giovedì 25 agosto 2011

Gender Docufilm Fest 2011: qualche riflessione preliminare

Il poster ufficiale della seconda edizione del Gender DocuFilm Fest (Logo design  Corporate & art direction di Viola Damiani  Payoff di Filippo Ulivieri Foto di Matteo Carnevali) è molto suggestivo e spiega bene l'intento, o l'idea, che muove questo festival che fin dal suo titolo ha più la vocazione di voler essere una festa. D'altronde forse il luogo (Gay Village) e il periodo (fine Agosto) suggeriscono più il disimpegno della serata festosa che quello serioso del festival paludato.

Un uomo e una donna sono posti di fianco, nudi, sdraiati, uno abbracciando il bacino dell'altra, fotografati dall'alto, su uno sfondo bianco e neutro, l'immagine tagliata di modo che si vedano i volti fino al naso escludendo capelli e occhi.
Un poster speculare che si può vedere anche ruotato di 180° con le scritte ripetute nei due versi (compresi i loghi delle associazioni e dei patrocini), suggerendo anche graficamente  l'intercambiabilità dei due sessi in cui si declina la razza umana (anche se sul sito ufficiale del festival l'immagine presentata per il download vede l'uomo sopra...)


L'idea centrale del Gender docufilm fest è proprio quella di affrontare il tema dei ruoli sessuali in chiave culturale come si legge nel comunicato stampa:
il Gender DocuFilm Fest [si propone come] contenitore d’idee e come luogo di confronto sulle prospettive e innumerevoli problematiche concernenti l’identità di genere. Il Festival offre un panorama ad ampio raggio sul genere cinematografico del documentario per una nuova prospettiva sull'identità di genere, mostrandone le diverse sfaccettature e la sua sempre rinnovata capacità di raccontare la realtà dei vari angoli del mondo, proponendo immagini di popoli e paesi, ritratti di uomini e donne lontane, storie di passioni di persone comuni.
La vera novità del festival sta dunque nell'occhio dei selezionatori che non scelgono da una categoria pre-esistente il docugender cioè un documentario sui generi sessuali (che non esiste), ma scelgono documentari provenienti dal più consono e generico alveo glbtqi e qui proposti secondo questa nuova chiave di lettura.
Questa peculiarità aveva suscitato non poche perplessità nella sua prima edizione, lo scorso anno, perchè lo scollamento tra i documentari altrimenti concepiti e l'idea selezionatrice che li accomunava era fin troppo evidente.
Eppure le intenzioni del festival sono interessantissime e ricche di spunti di riflessione. Sottolineare il carattere culturale (in senso antropologico) e sociale della costruzione dell'idea di genere maschile e femminile è in sintonia col movimento di ricerca femminista e glbt che hanno contribuito in maniera sensibile alla decostruzione de ruoli e stereotipi di genere, sui quali si costruisce l'ancora troppo diffuso sessismo della nostra società,  che ancora pretende, per esempio, gli uomini più portati alla materie sceintifiche e le donne a quelle umanistiche, distinzione senza alcun fondamento. Pregiudizi, cliché, pericolosi perché non totalmente campati in aria ma fondati su certi dati statistici collegati tra loro da un nesso di causa ed effetto sostenuto non dall'osservazione empirica ma dal cliché stesso assolutizzato così su portati universali, atemporali e indiscutibili.

Un terreno fertile soprattutto se si scelgono documentari che indagano sul confine dei ruoli di genere che possono essere ben messi in discussione quando si esagerano contraddizioni codificazioni e pregiudizi insiti in certe definizioni.

Un cammino impervio e rischioso perchè soggetto a cortocircuiti semantici, a fraintendimenti, alla ricomparsa perniciosa di cliché e stereotipi che si è creduto buttar fuori dalla porta.

Così alcune definizioni o spiegazioni fornite sul sito del festival hanno seguito una via forse troppo disinvoltamente semplificatoria lasciando adito ai più facili fraintendimenti.
Sul sito del festival si può leggere:

Il Gender DocuFilm Fest è il primo festival in Italia a raccontare le forme mutevoli dell'identità di genere. Ampliando i confini del transessualismo e dell'omosessualità, il festival vuole costruire una visione più aperta e malleabile dei nostri corpi e dei nostri ruoli sociali, mettendo in discussione la logica binaria del maschile/femminile.
Il festival presenta opere che deliberatamente sfidano il pensiero comune su alcuni temi cardine della società: l'amore, il sesso, i ruoli maschile e femminile, la pornografia, la famiglia.
Nessuna certezza resta salda dopo la visione di questi documentari. Abbattendo gli stereotipi, ogni film ridona al corpo la propria centralità politica e sensoriale.
Un proclama a metà tra lo spot auto promozionale e il manifesto politico che però andrebbe meglio contestualizzato e approfondito, perchè, anche se è chiaro l'intento alle persone di buona volontà è facilmente fraintendibile e strumentalizzabile.

