il loro rapporto anche sessuale sia un uomo che vediamo a chiappe all'aria mentre si ingroppa Jiulian Moore e non solo, mentre della sessualità lesbo si vede solo un cunnilingus (sotto le coperte) e sto vibratore spaziale beh non ci sto!

Il film va comunque visto per capire come il nsotro paese sia ormai morto e marcito da tempo.

Amore crudo e 3 Day Weekend al cineforum Buzz

Con ritardo più che settimanale ecco il resoconto del mio terzo incontro con Buzz intercultura.
Stavolta ci sono andato col mio amico Paolo e come al solito abbiamo visto un corto un lungo e, stavolta, uno spot.
Sto parlando del cineforum organizzato da Buzz intercultura presso il centro sociale Acrobax (all'ex Cinodromo) dal titolo San Paolo Gay
Partiamo dallo spot, Família é amor prodotto per la ILGA, associazione gay e lesbica portoghese.
Lo spot dovrebbe sostenere i genitori di figli gay ed è andato in onda in tutte le tv del Portogallo lo scorso anno.

Nell'illustrare il rapporto tra padre e figlio lo spot si usa la solita retorica maschilis-sessista. Il padre e il figlio giocano a palla, vanno in macchina; il padre insegna al figlio a guidare l'automobile. I consigli vengono dati in una bisca, davanti a un tavolo da biliardo, quando il figlio si è infortunato un piede (come?) il padre lo sostiene...

Insomma la solita vita NORMALE di una famiglia NORMALE.
Fin quando il figlio non dice al padre che ha scoperto di essere gay. E, povero padre, dice che non sapeva che dirgli (è sua la voice over).
Ma siccome ha un figlio gay mica è per questo meno padre! Perché la famiglia è comprensione e amore... E (aggiungo io) bisogna accettare il figlio gay come si accetta il figlio mafioso e il figli stupratore.

La normalità in cui si cerca di far entrare il figlio gay è lo stesso alveo da cui nasce l'omofobia, la normalità di quegli stessi padri e figli etero che al figlio di questo padre normale ma tollerante lo prendono in giro, lo picchiano, lo vessano.

Insomma siamo sempre nell'otica di Forrest Gump ti accetto nonostante la tua diversità. Faccio finta che sei lo stesso normale! Uh, quanto sono buono!
E no.
Io non sono normale! Non guido la macchina, non gioco a biliardo. Ma non perchè sono gay. Ma perchè essere uomini non implica guidare la macchina o rompersi una gamba. Questa mentalità maschilista e sessista la lascio alla famiglia etero per la quale sono incompatibile.
Famiglia patriarcale che voglio distruggere, devo distruggere, se voglio avere cittadinanza anche io nel mondo. Per liberare non solo i froci come me ma anche gli e le etero...
Insomma un passo falso, un incidente di percorso, soprattutto se paragonato a un altro spot sempre dell'Ilga.



Poi è stata la volta del corto Amor Crudo (t.l. Amore acerbo) (Argentina, 2008) di Martín Deus che il conduttore del cineforum traduce in un improbabile italiano amore grezzo.
Il corto mostra due ragazzi liceali alla fine della scuola, due amici in un racconto dall'interessante scansione narrativa (solo alla fine capiamo che fanno sesso, cioè che uno masturba l'altro) che fa montare l'attesa per tutto il tempo. Si baceranno? Lo faranno? Il realtà hanno già fatto tutto quello che dovevano fare. Ecco perchè apparentemente senza motivo uno chiede all'altro cosa prova per lui (e l'altro gli risponde che siamo amici).
Solo alla fine si capisce l'intimità, anche sessuale che c'è tra i due (con un dettaglio molto tenero: il masturbatore avvicina al proprio viso la mano ancora calda di seme dell'amico e lo odora e ne saggia la consistenza con le dita e poi se la pulisce sul petto dell'amico che la discosta con giocoso fastidio).
Una visione romantica dell'adolescenza dove probabilmente uno solo dei due è gay. L'altro ha solo attraversato la fase di passaggio. Aveva già detto tutto Krámpack, (Spagna, 2000) di Cesc Gay...

Ecco qui il corto, in due parti.



Poi è la volta del lungometraggio 3 Day Weekend (Usa, 2008) di Rob Williams un film da camera che racconta di un weekend in una bellissima casa di montagna delle coppie Simon e Jason e Cooper col suo giovanissimo fidanzato. Ognuno di loro invita un amico e, no, niente orgia alla Queer As Folk ma dinamiche borghesi e gay. Simon e Jason si lasciano perchè Jason porta come amico un escort (brutto) che è la sua ultima fiamma (come si fa ad amare qualcuno al quale devi dare dei soldi per farci sesso non lo capirò mai...). La coppia è aperta ma la regola è che nessuno sappia delle scopate dell'altro. Ma portare l'altro in casa, un escort per giunta! Insomma dinamiche borghesi. O meglio è Jason a essere un ipocrita del cazzo. Ami la marchetta? E fidanzatici. (Beh a ben vedere forse è quello che fa...) Simon e Jason sono stati insieme anni prima entrambi sulla quarantina si riferiscono l'uno all'altro come ragionano come due sessantenni (eh quando eravamo giovani ma si sa la cultura gay americana è crudele come ogni adolescente e anche un po' cretina. Il ragazzo giovane di Jason porta un amico di università che pensa solo a scopare al punto tale da chiedere all'escort come si entra nel mestiere (sic!). E poi ci sono un istruttore di Jogha sempre nudo e un giovane collega di lavoro di Simon che si innamorano a prima vista (che teneriii) e capovolgono alcuni luoghi comuni: l'istruttore di Jogha a suo agi con il proprio corpo è fuggito da una famiglia omofoba il giovane ragazzo impacciato ha dei genitori che lo hanno accettato... come a dire i traumi ce li creiamo un po' anche noi Blame on yourself!.
l'affetto pudico tra due ex, l'amore profondo del ragazzo giovane per il suo compagno che ha 20 anni di più e che piange paventando che non potranno invecchiare insieme (insiemmeeeee ins.... scusate!). Un film un po' claustrofobico e dall'andamento insolitamente lento (nel senso che tra un dialogo e l'altro, come si dice in gergo teatrale Passano i treni.
Un film che dimostra che la comunità gay americana è comunque molto più consapevole di quella italiana anche se, ovviamente, l'estrazione sociale aiuta (nessuno qui fa l'operaio...).





Insomma comincio a capire che nonostante il cineforum sia ospitato da un centro sociale (quindi compagni con entrambe le mani a pugno) la riflessione politica (anche in senso blando) non investe la programmazione. I film vengono visti e programmati perchè se parla de froci (a proposito solo ed esclusivamente film per maschi gay il lesbismo se c'è è sempre una accidente satellitare rispetto la storia gay come nel film tedesco visto la settimana scorsa).

Sarebbe bello far un po' di dibattito. La prossima volta che vado (purtroppo giovedì 10 ho dovuto saltare per impegni teatrali...) lo proporrò.