Il collegamento tra identità di genere (cui appartiene il transessualismo) e l'omosessualità, che pertiene invece all'orientamento sessuale, che, insieme,  contribuiscono (non sole) alla più complessa e articolata identità sessuale andrebbe forse spiegato meglio, altrimenti, posto così rischia di unire quel che si è faticato tanto per distinguere.
Non devono disturbare tutte queste etichette né far pensare che nascano da una non mitigata pulsione classificatoria che vuole separare la ricchezza sessual sentimentale delle persone.
Queste etichette non sono normative, né prescrittive.
Non ci dicono cioè chi possiamo essere o come dobbiamo essere né tanto meno come dobbiamo comportarci una volta occupata una casella della nomenclatura.
Tutt'altro.
Queste etichette servono per distinguere cose comunemente considerate uguali. Sono utensili coi quali cerchiamo di interagire con la realtà in una maniera più precisa, senza trascinare con le parole dei pregiudizi e dei collegamenti impliciti.

Così quando distinguiamo tra identità di genere (sentirsi uomo o donna a prescindere dal sesso biologico di appartenenza) e orientamento sessuale (essere attratti sessualmente e o coinvolti sentimentalmente da persone dello stesso sesso) lo facciamo per evitare di portarci dietro certi pregiudizi che vorrebbero i generi maschile e femminile racchiusi in una tendenza innata (universalistica e transculturale) all'attrazione sessual-sentimentale per le persone dell'altro sesso e non del proprio.
Gli stessi pregiudizi che fanno vedere i gay come femmine mancate e le lesbiche come maschi mancati come se l'essere maschile significhi inderogabilmente essere attratti dal sesso femminile e viceversa.
La storia di noi gay e lesbiche, di noi uomini e donne biologici e non, dimostra invece che il nsotro sentire è sempre molto più variegato e complesso di quanto possa essere previsto da qualsiasi etichetta. Le categorie qui proposte (e che non sono certo di chi scrive ma riconosciute - più o meno-  da tutta la comunità) non servono per classificare o prescrivere ma solo per descrivere.
In questo senso è allora più comprensibile quel che è riportato sul sito dai creatori del festival:
il festival vuole costruire una visione più aperta e malleabile dei nostri corpi e dei nostri ruoli sociali, mettendo in discussione la logica binaria del maschile/femminile.
Anche questa affermazione va intesa nel suo significato più vero.
Qui non si sta proponendo l'esistenza di un terzo sesso (come, pure, certe teorie intersex e queer sembrerebbero voler fare) più semplicemente si vuole spogliare l'opposizione maschio/femmina di quelle caratteristiche che normalmente vengono accreditate (a torto) esclusivamente a uno dei due sessi e che sono causa di tanti pensieri sessisti.

Partendo dall'idea semplice quanto elegante proposta negli anni quaranta da Kinsey e cioè che:
Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere. È fondamentale nella tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete. Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte. Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto. Prima apprenderemo questo a proposito del comportamento sessuale umano, prima arriveremo ad una profonda comprensione delle realtà del sesso (Alfred Kinsey Il comportamento sessuale dell'uomo Bompiani, Milano 1950)
nessun essere umano si riconoscerà rigidamente in alcuna nomenclatura  ma usando certi concetti potrà distinguere aspetti diversi della propria identità sessuale normalmente regolati da leggi di declinazione assai più rigidi ed esclusivisti di quanto non accada nella realtà e in natura.
Anche certe pretese naturali della Chiesa  o di altri pensieri conservatori si basano su un concetto di natura normativo e dirimente che invece di riconoscere l'esistente lo nega in nome di un'idea stratta che si pretende naturale. Ma gay e lesbiche esistono (se io non esistessi non potreste certo leggere queste righe) e chiedono solamente il diritto all'autodeterminazione senza negare a chicchessia alcunché, a differenza dei teorizzatori dell'origine naturale che vorrebbero imporre norme e visioni del mondo confondendo le parole, cioè gli strumenti cognitivi, con la realtà, concludendo - di fronte all'evidenza empirica che contraddice le parole con le quali cercano di descrivere la realtà - che sono le persone della concreta realtà empirica ad essere sbagliate e non le parole.
Pur di non cambiare gli strumenti coi quali interagiamo tra di noi nella realtà, per difendere un principio evidentemente astorico di universalità si sacrificano l'esistenza di persone concrete, negando loro, negando a noi, la dignità  dell'esistenza con un modo di fare squisitamente affine a quello nazista.

Vedremo come i documentari proposti da questa seconda edizione costituiranno spunti di interessanti riflessioni.


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